Estate 2025 - 03 - Bagni 72
di
Alessia&Nicola
genere
tradimenti
Il nostro amico Fabio ci ha invitato a passare un pomeriggio a Senigallia, Bagni 72, ci aspetta all’entrata dello stabilimento mentre parcheggiamo la nostra vecchia Ducati.
«Vedrete che qui è un altro mondo rispetto al Cesano,» annuncia mentre ci accompagna tra le file di ombrelloni perfettamente allineati. «Gente tranquilla, famiglie, ordine.» Ha ragione. L’aria profuma di crema solare e salsedine, il mare sussurra onde basse e regolari, come se anche lui rispettasse un tacito regolamento. Le signore sui lettini leggono romanzi con la dedizione di studentesse in biblioteca. I bambini giocano senza strilli, scavando castelli di sabbia con precisione geometrica.
Io ed Alessia ci scambiamo uno sguardo: siamo decisamente fuori posto. Fabio ci sistema due sdraio accanto alla sua. Sta ancora parlando di non so nemmeno cosa quando Alessia, con la naturalezza di chi ti avverte che sta togliendosi i sandali, dice:
«Scusate… non ho il pezzo sopra del costume. Spero non dia fastidio a nessuno.»
Il tono è talmente tranquillo che nessuno osa rispondere. Si sfila la maglietta e il suo seno è lì, semplice, esposto, i capezzoli rosa si induriscono piano al vento leggero.
In un attimo, l’ordine perfetto di Bagni 72 va in frantumi.
Le teste, una dopo l’altra, si sollevano. Una signora anziana abbassa il romanzo e stringe le labbra in una riga sottilissima. Una madre tenta istintivamente di spostare il figlio più piccolo dietro di sé, ma lui le sfugge per guardare meglio, curioso. Due ragazzini si danno una gomitata e ridono di nascosto. Un uomo sulla sessantina finge di controllare il cellulare, tenendolo all’altezza del petto solo per poter sbirciare oltre lo schermo.
A Fabio si blocca il fiato a metà di una frase. Non fa in tempo nemmeno a fingere indifferenza: il suo sguardo scatta sul seno di Alessia come un riflesso, e lì rimane. Non ci prova nemmeno a distogliersi. Gli occhi gli si fanno lucidi, quasi febbrili, e lui deglutisce piano, come se avesse qualcosa di troppo grosso incastrato in gola.
Lei non si accorge di niente… si stende e apre una rivista, ignara dell’effetto che ha su tutti. Dopo una mezz’oretta di chiacchiere forzate con signore che fingono di non essere indignate e con mariti che non riescono a distogliere lo sguardo, Alessia è decisamente annoiata, si alza, stiracchiandosi sotto il sole.
«Andiamo a farci un bagno?» chiede, come se niente fosse.
Senza aspettare risposta parte di corsa verso la riva, entra in acqua senza esitazioni, lasciandosi avvolgere dalle onde come se il mare l’aspettasse da ore, il corpo che luccica sotto il sole, i seni pieni che sobbalzano liberi mentre l’acqua le sale fino ai fianchi bagnando lo slip aderente. Io e Fabio la seguiamo, due ragazzi dello stabilimento ci vengono dietro fingendo di voler “rinfrescarsi un attimo”, uno dei mariti — che fino a dieci minuti prima scuoteva la testa scandalizzato — alla fine cede e si tuffa, lasciando la moglie a riva con le braccia conserte.
Appena ci avviciniamo Alessia si volta e ci spruzza l’acqua addosso con forza, ridendo. Io rispondo subito, le salto addosso e la tiro sott’acqua. Lei riemerge con i capelli bagnati incollati alle spalle e un sorriso raggiante, capezzoli induriti dall’acqua fresca che puntano orgogliosi. Fabio non perde l’occasione: le si avvicina alle spalle, le cinge la vita fingendo di volerla “bloccare per vendicarsi”. Ma le sue mani restano un attimo di troppo sui suoi fianchi nudi, forse un po’ troppo in alto. Lei non lo ferma. Si lascia stringere fingendo sorpresa.
