Al Parco Termale Acquardens

di
genere
etero

Era una giornata che avevo atteso da settimane. Io e Emma, amici da tempo, avevamo finalmente trovato un mercoledì libero per andare alle terme. Lei aveva 18 anni, io 22, e tra noi c’era sempre stata quella complicità innocente, fatta di abbracci e coccole, ma niente di più. O almeno, così pensavo. Avevamo scelto Acquardens, un parco termale lontano da casa, per rilassarci davvero. Per fare una cosa carina, avevo comprato i biglietti online io, offrendole il suo.
Partimmo alle 6 del mattino. Passai a prenderla a casa sua, e durante il viaggio chiacchierammo del più e del meno, con la radio a basso volume. Arrivammo al parcheggio alle 10:20, prendemmo le nostre cose dal bagagliaio – asciugamani, creme, roba varia – e ci dirigemmo all’ingresso. Davanti alla vetrata scorrevole c’era una fila lunghissima per chi doveva comprare i biglietti al botteghino. Emma si girò verso di me, preoccupata: “Ma c’è tantissima fila…”
La rassicurai con un sorriso: “Tranquilla, ho preso i biglietti online.” E infatti, per chi li aveva già, c’era una fila a parte con solo due persone. Ci spostammo lì, e in un attimo fu il nostro turno. Diedi i biglietti alla signorina, che li registrò sul computer e poi ci chiese: “Volete anche i costumi usa e getta per il parco saune?”
Ci guardammo per un secondo, senza dire una parola, e facemmo un cenno con la testa per accettare. Ringraziammo, prendemmo i braccialetti elettronici per gli armadietti e passammo dal tornello. Scendemmo una grande scalinata che portava agli spogliatoi misti. Scegliemmo armadietti vicini, sulla destra, e a sinistra c’erano le cabine per cambiarsi. Ma sotto i vestiti avevamo già i costumi, quindi non le usammo. Depositammo le cose, chiudemmo gli armadietti e iniziammo a esplorare.
Il posto era enorme, un paradiso di piscine e grotte termali. Andammo nella prima grotta, con acqua calda e un’atmosfera rilassante, luci soffuse e suoni ambientali che ti facevano sciogliere. Emma era stupenda: corpo da urlo, grazie alla danza classica che praticava. Il suo costume azzurro cenere era un bikini, con una scollatura generosa che metteva in mostra il suo seno abbondante e sodo, una seconda misura perfetta. Sotto, un perizoma che tirava su sui fianchi, evidenziando la curva tra i glutei sodi e muscolosi. Capelli marrone chiaro legati in una coda ordinata, occhi azzurri che brillavano. Io, con i miei pantaloncini neri, capelli corti marrone scuro e occhi nocciola, non potevo fare a meno di guardarla. Il viso non era il suo punto forte, ma il resto… mi faceva un effetto pazzesco.
Entrammo piano nell’acqua, che arrivava solo a un metro di profondità, quindi per immergerci del tutto ci sedemmo sulle panchine sommerse. La penombra era perfetta, intima. Eravamo immersi da un po’, e come al solito ci abbracciavamo, ci coccolavamo. Le sfiorai il sedere, e lei non disse nulla, così continuai, il cuore che batteva un po’ più forte. Non mi aspettavo reazioni, ma sembrava non le desse fastidio. Cambiammo posti, provammo l’idromassaggio che si accendeva a intermittenza, e lei mi stava sempre vicina, quasi sfidandomi a toccarla di più.
Provammo varie vasche, io sempre al suo fianco, e lei con quel fare malizioso, premendosi contro di me. Fino a quando arrivammo in un’altra piscina, e invece di farla sedere accanto, la feci accomodare sopra di me. Appena si sedette, sentì la mia erezione premere contro di lei, e non disse niente. Ero eccitato da morire, ma con mio stupore, invece di spostarsi, iniziò a muovere il sedere, strusciandosi piano. Cresceva tutto, e non dicevamo una parola – era come se fossimo complici in qualcosa di inaspettato. Non mi sarei mai immaginato una giornata così.
