Le lacrime delle donne 8/8

Scritto da , il 2021-12-21, genere sentimentali

Amburgo, ore 0,11 della notte tra un venerdì e un sabato, fuori dalla discoteca Lap. Entrarci non sarà facile e Annalisa lo sa, del resto questo è solo uno dei piani possibili, anche se il migliore. La clientela qui dentro è selezionata con criteri spesso imperscrutabili. Mentre è in coda si avvicina a un ragazzo, gli chiede se è solo e se può entrare con lui. Un ragazzo bassino, vestito con giacca e pantaloni di pelle verde, occhialini dalla montatura viola e un orecchio completamente colonizzato dagli anellini. Gentile, mite. Le sue risposte sono entrambe affermative, ma l'ha avvisa subito: "Io entro, mi conoscono, ma tu non credo proprio, con gli stranieri è difficile in serate così e con gli italiani quasi impossibile". "Farei qualsiasi cosa per entrare", gli dice Annalisa. "Sicura?", gli chiede il ragazzo squadrandola. Quella che ha davanti è una ragazzina alta, esile, dai capelli verdi e gialli e un'aria vagamente tossica. Piercing al naso e sulla lingua, un tatuaggio che riproduce del fogliame e dei fiori che le scende dal collo andandosi a nascondere dentro una canotta bianca, dentro la quale finisce anche una catena di metallo con un crocifisso, un chiodo di qualità scadente. Una mini di pelle che le copre a malapena le chiappe, gambe nude nonostante la serata non sia certo calda. "Sì, sicura", ha risposto Annalisa. Mentre sono in coda il ragazzo - Dieter, "ma mi chiamano D-boy" - le chiede se cerca maschi o femmine. "Per me va bene tutto - sussurra lei – se mi fai entrare ti faccio un pompino”. D-boy ride.

Nonostante la recita, Annalisa non è particolarmente strafatta: giusto mezzo Xanax e un paio di gocce di atropina in ogni occhio per favorire la dilatazione delle pupille. Non ci vede benissimo, ma sa che l'effetto passerà presto.

All'ingresso, come previsto, via libera per il ragazzo. Annalisa è invece invitata con un gesto a seguire la strada che porta al parcheggio. D-boy dice qualcosa al buttafuori, Mark, così è scritto sul badge. Confabulano per un po', poi Mark la fissa e le dice, in inglese, "seguimi, bisogna parlare con Sepp". La conduce dentro un piccolo ufficio dove dopo un po' appare Sepp, un uomo tra i trentacinque e i quaranta, grosso, completamente fuori registro rispetto alla fauna del locale: capelli corti e ben curati, senza barba, vestito con un completo scuro. Armani o, verosimilmente, un falso. Fa cenno di sì con la testa appena la vede, Mark esce e Sepp si siede tirandoselo fuori dai pantaloni. Annalisa si inginocchia: "Ecco il tuo biglietto di ingresso". Quando ha ingoiato, Sepp la lascia andare, non prima di essersi fatto consegnare le mutandine - "qui non ti servono" - ed averle annusate. La saluta con un "enjoy, schlampe" e una risata. Seguita dal monito a non farsi dentro il locale, o in caso contrario finirà nella spazzatura. Annalisa vaga per un po', intontendosi felicemente con il volume esasperato della musica e con i drink che le vengono offerti soprattutto da donne, ma anche uomini, che allungano molto facilmente le mani e si informano sulle sue skills, la invitano a seguirle e a seguirli da qualche parte. Annalisa beve ma non accetta nessun invito, finché una donna non la urta alle spalle per poi domandarle scusa. E' chiaramente un pretesto: si sono già scambiate una lunga occhiata mentre Annalisa era al bancone a bere un vodka tonic con un'altra. La donna ha trentanove d'anni, le braccia interamente tatuate e i capelli biondi non più lunghi di un centimetro. Un po’ tozza, non particolarmente bella. Si chiama Hilde Meister ed è una delle fondatrici di Freunschaft, una Ong che si occupa dell'inserimento degli immigrati. Dirige la Ong con una scozzese, Susan McAllister, sua moglie, quarantadue anni, architetta di una certa notorietà. In realtà, la loro attività più remunerativa è plagiare ragazze da mandare nel Daesh, a fare le spose dei guerriglieri dell’Isis. Se ci ripensano, e di solito ci ripensano, cazzi loro.

