Sporca di piacere
di
samas2
genere
tradimenti
Era un sabato pomeriggio luminoso, il giardino ben curato di Lorenza brillava sotto il sole. Seduta con le amiche al tavolino sotto il gazebo, sorseggiava un prosecco, ascoltando le loro chiacchiere frivole. Jenny e Claudia ridevano, raccontando avventure che Lorenza, dietro il sorriso educato, ascoltava con un misto di curiosità e invidia.
— Tesoro, ma non ti stanchi mai di fare la moglie perfetta?— la stuzzicò Claudia, con un ghigno malizioso. —Tuo marito sempre in viaggio, tu sempre a casa… non ti annoi?» incalzò Jenny.
Lorenza arrossì appena, abituata a quelle battute, ma quella volta non le lasciarono indifferente. — Dovresti provare, Lorenza» disse Claudia, abbassando la voce come se rivelasse un segreto. — Lasciati andare. Non dico con chiunque… ma sai, ogni tanto un’avventura può cambiare la vita. Tu reprimi troppo.»
Quelle parole le rimasero addosso anche dopo che le amiche andarono via, lasciandola sola con i suoi pensieri. La villa era silenziosa, il marito fuori città per affari, e quel vuoto dentro le sembrava improvvisamente insopportabile.
Il suo sguardo cadde sul vialetto oltre la siepe: Alf, il vicino, stava tornando a casa con passo svogliato. Uomo rude, scapolo impenitente, con un sorriso strafottente che spesso le aveva rivolto battute di troppo. Lorenza aveva sempre fatto finta di nulla, liquidandolo con freddezza. Ma non poteva negare che a volte, nei suoi occhi, avesse intravisto un desiderio sincero, carnale, diretto.
Lo rivide mentalmente quando le aveva detto, ridendo: «Una donna come te, Lorenza, dovrebbe imparare a divertirsi un po’.» Rozzo, sì. Ma mai pettegolo. Aveva la fama di conquistatore, ma nessuno lo aveva mai sentito vantarsi delle sue conquiste.
Quella sera Lorenza si osservò a lungo allo specchio. Non era la moglie elegante da mostrare nei ricevimenti: indossò un vestito leggero, con spalline sottili, e un paio di décolleté. Il cuore le batteva forte mentre accarezzava l’idea folle che le amiche, senza saperlo, avevano piantato nella sua mente.
Bastava aprire la porta, pensò. Alf era lì, a due passi. Il suo week end non doveva per forza essere fatto di solitudine.
Prese il telefono, digitò il suo numero. — Pronto? — Sono… Lorenza. Silenzio, poi una risata bassa. — La signora perfetta che mi chiama un sabato sera? Non ci credo. — Sei a casa? — Sempre. Vuoi passare? — Si.
L’appartamento di Alf era l’opposto della sua villa: piccolo, disordinato, impregnato di odore di tabacco e di uomo. Lorenza entrò e si sentì catapultata in un mondo proibito. Alf la guardava con un ghigno compiaciuto, come se avesse vinto una scommessa. — Eccoti qua. Non pensavo avresti mai avuto il coraggio.
Lei alzò il mento, un po’ offesa.
— Non sottovalutarmi. — Non ti sottovaluto affatto. Sei bellissima, Lorenza. Ma più che altro… sei annoiata. E io questo lo capisco al volo.»
Si avvicinò senza cerimonie, le prese il bicchiere che teneva in mano e lo posò sul tavolo. Poi, senza darle tempo di reagire, la baciò. Un bacio ruvido, famelico, che la colse impreparata e la fece tremare fino al ventre.
La spinse sul divano, scivolando in ginocchio davanti a lei. I suoi occhi si abbassarono sui piedi eleganti, calzati nei décolleté lucidi. — Lo sapevo che prima o poi mi avresti fatto questo regalo» sussurrò, sfilando con calma una scarpa. Portò il piede nudo alle labbra e lo baciò lussuriosamente. Lorenza rabbrividì, sorpresa e divertita.
