Lo stalker parte 2
di
Ripe (with decay)
genere
sentimentali
Moglie e marito si affrontavano separati da una barriera sottile. Barbara, che aveva mostrato orgogliosamente il seno allo sconosciuto sotto pieghe di seta e capelli ribelli sbarazzini sul collo, strinse le braccia a chiudere le proprie bellezze alla sua voglia. Paolo, che quelle bellezze aveva cospirato mantenerle per sempre segrete ad altri uomini e le scopriva invece alla mercé del primo acquirente, distolse lo sguardo.
“Che ci fai qui?”
Lo sguardo accigliato di Barbara era fiero. Due pugnali conficcati nel cuore.
“È stato tutta… Non so, non stavo cercando te” mormorò con un sospiro, guardandosi in giro.
Non avrebbe potuto che essere come doveva essere. Ora capiva perché quel corpo particolare, impossibile da identificare senza il volto, lo aveva tanto colpito: era il suo, con quei suoi squisiti e amati difetti, quelle forme che un tempo aveva imparato a conoscere a memoria.
“Voglio che tu vada via”.
Si sentiva come se lo avessero battuto con un bastone. Gli uscì di bocca a bruciapelo: “Aspetti qualcun altro?”
“No, oggi sei… «eri» l'unico”.
Non sapeva se crederle. La frugava con lo sguardo in mezzo alle cosce, per scoprire i segni dell’atto sessuale. Il desiderio irrazionale di pagarla e portarsela a letto si impose. Era quasi un anno che se n'era andata. Improvvisamente la scoprì bruciare di impazienza, spiare con ansia le porte del pianerottolo. “D’accordo” sospirò. “Entra allora se non vuoi andartene, ma non rimanere lì impalato”.
Gli diede le spalle, rientrando. Quelle spalle orgogliose che un tempo aveva baciato, stringendo la sua donna tra forti mani alla vita, appoggiandosi alla rotonda prosperità del fondoschiena, incastrando la propria appassionata erezione tra le natiche – stringendo i seni nel palmo delle mani, annusando la pelle del collo abbandonato, mordicchiando i lobi delle orecchie – infilando le dita nella sua bocca dove si sentiva succhiare e mordere, insinuando le dita dentro gli slip alla ricerca della suo sesso che fremeva, sbocciava, si rilassava alle carezze.
Un brivido le scivolò lungo la schiena. Si irrigidì, si voltò con una confusa consapevolezza delle sue appassionate attenzioni. “Aspetterai qualche minuto, poi te ne andrai”. Come se avesse letto nei suoi pensieri, nei suoi desideri.
“No”.
“Come sarebbe: no?”
“Che non me ne vado”.
Gli girò i denti, arricciando le labbra in un ringhio. “Questa non è la nostra casa. Qua non c'è niente che ti riguardi. Se io ordino vattene, tu te ne vai”.
“Tu mi riguardi” replicò all'accusa con uguale astio. “Da quanto?”
“Da quanto cosa”.
“Da quanto lo fai?”
“È un altro argomento che non ti interessa”.
“Che non mi interessa? Dici che non mi interessa? Siamo ancora marito e moglie. Le pratiche del divorzio non sono ancora concluse”.
“E vorresti utilizzare la scoperta come un’arma? Lo sai che sei un pessimo investigatore”.
“Maledizione” sbottò, mettendosi le mani nei capelli, “io non voglio fare niente contro di te. Voglio solo sapere”.
“È un po' tardi”.
Calò il silenzio. Avrebbe voluto ribattere che non era mai tardi per niente, ma per fortuna non disse niente. Lei mosse verso la porta, la aprì con gesto teatrale, mostrandogli la direzione da imboccare. Prima di assecondarla la strinse alla sprovvista, avvicinò il volto al suo per baciarla, ma il tentativo si infranse sui denti serrati di lei. La scrutò intensamente quando allentò la presa. Era livida, gli occhi due feritoie pronte per una nuova guerra. “Ho il diritto...” balbettò, ma suonava male anche alle sue orecchie.
“Lo hai perso da molto tempo” lo azzittì. “Ora fammi la cortesia di andartene”. E mentre obbediva la vide spogliarsi della lingerie, restare a piedi nudi, raccogliere tutto in un mucchio arrabbiato.
Doveva essere successo qualcosa per trasformare una donna da moglie fedele ad escort a pagamento. Qualcosa di grave. Ma non gli riusciva di recuperare i frammenti del ritratto che lungo la strada era finito in mille pezzi. Era il ritratto di un volto che non riconosceva più. Anche lei aveva smesso di riconoscersi?
Non riusciva a sentirsi colpevole, perché per comprendere la colpa e farla propria bisogna risalire al punto preciso in cui è stata commessa. Forse era ancora troppo emotivamente coinvolto per riuscire a compiere un volo d'uccello sui fatti ed essere oggettivo. A lungo si erano messi a gareggiare in colpi bassi, prendendo gusto a farsi male. E questo male sembrava non avere più fine.
La sua mente ragionava al contrario, non metteva a fuoco. L'immagine sconvolgente di sua moglie violata disarmava i suoi meccanismi di difesa. Assorbiva il senso delle cose attorno a sé ma non le riusciva più a filtrare e comprendere. Erano ombre, macchie di inchiostro coagulate a formare le nudità della sua donna, le sue gambe concesse all'ospite, il respiro affannato. Poi tutto intorno il nero. Era facile a dirsi che era solo il corpo quello che vendeva per un oncia del suo tempo mortale. Non esisteva per lui distinzione tra l'anima e il corpo, e allora anche l'anima restava esposta per un oncia della sua eternità, per sempre contaminata.