Tre minuti dopo Hilde e Annalisa sono al bancone a bere, cinque minuti dopo si stanno già baciando. Annalisa, seduta su uno sgabello, accetta sulle cosce e tra le sue gambe aperte la mano della donna che le accarezza la vagina. "Niente mutandine?". Annalisa rovescia la testa all'indietro e le offre una risata ubriaca, Hilde le abbassa una spallina della canotta e le scopre il seno, rivelando il disegno del tattoo: un'ape che succhia il nettare da un fiore in mezzo al fogliame, la storia d'amore più vecchia del mondo. Il capezzolo di Annalisa è il pistillo. "Wow - sorride la donna - dirty little girl". Così come i piercing, che lei odia, il tatuaggio è finto, ma perfetto. Ne ha anche un altro, proprio sul pube, con la scritta a caratteri gotici "fuck" e una freccia che punta in basso. Hilde, senza saperlo, lo sta sfiorando con i polpastrelli proprio in questo momento. D-boy arriva casualmente alle sue spalle, la riconosce. E' in compagnia di un omone barbuto e con la coda ai capelli, dai fori della sua canottiera a rete esce un bosco di peli neri e grigiastri. D-boy invece non ha più la giacca e la camicia è sudata e completamente aperta sul petto glabro. "Ehi, ti diverti?", le domanda. Annalisa gli risponde con un sorriso ebete. "Non prendertela con Sepp, vuole provare la bocca di chiunque, maschio o femmina che sia... solo a me non mi calcola". Hilde sbotta in una risata sonora mentre Annalisa, con la voce strafatta, risponde "ti devo un pompino". D-boy sorride e si stringe all'omone, gli passa una mano sul petto, dice "grazie dolcezza, ho altri piani". Hilde le domanda "ti piace anche il cazzo, bambina?". Annalisa le ha detto di avere diciassette anni, quasi dieci di meno della sua vera età, il suo viso e il suo corpo la rendono credibile. "A me piace tutto".

Cinque minuti dopo sono nei bagni insieme a un'altra donna, Ulrike, un'amica di Hilde incrociata per caso e invitata a unirsi a loro. Le due limonano duro mentre in basso Annalisa le lecca alternativamente. Il piercing aggiunge un tocco in più al suo talento naturale finché Hilde non sbrocca del tutto e inizia a scopare con violenza Ulrike e a morderle una spalla. Quella urla senza ritegno e senza timore di essere udita da qualcuno. La musica pompa, copre ogni rumore e fa vibrare tutto. La cabina è enorme, sembra quasi fatta per quello. Annalisa guarda le due scopare seduta per terra, masturbandosi sotto lo sguardo sorridente di Hilde. Prima di uscire, le tolgono la canotta e la gettano in un angolo. Non è un gran problema, tra la folla che balla e sballa c'è n'è parecchia di gente seminuda, ogni tre metri ci sono coppie che pomiciano. Annalisa vede addirittura due ragazze denudare completamente un'altra, piccolissima e dai tratti orientali, aprire una porta e spingerla dentro, per poi richiudere la porta sghignazzando insieme a due buttafuori. Hilde trascina per mano Annalisa, incrocia due ragazzi, si ferma a parlare con loro. Annalisa sente poco per via della musica, ma capirebbe ancora meno visto che parlano in tedesco. E' una specie di trattativa, da quello che può capire. Nell'attesa, avverte mani sconosciute accarezzarle il sedere e il seno, una si intrufola addirittura nella sua intimità sollevando la mini. Lei quasi non muove un muscolo. Hilde le fa cenno con la testa e riprende a trascinarla, i due ragazzi le seguono. Non c'è nemmeno bisogno di tornare nei bagni, basta un angolo più buio degli altri. La donna indica con un altro cenno della testa uno dei due e fa ad Annalisa "succhialo", il ragazzo si abbassa i pantaloni e tira fuori il cazzo, lei si inginocchia ancora. L'altro se lo tira fuori a sua volta e comincia a masturbarsi a pochi centimetri dal suo viso. E' il primo a concludere, sborrandole sul collo e sulle spalle. L'altro lo fa dopo un po' gridando "scheisse!" come un ossesso, come se nessuna gli avesse mai fatto un bocchino. Quando si ritira su i pantaloni sfila la cinghia e la consegna a Hilde, che la mette al collo di Annalisa come se fosse un guinzaglio e comincia a tirarsela dietro. Per la prima volta Annalisa sente un brivido vero e la fica aprirsi. "Ti vuoi fare? - domanda Hilde - io ho voglia, e anche di fumare". La ragazza annuisce. Mentre guadagnano l'uscita, incrociano un gruppo di donne. Conoscono Hilde e si vede. Sono quasi tutte in dark leather e le parlano indicando Annalisa come se volessero complimentarsi per il bel cagnolino. Hilde sembra rassicurarle e fare promesse.

