Come le ali di una farfalla

Scritto da , il 2021-06-01, genere prime esperienze

Scendo a Prato Centrale e già il cuore mi batte forte.
Avrei dovuto prendere un beta bloccante per questa tachicardia, ma mi avrebbe buttata per terra, con la pressione sotto la suola delle scarpe.
Volo verso il parco, seguendo il profumo del Bisenzio.
Non dovrei faticare a trovarla, svetterà di almeno 30 centimetri sopra le altre persone e con la sua chioma arancione fluo di sicuro la potrei riconoscere anche se ci fosse le nebbia.
Anche lei dovrebbe individuarmi facilmente, a meno che Prato non venga invasa proprio oggi da uno stock di modelle giapponesi.
Attraverso a passo rapido il parco della stazione, il fiato corto per l'emozione, le mani sudate, secondo il più classico dei rituali.
E a un certo punto la vedo. È lei di sicuro, me lo sento.
Non ce ne saranno poi così tante di perticone coi capelli rossi, qui a Prato, ma non vorrei sbagliarmi.
Si sta guardando in giro, l'espressione un po' in ansia.
Cerca me.
Evito di sbracciarmi, non voglio dare nell'occhio.
Già due senegalesi mi hanno avvicinato e con un inaspettato, assurdo accento toscano mi hanno chiesto se volevo comprare un souvenir di Santa Maria Novella.
Uno poi ha sfoderato alcune parole in inglese, visto che facevo finta di non capire.
Gli ho risposto con poche parole in giapponese, un sorriso, un inchino e mi sono defilata.
Ora desidero solo lei.
È lì.
Bellissima e femminile, con quel suo vestito in cotone leggero, un colore azzurro leggermente acquamarina, esattamente come un quadro di Botticelli.
Gonna sopra le ginocchia.
Immagino che non sia il suo abbigliamento consueto, che forse prevede adidas con tacchetti, calzoni corti e maglia da calciatrice.
Si è vestita così per me. Donna che vuole sedurre un'altra donna con la sua aggraziata femminilità.
Le gambe sono forti e toniche, anche se adesso, con una stampella, la mia bella trampoliera si muove con passi un po' incerti.
I capelli rossi le incorniciano un volto dalla carnagione chiara. Occhi verdi saettano vivaci ed inquieti nell'ambiente che la circonda, mentre scruta i volti alla ricerca di tratti orientali.
Mi fermo a guardarla, ancora abbastanza lontana, prima che mi scorga.
La contemplo in tutta la sua altezza.
Il bel seno proporzionato, il collo lungo, la vita sottile che si allarga sui fianchi.
Donna, meravigliosamente donna.
E quello sguardo che mi cerca impaziente.
Quanto è bella.
Quanto la amo.
'Tanto gentile e tanto onesta pare...
Si gira e mi vede.
Si paralizza.
Avverto la stretta della sua mano sul manico della stampella.
Sta un attimo immobile mentre i nostri sguardi si incrociano e i nostri occhi si interrogano.
Una fugace contrattura che esprime una domanda.
I miei occhi sorridono sopra la mascherina e accenno col capo ad un movimento di conferma.
“Sì, dolce carotina, sono io!”
Si illumina il suo sguardo, come un raggio di sole che sfugge dalla pupilla viziosa delle nuvole in una giornata nuvolosa (un omaggio all'immenso Franco Battiato) e scende i gradini di un antico tempio in marmo rosato.
Il seno le si gonfia, sollevato da un respiro che potrebbe racchiudere un monsone.
Fa per corrermi incontro, ma la gamba malata le cede e a stento riesce ad evitare un volo sul prato.
Mi affretto verso di lei per farle capire di non muoversi.
Attraverso una nube di gelsomino trascinando con me l'inebriante profumo dei candidi germogli primaverili.
“E lei volò tra le sue braccia, come una rondine...”
In un battito di ali siamo di fronte, una all'altra, e ci guardiamo dentro le pupille, incapaci di emettere suoni, di alzare un dito una sul corpo o sul viso dell'altra.
Flussi magnetici mettono in comunicazione i nostri pensieri e ci troviamo in sintonia, come se ci conoscessimo dai tempi della formazione delle prime particelle dopo il Big Bang.
Come se fossimo amanti e compagne da vent'anni.
Non abbiamo ancora percepito il canto delle nostre voci, ma mi abbasso la mascherina e le mostro il mio viso, dopo che si è dissetata dei miei occhi.
Un velo umido di emozioni le ricopre le iridi che brillano, verdi, attraversate dai raggi di sole del mattino. La sua immagine si sfuma nel mio sguardo commosso, come in una foto flou di Hamilton o un quadro di ballerine di Degas.
Lacrime di tenerezza.
Mentre lei mi guarda, mi ipnotizza coi suoi occhi, scruta nei recessi più profondi della mia anima.
Le abbasso la mascherina che si intona col suo abito, mi alzo in punta di piedi e con le mie labbra sfioro le sue.
D'improvviso questo parco è vuoto e non ci interessa se qualcuno sta guardando due giovani donne che si baciano sulle labbra, che si guardano sciogliendosi come ghiaccioli al sole, mentre il loro petto esplode di gioia.
I suoni si ovattano e mi sembra di percepire solo i battiti accelerati del mio cuore, che si fondono con il ritmo più lento e ponderato del suo.
La sessione di semeiotica cardiologica si interrompe quando sento le sue mani che si appoggiano alla mia vita.