Era impazzita, oppure esisteva una ragione.
“Che ci fai qui?”
Lo sguardo accigliato di Barbara era fiero. Due pugnali conficcati nel cuore.
“È stato tutta… Non so, non stavo cercando te” mormorò con un sospiro, guardandosi in giro.
Non avrebbe potuto che essere come doveva essere. Ora capiva perché quel corpo particolare, impossibile da identificare senza il volto, lo aveva tanto colpito: era il suo, con quei suoi squisiti e amati difetti, quelle forme che un tempo aveva imparato a conoscere a memoria.
“Voglio che tu vada via”.
Si sentiva come se lo avessero battuto con un bastone. Gli uscì di bocca a bruciapelo: “Aspetti qualcun altro?”
“No, oggi sei… «eri» l'unico”.
Non sapeva se crederle. La frugava con lo sguardo in mezzo alle cosce, per scoprire i segni dell’atto sessuale. Il desiderio irrazionale di pagarla e portarsela a letto si impose. Era quasi un anno che se n'era andata. Improvvisamente la scoprì bruciare di impazienza, spiare con ansia le porte del pianerottolo. “D’accordo” sospirò. “Entra allora se non vuoi andartene, ma non rimanere lì impalato”.
Gli diede le spalle, rientrando. Quelle spalle orgogliose che un tempo aveva baciato, stringendo la sua donna tra forti mani alla vita, appoggiandosi alla rotonda prosperità del fondoschiena, incastrando la propria appassionata erezione tra le natiche – stringendo i seni nel palmo delle mani, annusando la pelle del collo abbandonato, mordicchiando i lobi delle orecchie – infilando le dita nella sua bocca dove si sentiva succhiare e mordere, insinuando le dita dentro gli slip alla ricerca della suo sesso che fremeva, sbocciava, si rilassava alle carezze.
Un brivido le scivolò lungo la schiena. Si irrigidì, si voltò con una confusa consapevolezza delle sue appassionate attenzioni. “Aspetterai qualche minuto, poi te ne andrai”. Come se avesse letto nei suoi pensieri, nei suoi desideri.
“No”.
“Come sarebbe: no?”
“Che non me ne vado”.
Gli girò i denti, arricciando le labbra in un ringhio. “Questa non è la nostra casa. Qua non c'è niente che ti riguardi. Se io ordino vattene, tu te ne vai”.
“Tu mi riguardi” replicò all'accusa con uguale astio. “Da quanto?”
“Da quanto cosa”.
“Da quanto lo fai?”
“È un altro argomento che non ti interessa”.
“Che non mi interessa? Dici che non mi interessa? Siamo ancora marito e moglie. Le pratiche del divorzio non sono ancora concluse”.
“E vorresti utilizzare la scoperta come un’arma? Lo sai che sei un pessimo investigatore”.
“Maledizione” sbottò, mettendosi le mani nei capelli, “io non voglio fare niente contro di te. Voglio solo sapere”.
“È un po' tardi”.
Calò il silenzio. Avrebbe voluto ribattere che non era mai tardi per niente, ma per fortuna non disse niente. Lei mosse verso la porta, la aprì con gesto teatrale, mostrandogli la direzione da imboccare. Prima di assecondarla la strinse alla sprovvista, avvicinò il volto al suo per baciarla, ma il tentativo si infranse sui denti serrati di lei. La scrutò intensamente quando allentò la presa. Era livida, gli occhi due feritoie pronte per una nuova guerra. “Ho il diritto...” balbettò, ma suonava male anche alle sue orecchie.
“Lo hai perso da molto tempo” lo azzittì. “Ora fammi la cortesia di andartene”. E mentre obbediva la vide spogliarsi della lingerie, restare a piedi nudi, raccogliere tutto in un mucchio arrabbiato.
Doveva essere successo qualcosa per trasformare una donna da moglie fedele ad escort a pagamento. Qualcosa di grave. Ma non gli riusciva di recuperare i frammenti del ritratto che lungo la strada era finito in mille pezzi. Era il ritratto di un volto che non riconosceva più. Anche lei aveva smesso di riconoscersi?
Non riusciva a sentirsi colpevole, perché per comprendere la colpa e farla propria bisogna risalire al punto preciso in cui è stata commessa. Forse era ancora troppo emotivamente coinvolto per riuscire a compiere un volo d'uccello sui fatti ed essere oggettivo. A lungo si erano messi a gareggiare in colpi bassi, prendendo gusto a farsi male. E questo male sembrava non avere più fine.
La sua mente ragionava al contrario, non metteva a fuoco. L'immagine sconvolgente di sua moglie violata disarmava i suoi meccanismi di difesa. Assorbiva il senso delle cose attorno a sé ma non le riusciva più a filtrare e comprendere. Erano ombre, macchie di inchiostro coagulate a formare le nudità della sua donna, le sue gambe concesse all'ospite, il respiro affannato. Poi tutto intorno il nero. Era facile a dirsi che era solo il corpo quello che vendeva per un oncia del suo tempo mortale. Non esisteva per lui distinzione tra l'anima e il corpo, e allora anche l'anima restava esposta per un oncia della sua eternità, per sempre contaminata.
Era impazzita, oppure esisteva una ragione.
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