Escono all'aperto con un bicchiere di birra in mano ciascuna. Hilde lascia cadere dei cristalli in quello di Annalisa, che tra sé e sé pensa "ketamina, probabilmente". Per una notte i consigli del dottor Fagiani - niente droghe pesanti o rischi allucinazioni e attacchi psicotici - possono anche andare affanculo. Il freddo le fa intirizzire i capezzoli, la donna lo nota e sorridendo glieli strizza, li torce, la fa urlare. La controlla in mezzo alle gambe e la scopre bagnata, la scopa per mezzo minuto ripetendole "piccola bestia italiana". Annalisa subisce, finge di godere. Scola la sua birra e fuma il cannone che le passa Hilde. La tedesca stende due strisce di coca su una panchina di cemento e le aspira, le dice "vuoi anche questa?". Annalisa risponde con una domanda: "Crack? Ero?". "Forse dopo, ora andiamo a divertirci davvero", le risponde Hilde tirandola per l'improvvisato guinzaglio. Annalisa la segue come uno zombie, un po' ci marcia un po' comincia davvero a sentire gli effetti di alcol e sostanze.

Mentre camminano speditamente vengono fermate ancora. Stavolta sono un ragazzo e una ragazza, mediorientali o maghrebini, difficile dire. Il ragazzo, a torso nudo, si ferma a parlare con Hilde. La ragazza si fa lasciare il guinzaglio. Indossa un hijab che le cela i capelli e un vestitino nero e velato che non le nasconde né i seni né lo scuro del pube. Spinge Annalisa verso una scultura in plexiglas, facendole calpestare una ragazzina in condizioni peggiori delle sue che cerca di riprendersi dopo avere vomitato nel basamento. Annalisa deve inarcarsi un po' all'indietro per seguire la curva della scultura. La ragazza la bacia a lungo, ha la bocca che sa di sperma e gli occhi da strafatta, le infila un dito dentro. "Tu veux baiser mon mec?", Annalisa biascica "oui". "Tu dois le mériter...", le dice l'altra spingendola verso il basso e allargando leggermente le gambe. Annalisa scende a lapparla finché lei non comincia a smaniare e a bloccarle la testa sul sesso, e finché non arrivano due buttafuori. Uno tira su la ragazzina semisvenuta, l'altro fa alle due "ehi, not here!". La maghrebina strattona Annalisa facendola rialzare.

Annalisa si pente di essersi ubriacata e fatta in quel modo. Con Hilde il suo piano poteva funzionare anche così, ma con quei due si complica tutto. Li ha riconosciuti dalle foto segnaletiche, o meglio ha riconosciuto il ragazzo. Si chiama Kaddour Bouzidi, origine algerina, e la fidanzata deve essere per forza Latifa Meziane, origine algerina anche lei. Ma sono entrambi nati in Germania. Hanno poco più di venti anni. Secondo la polizia di Amburgo sono i complici di Hilde e di sua moglie Susan. In particolare Latifa è quella incaricata di plagiare, plasmare, reclutare, le ragazze destinate ai guerriglieri del Daesh, farle diventare "spose di Allah", islamiche e non, pescando a piene mani nel disagio sociale e personale delle adolescenti. Deve pensare in fretta e fare in fretta, Annalisa, prima di obnubilarsi del tutto o, peggio, finire in preda alle allucinazioni.