Continuò a muoversi, e davanti a noi arrivò una coppia gay. Lei me lo fece notare con un sussurro. Io risposi: “Vengo anch’io con un’amico di solito, ma non sono gay.” Lei, maliziosa: “Be’, non si sa mai.” Di rimando, la spostai un po’ in avanti, le presi la mano e la guidai sulla mia erezione, sotto l’acqua. “Può bastare come prova per farti capire che non sono gay?” Lei sorrise: “Sì, sì.”
Ormai eravamo oltre il punto di non ritorno. Strinse bene, e capii che non le dispiaceva. La piscina in quella grotta si stava riempiendo – c’erano cinque coppie, distanziate per privacy. Alcune limonavano, altre chiacchieravano. Emma cambiò posizione: si mise a galleggiare a pancia in giù, metà corpo in superficie, aggrappata al mio collo con la testa sulla spalla, come in un abbraccio. Presi coraggio. Feci scivolare la mano dal suo fianco all’addome, poi sotto lo slip. Lei mi lasciò fare, senza una parola. Era depilata, liscia, morbida, con labbra interne leggermente pronunciate, ma tutto bello da toccare.
Non disse nulla, ma il suo respiro cambiò, divenne affannoso. Allungai la mano e infilai dolcemente un dito dentro di lei. Lo spinsi in profondità, con un ritmo continuo. Ansimava nel mio orecchio, facendomi impazzire. Le chiesi piano: “Posso infilare due dita?” Rispose ansimante: “Tutte quelle che vuoi.”
Infilai il secondo dito, e sentii quanto fosse stretta – ansimò più forte. Ogni tanto le bisbigliavo: “Emma, fai piano, ci possono sentire.” Ma non mi ascoltava, maliziosa e persa nel momento. Continuai per un bel po’, palpandole il sedere con l’altra mano. Alla fine, le dita mi facevano male, così mi fermai un secondo. Si girò, con un’espressione decisa, quasi severa: “Ti ho detto che ti potevi fermare?” Risposi: “No.” Lei: “Allora continua.”
Ricominciai subito, muovendo le dita meglio e più veloce. Il suo corpo vibrava, ansimava sempre di più. Spostai la mano sulla schiena, e la sentii inarcarsi, irrigidirsi – stava per venire. La sfiorai ancora, e si lasciò andare con un grande ansimo soffocato.
Sfilai la mano, lei si sistemò e disse: “Cambiamo grotta.” Passammo nella piscina esterna, fino a una nuova grotta vicino al parco saune, con acqua ancora più calda, che ci avvolgeva in un calore rilassante. Ci mettemmo in un angolo nascosto, una rientranza dove nessuno passava. Mi appoggiai con la schiena al muro, lei davanti a me. Infilò la mano nel mio costume, ma non entrava bene, così slacciò il nodo per stare comoda. Mi prese l’erezione, ma non era più durissima. Le dissi: “Sì, si è un po’ tranquillizzato.” Lei, maliziosa: “Be’, ci vuole poco a fartelo venire duro.”
Mi toccò un altro po’, e diventai subito duro come una roccia. Mentre mi masturbava, parlavamo del più e del meno – cose normali, strane in quel contesto. Ma lei non mollava la presa, muoveva la mano con bravura, prendendosene cura. La grotta si riempì, così sfilò la mano, mi rifece il nodo e ci spostammo nella piscina esterna.
Lì, la presi in braccio. Si aggrappò con le gambe al mio busto, braccia al collo. Io la tenevo dai glutei sodi, stringendoli – una goduria, muscolosi e allenati. Mentre camminavo verso la piscina interna, mi disse che a breve dovevamo tornare a casa. Le proposi di mangiare qualcosa dopo, e accettò. Al passaggio tra la piscina fuori a quella dentro c’era uno strato di plastica morbida per trattenere il calore, le dissi: “Ti uso per sfondarti.” Premetti il suo corpo contro, aprendo un varco.
