Miami beach

di
genere
saffico

Miami beach.
A occhi chiusi allunghi la mano di fianco a te e mi tocchi il seno.
Sì, sono ancora lì, vicina a te, sulla spiaggia irrorata dai vitali raggi del sole.
Ma quando ripeti il movimento, qualche minuto più tardi, non mi trovi più. La mano si muove sul telo spugna, mi cerca, ma di me non c'è più traccia.
Allarmata apri gli occhi, ma non mi trovi, finchè mi senti sorridere e ti volti dall'altra parte.
Eccomi, di nuovo vicina.
In ginocchio ti porgo l'aperitivo.
Lo spritz brilla di riflessi arancioni che il sole rende vividi e cangianti tra i cubetti di ghiaccio.
Sul vassoio olive e patatine ti attendono impazienti occhieggiando da due ciotole.
Il tuo sguardo oscilla dal mio corpo alla bevanda, incerto, ma io risolvo l'impasse appoggiando il vassoio di fianco a te.
Non distogli gli occhi dal mio petto mentre sgranocchi le patatine; con l'altra mano agiti lo spritz facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio.
È allora che prendo io l'iniziativa: raccolgo un'oliva, mi slaccio il pezzo di sopra del costume e me la infilo tra le tette, quel tanto perchè si veda, ma non caschi sulla sabbia.
Tu mi guardi con un'espressione sbalordita.
“Ecco, gioia, ora devi prendere l'oliva con la bocca. Vietato usare le mani, si intende!”
“Jajajajaja! Gata perillosa!” Scoppi a ridere con quei tuoi denti bianchissimi.
Qualcuno ci osserva, passeggiando, attirato dal fragore della tua risata, ma tu accetti la sfida.
Dei bagnanti ci hanno notate e il mio singolare gesto attira immediatamente alcuni sguardi indiscreti.
Un oliva intanto spunta tra i miei seni e devo stare attenta a non respirare troppo profondamente per non farla cadere.
“Se la prendi senza farla cadere vinci la ricompensa, se invece non ci riesci devi pagare la penitenza.”
Regole chiare.
La nostra sfida suscita un certo interesse nella collettività annoiata, ma noi non ci curiamo del capannello di persone che si sta infittendo d'intorno e tu, appoggiato il liquido ambrato, ti avvicini studiando il terreno di gioco.
Il problema non sembra di difficile soluzione.
Al primo tentativo le tue labbra l'ambiscono l'oliva, ma quella sfugge, scivolosa. Probabilmente più impiantata di quello che sembrava fra le mie rotondità.
Il problema è che ora che ti allontani dal mio seno, il verde frutto sporge pericolosamente dalla piega tra me mie pere.
Dopo qualche secondo di studio rompi gli indugi e riprovi con un approccio dal basso.
Ma stavolta sei meno accorta, il mento mi schiaccia il seno e l'oliva scivola fuori dalla sua tana. Tu la blocchi tra il naso e la guancia. Cerchi di muoverla avvicinandola al mio capezzolo per bloccarla, ma quella scivola e finisce nella sabbia. Il silenzio si impossessa della platea che fino a pochi attimi fa prendeva parte alla sfida con gemiti di incoraggiamento ed esclamazioni di delusione.
“Noooo! Mierda!” Il tuo disappunto si unisce a un generale tumulto di cordoglio. La folla nel frattempo si è estesa in modo sorprendente.
Io rido, diavoletta giapponese.
Mi rimetto il pezzo di sopra raccogliendo un soffuso mormorio di protesta e annuncio la penitenza.
“Devi toglierti tu il pezzo di sopra, adesso, e sottoporti a un'altra prova.”
Tu ridi e intanto bevi il tuo aperitivo, ma di fatto devi ubbidire. L'alcool aiuta e, fissandomi negli occhi, ti slacci il reggiseno con lentezza. Il pubblico si immerge nuovamente in una spasmodica attenzione, ma noi due neanche ci accorgiamo di chi ci segue senza troppa discrezione.
“Sentiamo!” Mi apostrofi, con aria di sfida.