"S'il te plait...", implora rialzandosi. Latifa stringe di più la presa con un ghigno e la tira via. Hilde domanda qualcosa in tedesco alla ragazza ma lei fa cenno di no, allora dice ad Annalisa, stavolta in inglese, "ti aspetto di sopra, non mi far fare brutta figura". Annalisa viene trascinata ancora nei bagni. Stavolta Latifa si denuda lasciandosi solo l'hijab e le intima di completare l'opera. Dopo un paio di minuti viene con una violenza che Annalisa non si sarebbe aspettata, trema ancora quando si china a novanta per sbottonare i jeans di Kaddour e prenderglielo in bocca. Guaisce quando l'italiana le infila un dito nella fica e uno nel sedere. Il bocchino regala alle due ragazze la vista di una erezione assolutamente ragguardevole. "Un tuer, c'est ca?", dice sorridendo Latifa ad Annalisa tenendo in mano e indicando il cazzo di Kaddour. Si rialza e si appoggia al muro, trascina la bionda a sé e, prima di baciarla, dice al suo ragazzo "encule cette salope". Ostentatamente in francese, per farsi capire, guardandola negli occhi. Allargandole le chiappe con una mano e penetrandole la vagina con l'altra. Proprio mentre Kaddour la vìola. Proprio mentre Annalisa fa scattare la pietra dell'anello che tiene su un pollice. Grida e porta le mani all'indietro sulle natiche di Kaddour tirandolo a sé, come per farsi inculare meglio, poi le poggia sui seni di Latifa. La dose per il ragazzo è sufficiente, quella per la ragazza no. Kaddour inizia a tremare e muore dopo essersi vomitato addosso, Latifa non è così fortunata. Il veleno agisce sui centri nervosi ma non è abbastanza per ucciderla in fretta, l'infiammazione le dà un dolore terribile in tutto il corpo. Strepita e si agita impazzita, Annalisa deve spaccarle l'osso del collo. L'altra cosa che spacca, una volta uscita dal box, è la maniglia della porta. La vagina le pulsa impazzita.

Girone infernale o Cielo del Paradiso, a seconda dei punti di vista: quella al primo piano dove raggiunge Hilde è una specie di dark room, una delle due del locale. In maggioranza sono donne e ragazze, nude o seminude. Ma ci sono anche etero, bisex, qualsiasi cosa. Una trentina di persone in uno spazio non grandissimo, illuminato solo dalla luce di uno schermo sul quale, quando Annalisa entra, scorrono scene di bukkake. Distributori di profilattici accanto alla porta, dispenser di gel e carta assorbente. Sui divanetti in pelle si beve, si pomicia o si consumano rapporti sessuali completi, sopra un grosso letto circolare due gay sono impegnati in un sessantanove mentre altri due si stanno facendo inculare dai rispettivi partner. Le parole sono ridotte al minimo, quasi bisbigliate. La colonna sonora è il beat assordante della disco che proviene da fuori insieme ai gemiti e alle risate dei presenti. L'orientale che aveva vista prima è presa a sandwich in piedi da due che sembrano culturisti, geme debolmente con gli occhi da Ghb. Le ragazze che l'avevano denudata e spinta dentro sono accanto a lei in mutandine e reggiseno e un po' la guardano un po' si danno da fare tra di loro. Un’altra dai lunghi capelli rossi e ricci, inginocchiata tra le gambe di un uomo molto più grande di lei, lo sta segando furiosamente per guadagnarsi la sua dose di sperma sul viso.