A quel punto mi avvicino anch’io. La circondiamo da due lati, e lei ci usa come appoggi per lasciarsi galleggiare, il corpo rilassato che ondeggia nell’acqua tiepida. Ogni volta che si muove il suo seno ci sfiora non è possibile capire se lo faccia apposta o se semplicemente le venga naturale muoversi così, fluida e provocante. Io scelgo di credere alla seconda, ma con poca convinzione, la gelosia mi punge per le mani di Fabio così vicine, ma, inutile negarlo, sono eccitato da questo gioco apparentemente innocente.
Gli altri uomini non restano a guardare. Prima ci girano intorno a distanza di sicurezza, con l’aria di quelli che "noi stiamo solo giocando eh", ma ogni minuto si avvicinano di mezzo metro. Fingono di rincorrersi tra loro, di spruzzarsi l’acqua addosso, ma gli occhi sono tutti lì. Fissi su di lei, sulle curve che l’acqua accarezza. Nessuno però si azzarda a toccarla davvero, trattenuti dal decoro dei Bagni 72.
Lei invece del decoro non se ne frega niente. Li tocca tutti. Ogni volta che uno le passa vicino, gli appoggia una mano sulla spalla, sul petto bagnato, sul fianco, come se fossero tutti amici di sempre, un tocco innocente ma carico di fisicità. Non è flirt. Non è nemmeno provocazione. È… naturale, come se toccarci le servisse per tenersi in equilibrio.
Uno degli amici di Fabio si avvicina al gruppo con un pedalò, non fa in tempo ad accostare che Alessia è già lì. Si aggrappa ai bordi scivolosi, sale di slancio, i seni che sobbalzano contro il metallo, ridendo mentre il ragazzo prova ad aiutarla, le sue mani che sfiorano inutilmente i fianchi. Lei è già in piedi, il corpo bagnato che gocciola sul pedalò. Sale fino in cima allo scivolo e si gira verso di noi, Fabio sotto, io accanto a lui, altri tre uomini lì vicino come cani che aspettano il lancio del bastone, erezioni nascoste nell’acqua.
Lei alza le braccia, urlando: «Prontiiii!?» E senza aspettare risposta si lancia direttamente in acqua urlando: «BOMBAAAA!!!». I bambini esultano. Le signore la fulminano con lo sguardo.
Io e Fabio ci guardiamo un secondo, complici e tesi. E ci tuffiamo dietro di lei. Riemergiamo quasi in contemporanea e ce la ritroviamo davanti, che ride come una ragazzina. Fabio la afferra da dietro per impedirle di fuggire. Le braccia intorno alla sua vita, appena sotto il seno, il viso quasi contro il suo collo bagnato. Lei si tende un attimo, i capezzoli che si induriscono di più, poi invece di scappare poggia le mani sulle sue, le sposta un po’ più in alto, proprio sui seni pieni, facendole palpare la curva morbida e il peso caldo. E resta ferma lì.
Silenzio, per un secondo, due. Solo l’acqua che scivola lungo le loro pelli umide. Io lo guardo. Lui mi guarda, occhi spalancati. Le sue mani tremano leggermente sui seni di lei, le dita stringono piano i capezzoli eretti.
Alessia si volta appena verso di lui, gli sorride sfrontata, un lampo di eccitazione negli occhi. Non dice nulla. E riparte a nuotare via, libera come prima, lasciando Fabio tremante. Io scoppio a ridere. «Ehi Fabio… tutto bene?» Lui non risponde. Resta solo lì, con l’acqua fino al petto e gli occhi pieni di qualcosa che non sa nominare.
Torniamo verso riva piano, senza fretta. L’acqua defluisce lentamente dalle nostre braccia e dai fianchi, e per un attimo sembra quasi che tutto sia tornato normale. Quasi. Fabio cammina al mio fianco in silenzio, il suo sguardo che sfugge il mio. Lei procede tranquilla, i capelli bagnati che le cadono sulla schiena nuda, completamente ignara, o forse no, dell’effetto che ha lasciato addosso a tutti.
