Ridotta in schiavitù, venduta (parte 6)
di
Kugher
genere
sadomaso
Angélique venne anche addestrata a lavorare sulla resistenza.
Lei ed altre due schiave vennero portate a 4 zampe, essendo questo l’unico modo nel quale si muovevano negli spazi della “scuola”, fino a raggiungere tre poltrone messe in circolo.
Sarebbe stata esente da punizione la schiava che per ultima, pur tenendo in tensione il cazzo del Padrone, lo avrebbe portato all’orgasmo.
Non dissero quale sarebbe stata la punizione e questo ebbe l’effetto di mettere maggiore ansia.
Inoltre, nessuna delle tre, essendo in circolo, aveva modo di osservare l’avanzamento “del lavoro” altrui e, anche questo, era fonte di ansia.
Angélique era particolarmente tesa. Si rendeva conto che era molto brava nel far raggiungere in fretta l’orgasmo, ma questa abilità rischiava in quel momento di essere controproducente.
Non sapeva regolarsi tra la tensione del cazzo e il ritardo del piacere.
Il membro aveva perso turgore in qualche occasione ed era stata richiamata già due volte con colpi forti di frustino.
Questo le generò ulteriore stress in quanto sapeva che avrebbe avuto a disposizione ancora un solo “richiamo”. Al quarto sarebbe stata dichiarata la sua sconfitta con conseguente punizione.
Cercò di concentrarsi al meglio nel gestire le due opposte esigenze ma capiva che non era a suo agio. Si sentiva tesa, capiva che stava sbagliando perchè quel cazzo era troppo duro, avendo ora paura di fargli perdere turgore.
Il suo mondo era tutto lì, in quel cazzo. Non esisteva altro, non più la sua vita precedente, le sue lezioni di piano, i concerti, le cene coi genitori, le uscite con le amiche o la paura per il suo futuro.
Tutto era concentrato su quel cazzo.
Si rilassò quando sentì il Padrone alle sue spalle godere. Voleva dire che una aveva perso e la prima ad essere punita sarebbe stata quell’altra.
Le altre due schiave erano le sue “nemiche”. Non i Padroni che la costringevano a quella tensione, all’obbedienza, che le avevano tolto la libertà. Magari queste sensazioni le avrebbe vissute dopo. Era colpa delle altre ragazze se lei rischiava di essere punita.
Solo a mente fredda avrebbe potuto realizzare l’assurdità di quelle sensazioni che, però, piano piano le erano entrate dentro e, anche nei momenti lontani dagli “esami”, vedeva ormai le altre schiave come concorrenti da battere per salvarsi.
Questo la portava ad essere sempre più isolata, sempre più sola con sé stessa e le proprie paure, tensioni, emozioni.
Conseguentemente si sentiva sempre più dipendente dalla soddisfazione dei Padroni che cercava in ogni cosa, non solo nell’orgasmo, ma anche nel modo in cui serviva i pasti, porgeva il bicchiere, seguiva a 4 zampe come una cagna in una postura sempre più perfetta, svolgeva il compito di mobilio umano quale poggiapiedi o sgabello.
Sempre più l’unico orizzonte erano loro, i Dominanti o, meglio, la loro soddisfazione, non avendo importanza chi fosse il Padrone in quel momento.
Aveva imparato a conoscere ciascuno di loro e ad assecondarli se non addirittura prevenire i loro gusti.
In quel momento, però, era concentrata sull’orgasmo che avrebbe dovuto ritardare pur nella paura di ricevere il terzo, ed ultimo, richiamo col frustino, avendo più paura del numero tre che del dolore del colpo.
Troppe tensioni, troppa inesperienza in quel genere di servizio.
Quando sentì il cazzo del Padrone irrigidirsi troppo, era tardi e nulla ormai avrebbe potuto fare, se non ingoiare velocemente tutto e pulire.
Si prostrò ai suoi piedi che abbracciò e leccò, chiedendo scusa, sentendosi lei in difetto, assurdamente, ma così era: non era stato il Padrone a pretendere troppo, ma lei ad avere sbagliato nel servire.
Solo a mente fredda, nell’ulteriore solitudine notturna, avrebbe potuto ragionare su questa sua reazione e su quanto la “scuola” avesse fatto su di lei.
Gli addestratori erano soddisfatti dei suoi miglioramenti. Era una brava schiava e avrebbe fruttato un buon guadagno per lo Stato che l’avrebbe venduta.
Il direttore dell’istituto si era raccomandato con gli istruttori di seguire particolarmente quella schiava. Era bella, francese e, cosa ancor più importante, aveva il pedigree di grado 5.