Hilde ride vedendo Annalisa e la prende per il guinzaglio, le grida all'orecchio "Kaddour and Latifa?". "Gone", le risponde Annalisa a fatica, ma capisce che è l'ultima cosa che fa prima di perdere completamente il controllo di se stessa. Hilde la trascina da un gruppetto di donne più o meno tutte della sua età, quelle che avevano incontrato prima di uscire a farsi, le solleva la mini di pelle. Sembra fare un po' la preziosa ma alla fine gliela consegna. Di ciò che avviene là dentro Annalisa non ricorderà mai nulla, tranne il dolore provocato da un tacco dodici piantato nella schiena. Potrebbe solo raccontare che, in seguito, c’è stato il sedile di un'automobile e la voce di Hilde che, all'interno di un ambiente molto più luminoso e profumato, chiama "Susan!".

Il ritorno alla coscienza avviene lentamente e in modo molto strano, a pezzi, come se ogni distretto sensoriale si svegliasse e si riaddormentasse per conto suo. C'è un momento in cui sente molto male alla schiena, sulle natiche, sulla parte posteriore delle cosce, e insieme le voci di Hilde e di un'altra donna. Non vede nulla, non saprebbe nemmeno dire se improvvisamente è diventato di nuovo tutto buio, se ha gli occhi chiusi, se è bendata. Il momento immediatamente successivo è come se per qualche secondo funzionasse solo l'olfatto: profumo al gelsomino, odore di legno e di qualcosa dolciastra che non saprebbe identificare. Poi la percezione di avere i polsi strettamente legati insieme con lo scotch, quella di essere accasciata a terra contro qualcosa di freddo e metallico.

Un frammento dopo l’altro, torna anche la memoria di cosa è successo dopo che Hilde l’ha portata a casa. Ma sono flash, attimi, immagini incoerenti. Le braccia tirate su, i polsi bloccati da una presa ferrea. Lo sguardo sadico della donna a pochi centimetri dai suoi occhi. Con le spalle al muro, le contorsioni mentre due dita le frugano la vagina. Ma era qui o in discoteca?

E poi Susan, Susan Mc Allister, l’altra donna della Freundschaft, l’altra mercante di schiave da spedire all’Isis, la moglie di Hilde. Bella, con i lunghi capelli neri, che con la giacca blu a bordini bianchi del pigiama aperta e senza i pantaloni l’aspettava a gambe aperte su una poltrona: “Striscia qui, piccola troia…”. La sua fica liquida, i suoi schiaffi, le sue botte, il righello di metallo del tecnigrafo calato sulla schiena e sulle natiche, gli insulti, il dolore. Il sorrisetto di Hilde che la colpisce a mano aperta in mezzo alle gambe, più interessata a provocarle dolore che altro. “Che sgualdrina, ti piace pure questo…”. Quando è che ha perso conoscenza? E quando l’ha riacquistata? Da quanto è nuda?

Ora capisce che il freddo contro cui è appoggiata è la gamba del tavolo da architetto di Susan. Prova ad alzarsi, sbatte la testa. Pensa “ma allora sono cretina” mentre Susan e Hilde ridono di lei. La cintura dello strapon in mano a Hilde: l’hanno usato o devono usarlo? E quelle gocce di sangue sul pavimento, escono dal naso o dalla schiena? “Non ti devi alzare, striscia”.

Il suono di un citofono, Hilde che va a rispondere e torna subito. La porta di ingresso deve essere proprio accanto a quella di questa stanza. Hilde che torna e dice a Susan qualcosa in tedesco.