Sotto l’ombrellone, Alessia si stende pancia in su sulla sdraio. Si sistema con cura, solleva leggermente il bacino per asciugare l’asciugamano da sotto, e nel farlo lascia lo slip basso che rivela il bordo della fica depilata, eppure lei sembra farlo senza pensarci, naturale e provocante.
Non chiede un telo per coprirsi. Non sembra neppure ricordarsi di essere seminuda. Le spalle rilassate, la testa posata sulle braccia. Gli occhi chiusi. Come se fosse a casa sua. Io mi siedo accanto a lei, il cuore che batte forte. Fabio invece resta in piedi, come paralizzato tra l’idea di sedersi e quella di scappare, le mani che tremano ancora.
Le persone attorno non parlano, osservano. Una coppia di signori anziani finge di leggere il giornale ma non gira pagina da cinque minuti, sguardi furtivi sul suo seno. Un gruppo di ventenni sul lettino di fianco si danno di gomito ridacchiando eccitati.
Infine Fabio si decide e si siede sul bordo della sdraio. Non trova nulla da dire, così prende il suo telefono e finge di controllarlo. Ma le sue mani tremano appena, il ricordo delle tette di mia moglie ancora vivo. Alessia apre un occhio. «Tutto bene?» La sua voce è lieve, priva di malizia. E proprio per questo devastante. Fabio deglutisce. «Sì… sì, tutto bene.» Lei richiude gli occhi. «Ok.»
Io mi volto verso di lui, trattenendo un sorriso complice. La signora accanto, con cappello di paglia e occhiali grandi, alla fine non resiste. «Scusi…» dice, con quel tono educato che serve solo a mascherare l’irritazione. «Ma proprio non può mettersi la parte sopra del costume?» Il venticello che fino a un attimo fa muoveva solo gli ombrelloni, adesso sembra fermarsi.
Alessia solleva appena la testa dall’asciugamano. Un movimento lento, pacato. Nessuna sfida, nessun fastidio. Solo un sorriso disarmante. «Chiedo scusa di nuovo,» risponde con calma, «ma non lo metto mai, quindi proprio non ce l'ho.» Lo dice come se stesse informando che ha dimenticato la crema solare a casa. Con un’innocenza talmente limpida da togliere ogni appiglio. La signora resta interdetta. Le parole le restano in gola. Si limita a un mugugno. Alessia richiude gli occhi, come se nessuno avesse parlato.
Un bagnino passa lungo la passerella per avvisare che le docce stanno per chiudere, la voce che riecheggia educata tra gli ombrelloni. Alessia si alza senza fretta dalla sdraio, il corpo ancora umido dal mare, i seni pieni che oscillano piano, i capezzoli eretti dal vento leggero che le accarezza la pelle sudata. Scioglie i capelli ricci con un gesto lento e sensuale, se li porta tutti su una spalla rivelando il collo e la curva della schiena, poi si avvia verso le docce, a piedi nudi sulle assi di legno calde e ruvide. Non prende il telo. Non prende nulla. Cammina con andatura naturale, i fianchi larghi che ondeggiano appena, lo slip bianco aderente lascia intravvedere il contorno della fica depilata sotto il tessuto sottile.
Le docce sono in fila. Alessia sceglie una postazione isolata ma non troppo, apre il rubinetto con un gesto deciso, il getto d’acqua fredda la colpisce con un sibilo, scivolando giù lungo la pancia liscia e sudata, rivoli che tracciano sentieri tra i seni pieni, gocciolando dai capezzoli che si induriscono all’istante.