Era un buon articolo e doveva mantenere alto il nome di quella scuola e la fama delle schiave francesi con pedigree.
Per questo furono particolarmente attenti alla sua educazione, a non passare il confine oltre il quale in lei si sarebbe rotto quel qualcosa che le avrebbe impedito di essere una buona schiava per divenire un mero automa. Non avrebbe potuto essere venduta come schiava di piacere ed il pedigree grado 5 sarebbe servito a poco.
Anche il direttore avrebbe dovuto subire le conseguenze se quella non fosse divenuta un’ottima schiava, degna della fama delle francesi.
La bravura degli addestratori era trovare il punto di rottura, oltre il quale la schiava avrebbe perso ogni istinto di ribellione e si sarebbe sottomessa.
Lei prometteva bene.
Altre, invece, conservavano comunque un carattere ribelle, da punire o, comunque, anche senza punizione, senza quel qualcosa in più che avrebbe fatto di loro una schiava speciale, poco remunerativa e, soprattutto, che avrebbero abbassato il livello della fama delle schiave francesi.
L’ordine diramato a tutti i direttori delle pochissime scuole di schiavitù era quello di concentrarsi sulle schiave con pedigree.
La fama delle schiave francesi ed italiane era altissima, anche se avessero conservato quel tanto di ribellione o non avessero acquisito quel senso di totale sottomissione.
Rispetto alle schiave delle altre nazioni, vendute semplicemente senza o con pochissimo addestramento, il divario era elevatissimo.
Gli istruttori sapevano che erano vicini alla totale sottomissione per Angélique. Avevano lavorato molto su di lei per cercare di ottenere quel qualcosa in più rispetto alla sottomissione, cioè la devozione per i Padroni, la concentrazione solo per la loro soddisfazione, quell’aspetto che caratterizzava le “schiave di lusso” che avrebbero potuto essere vendute ad un prezzo molto alto e alle quali veniva rilasciato, appunto, l’attestato di “schiava di lusso”, cosa che non veniva data con facilità ed era molto ricercata dagli acquirenti.
Si aggiunga la sua estrazione sociale e culturale le avevano donato una classe ed una eleganza che non è possibile insegnare in nessuna scuola di schiavitù ma che, se posseduta, aumenta il valore della merce.
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krugher.1863@gmail.com
Lei ed altre due schiave vennero portate a 4 zampe, essendo questo l’unico modo nel quale si muovevano negli spazi della “scuola”, fino a raggiungere tre poltrone messe in circolo.
Sarebbe stata esente da punizione la schiava che per ultima, pur tenendo in tensione il cazzo del Padrone, lo avrebbe portato all’orgasmo.
Non dissero quale sarebbe stata la punizione e questo ebbe l’effetto di mettere maggiore ansia.
Inoltre, nessuna delle tre, essendo in circolo, aveva modo di osservare l’avanzamento “del lavoro” altrui e, anche questo, era fonte di ansia.
Angélique era particolarmente tesa. Si rendeva conto che era molto brava nel far raggiungere in fretta l’orgasmo, ma questa abilità rischiava in quel momento di essere controproducente.
Non sapeva regolarsi tra la tensione del cazzo e il ritardo del piacere.
Il membro aveva perso turgore in qualche occasione ed era stata richiamata già due volte con colpi forti di frustino.
Questo le generò ulteriore stress in quanto sapeva che avrebbe avuto a disposizione ancora un solo “richiamo”. Al quarto sarebbe stata dichiarata la sua sconfitta con conseguente punizione.
Cercò di concentrarsi al meglio nel gestire le due opposte esigenze ma capiva che non era a suo agio. Si sentiva tesa, capiva che stava sbagliando perchè quel cazzo era troppo duro, avendo ora paura di fargli perdere turgore.
Il suo mondo era tutto lì, in quel cazzo. Non esisteva altro, non più la sua vita precedente, le sue lezioni di piano, i concerti, le cene coi genitori, le uscite con le amiche o la paura per il suo futuro.
Tutto era concentrato su quel cazzo.
Si rilassò quando sentì il Padrone alle sue spalle godere. Voleva dire che una aveva perso e la prima ad essere punita sarebbe stata quell’altra.
Le altre due schiave erano le sue “nemiche”. Non i Padroni che la costringevano a quella tensione, all’obbedienza, che le avevano tolto la libertà. Magari queste sensazioni le avrebbe vissute dopo. Era colpa delle altre ragazze se lei rischiava di essere punita.