Annalisa di tedesco capirà poche parole, ma a "der italienische freund" ci arriva. Ha un presentimento che è come un allarme immediato, un codice rosso, una doccia gelata. Deve liberarsi e in fretta, pensa mentre Hilde le afferra i capelli per portarla via, e la soluzione è a portata di mano, nella buchetta portaoggetti del tavolo da disegno. La Pentel GraphGear 1000 è una matita meccanica a punta retrattile in metallo di quattro millimetri, su Amazon è in vendita a 15,49 euro. Per Susan è uno strumento di lavoro, per Annalisa uno strumento di morte. Le sembra di risentire le parole del suo trainer israeliano, Itzik: "Tutto può essere un'arma". Agguanta la Pentel con due mani e, come se fosse una coltellata, vibra il colpo dentro l'occhio destro di Hilde, sfonda. La donna scatta e urla dal dolore ma non fa in tempo a fare altro. Con le mani giunte Annalisa le afferra la nuca e le spinge con violenza la faccia sul ripiano del tavolo. La matita si conficca nella testa di Hilde, si spacca all'altezza dell'indicatore di durezza del piombo proprio dentro il suo cervello. Hilde scivola a terra e un attimo dopo una pozza di sangue si allarga sul pavimento. Susan spalanca la bocca, non riesce nemmeno a urlare, paralizzata dal terrore. Per Annalisa aprirle il bel viso con una testata e metterla a nanna è un gioco da ragazzi. Ma è solo la prima parte del suo lavoro, nemmeno la più difficile. Non conosce la casa, non sa nemmeno a che piano stia e quanto ci metterà "l'amico italiano" ad arrivare. Mentre corre fuori dalla stanza non ha la minima idea di come risolvere enigmi ben più complicati, tipo capire dov'è la cucina. La trova, in un tempo che a lei stesso sembra esagerato. Per fortuna il ceppo con il set di coltelli è in bella vista sul ripiano di legno. Sceglie il più lungo, con una lama da 36 centimetri e la punta per l'intaglio. Nella concitazione di tagliare lo scotch si graffia un polso, ma è praticamente libera quando sente la voce di Antonello alle sue spalle.

- Ferma! Ferma, ho una pistola. Ma... Annalisa?

L’ha riconosciuta nonostante i capelli mezzi verdi. Quindi ora serve tempo. Ha bisogno di tempo. Per riequilibrare la situazione, abbassare il livello di adrenalina di Antonello, far scendere anche di poco la sua soglia di attenzione. Probabilmente lui non vede il coltello, si dice cercando nella stanza superfici riflettenti che possano tradirla. Per fortuna non ce ne sono.

- Cosa ci fai tu qui? - domanda Annalisa - pensavo fossi nascosto in mezzo all'Aspromonte.

- Mi ci vedi in mezzo a quei cazzo di posti? - replica Antonello - Sono scappato da lì quando avevo diciotto anni... tu invece che ci fai qui?

- Cercavo queste due pazze...

- Sei stata brava – le dice con quasi disprezzo – non avrei mai pensato che proprio tu mi potessi tradire, non ti ho fatta nemmeno controllare tanto…

- E io non pensavo che proprio tu potessi fare il mercante di esseri umani, di schiave, ragazze… trafficare con gente che uccide i bambini…

- Hai ucciso tu Saverio e gli altri miei uomini? Che fine hanno fatto il santone e il suo segretario?

- Non ho mai ucciso nessuno in vita mia - mente Annalisa – il mio lavoro è trovare le persone...

- E anche fare la puttana... - risponde Antonello.

- Che tu ci creda o meno, le cose sono un po' più complicate di così...

- Ovvero?

- Ovvero... non credo che avremo il tempo di parlarne, ma quando ti ho conosciuto ero morta dentro... giorno dopo giorno tu mi hai ricordato come può essere la vita.

- Non essere ridicola...

- Sai che è una sensazione strana? - dice Annalisa.

- Cosa?

- Dire la verità. E' vero, io mento per lavoro ma... dire la verità è bello, mi sento più leggera in questo momento.

- Perché?

- Non saprei dire, è come confessare di avere fatto qualcosa che non dovevo fare ma che ho fatto…

- Tipo stendere Hilde, mica male per una che non ha mai ucciso nessuno…

- E’ morta? Davvero? Io… io non so nemmeno come ho fatto, mi stavano torturando, stavo impazzendo dal dolore…

- Perché ti torturavano?

- Sadismo, Antonè, sono due sadiche del cazzo…

- Ma che cazzo ti hanno fatto... cazzo… - dice l’uomo mettendo a foco forse per la prima volta i segni e il sangue, le ferite, sulla schiena di Annalisa.