Si passa le mani tra i capelli con movimenti ampi e lenti, strizzandoli con forza sull’acqua che le corre lungo le spalle, i seni sobbalzano a ogni gesto. Poi, con naturalezza assoluta, infila le dita sotto l’orlo dello slip, allontana leggermente il costume dal corpo, tirandolo via dalla pelle sensibile dell’inguine per far entrare l’acqua tra la stoffa e la fica, sciacquando via la sabbia rimasta incastrata, un gesto innocente, pratico, ma devastante: lo slip si abbassa quel tanto da rivelare le labbra gonfie e depilate.
Il marito indignato di prima è lì vicino, si piega a lavarsi i piedi con movimenti goffi, ma resta bloccato a metà, pietrificato, gli occhi fissi sulla fica esposta di Alessia, il suo cazzo che si gonfia nei pantaloncini, il viso arrossato dal misto di vergogna e desiderio represso. Uno dei ragazzi del pedalò finge di aspettare il suo turno, le braccia incrociate davanti al basso ventre in un tentativo maldestro di mascherare l’erezione, le mani che tremano mentre fissa i rivoli d’acqua che colano tra i suoi seni. Un cameriere del bar è fermo con il vassoio in mano, i bicchieri che tintinnano piano, il suo sguardo ipnotizzato sul corpo bagnato di lei, il sudore gli imperla la fronte.
Fabio è rigido, seduto sul bordo della pedana di legno, a pochi metri, le gambe divaricate per nascondere il rigonfiamento nei pantaloncini, non dice niente, le mani serrate intorno alle ginocchia. Sembra trattenere il respiro, gli occhi lucidi fissi su ogni dettaglio, il ricordo del tocco in mare che lo tormenta. Io resto lì, il cuore che martella, gelosia che mi stringe per quegli sguardi voraci su di lei, ma il mio cazzo si indurisce nel costume, eccitato dalla sua sfrontatezza.
Quando chiude l’acqua con un gesto secco. Si limita a scrollare le braccia robuste per far cadere le gocce, poi si passa una mano sul collo e sul seno, sfiorando i capezzoli turgidi con una carezza pigra, quasi distratta. L’acqua le cola ancora dai ricci appiccicati, scendendo in rivoli tra i seni, lungo l’addome, fino a perdersi nello slip fin troppo abbassato.
Cammina verso di noi bagnata, con l’andatura morbida di chi non ha nulla da temere, i seni che rimbalzano gocciolanti, i fianchi che ondeggiano lasciando intravedire la fica umida sotto lo slip traslucido. Io e Fabio restiamo immobili, quasi in soggezione, l’aria carica di tensione. Si ferma a un passo da noi. Sorride serena, innocente, gli occhi che brillano di una malizia nascosta. L’acqua continua a scenderle dai capelli, piano, formando pozzanghere ai suoi piedi, come se anche lei avesse deciso che non era ancora il momento di asciugarsi, prolungando questo spettacolo che ci lascia tutti senza fiato.
Un po' per togliersi dall'imbarazzo Fabio propone un aperitivo al chiosco sulla spiaggia, la voce un po' incerta ma determinata. Ci mettiamo qualcosa addosso e ci incamminiamo verso il bar.
Alessia invece no, entra così com’è: topless, scalza, i capelli ricci ancora umidi che gocciolano piano sulle spalle, il costume bianco abbassato sui fianchi, lo slip aderente che segna le curve bagnate, come una turista che non ha mai sentito parlare di «decoro» e, soprattutto, non ha intenzione di iniziare ora.
Il barman si immobilizza con il cucchiaino in mano, il metallo che tintinna contro il bicchiere, gli occhi spalancati fissi sui suoi seni lucidi d'acqua residua, il viso che arrossisce mentre cerca di riprendere il controllo. Una coppia di coniugi al tavolo vicino la segue con lo sguardo sospeso tra il biasimo rigido della moglie e l'ammirazione sfacciata del marito. Altri avventori si voltano: un gruppo di ragazzi ridacchia sottovoce, una donna sola sorseggia il suo drink con occhi curiosi, l'aria del chiosco che si carica di una tensione elettrica.
