Doppio gioco

di
genere
voyeur

Il professionista entrato dalla porta rifiuta di prendere in anticipo la somma pattuita e abbandona l'anticamera.
Nella stanza attigua una donna matura lo attende addossata al muro: dietro la schiena le mani nascondono una tensione logorante, il volto contratto in un'espressione sofferente.
Lui è giovane e aitante, si capisce che tiene a sé stesso e mette in mostra il fisico scolpito. La pelle bronzea riflette un mix etnico il cui risultato, anche sotto il vaglio di occhi più spassionati alla bellezza dei nostri, non può che suscitare stupore.
Lei è mia moglie.
Il bel ragazzo dai capelli corvini, la linea delle sopracciglia sfuggente come la marea, gli occhi diamanti neri nascosti in un abisso1, l'ho cercato con cura sui siti internet che si occupano di questo particolare tipo di prestazioni. Mi scruta con curiosità. “È sempre deciso?”
Annuisco. Un'ora con questo damerino ha una valutazione di mille euro, compresa la trasferta nel luogo desiderato. Sicuramente non è la prima volta che gli rivolgono richieste assurde, e la mia non lo è certo più di altre.
“Vi lascio soli mentre vado a preparare i cocktail”, dico ad entrambi come se ciò che sta per accadere rientrasse nella perfetta normalità. “Fate conoscenza”.
In cucina canticchio mentre verso gli ingredienti e aggiungo ghiaccio nello shaker. Ma in realtà le mani tremano, il filo di voce si spezza, l'armonia muta come un camaleonte. La paura striscia lentamente su dalle viscere. Riesco a ricompormi parzialmente sentendo lo scatto della porta che si apre. Il rumore pesante dei passi non è quello di mia moglie. Mi giro a mezzo e getto un'occhiata alle spalle. “Ho quasi finito”.
“Ho deciso di rifiutare la proposta”, sillaba con decisione il playboy. C'è una nota stonata in quel che dice.
“Per quale motivo?”, gli chiedo con tono in apparenza pacato ma già attraversato dall'ira.
“Non l'ho mai fatto con una signora”.
La signora è là, inquadrata nel vano. Addossata alla parete, a capo chino, lo sguardo sfuggente nel vuoto. Passa nervosamente la mano tra i capelli, e questi le si attorcono tra le dita. Una gamba tirata su, la gonna un tendaggio che scopre coscia e ginocchio, la scarpa con il tacco a spillo quasi piantato nel bianco del muro – una posa che non le ho mai visto. Sì, è di una signorile bellezza travolgente, da mozzare il fiato.
“È troppo vecchia per i tuoi gusti?”, lo incalzo, contenendo la rabbia, conscio di essere ad un passo da rovinare tutto. “Onora il tuo impegno”. E gli porgo il vassoio, mescolando la polvere in uno dei tre bicchieri.
Devo impedirmi di vomitare. Resisto ai conati nell'invito del lavandino. Quando li raggiungo sono entrambi lì, sconosciuti in un luogo indesiderato, separati dalla distanza della vergogna. Passa fugace tra loro un platonico sguardo di intesa, e capisco che un piccolo passo di avvicinamento è stato compiuto. Lo gigolò distribuisce i cocktail, stando ben attento ad offrire quello adulterato a mia moglie, in modo che il suo nervosismo si sciolga e possa così entrare nella parte che ho scritto per lei.
Nello stretto circolo che abbiamo disegnato intorno ai calici tintinnanti per un muto brindisi lei non solleva mai lo sguardo verso gli uomini che la circondano, non si unisce alle chiacchiere di circostanza che servono a preparare il terreno. Soprattutto, non considera mai me.
La vedo mentre si accarezza la guancia, il mento, il collo, ansiosamente valutando l'effetto del narcotico. Scivola senza nemmeno accorgersene in stato di trance: è il momento in cui deve iniziare a perdere una dietro l'altra le inibizioni coscienti.
Un sorriso vacuo ed ambiguo, che subito mi riempie di curiosità e apprensione, le si distende sulle labbra. Lo sguardo febbricitante che cerca rifugio in ogni angolo come un animaletto spaurito si mette a fuoco sul ragazzo che occupa, con la sua figura da fotomodello, il campo immaginativo liberato dai condizionamenti.
Mia moglie è un donna seria e posata. Ma sotto questo strato superficiale, io so che in determinate circostanze esogene avrei potuto imporre come dominante il carattere licenzioso con cui si dona a me libera di ogni reticenza.
