Cosa ci faccio io qui - Lockdown

di
genere
etero

Domenica 8 novembre 2020, nove di sera circa.

- E' stato bellissimo, ma adesso è meglio andare - gli dico.

Stavolta sono io a cercare il suo bacio, per consolarlo un po' della delusione. Appena le nostre lingue si disintrecciano e nostre labbra si staccano è lui a cercare me, ancora. E nonostante abbia appena finito di essere una bestia, il suo è un bacio di una tenerezza tale che mi riesce persino imbarazzante descriverlo.

Mi alzo pensando che ho bisogno di lavarmi. Di solito riempirei la vasca e mi ci metterei dentro, aspettando che Luca mi porti l'aperitivo. Ma stavolta davvero non c'è tempo, entro le dieci bisogna essere a casa. Una doccia rapida e una altrettanto rapida asciugata ai capelli. Uscirò da qui che sembrerò una pazza. O una che ha preso la scossa. La piega me la farà il cappuccio della felpa.

Sto bene, davvero. Io e Luca ci siamo rinchiusi da venerdì sera nello scannatoio. Non è che abbiamo scopato e basta, eh? E che cazzo, no... Siamo stati all'aria aperta, con le dovute precauzioni, sabato sera abbiamo avuto due amici a cena, poi un paio di serie tv ce le siamo viste, io ho persino interagito su questo sito... Ste cose qui, insomma. Poi sì, è chiaro, abbiamo pure scopato. Metteteci in una stanza, me e Luca, e non si accettano nemmeno scommesse sul fatto che scopiamo.

Da un paio di settimane utilizzo lo scannatoio come luogo per il mio smartworking. Quando può lo fa anche lui, ma il suo è un lavoro di studio che più di tanto "smart" non può essere. Io, a patto che ci sia internet, potrei invece lavorare dalle Isole Fiji.

Lo scannatoio è un appartamentino in un sottoscala che il padre di Luca non affitta. Sarebbe ottimo per un paio di fuorisede, ma credo che ormai ci abbia rinunciato, vista la crisi. Con Luca lo abbiamo usato per scopare praticamente da subito, da quando ci siamo messi insieme più di un anno fa. Lui adesso vorrebbe che ci trasferissimo qui. Per il tempo della pandemia, dice. Ma io penso che intenda andare oltre. In pratica: convivenza. Certo, visto che si tratta di un sottoscala non intende starci a lungo. Ma per lui partire da qui andrebbe bene. A me, sinceramente, non va tanto. E non perché sta in un sottoscala.

Ci vengo la mattina, finisco più o meno quando lui ritorna, verso le sei (a casa si finisce per lavorare sempre di più che in azienda). Mangiamo insieme, molto spesso grazie a un delivery perché io a parte tre o quattro cose sono un disastro. Guardiamo una serie in tv o uno streaming, mi chiava. O magari non mi chiava e io gli faccio un pompino. Oppure lui me la lecca (è molto bravo a leccare la fica per essere un maschio). Oppure tutte queste cose insieme. Può anche essere che non si faccia nulla, d'accordo. Ma, come vi dicevo, è difficile. Tra noi c'è un'attrazione fisica molto forte, c'è sempre stata. E' anche capitato che gli abbia chiesto di farmi mentre ero in una call, un giorno che lui non era andato a studio. Divertente, eccitante. Spegni microfono e videocamera e ti pieghi leggermente sul tavolo lasciando che lui ti abbassi legging e mutandine, guardi quel mosaico di teste parlanti e pensi "se sapessero...". Per un po’ li osservi, poi chiudi gli occhi e ti adagi completamente con le tette sul tavolo e non te ne frega più un cazzo di nulla.

Penso di averlo già scritto ma lo ripeto e lo sottolineo: Luca è un ragazzo de-li-zio-so, io ci sto benissimo. E non parlo di sesso. Mi vuole bene e questo lo sento molto, gliene sono grata. Però, come vi dicevo, lui vorrebbe proprio l'upgrade. A me invece da una parte diverte fare la fidanzata accasata, dall'altra mi annoia. Da un'altra parte ancora mi terrorizza proprio. Ecco perché a una certa ora preferisco tornare a casa mia, da mamma e papà. Certo, il coprifuoco ha un po' complicato le cose...

Abbiamo passato un'estate bella. Vorrei dire spensierata, se non fosse stata l'estate del 2020. Con mascherine e termoscanner all'entrata degli stabilimenti. Sono state settimane in cui ero davvero felice di stare con lui. A ferragosto siamo partiti per la Sicilia, in macchina, da soli. Un po' ci voleva, dopo aver fatto un pezzo di vacanza al Circeo con una coppia di amici, sì, ma anche con i suoi genitori come vicini di ombrellone.

Naturalmente sarebbe stato un agosto del tutto diverso se il contratto di lavoro a termine non mi fosse stato rinnovato. Non è che abbia paura di morire di fame, ma mi sarei davvero incazzata. Invece è andata e... beh, tutti contenti, no?