Alessia non sembra farci caso, o forse non gliene frega niente. Si siede sullo sgabello di legno, le gambe divaricate quel tanto da far tendere lo slip sul monte di Venere, senza preoccuparsi minimamente di sistemarsi o di coprirsi in qualche modo. Appoggia i gomiti sul bancone appiccicoso, il seno che si appiattisce leggermente contro il legno, e ordina con un tono sereno, quasi allegro: «Per me un Gin Lemon. Bello carico, grazie.» La voce morbida, un sorriso che illumina il viso arrossato dal sole. Il barman annuisce senza parlare, forse ha paura che aprendo bocca esca solo un balbettio, le mani tremanti mentre prepara il drink, versando gin con movimenti goffi, lo sguardo che corre ripetutamente ai suoi capezzoli duri.
Fabio ordina una birra sedendosi accanto a lei. Io prendo un campari, non mi piace che lui le stia così vicino, ma, inutile negarlo, l'eccitazione mi fa gonfiare di desiderio. Altri due amici di Fabio si avvicinano fingendo di essere casualmente di passaggio, ordinano drink ma restano lì, ipnotizzati dal suo corpo rilassato.
Dopo il primo giro, Alessia è già completamente a suo agio. Ride forte alle battute, scherza con tutti, commenta le storie altrui come se li conoscesse da sempre. Quando si gira per parlare, il suo seno sfiora le braccia sudate degli altri, le spalle larghe, perfino i bicchieri freddi che gocciolano condensa, capezzoli che accarezzano piano la pelle altrui senza che lei lo noti, o forse senza che lo ritenga un problema, un contatto casuale che fa arrossire visi e tende pantaloni.
Secondo cocktail, l'alcol che inizia a scaldare l'aria. Al terzo, Alessia assume quella luminosità tipica di chi ha bevuto un po' più del dovuto: le guance le si colorano di un rosa acceso, gli occhi castani si fanno lucidi e leggermente socchiusi come se ogni frase che ascolta fosse più interessante del dovuto, le pupille dilatate dal gin e dall'eccitazione. Ride più spesso, ride più a lungo, con quella risata piena e contagiosa che parte dalla gola e si trascina in un leggero dondolio delle spalle larghe, i seni che rimbalzano liberi, attirando respiri trattenuti da tutto il bancone.
Quando qualcuno parla, lei non si limita a guardarlo: lo tocca, appoggia una mano sul braccio, sul petto ampio sotto la camicia aperta, sul ginocchio, dita che premono piano e indugiano, lo fa con uomini e donne, senza distinzione, un tocco fisico che scalda la pelle, fa accelerare i polsi, erezioni nascoste e capezzoli femminili che si tendono sotto i vestiti. E poi c’è il suo corpo, completamente rilassato, abbandonato contro lo sgabello, la schiena inarcata che offre i seni in primo piano.
Ogni volta che si china in avanti per ascoltare qualcuno, il seno nudo pericolosamente vicino al suo interlocutore, morbido e pesante, evidente come se partecipasse attivamente alla conversazione, i capezzoli a un soffio dalle bocche o dalle mani, un invito silenzioso che fa deglutire saliva e sudare palmi.
Ogni volta che si gira per chiedere un’altra bevuta, il costume basso sui fianchi scivola ancora un po’, scoprendo decisamente più pelle del dovuto, il bordo dello slip che rivela un lampo di fica depilata e umida di sudore.
Ogni volta che scoppia a ridere, butta la testa all’indietro esponendo il collo lungo, le spalle si aprono larghe spingendo i seni in avanti, e tutti, tutti, trattengono il fiato, cazzi duri sotto i tavoli, il bancone che vibra di tensione repressa.