—Quindi è questo che ti piace davvero… — Tutto di te mi piace. Ma i tuoi piedi… mi fanno impazzire.La lingua di Alf scivolò lenta sull’arco plantare, e Lorenza si sentì sciogliere. Non aveva mai provato nulla di simile, e quel pensiero la eccitò ancora di più.
Alf non perse tempo: la trascinò verso la camera e i vestiti caddero a terra uno dopo l’altro. Lorenza si ritrovò nuda sotto il suo sguardo rapace, e per la prima volta non provò vergogna.
— Dio, sei uno spettacolo. E tutta per me— disse Alf, spingendola sul letto.
Le divaricò le cosce e le infilò due dita dentro con violenza. — Accidenti, sei fradicia. Lo sapevo che mi aspettavi da tempo.
— Ohohoh… Alf…— gemette Lorenza, aggrappandosi alle lenzuola.
Si chinò e la succhiò con voracità, strappandole urla di piacere. Poi, senza darle tregua, le spinse il cazzo in gola. — Succhialo bene, troia. Così, sì… fammi vedere quanto vali.Quando la penetrò, Lorenza gridò. — Ti piace, eh? Dimmi che sei la mia troia — ringhiò, afferrandole i fianchi e spingendo con colpi secchi. —Sì! Sì… lo sono!— urlò lei, completamente persa.
Ogni spinta la spalancava, ogni parola sporca la incendiava. Si lasciò piegare, montare, scompigliare. Lo prese davanti, di lato, da dietro, finché esplose in un orgasmo devastante.
—Non ne ho abbastanza! Ancora! Scopami!— implorava, i capelli spettinati, la pelle sudata.
Alf la afferrò per i capelli e le ringhiò all’orecchio: — Hai un culo da favola. Voglio aprirti anche lì. Lei ansimò, il cuore che batteva all’impazzata. Poi, senza esitazioni:
—È tuo.
La prese con forza, strappandole un urlo che si trasformò in gemito. Il dolore si confuse presto con un piacere selvaggio, primordiale. Lorenza si abbandonò del tutto, urlando e godendo finché Alf la riempì, spruzzandole addosso ogni goccia.
— Sì… insudiciami… fammi tua fino in fondo…— ansimò lei, succhiando obbediente le dita sporche del suo seme.
La luce del mattino entrava filtrata dalle tende leggere. Lorenza si stiracchiò piano, sentendo il corpo dolente, quasi febbricitante. Ogni muscolo le ricordava la notte selvaggia appena vissuta con Alf. Si sfiorò l’interno coscia e rabbrividì: era ancora umida, segnata, invasa.
Un sorrisetto amaro le piegò le labbra. Non succedeva da anni… da troppi anni. Non era solo la scopata furiosa, non era soltanto l’aver tradito il marito nella propria casa. Era altro, più profondo. Alf aveva osato andare dove nessuno si avventurava più.
Portò una mano dietro, accarezzandosi piano il fondo schiena, e un brivido le attraversò la schiena. Il mio buchetto… Non ci pensavo dai tempi dell’università.
Le tornò in mente, vivido come una foto ingiallita, il caos degli anni senza regole: serate infinite, vino a fiumi, e poi lui, quel ragazzo più grande che l’aveva posseduta con brutalità, piegandola e prendendola proprio lì. Ricordava ancora il dolore pungente, le risate sporche, il piacere colpevole che ne era seguito. Dopo quella fase aveva chiuso tutto in un cassetto, convinta che certe follie appartenessero solo alla gioventù.
E invece eccola lì, adulta, moglie devota in apparenza, che si scopriva di nuovo a godere come allora. Forse di più. Perché adesso la trasgressione era doppia: non solo si lasciava scopare nel suo “buchetto segreto”, ma lo faceva alle spalle del marito, nel letto coniugale, dopo anni di oblio della pratica imposta dalla rispettabilità.