Un botto risuona nella stanza, seguito dal gorgheggio estatico dello champagne lungo il collo della bottiglia. Riempio i flûte che porgo ad entrambi, in modo che dai poli opposti del cristallo entrambi possano ammirare le rispettive immagini riflesse nel saliscendi del cincin, assaggiarlo e fronteggiarsi, scambiando il primo feeling nell'esplorazione reciproca. L'alcool, invadendo il sangue e attizzando gli umori, rende ancora più remissiva al riso mia moglie, che ora, per effetto dell'azione combinata con la droga, sembra più incerta sulle gambe.
Lo gigolò mi sta fissando di nuovo con perplessità. “Incomincio”.
Ha il consenso, e a quel punto la mia volontà è estromessa dalla conduzione dei giochi.
Il bicchiere viene ripetutamente rabboccato. In occasioni normali, mia moglie non avrebbe ecceduto oltre la soglia di attenzione e mai rischiando di diventare faceta o fastidiosa. È un comportamento che detesta negli altri e a maggior ragione non intende macchiarsene. Ma ora non c'è nulla di normale, non c'è responsabilità presente che possa impedirglielo.
La vedo come attraverso il velo di un sogno mentre insegue sul bordo la viscida saliva lasciata dal partner. Le mani nerborute del ragazzo risalgono le cosce, si nascondono dietro la gonna sollevandone i lembi, scoprendole i fianchi. Anche già solo così lei è nuda, indifesa, inerme. Vedere la propria donna in pasto ad altri è sconvolgente. Poi una di quelle mani dopo averla liberata dal minimo ingombro degli slip prende a masturbarla, dapprima lentamente, poi con maggiore intensità. Nonostante tutte le precauzioni che ho preso mi sento stringere le viscere.
Le labbra di mia moglie cercano quelle dell'altro; la lingua guizza dentro la bocca dell'altro. Anche baciandolo e limonando, continua fissamente a sorridere, mentre le guance le si imporporano, le labbra diventano rosse e turgide, aspirando come se le mancasse l'aria o come se cercasse qualcosa di straniero e di segreto.
Dedicandosi alle effusioni diviene languida e priva di forze: il bicchiere si inclina rovesciando il contenuto, cade a terra spargendo minuscoli frammenti di cristallo dorato. Li vedo a centinaia sparpagliati ai miei piedi come riflessi di luna sull'acqua. Annaspando sui calzoni del partner – perché forse nella sua mente, costruendo l'illusoria sovrapposizione tra abitudine matrimoniale e violazione adulterina, ritiene incongruo non trovarlo nudo come durante i consueti rapporti sessuali – stringe il glande dietro i tessuti, muove la mano su e giù a volergli restituire il servizio. E leggo quasi un moto di angoscia nella frustrazione che segue l'impossibilità di soddisfarlo.
Devastante mi rode il dubbio per quanto dura quel perfido gioco, e pur nello stato di semi incoscienza in cui versa, che lei sappia esattamente di amoreggiare con uno sconosciuto e non con il proprio legittimo coniuge – senza provare, in quello stato, rimorso alcuno.
Mi sento strano, esausto, e mi devo puntellare su ciò che mi circonda per non cadere. Certi sguardi che mi indirizza sottraendoli alla contemplazione dell'amante sublime, acuti come spari, colmi di totale e inusitata freddezza, recano un messaggio feroce che non posso omettere di leggere.
Il lavorio che il giovane sta esercitando in mezzo alle sue gambe raggiunge un culmine, perché lei reclina la testa sul bronzo dorato della spalla, lecca e morde. Droga ed alcool non influiscono sulla sua capacità di provare sensazioni, e forse – o almeno lo spero con una fitta al cuore – le acuiscono, le rendono sovraccariche di un'efferatezza che in realtà non hanno: è così flebile la speranza a cui mi aggrappo di non aver perso la presa fisica ed erotica sulla mia donna.
Lo gigolò la prende sotto le cosce e la solleva. Lei resta abbandonata, come svenuta. La vista di quelle mani che stringono la carne, la mia carne, scatenano di nuovo una reazione acuta simile alla più atroce sofferenza. Voglio urlare di smettere, che prenda i soldi e lasci immediatamente l'appartamento, prima di sconsacrarlo violandone la sacerdotessa. Ho le labbra serrate, la bocca immobile, la voce off. Mi sembra di aver smesso di respirare,
Avanzando energicamente verso il letto come se stesse trasportando una bambina, in una voluttuosa parodia della coppia di sposini che entra per la prima volta nel talamo nuziale, accostatosi al bordo con pregevole gesto atletico la scaraventa sul materasso.
Assisto alla scena in un tempo rallentato.
Ho scelto quel ragazzo tra tanti perché soddisfa un prerequisito fondamentale: l'assoluta differenza rispetto a me.