Un effetto collaterale del rinnovo del contratto è stato che, una volta tornata a Roma, ho ricominciato a vedere Stefano pressoché quotidianamente. E' un dirigente dell'azienda in cui lavoro, anche se la mia area è completamente diversa dalla sua. Voglio dire, non è un mio capo.

Da settembre a oggi ho tradito Luca con lui... beh, non so quante volte. E' una cosa che va avanti dallo scorso Natale, mas o meno. Naturalmente "tradire" è un concetto elastico. Può voler dire fargli un pompino oppure dargliela. Ma può anche significare dirgli una cosa tipo "non ti ho mai chiesto di lasciare tua moglie, se dico che deve finire è perché deve finire" e poi attaccarsi ad ogni sua parola per fare sì che la nostra relazione non finisca. A pensarci bene, e a me è capitato di pensarci, è un tradimento peggiore che farsi mettere alla pecorina sul letto di una stanza d'albergo.

Che con Stefano sarebbe andata così l'ho capito dal primo momento in cui l'ho visto, a una festa. Se ci avesse provato mi sarei lasciata portare da qualche parte quella sera stessa, temo. E' vero, a volte dei sensi di colpa nei confronti di Luca li ho, a volte sento il peso del sotterfugio e di dovermi organizzare il tempo in funzione di Stefano, spesso con pochissimo preavviso. Di sentirmi a sua disposizione come una mignotta. Sono questi i momenti in cui mi dico - e gli dico - che deve finire. Poi magari arriva un suo messaggio, anche apparentemente innocente, anche un semplice "oggi pomeriggio a casa ti accompagno io" e il piano di sotto comincia a gocciolare e davvero non vedo l'ora di essere trattata come una mignotta. Anche peggio, forse. Non sono un'esperta ma non credo che le mignotte facciano certe cose. Non è che mi stia piangendo addosso, eh? Non faccio mica la lagna. Anzi, il più delle volte vivo il casino della mia vita anche con una certa leggerezza, forse con incoscienza. Sarà un meccanismo di rimozione, che cazzo ne so. Non sopporto di essere malinconica a lungo, a me piace ridere e scherzare. Non sopporto le recriminazioni. E la lagna semmai me la riservo per certi momenti molto particolari.

Quando però Stefano non c'è, non mi manca. E anche questa è una cosa che non riesco a definire. All'inizio non era così, all'inizio pensavo che una giornata passata senza fumare almeno una sigaretta insieme a lui fosse una giornata sprecata. La mia considerazione nei suoi confronti era così grande che avevo finito per pensare che Luca fosse un noioso semideficiente, povero tesoro. Avevo pensato molto seriamente di lasciarlo e ci sono andata vicina tanto così. Poi questa fascinazione per Stefano è sparita, si è letteralmente dissolta. E' rimasto il lato fisico del nostro rapporto. Un rapporto assolutamente patologico. Lui suona il campanello e io reagisco. Come i cani di Pavlov. Solo che invece di darmi del cibo mi dà il cazzo. E se non me lo dà, perché magari all'ultimo un impegno lo trattiene, io resto accesa per ore intere. I cani di Pavlov, uguale.

Ho cominciato a scrivere questo capitolo domenica sera, appena tornata a casa, verso mezzanotte. Avevo lasciato il racconto al punto in cui io e Luca ci siamo conosciuti l'anno scorso, vi dicevo quanto mi avesse presa, almeno all'inizio, la storia con lui. Sinceramente non pensavo che l'avrei continuato. A un certo punto il senso di spaesamento che mi aveva spinta a scriverlo mi aveva colpita così tanto (non a caso la serie ha il titolo che ha) che non riuscivo più ad andare avanti. Mi sembrava che in realtà non ci fosse più molto da dire. O magari c'è ma io non ne sono capace. Mi sentivo un po' persa, un po' parecchio.

Durante la prima parte delle mie vacanze, per dire, quando eravamo al Circeo, stavo bene con Luca, e anche con la coppia di amici con i quali abbiamo condiviso l'appartamento. Anche i suoi, tutto sommato, non è che rompano i coglioni più di tanto (e sono stati molto generosi). Però era proprio la situazione che non quadrava. Che ne so. La coppia, la famiglia, il dover rendere conto, la prospettiva di una vita così... Sì, è tutto questo che non quadra. Ma c'è anche qualcosa di più che non riesco a definire, a rendermelo chiaro io per prima. Figuriamoci se riesco a raccontarlo a voi. Mi dispiace.

Insomma, non riuscivo più ad andare avanti. Se adesso lo faccio è perché, ok, le cose è meglio portarle fino in fondo ed è sempre buona educazione salutare quando è il momento di andarsene. Ma in realtà l'unica cosa che ci sarebbe da dire è che – finito il tempo delle vacanze e ritornati alla vita “normale” - non so un cazzo e non ci capisco un cazzo.