A un certo punto Fabio le dice qualcosa all’orecchio, lei ride così forte da doversi aggrappare a lui per non perdere l’equilibrio, appoggiandosi con tutto il petto nudo sul suo braccio robusto, i seni morbidi che si schiacciano contro la pelle di lui, capezzoli duri che sfregano il tessuto della sua camicia, un contatto prolungato che lo fa irrigidire. Fabio resta immobile, come se avesse paura che ogni muscolo si muova troppo e la magia si interrompa, le mani ferme sul bancone, gli occhi lucidi fissi sul suo decolleté premuto. E lei, come se niente fosse, invece di staccarsi, resta così, incollata a lui col corpo caldo e sudato, continuando a parlare con un altro dall’altra parte del bancone, i fianchi che sfiorano la sua coscia, prolungando il contatto in un'intimità che mi fa pulsare di gelosia per il mio amico.
Fabio si schiarisce la voce, un suono rauco che tradisce l'imbarazzo. «Se volete… potremmo restare a cena,» butta lì, fingendo nonchalance. Ma io lo vedo: le nocche sbiancate sul bordo del bancone, il rigonfiamento ancora duro nei pantaloni, lo sguardo che brucia di un desiderio che non sa più nascondere.
Alessia gli sorride, luminosa e disinibita, le guance rosa dal gin, i ricci umidi che le incorniciano il viso. «Cena? Volentieri. Ho proprio bisogno di mangiare qualcosa dopo tutto ‘sto gin,» risponde con quella naturalezza che fa accelerare i cuori, lo slip bianco basso sui fianchi che minaccia di scivolare ancora. Fabio deglutisce forte, la gola che si muove visibile, il rossore che gli sale al collo mentre immagina lei nuda a tavola. Io alzo il bicchiere: «Direi che è un sì.»
Il bar si trasforma in trattoria improvvisata, la cena viene servita direttamente ai tavoli, fritto di pesce in piatti di plastica, Verdicchio fresco in bicchieri colorati, le risate sguaiate dei bagnanti rimasti per la serata.
Alessia non accenna minimamente a coprirsi, sedendosi a seno nudo su una sedia di plastica, le spalle rilassate, i seni pieni e liberi che oscillano piano con ogni movimento, capezzoli eretti dal vento fresco della sera, lo slip bianco che le fascia i fianchi larghi tendendosi sul culo rotondo e lasciando intravedire praticamente tutto. Prende il pesce con le mani, beve lunghe sorsate di Verdicchio fresco che le fanno brillare gli occhi, e continua a ridere forte, parlare con chiunque le rivolga la parola, uomini famelici, donne curiose o gelose, senza distinzioni, senza esitazioni, la voce calda che riempie lo spazio, tocchi casuali su braccia e ginocchia mentre racconta aneddoti, il corpo che si muove fluido, seni che sfiorano il tavolo.
È impossibile non guardarla: i bagnanti ai tavoli vicini allungano il collo, il barman versa drink con mani distratte, un gruppo di amici ridacchia sottovoce ma non stacca gli occhi dalle sue tette che sobbalzano a ogni risata. Io la guardo rapito, il cuore che pompa forte, il cazzo duro nel costume sotto il tavolo. È splendida. Naturale. Irresistibile, con la pelle lucida di sudore e di vino, le labbra gonfie di cibo e sorrisi.
Fabio la osserva in silenzio, con lo sguardo di chi sta vivendo qualcosa che non aveva neanche mai osato immaginare, i suoi occhi fissi sui seni nudi a pochi centimetri, il respiro corto, le mani che stringono la forchetta senza mangiare, il rigonfiamento evidente nei pantaloni. Lei se ne accorge, un lampo malizioso negli occhi socchiusi dal vino. Con una naturalezza disarmante, si alza piano, gli passa alle spalle con fianchi ondeggianti, lo slip che scivola basso rivelando quasi completamente la fica, e si siede sulle sue ginocchia, lasciandosi cadere con un gesto lento, sicuro, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, il peso del suo culo morbido che preme sulla coscia di lui, i seni nudi appoggiati sul suo petto, schiacciandosi caldi e pesanti contro la camicia aperta, il braccio gli scivola attorno al collo con dita che accarezzano i capelli sudati.