Si guardò allo specchio dell’armadio, nuda, con i segni delle mani di Alf ancora impressi sui fianchi. Non vedeva più una donna rispettabile, ma una femmina tornata a vivere.
— Tesoro, ma non ti stanchi mai di fare la moglie perfetta?— la stuzzicò Claudia, con un ghigno malizioso. —Tuo marito sempre in viaggio, tu sempre a casa… non ti annoi?» incalzò Jenny.
Lorenza arrossì appena, abituata a quelle battute, ma quella volta non le lasciarono indifferente. — Dovresti provare, Lorenza» disse Claudia, abbassando la voce come se rivelasse un segreto. — Lasciati andare. Non dico con chiunque… ma sai, ogni tanto un’avventura può cambiare la vita. Tu reprimi troppo.»
Quelle parole le rimasero addosso anche dopo che le amiche andarono via, lasciandola sola con i suoi pensieri. La villa era silenziosa, il marito fuori città per affari, e quel vuoto dentro le sembrava improvvisamente insopportabile.
Il suo sguardo cadde sul vialetto oltre la siepe: Alf, il vicino, stava tornando a casa con passo svogliato. Uomo rude, scapolo impenitente, con un sorriso strafottente che spesso le aveva rivolto battute di troppo. Lorenza aveva sempre fatto finta di nulla, liquidandolo con freddezza. Ma non poteva negare che a volte, nei suoi occhi, avesse intravisto un desiderio sincero, carnale, diretto.
Lo rivide mentalmente quando le aveva detto, ridendo: «Una donna come te, Lorenza, dovrebbe imparare a divertirsi un po’.» Rozzo, sì. Ma mai pettegolo. Aveva la fama di conquistatore, ma nessuno lo aveva mai sentito vantarsi delle sue conquiste.
Quella sera Lorenza si osservò a lungo allo specchio. Non era la moglie elegante da mostrare nei ricevimenti: indossò un vestito leggero, con spalline sottili, e un paio di décolleté. Il cuore le batteva forte mentre accarezzava l’idea folle che le amiche, senza saperlo, avevano piantato nella sua mente.
Bastava aprire la porta, pensò. Alf era lì, a due passi. Il suo week end non doveva per forza essere fatto di solitudine.
Prese il telefono, digitò il suo numero. — Pronto? — Sono… Lorenza. Silenzio, poi una risata bassa. — La signora perfetta che mi chiama un sabato sera? Non ci credo. — Sei a casa? — Sempre. Vuoi passare? — Si.
L’appartamento di Alf era l’opposto della sua villa: piccolo, disordinato, impregnato di odore di tabacco e di uomo. Lorenza entrò e si sentì catapultata in un mondo proibito. Alf la guardava con un ghigno compiaciuto, come se avesse vinto una scommessa. — Eccoti qua. Non pensavo avresti mai avuto il coraggio.
Lei alzò il mento, un po’ offesa.
— Non sottovalutarmi. — Non ti sottovaluto affatto. Sei bellissima, Lorenza. Ma più che altro… sei annoiata. E io questo lo capisco al volo.»
Si avvicinò senza cerimonie, le prese il bicchiere che teneva in mano e lo posò sul tavolo. Poi, senza darle tempo di reagire, la baciò. Un bacio ruvido, famelico, che la colse impreparata e la fece tremare fino al ventre.
La spinse sul divano, scivolando in ginocchio davanti a lei. I suoi occhi si abbassarono sui piedi eleganti, calzati nei décolleté lucidi. — Lo sapevo che prima o poi mi avresti fatto questo regalo» sussurrò, sfilando con calma una scarpa. Portò il piede nudo alle labbra e lo baciò lussuriosamente. Lorenza rabbrividì, sorpresa e divertita.