“Che impressione, la sua vita stretta!
Che emozione, inedita sensazione, prime esperienze.
“Invece di cingere i forti, spessi e grossolani fianchi di un uomo robusto, le mie mani convergono sulla sua vita, si avvicinano insolitamente tra loro e si posano su quello che di colpo mi sembra un fragile stelo di un fiore orientale.
“Contorni gentili sotto il seno sporgente, le sue spalle che so robuste, eppure mi narrano di dolce delicatezza femminile, forme armoniche e proporzionate.
Dove racchiude la sua forza?
“Labbra morbide si posano sulle mie, un alito tiepido, il sussurro di un sentimento che esala dalla sua bocca, si fonde con la mia per raggiungermi il cuore ed obnubilarmi la mente.
“Scricciolo giapponese, piccolo martin pescatore sfuggito da una stampa di Hokusai per depositarsi tra le mie braccia, con la leggerezza di una piuma.
Eppure queste dita manovrano corde e moschettoni, questa mani, queste braccia sfidano strapiombi, si arrampicano contro gravità sulle sfuggenti crode di arancio rivestite.
Ed ora le sue dita mi sfiorano con la leggerezza di ali di farfalla, di sussurri di brezza rapita al mar Giallo.
“Le mani sulla sua vita percepiscono la morbida curva che prosegue allargandosi sui suoi fianchi. Le mie dita si allungano per percepire la sporgenza del sedere. Muscolatura tonica imbrigliata in linee morbide e sensuali.
Le mie mani sul corpo di una donna.
“Oh, benedetto corpo femminile, armonia di contorni gentili, tenerezza in soffice pelle vellutata!
Le mie estremità improvvisamente mi sembrano rozze, le mie carezze grezze su questo corpo così fragile.
“Lei ora si dona a me.
Mi bacia sulle labbra, come un sussurro di parole amorose, ed io resto inebetita, inebriata.
Il suo seno sfiora il mio.
Che desiderio di metterci le mani, di ritrovare la morbidezza di un seno femminile che non sia il mio, di rapire un suo sospiro sfiorandone un capezzolo, di vederla eccitarsi mentre io ne studio i contorni.
“Si appoggia al mio petto mentre mi rinnova un bacio.
Petto forte, seno scolpito nei marmi di Carrara, sostenuto dalla muscolatura pettorale.
Capelli di lucentezza nera, dai morbidi riflessi blu scuro.
Chioma lunga a rivestirle le spalle, le clavicole che intravedo sotto il collo nudo si riuniscono nel percorso celato verso il suo seno.
“Le mie dita convergono per ritrovarsi sulla sua schiena, che morbida si inarca come un giunco, leggera come un mazzo di iris in un ikebana di cui mi sento indegna.
Petalo orientale sfuggito da un giardino botanico del Giappone, cresciuto sotto le nevi del monte Fuji e portato dal vento fino a Prato.
“Mi sorride, giovane e piccola, eppure donna matura capace di decidere della vita e della morte.
Quegli occhi neri, non distinguo quasi la pupille nelle sue iridi scure, e quando sorride, si stringono in graziose fessure sugli zigomi alti.
“Le sue parole mi toccano il cuore, anche se nessun suono è uscito dalla sua bocca, ma solo baci per le mie labbra.
Apri le labbra, voglio baciarti. Il tuo sapore...
Aprimi le labbra... come cambia il senso, aggiungendo solo un pronome.
“Una giornata intera io e lei.
Mi prende per mano e guarda per terra, la sua emozione tangibile mi inebria e mi confonde.
“Desiderio di cingerla e di proteggerla come una pulcina, una lacrima, un petalo.
Desiderio di farmi rapire, sorreggere, sedurre da questa donna dai contorni insoliti.
Il resto è solo oblio, ricordi che si perdono in un vortice di sensazioni che le parole non possono descrivere.

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