Prende il bicchiere di Verdicchio, lo solleva in alto con mano tutt’altro che ferma: «Al migliore amico mio e di mio marito… e a questa serata educatamente sconveniente.» La voce roca dall’alcol, un brindisi che riecheggia provocatorio. Un applauso spontaneo esplode dai tavoli, risate sguaiate, calici che tintinnano in un caos festoso, sguardi complici e invidiosi su Fabio che trema sotto di lei, il suo cazzo che pulsa contro il culo di Alessia attraverso i tessuti sottili.
Io alzo il bicchiere e bevo un sorso lungo, deciso, il liquido fresco che mi scalda lo stomaco, il cuore che ribolle di gelosia per il mio amico con mia moglie così intima su di lui. Osservo Alessia seminuda, seduta sulle ginocchia di Fabio, il suo corpo offerto in pubblico, e sento il calore del vino che sale, e non è solo il calore del vino.
Finita la cena, io, Alessia e Fabio ci spostiamo sulle sdraio a fumare, nessuno dei tre parla davvero. In un modo o nell'altro stiamo tutti e tre pensando a Alessia, praticamente nuda sulle ginocchia di Fabio. Il mare davanti a noi è nero e piatto, una lastra specchiata che riflette le luci gialle tremolanti delle lanterne lungo la passerella di legno. Più in là, un paio di sdraio ancora occupate: un gruppo di ragazzi, ubriachi e chiassiosi, che fuma canne e beve birre da una cassa frigo, ridendo sguaiati per far serata.
Alessia finisce il bicchiere di Verdicchio, lo appoggia per terra con un tintinnio, poi si alza piano, il corpo ancora caldo dall'alcol. Senza dire nulla, infila i pollici negli slip bianchi e se li sfila lentamente. Li lascia cadere sulla sdraio come se si stesse togliendo solo un accessorio, non l'ultimo pezzo di stoffa tra sé e il resto del mondo. I ragazzi smettono di colpo di chiacchierare, bocche aperte: «Cazzo, guardate che figa! Si è tolta tutto!» urla uno, un altro fischia: «Porca puttana, è proprio nuda la troia!»
Si volta verso di noi, i capelli sciolti che le cadono scomposti sulle spalle nude. «Chi viene a fare un bagno con me?» lo dice piano, la voce roca dall'alcol, come se la risposta fosse ovvia, gli occhi lucidi fissi sui nostri cazzi già duri. Io e Fabio ci guardiamo per un istante, poi ci alziamo, sfilandoci i costumi.
Lei parte per prima, cammina scalza sulla passerella di legno. I ragazzi esplodono: «Guardala! completamente nuda!» «Va a farsi scopare in acqua, ve lo dico io!» ridono forte.
Scende la scaletta di legno. Non corre, non ride. Semplicemente entra in acqua, il corpo che scompare poco a poco nel buio del mare, le onde che le accarezzano le caviglie, le cosce, lambendo la fica nuda, poi i seni, riflettendo una sola luce gialla sulle spalle ancora emerse, i capezzoli che galleggiano duri.
Si volta verso di noi e dice solo:
«Allora?»
Entriamo in silenzio, non parliamo, restiamo sospesi, l'acqua che ci sale al petto, la luna pallida che ci illumina appena i corpi nudi.
Alessia è qualche metro più avanti, le braccia aperte come a voler galleggiare senza peso, la fica semi-sommersa che pulsa nell'acqua scura. Si lascia portare dalle onde lente, seni che affiorano e scompaiono. Io e Fabio restiamo immobili, cazzi tesi verso di lei. Alessia ci osserva in silenzio, come se stesse prendendo una decisione rimandata da tempo, poi mi viene addosso di slancio.