Di somatotipo ectomorfo, sono snello e moderatamente in forma quanto robusto, atletico e muscolare il professionista. Si vede che questi trascorre in palestra il tempo che io dedico alla lettura. Mia moglie è una donna formosa e tornita, all'opposto del modello anoressico imperante. Nei suoi cinquant'anni passati ha accumulato cellulite, smagliature, varici derivate dai parti, dalle complessità crescenti della vita, dall'invecchiamento. Ma nessuno di questi fenomeni ha scalfito la carica sensuale di quel corpo e la femminilità di quella donna.
La odo precipitare sul letto, una gamba ripiegata di lato sull'altra a mostrare il sesso come un irresistibile richiamo selvaggio.
E il partner reagisce. Si esibiscono in un accoppiamento tra animali in foia. Si spoglia e poi fa altrettanto con mia moglie quasi strappandole di dosso quel poco che ha.
Messa di traverso con la testa rivolta alla finestra, si chiude a riccio, serrando le gambe ginocchio contro ginocchio, le mani a conchiglia sul monte di Venere per proteggere il dolce segreto che vi è custodito. Ridacchia stupidamente e caccia alcuni acuti strilli quando lui vi infila a forza la testa, muovendola a destra e a sinistra come un toro per vincere la sua appagata resistenza: mi è facile intuire che mia moglie brucia dal desiderio di farsi scopare.
Stornate le mani che imitano un piccolo scudo, le unghie scintillanti di un seducente smalto bianco così inusuale per lei, spalancate le gambe che la luce del tardo pomeriggio sfiora con la delicatezza di un amante, il partner vi affonda la testa per apprezzarne il sapore. Lecca a lungo, quasi senza mai interrompersi per prendere fiato. E lei non rifiuta: la testa inclinata di lato, tesa sul collo per vedere cosa accade di così eccitante in mezzo alle sue cosce, si strofina l'indice sulle labbra e lo succhia a scandire l'intensità delle sensazioni provate.
Mi accascio inerte sulla sedia. L'ho disposta per osservare tutto con occhio clinico e partecipe, ma ora mi sento a disagio. Ora mi sento vuoto e paralizzato. Il disagio non diminuisce quando mia moglie inizia ad ansimare. È il caratteristico ansito che precede l'orgasmo, ma ora ne sono spettatore.
Per venticinque anni ho udito quel rantolo di piacere come una primizia e un privilegio. La constatazione che la mia autorità sulla donna che ho sposato si sia dissolta in quei sospiri indirizzati ad un uomo diverso non solo fa crescere la gelosia, ma anche – ed è l'obiettivo che ambivo sperimentare – l'eccitazione.
Sì, osservare come un pervertito incatenato da pulsioni masochistiche il modo in cui la propria moglie si lascia godere da un altro, soddisfacendo le sollecitazioni sessuali dell'amante con assoluta devozione, non mi getta soltanto nel panico e nella gelosia ma anche in una forma di lussuria come non ho mai conosciuto prima.
L'espressione sul volto non è più quello di una bambina, ma di donna travolta dal flusso di sensazioni che il suo corpo maturo sottoposto al piacere le invia. I suoi lineamenti sono stravolti. Sulle coppe dei seni i capezzoli svettano come rosse bandiere di resa. Allunga le braccia per affondare le mani in quella sorprendente massa di capelli dai riflessi blu come la notte. Chiude gli occhi, si tende allo stremo, inarca la testa all'indietro.
Mentre le sensazioni la travolgono, richiama a sé le gambe, struscia le dita dei piedi sulle spalle che la sovrastano, accarezza quella schiena contratta dal piacere di darle piacere.
Poi accade qualcosa che non mi aspetto.
Subito ho una sensazione di deja-vu. Un paio di volte è capitato che il sesso degenerasse in litigio e lei mi estromettesse con un colpo di reni dal suo corpo. Ma con lo sconosciuto che sta iniziando a vincere ogni residua resistenza e passerà tra breve dal cunnilingus al rapporto carnale il comando viene impartito con dolcezza.
Dopo aver preso tra le mani la testa per allontanarla delicatamente e indurre il compagno a fermarsi, intreccia le caviglie dietro il collo e lo stringe in mezzo alle ginocchia.
Ho sempre amato le gambe di mia moglie: morbide, voluttuose, un ampio scivolo di carne dolce e di pelle liscia e profumata verso la sua fica. Anche il partner deve aver imparato ad amarle così.
Ridacchiando lo costringe di lato in una parodia a ruoli invertiti della lotta. Interpretano due ruoli tra i più antichi: quello della preda e del predatore. Ma la femmina destinata al sacrificio e allo stupro guida le danze e impone la sua forza, che è quella del desiderio.
scritto il
2025-12-23
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