“Semplice, devi provare a togliermi il reggiseno, ma ancora senza usare le mani.”
“Jajajaja! Tutto qui? Facilissimo. E la ricompensa?”
“Ti dico piuttosto la penitenza: allo scadere del primo minuto un cubetto di ghiaccio ti entrerà nello slip, dal davanti. Al secondo un altro cubetto finirà nel tuo costume, da dietro. Al terzo minuto ce ne andiamo in camera in albergo e solo allora saprai la penitenza finale.”
Ancora scoppi a ridere. Sembra tutto facile e neanche quando constati che il mio bikini non è chiuso da lacci, ma dalla clip, non ti lasci scoraggiare.
Mi tolgo il fiocco che mi fissa i capelli e ti lego le mani dietro alla schiena.
Il pubblico intanto si è messo comodo. Un cameriere vende coni di pop corn, un altro distribuisce spritz a raffica. La bevanda è diventata di colpo molto popolare.
Uno dei presenti si offre di cronometrare. Nell'invidia globale viene legittimato il suo ruolo.
Parte il cronometro e tu ti lanci all'attacco.
Mi fai girare di schiena e con i denti afferri il costume.
Tiri, digrigni i denti, ma la clip non si slaccia. Anzi, il costume sfugge dalla presa e mi molla una scudisciata tra le scapole.
“Ahi!” Gemo di dolore, ma ormai non posso sfuggire al tuo prossimo attacco.
Di nuovo mi mordi i lacci, li tiri, ma il congegno di plastica non cede e mi becco un'altra frustata sulla schiena. Forse non ho scelto la sfida migliore: continuo a prendermi brucianti staffilate sulla pelle.
Tu riprendi il tentativo, cerchi di deformare l'apertura, ma quella non si muove e 'GONG!!!' È già finito il primo minuto.
Il tuo sguardo incredulo paralizza il tuo volto.
“Di già?”
Il cronometrista cala il verdetto e scatta la prima penitenza.
Dallo spritz prelevo un cubetto di ghiaccio, me lo metto in bocca e, dopo averlo succhiato quanto basta, mi avvicino a te con espressione serie e imperturbabile.
“Oh no... no... no, no, no, no! No! No! No! NO! NO! NO! NONONONONO!!!”
Ti tiro il bordo della mutandina, un'occhiata rapida e disinteressata al tuo soffice pelo castano e... oplà! Il cubetto di ghiaccio ti finisce direttamente sulla passera.
“AAAAAAHHH!!!!”
Inizi a saltare come se ti avesse morso una tarantola con il gelo che si scioglie e ti bagna il costume proprio lì, fra le cosce, fra le esclamazioni osannanti del pubblico ormai folto.
Ma le tue mani sono legate dietro alla schiena e il tizio col cronometro ti impone di proseguire nella sfida. La fitta assemblea intanto, che si è concessa un'ampia panoramica sul tuo prosperoso seno che ballava, irresistibile, scosso dai tuoi salti.
Ma bando alle ciance, il secondo minuto è partito.
Riprendi la tua inefficace strategia: tiri il mio reggiseno e lo molli, così, due o tre volte, col solo risultato di farmi diventare la schiena viola e farmi gemere a ogni stilettata.
Inutile vendetta, il cubetto ti sta gelando la vulva e tra freddo ed eccitazione per la pugna, non è solo il ghiaccio quello che ti bagna il costume.
Devi cambiare i piani e cominci a lavorare con la lingua la mia clip, cercando con le labbra di deformarla, ma senza riuscirci.
L'agitazione ti prende, mentre qualche malvagio agita il proprio aperitivo facendo risuonare i cubetti di ghiaccio contro il vetro.
Ma il reggiseno non cede, e il tempo passa.
Finalmente ti viene un lampo di genio. Modifichi la tua strategia e con i denti mi arpioni una spallina, la abbassi sul mio braccio scoprendomi una tetta fin quasi al capezzolo. Ripeti la stessa manovra dall'altra parte, ma 'GONG!!!' È già passato anche il secondo minuto.
La tua espressione di stupore si trasforma prima in astio verso l'addetto al cronometraggio, e poi in angoscia, mentre prelevo un altro cubetto.
