Vacanza sullo yacht (parte 12)
di
Kugher
genere
sadomaso
In auto, verso il porto, i quattro amici cambiarono discorso, ma gli ospiti avevano la mente piena di mille pensieri su ciò che li avrebbe aspettati in quei giorni.
Erano stati avvisati, quando si erano accordati per incontrarsi, che avrebbero trovato quella coppia schiava dei loro amici. Tuttavia, benché intrigati, avevano quel tipico senso di incertezza per le cose molto nuove, fuori da ogni schema mai pensato prima.
Gli ospiti provarono prima qualcosa di indefinito, poi un inizio di eccitazione quando videro Lia che, facendo strada sulla passerella per accedere all’imbarcazione, salì sullo schiavo disteso e nudo, visibile solo nell’ultimo tratto.
Fu molto particolare vedere la loro amica in piedi su un giovane uomo, usato come zerbino.
Fu ulteriormente eccitante osservare quella bella e giovane donna, che attendeva inginocchiata, che, tolte le scarpe e baciati i piedi, si predispose quale ulteriore scalino prima dell’accesso all’imbarcazione.
Toccò ad Abbey che scese sullo schiavo con un po’ di timore, tenendosi perchè era la prima volta che calpestava un corpo umano e non aveva confidenza con il nuovo equilibrio.
Posò una scarpa sul petto ed una sul ventre. Un tacco era in corrispondenza del capezzolo del ragazzo.
Non sapendo come stare, stette normalmente, pesando sui tacchi come se fosse sull’asfalto.
Lo schiavo sotto di lei non emise lamento alcuno ma ebbe una espressione dolorosa.
“Soffre il ragazzo”.
Abbey era titubante ma Lia la tranquillizzò.
“Fregatene”.
“Devo, anzi, posso fregarmene del suo dolore?”.
“Certo, non pensare a lui come ad una persona: è solo uno schiavo”.
Mentre aveva luogo quel breve scambio di battute, non accennò a cambiare posizione o ad alleviare la pressione del tacco.
Passò qualche secondo e l’ospite cominciò sia a prendere confidenza con il nuovo equilibrio, sia a provare piacere per la situazione.
Marta non sapeva come fare, come rapportarsi con gli ospiti. L’attimo di incertezza venne superato da un calcio della Padrona.
“Muoviti!”
Si avvicinò ancor di più colmando l’ultima distanza e tolse le scarpe alla signora la quale, a piedi scalzi sul corpo del giovane, raggiunse una migliore stabilità.
Trovò anche più piacevole sentire il corpo umano direttamente sotto la pianta dei piedi nudi. Il contatto diretto dà sensazioni completamente diverse rispetto al filtro che potrebbe fare la scarpa.
Guardava il viso del ragazzo che, non avendo più il dolore provocato dai tacchi che lo torturavano, assunse un'espressione più tranquilla.
Marta nuovamente non sapeva cosa fare.
Immaginava che avrebbe dovuto fare da scalino basso, posto che suo marito era su uno scalino più in alto ed il salto sarebbe stato alto per gli ospiti, ma non sapeva se avrebbe dovuto baciare o meno i piedi di quella signora.
Aveva anche qualche resistenza a baciare piedi sconosciuti.
Una cosa era parlarne quando erano in attesa, altra averli davanti, ben sentendo che il rapporto con i suoi Padroni stava cambiando decisamente e, comunque, provando eccitante il piacere della novità.
Se prima era intervenuto un calcio, adesso la Padrona le diede due frustate col frustino che aveva lasciato vicino all’ingresso, ben immaginando che ce ne sarebbe stato bisogno.
Il dolore sarebbe servito sia per scuotere la situazione sia per ristabilire i rapporti di dominio/sottomissione.
Marta aveva infatti bisogno di essere scossa, se ne era accorta anche Lia che la vedeva “imbambolata”. Lo stesso Andrea la guardava per invitarla a muoversi.
Era comunque un momento delicato nel quale si viene gettati davanti alla propria anima che stava per far uscire un nuovo aspetto della sessualità che, al dominio, affiancava l’esibizione e la sottomissione verso estranei, cosa molto forte.