Solo a mente fredda avrebbe potuto realizzare l’assurdità di quelle sensazioni che, però, piano piano le erano entrate dentro e, anche nei momenti lontani dagli “esami”, vedeva ormai le altre schiave come concorrenti da battere per salvarsi.
Questo la portava ad essere sempre più isolata, sempre più sola con sé stessa e le proprie paure, tensioni, emozioni.
Conseguentemente si sentiva sempre più dipendente dalla soddisfazione dei Padroni che cercava in ogni cosa, non solo nell’orgasmo, ma anche nel modo in cui serviva i pasti, porgeva il bicchiere, seguiva a 4 zampe come una cagna in una postura sempre più perfetta, svolgeva il compito di mobilio umano quale poggiapiedi o sgabello.
Sempre più l’unico orizzonte erano loro, i Dominanti o, meglio, la loro soddisfazione, non avendo importanza chi fosse il Padrone in quel momento.
Aveva imparato a conoscere ciascuno di loro e ad assecondarli se non addirittura prevenire i loro gusti.
In quel momento, però, era concentrata sull’orgasmo che avrebbe dovuto ritardare pur nella paura di ricevere il terzo, ed ultimo, richiamo col frustino, avendo più paura del numero tre che del dolore del colpo.
Troppe tensioni, troppa inesperienza in quel genere di servizio.
Quando sentì il cazzo del Padrone irrigidirsi troppo, era tardi e nulla ormai avrebbe potuto fare, se non ingoiare velocemente tutto e pulire.
Si prostrò ai suoi piedi che abbracciò e leccò, chiedendo scusa, sentendosi lei in difetto, assurdamente, ma così era: non era stato il Padrone a pretendere troppo, ma lei ad avere sbagliato nel servire.
Solo a mente fredda, nell’ulteriore solitudine notturna, avrebbe potuto ragionare su questa sua reazione e su quanto la “scuola” avesse fatto su di lei.
Gli addestratori erano soddisfatti dei suoi miglioramenti. Era una brava schiava e avrebbe fruttato un buon guadagno per lo Stato che l’avrebbe venduta.
Il direttore dell’istituto si era raccomandato con gli istruttori di seguire particolarmente quella schiava. Era bella, francese e, cosa ancor più importante, aveva il pedigree di grado 5.
Era un buon articolo e doveva mantenere alto il nome di quella scuola e la fama delle schiave francesi con pedigree.
Per questo furono particolarmente attenti alla sua educazione, a non passare il confine oltre il quale in lei si sarebbe rotto quel qualcosa che le avrebbe impedito di essere una buona schiava per divenire un mero automa. Non avrebbe potuto essere venduta come schiava di piacere ed il pedigree grado 5 sarebbe servito a poco.
Anche il direttore avrebbe dovuto subire le conseguenze se quella non fosse divenuta un’ottima schiava, degna della fama delle francesi.
La bravura degli addestratori era trovare il punto di rottura, oltre il quale la schiava avrebbe perso ogni istinto di ribellione e si sarebbe sottomessa.
Lei prometteva bene.
Altre, invece, conservavano comunque un carattere ribelle, da punire o, comunque, anche senza punizione, senza quel qualcosa in più che avrebbe fatto di loro una schiava speciale, poco remunerativa e, soprattutto, che avrebbero abbassato il livello della fama delle schiave francesi.
L’ordine diramato a tutti i direttori delle pochissime scuole di schiavitù era quello di concentrarsi sulle schiave con pedigree.
La fama delle schiave francesi ed italiane era altissima, anche se avessero conservato quel tanto di ribellione o non avessero acquisito quel senso di totale sottomissione.
Rispetto alle schiave delle altre nazioni, vendute semplicemente senza o con pochissimo addestramento, il divario era elevatissimo.
Gli istruttori sapevano che erano vicini alla totale sottomissione per Angélique. Avevano lavorato molto su di lei per cercare di ottenere quel qualcosa in più rispetto alla sottomissione, cioè la devozione per i Padroni, la concentrazione solo per la loro soddisfazione, quell’aspetto che caratterizzava le “schiave di lusso” che avrebbero potuto essere vendute ad un prezzo molto alto e alle quali veniva rilasciato, appunto, l’attestato di “schiava di lusso”, cosa che non veniva data con facilità ed era molto ricercata dagli acquirenti.
Si aggiunga la sua estrazione sociale e culturale le avevano donato una classe ed una eleganza che non è possibile insegnare in nessuna scuola di schiavitù ma che, se posseduta, aumenta il valore della merce.
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