Al mio orecchio, provocante: “A me piace essere sfondata in altri modi.” Mi illuminai, l’erezione premeva contro di lei, stavo scoppiando. Le dissi: “Guarda che non ho problemi a portarti negli spogliatoi e sfondarti.” Lei, sfidante: “Andiamo.”
La feci scendere, la presi per mano e la portai nel primo camerino disponibile, di fronte ai nostri armadietti. Chiusa la porta, bloccata la serratura, cominciammo a baciarci dal nulla, appassionati. Lanciai gli asciugamani sulla seduta, lei mi spinse giù dalle spalle per farmi sedere con le gambe chiuse, e mi salì sopra. Limonammo forte, io con le mani ovunque su di lei, fino a spostarle di lato lo slip per toccarla bene tra le gambe.
Mentre la toccavo, muoveva il bacino verso di me, aiutando il movimento delle dita dentro di lei. Le scivolai fuori, slacciai i laccetti del perizoma dai fianchi e lo sfilai. Le dissi: “Ora ti faccio sentire.” Annuì soltanto, maliziosa.
Tirai fuori il mio pene durissimo dal costume – con una leggera peluria corta alla base, curata – la sollevai con le mani e la adagiai lentamente su di me, penetrandola piano. Mi baciava con passione, persa. Io stringevo il suo sedere, alzandola un po’ per spingere meglio, con forza. Si fermò di baciarmi, ansimando: “Ti va a 90?” Risposi: “Sì.”
Si sfilò da sola, con un versetto eccitato, e si mise a novanta, braccia sulla seduta. Le slacciai il reggiseno, facendolo cadere a terra. Entrai subito e forte, senza darle tempo di adattarsi. Ansimava, e mentre la possedevo, le stringevo i seni, palpandoli bene. Venne quasi subito, con un orgasmo forte: “Grazie, sono venuta,” balbettò con voce tremante.
Le dissi: “Vuoi che smetta?” Lei: “No, tranquillo, continua pure. Divertiti.” Ascoltai, penetrandola con foga. Sentivo gente fuori parlare, sistemare armadietti. Pensai fosse il momento di finire, uscii da lei. La feci sedere, abbassai bene il costume e dissi: “Toccami.” Lei: “Vuoi che ti finisca la sega?” Annuì.
Mi fece cenno di avvicinarmi. Con stupore, prese il mio pene in bocca, facendolo sparire tutto. Succhiava sistematicamente, esperta – di sicuro ne aveva fatti altri. Ero in estasi. Le dissi di accentuare il movimento , e lo fece, passando la lingua sulla punta. Venni in bocca senza avvisare. Continuò a muoversi finché non uscì più nulla, poi ingoiò.
Abbassando lo sguardo le dissi: “Guarda che ce n’è ancora sulla punta.” Prese l’asciugamano e mi pulì. “Dai, ora cambiamoci che andiamo a mangiare.” Ci cambiammo in fretta, asciugandoci a vicenda. Rimasi estasiato vedendola infilare i pantaloni, che facevano fatica per il suo sedere muscoloso.
Fu una giornata incredibile, oltre ogni aspettativa. Da amici a qualcosa di più, in un’evoluzione costante di emozioni e sorprese. Entrambi appagati, rilassati e complici, pronti a mangiare e chiacchierare come se nulla fosse, ma con un nuovo legame.

Ringrazio tutti i lettori che continuano a scriverci, facendoci complimenti e critiche costruttive sui nostri racconti.
Scusate se rispondo lentamente alle e-mail, ma solo oggi ne sono arrivate tantissime : tra saluti, racconti delle vostre esperienze e richieste di pubblicarle qui.
Vi ringrazio davvero tanto per chi voglia scrivermi: lascio qui la mia e-mail.
u6753739252@gmail.com
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scritto il
2025-11-06
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