“Oh no!!! No! NONONONO!!! Cazzocazzocazzocazzocazzooooooooo!”
Tiro il costume, una generosa occhiata al tuo culetto bello tondo, e un altro cubetto di ghiaccio di cala sotto il tessuto, incastonandosi tra le tue belle chiappe.
“Me cago en la leche! Hielo demmmmmmierdaaaa!”
“Uè! Niente parolacce, vè!”
Ma intanto è partito il terzo e ultimo minuto e, mentre l'acqua comincia a colarti lungo le cosce, sei obbligata a riprendere le operazioni militari.
Mentre passera e culetto iniziano a ibernarsi, con rabbia riprendi tra i denti le spalline del mio reggiseno, le abbassi più che puoi, spunta un capezzolo, festosamente accolto dal loggione.
Ma ancora non basta. E allora mordi la coppa e, tra brividi di freddo e di eccitazione, mi scopri tutto il seno.
“Ecco! L'ho tolto!” Esulti trionfalmente, ma ti gelo col mio sguardo.
“E no! Me lo hai solo abbassato, non me l'hai tolto!” Devo farti constatare.
Attonita ti guardi intorno in cerca di consensi.
Il pubblico sta rimirando una castana giovane spagnola a seno nudo, le mani legate dietro alla schiena, il costume bagnato proprio sul culo e sulla passera e un rigolo di gelida acque che le cala tra le cosce. Di fronte a lei una mora donna giapponese con il reggiseno abbassato e le tette fuori.
“Ha ragione la giapponese! Devi togliere il reggiseno del tutto! E mancano solo 25 secondi!”
Il coro è unanime, e la situazione sta precipitando. Inutile ribellarsi al verdetto, perderesti solo tempo.
Ti affanni sul mio costume, mordi il tessuto e cerchi di sollevarmelo oltre la tetta. La tua faccia, la tua bocca, il tuoi denti ringhiosi mi frullano il seno, sollevi una coppa al di sopra della prima rotondità, in un delirio di affanno cerchi di ripetere l'operazione sull'altra coppa, ma 'GONG!' È scaduto il terzo minuto.
“Carajo!!!” Ti scappa dalle labbra in un'esclamazione di stizza, ma subito dopo mi vedi col costume sottosopra, le tette fuori, una sopra e una sotto, e tu, col ghiaccio tra culetto e passerina; scoppi a ridere lasciandoti cadere nella sabbia.
Il pubblico si abbandona in un applauso di incoraggiamento. Le due ragazze praticamente in topless hanno dato spettacolo: un bel diversivo in una noiosa mattinata sulla spiaggia di Miami.
“E ora quale sarà la penitenza?” Chiedi, mentre tutti ammutoliscono per raccogliere ogni dettaglio. Qualcuno si frega le mani, altri si aggiustano il pacco divenuto di colpo ingombrante ed evidente.
Io sogghigno beffarda e ti guardo con un'espressione indecifrabile e carica di suspense.
“Dai!”, mi inciti tu, “Mi hai già congelato il culo e la figa, cosa hai in mente maldita de una japonesa?”
Ed è così che mi stimoli l'ispirazione.
“Dopo avertele congelate, ora ti riscalderò nelle stesse parti.” Un linguaggio carico di mistero.
“E come pensi di scaldarmela? Eh, Yuko?” Il tuo sguardo si fa invitante e malizioso. Gli occhi del pubblico seguono lo scambio verbale nel silenzio più assoluto.
“Ho alcune belle candele in stanza!”
Boato di entusiasmo.
“Ma, avresti per caso intenzione di accenderle e infilarmele...”
“Esattamente!”
Tripudio generale.
Ma mentre la folla si agita e si contorce in riti satanici, ti prendo per mano, raccogliamo reggiseni, borse e asciugamani e ci allontaniamo verso il nostro hotel.
“Se permettete”, mi rivolgo alla platea che sembra paralizzata nello sconforto globale, “proseguiamo solo io e la mia donna, senza sguardi indiscreti.”
di
scritto il
2023-02-09
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