—Quindi è questo che ti piace davvero… — Tutto di te mi piace. Ma i tuoi piedi… mi fanno impazzire.La lingua di Alf scivolò lenta sull’arco plantare, e Lorenza si sentì sciogliere. Non aveva mai provato nulla di simile, e quel pensiero la eccitò ancora di più.
Alf non perse tempo: la trascinò verso la camera e i vestiti caddero a terra uno dopo l’altro. Lorenza si ritrovò nuda sotto il suo sguardo rapace, e per la prima volta non provò vergogna.
— Dio, sei uno spettacolo. E tutta per me— disse Alf, spingendola sul letto.
Le divaricò le cosce e le infilò due dita dentro con violenza. — Accidenti, sei fradicia. Lo sapevo che mi aspettavi da tempo.
— Ohohoh… Alf…— gemette Lorenza, aggrappandosi alle lenzuola.
Si chinò e la succhiò con voracità, strappandole urla di piacere. Poi, senza darle tregua, le spinse il cazzo in gola. — Succhialo bene, troia. Così, sì… fammi vedere quanto vali.Quando la penetrò, Lorenza gridò. — Ti piace, eh? Dimmi che sei la mia troia — ringhiò, afferrandole i fianchi e spingendo con colpi secchi. —Sì! Sì… lo sono!— urlò lei, completamente persa.
Ogni spinta la spalancava, ogni parola sporca la incendiava. Si lasciò piegare, montare, scompigliare. Lo prese davanti, di lato, da dietro, finché esplose in un orgasmo devastante.
—Non ne ho abbastanza! Ancora! Scopami!— implorava, i capelli spettinati, la pelle sudata.
Alf la afferrò per i capelli e le ringhiò all’orecchio: — Hai un culo da favola. Voglio aprirti anche lì. Lei ansimò, il cuore che batteva all’impazzata. Poi, senza esitazioni:
—È tuo.
La prese con forza, strappandole un urlo che si trasformò in gemito. Il dolore si confuse presto con un piacere selvaggio, primordiale. Lorenza si abbandonò del tutto, urlando e godendo finché Alf la riempì, spruzzandole addosso ogni goccia.
— Sì… insudiciami… fammi tua fino in fondo…— ansimò lei, succhiando obbediente le dita sporche del suo seme.
La luce del mattino entrava filtrata dalle tende leggere. Lorenza si stiracchiò piano, sentendo il corpo dolente, quasi febbricitante. Ogni muscolo le ricordava la notte selvaggia appena vissuta con Alf. Si sfiorò l’interno coscia e rabbrividì: era ancora umida, segnata, invasa.
Un sorrisetto amaro le piegò le labbra. Non succedeva da anni… da troppi anni. Non era solo la scopata furiosa, non era soltanto l’aver tradito il marito nella propria casa. Era altro, più profondo. Alf aveva osato andare dove nessuno si avventurava più.
Portò una mano dietro, accarezzandosi piano il fondo schiena, e un brivido le attraversò la schiena. Il mio buchetto… Non ci pensavo dai tempi dell’università.
Le tornò in mente, vivido come una foto ingiallita, il caos degli anni senza regole: serate infinite, vino a fiumi, e poi lui, quel ragazzo più grande che l’aveva posseduta con brutalità, piegandola e prendendola proprio lì. Ricordava ancora il dolore pungente, le risate sporche, il piacere colpevole che ne era seguito. Dopo quella fase aveva chiuso tutto in un cassetto, convinta che certe follie appartenessero solo alla gioventù.
E invece eccola lì, adulta, moglie devota in apparenza, che si scopriva di nuovo a godere come allora. Forse di più. Perché adesso la trasgressione era doppia: non solo si lasciava scopare nel suo “buchetto segreto”, ma lo faceva alle spalle del marito, nel letto coniugale, dopo anni di oblio della pratica imposta dalla rispettabilità.
Si guardò allo specchio dell’armadio, nuda, con i segni delle mani di Alf ancora impressi sui fianchi. Non vedeva più una donna rispettabile, ma una femmina tornata a vivere.
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