- Ahi, mi fai male... - sussurra Annalisa sentendo i polpastrelli sulla schiena.

L'ha quasi sfiorata. E' stato più forte il brivido che il suo tocco le ha trasmesso che il dolore. Ma simulare il dolore le serve per distrarre l’uomo e per voltare per un attimo la testa. Mai così vicino, tesoro, mai così vicino se tieni la pistola in quel modo. E' una delle prime cose che ti insegnano.

La mossa è fulminea. Girandosi, Annalisa dirotta con la sinistra la mano di Antonello. Che spara, sì, ma la pallottola fa esplodere l'oblò della lavatrice. Con lo stesso movimento, Annalisa affonda il coltello nel petto dell'uomo. Tecnicamente, non è un colpo perfetto. Manca di un centimetro il cuore. Ma recide quasi di netto l’arco dell’aorta. Antonello precipita a terra senza fiato.

Annalisa è subito sopra di lui. In ginocchio, nuda, a cavallo del suo corpo, chinata verso il suo viso. Come tante volte. A separarli c’è solo il manico del coltello. Si guardano negli occhi, entrambi sanno che sarà l’ultima volta e che sarà per pochi secondi.

Le ultime parole di Antonello sono "come sei bella, non piangere...”. La mano si alza verso il viso come per una carezza ma il gesto resta a metà, poi crolla sul pavimento. Annalisa completa mentalmente la frase: “le tue lacrime sono grandi come arance".

Poco meno di un’ora dopo, Annalisa costringe Susan a salire su una sedia. In una mano ha la stessa lama con cui ha ucciso Antonello, con l’altra le stringe il collo.

Susan ha il viso sporco di sangue, il sopracciglio gonfio. E’ vestita sempre allo stesso modo, con la giacca blu a bordini bianchi del pigiama aperta e niente pantaloni. A differenza di prima, però, è imbavagliata e ha i polsi legati dietro la schiena con lo scotch.

Annalisa indossa invece un suo vestito. Lungo, nero, di cotone, uno scollo poco profondo. Con i pantaloni del pigiama di Susan e con un paio di blue jeans ha fatto un cappio e lo ha agganciato al binario di una porta scorrevole dopo averne saggiato la resistenza. Lo infila al collo di Susan. La donna mugola di paura, la voce di Annalisa è invece molto calma.

- Non agitarti adesso o fai un casino – le dice scendendo da una seconda sedia sulla quale era salita e rimettendola a posto.

Osserva il lavoro fatto. Riconosce che Susan, a differenza di Hilde, è davvero una gran bella donna. Al netto del naso e del sopracciglio spaccati, ovviamente. Nel suo unico occhio azzurro aperto riconosce il terrore.

- L’hai capito che non è un giochetto di hanging, mi sa… peccato, voleva essere una sorpresa – le fa – però lascia che te lo dica… l’idea era quella di impiccarvi insieme, tu e quella troia, ma poi hai visto, Hilde se l’è cavata sin troppo bene, è morta in un attimo… tu invece resterai così, prima o poi ti stancherai, farai un movimento brusco, scivolerai… non lo so, dipende da te. Il mondo diventerà molto stretto, sai? Però… però non lo so, pensavo che sarei rimasta e che mi sarei masturbata guardandoti scalciare l’aria. E che magari se ti fossi pisciata addosso avrei anche squirtato. Invece no, non mi va più, tu e Hilde eravate solo due vermi, due zanzare da schiacciare, ma i vermi e le zanzare non sono poi così eccitanti. Ti spiace se ti ho preso il vestito? Fuori non fa caldissimo e poi non ho nulla da mettermi sotto il giubbotto.

Va nello studio di Susan, scavalca il cadavere di Hilde e recupera il chiodo di pelle, se lo infila, chiude la zip, passa un’altra volta davanti a Susan che mugola. Presumibilmente la implora, ma non lo saprà mai.

- Beh, io vado, eh? Stammi bene.



8. FINE

Questo racconto di è stato letto 2 0 5 1 volte

Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.