Davvero, non so perché sono così e perché mi comporto così. Eppure ho una famiglia normale, una vita normale. Sono sempre stata uno stecco, d'accordo, ma non è che ho mai avuto disturbi alimentari o qualcosa del genere. Neanche comportamenti strani, per attirare l'attenzione. A scuola andavo bene, sono sempre andata bene, all’università anche meglio. Mai avuto problemi cognitivi o cose così (beh, ok, questa è un po' una cazzata, ma non mi va di parlarne). Che cazzo vi devo dire? Sì, d'accordo, ho sempre avuto un appetito sessuale sviluppato e sono stata sempre molto ma molto promiscua, in parte lo sono ancora, forse lo sarò per sempre. Chi lo sa. Forse su questo punto uno psicanalista potrebbe fare qualche osservazione, ma io non ho molta fiducia nella psicanalisi. Sono "un'arida positivista", come dice una mia amica. E comunque, il fatto che mi piaccia il sesso - maschi e talora anche femmine - non ha nulla a che vedere con il mio disordine sentimentale. Non è che dico "vabbè, poiché non riesco ad innamorarmi allora tanto vale farsi sbattere a loop". Non è così, non c'entra nulla. E poi è un po' che ho smesso di farmi sbattere a loop. C'è Luca e c'è Stefano, stop. A guardarla da fuori è una semplice storia di corna, anche abbastanza banale, se volete. A guardarla dal mio punto di vista è diverso, è la storia di una incapacità. La mia.

Non so un cazzo, non ci capisco un cazzo. Questa è la verità. Solo che è difficile raccontarla. C'è chi è molto più brava di me a farlo, l'avete letto l'ultimo racconto di inception? "Tentar non nuoce", si intitola. Tra la tanta merda che invade questo sito vale la pena di leggerlo, vi assicuro. Dategli un'occhiata se volete capire come ci si sente a essere terremotate dentro, nella testa e nei sensi. Io non ci riesco, non riesco a dare una forma narrativa valida a questa cosa. Si vede che non l'ho ancora metabolizzata bene, boh. Avevo cominciato a scrivere questo racconto come se fosse un diario day by day. La mission era semplice: cosa ci faccio io qui? Speravo che, scrivendo, mi si sarebbe chiarito qualcosa. Non ha funzionato.

E non ha funzionato nemmeno la scrittura, a essere oneste. Mi dispiace che questo racconto non sia stato apprezzato - in realtà quasi tutti i miei racconti hanno pochi lettori - ma evidentemente è colpa mia. Eppure ci tenevo tanto.

Magari dovevo essere più furba, scrivere più spesso cose tipo "ho la bocca piena del suo cazzo" all'inizio dei racconti, in modo che si vedessero in preview e rubare qualche clic. Non è che non so scrivere cose porno, eh? Cazzo, ne ho scritte! Lo potevo fare ancora: "Eravamo sulla terrazza dell'agriturismo a guardare il tramonto con i nostri gin tonic in attesa di andare a cena. Mi voltai verso di lui e lo trovai particolarmente bello. Luca, nella sua camicia di lino blu, era abbronzato, profumato, assorto. Incredibilmente desiderabile. Fu in quel momento che decisi che, per la prima volta, gli avrei dato il culo. Gli sorrisi e gli dissi 'amore, stanotte ti faccio un regalo'. Ecco come andò...". Che dite? Nemmeno tanto volgare, vero? Però uno legge questo attacco narrativo in home page e fa tap sul racconto, no? Invece ho scritto un capitolo che cominciava "e niente, stanotte non si scopa amore mio". Capisco pure che a qualcuno crolli la libido e lasci perdere...

Comunque sarebbe stato un trucchetto del cazzo, absit iniuria verbis, che non avrebbe smosso di un millimetro il problema di fondo.

Non voglio essere ipocrita. Se qualcuna/o si eccita leggendomi mi piace, mi piace molto. Se ci penso, un po' mi eccito pure io. Ci sarà una componente di esibizionismo anche se, credetemi, è abbastanza limitata. Come mi sia messa a scrivere racconti erotici, sinceramente, non ricordo. La scrittura mi ha sempre appassionata. Sicuramente sarà stato per emulazione. Mi sarò detta, leggendone qualcuno, "si può fare meglio di così". La modestia non è mai stata la mia arma principale, è vero. E naturalmente avrà anche contato il fatto che il sesso sia sempre stata una parte importante della mia vita (in questo momento sto parlando dell'aspetto psicologico, più che di quello fisico).

Però mi sono anche accorta, man mano che la cosa andava avanti, che attraverso il racconto erotico usciva fuori anche altro (del resto non sarà un caso: ci sono scopate che ti svelano più cose su te stessa, sugli altri e sull'animo umano di intere collane di libri).

Ma è chiaro che ho fatto il passo più lungo della gamba e sono caduta. Forse sono stata troppo ambiziosa, forse non sono capace di dare una forma all'indeterminato, all'indefinito. Non con il mio stile, almeno. Ma è anche vero che io questo ho. Non sono nemmeno una che ha disposizione diecimila registri narrativi come Yuko, ad esempio.

O magari lo stile non c’entra niente. Forse sono semplicemente confusa. Forse annoio e basta, ed è meglio proprio lasciar perdere. Lockdown.

FINE
di
scritto il
2020-11-13
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