Occorreva che passasse quel momento che non doveva radicarsi nell’anima della schiava.
Erano stati avvisati, quando si erano accordati per incontrarsi, che avrebbero trovato quella coppia schiava dei loro amici. Tuttavia, benché intrigati, avevano quel tipico senso di incertezza per le cose molto nuove, fuori da ogni schema mai pensato prima.
Gli ospiti provarono prima qualcosa di indefinito, poi un inizio di eccitazione quando videro Lia che, facendo strada sulla passerella per accedere all’imbarcazione, salì sullo schiavo disteso e nudo, visibile solo nell’ultimo tratto.
Fu molto particolare vedere la loro amica in piedi su un giovane uomo, usato come zerbino.
Fu ulteriormente eccitante osservare quella bella e giovane donna, che attendeva inginocchiata, che, tolte le scarpe e baciati i piedi, si predispose quale ulteriore scalino prima dell’accesso all’imbarcazione.
Toccò ad Abbey che scese sullo schiavo con un po’ di timore, tenendosi perchè era la prima volta che calpestava un corpo umano e non aveva confidenza con il nuovo equilibrio.
Posò una scarpa sul petto ed una sul ventre. Un tacco era in corrispondenza del capezzolo del ragazzo.
Non sapendo come stare, stette normalmente, pesando sui tacchi come se fosse sull’asfalto.
Lo schiavo sotto di lei non emise lamento alcuno ma ebbe una espressione dolorosa.
“Soffre il ragazzo”.
Abbey era titubante ma Lia la tranquillizzò.
“Fregatene”.
“Devo, anzi, posso fregarmene del suo dolore?”.
“Certo, non pensare a lui come ad una persona: è solo uno schiavo”.
Mentre aveva luogo quel breve scambio di battute, non accennò a cambiare posizione o ad alleviare la pressione del tacco.
Passò qualche secondo e l’ospite cominciò sia a prendere confidenza con il nuovo equilibrio, sia a provare piacere per la situazione.
Marta non sapeva come fare, come rapportarsi con gli ospiti. L’attimo di incertezza venne superato da un calcio della Padrona.
“Muoviti!”
Si avvicinò ancor di più colmando l’ultima distanza e tolse le scarpe alla signora la quale, a piedi scalzi sul corpo del giovane, raggiunse una migliore stabilità.
Trovò anche più piacevole sentire il corpo umano direttamente sotto la pianta dei piedi nudi. Il contatto diretto dà sensazioni completamente diverse rispetto al filtro che potrebbe fare la scarpa.
Guardava il viso del ragazzo che, non avendo più il dolore provocato dai tacchi che lo torturavano, assunse un'espressione più tranquilla.
Marta nuovamente non sapeva cosa fare.
Immaginava che avrebbe dovuto fare da scalino basso, posto che suo marito era su uno scalino più in alto ed il salto sarebbe stato alto per gli ospiti, ma non sapeva se avrebbe dovuto baciare o meno i piedi di quella signora.
Aveva anche qualche resistenza a baciare piedi sconosciuti.
Una cosa era parlarne quando erano in attesa, altra averli davanti, ben sentendo che il rapporto con i suoi Padroni stava cambiando decisamente e, comunque, provando eccitante il piacere della novità.
Se prima era intervenuto un calcio, adesso la Padrona le diede due frustate col frustino che aveva lasciato vicino all’ingresso, ben immaginando che ce ne sarebbe stato bisogno.
Il dolore sarebbe servito sia per scuotere la situazione sia per ristabilire i rapporti di dominio/sottomissione.
Marta aveva infatti bisogno di essere scossa, se ne era accorta anche Lia che la vedeva “imbambolata”. Lo stesso Andrea la guardava per invitarla a muoversi.
Era comunque un momento delicato nel quale si viene gettati davanti alla propria anima che stava per far uscire un nuovo aspetto della sessualità che, al dominio, affiancava l’esibizione e la sottomissione verso estranei, cosa molto forte.
Occorreva che passasse quel momento che non doveva radicarsi nell’anima della schiava.
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