L'acqua mi arriva alla vita quando mi afferra per le spalle larghe e mi spinge all'indietro, la sua bocca cerca la mia con una fame che mi toglie il respiro, la lingua che cerca la mia. Le mani mi graffiano la nuca, poi scivolano sulla schiena bagnata, scendono rapide. Mi stringe il bacino con forza, le sue gambe si chiudono attorno ai miei fianchi come una morsa, la fica gonfia e fradicia che sfrega il mio cazzo eretto. Il contatto è immediato, crudo: guida la cappella tumida contro le labbra intime spalancate, e mi ritrovo dentro di lei, la sua fica stretta e calda che mi avvolge come velluto. Geme, un ringhio trattenuto, una vibrazione che mi arriva dritta allo stomaco.
Mi muovo, lei si muove, non c'è ritmo, solo istinto: ogni spinta è uno scontro violento, il mio cazzo che affonda fino in fondo nella sua fica, palle che sbattono contro la pelle sommersa. Sento vagamente i commenti dei ragazzi sulla spiaggia: «Oddio… se la sta trombando in acqua, guardate!» «Ma guarda come lo cavalca!» «Io non reggo, giuro!» ridono e fischiano forte.
Percepisco appena l'imbarazzo di Fabio a pochi metri. Lei se ne frega di tutto, mi affonda le unghie nelle spalle fino a far male, il respiro spezzato contro la mia guancia, non dice il mio nome, prende, pretende, mi usa senza pudore, e io la lascio fare, felice di essere preso, aggredito. Non posso resistere a lungo. Lei lo sente, sorridendo contro la mia bocca bagnata, accelera i colpi di bacino.
La frenesia culmina: movimenti rapidi, brevi, intensi, le gambe di Alessia si serrano più forte intorno a me, esplodo in schizzi caldi e potenti dentro la sua fica, riempiendola di seme denso che si mescola all'acqua, un orgasmo devastante che ci fa tremare. Restiamo lì ansanti, vicini, i cuori che martellano, il mio sperma che cola piano dalle sue labbra dilatate, il corpo che brucia di piacere e adrenalina.
Alessia mi guarda, capelli bagnati che le colano sul viso arrossato, il respiro affannoso muove i seni gocciolanti. Sorrido, afono. Siamo grondanti, tremanti, la fica ancora pulsante attorno al mio cazzo che si ammorbidisce dentro di lei.
«Puoi lasciarmi da sola con Fabio?» sussurra. Ci penso, annuisco, mi allontano di qualche metro nell'acqua scura.
Li guardo avvicinarsi, le mani di Fabio esitano tremanti sui fianchi nudi di lei, poi salgono, accarezzando il seno bagnato, le stringe i capezzoli. Alessia non dice nulla, gli si avvinghia decisa, le gambe che si serrano sui suoi fianchi, la fica accoglie il suo cazzo. La luna illumina la sua pelle bagnata, capelli scuri appiccicati alle spalle. Fabio trema, la guarda come un uomo affamato da anni, il cazzo che affonda ben piantato nella fica di lei. Alessia gli sussurra qualcosa che non sento, lui annuisce, poi spinge forte contro di lei, i movimenti ritmati e decisi.
Lei inarca la schiena offrendo i seni. I ragazzi urlano: «Ma quanto è troia quella, se la scopa anche l’altro!» «Madonna, guardale le tette che rimbalzano, voglio leccarle! Sborrale dentro, riempila tutta!» ridono isterici.
Alessia inclina la testa all'indietro, la bocca socchiusa in gemiti rochi, gli occhi chiusi in estasi, Fabio affonda il volto nel suo collo, le mani strette sulla schiena, spinge sempre più forte, il cazzo che sbatte nella fica piena, l’orgasmo che la travolge, Fabio che le esplode dentro, immagino la sborra calda che trabocca mescolata alla mia, i loro corpi collassano nell'acqua.
Non sono ancora sazi, continuano a muoversi lenti, lei ansima...
Mi volto e raggiungo la riva, mi siedo su una sdraio qualunque ancora bagnato, nudo, gocciolante, lo sguardo fisso verso il mare dove loro due sono intrecciati. I ragazzi a pochi metri commentano a voce troppo alta, eccitati e volgari: «Ma la vedi? Giuro che non è vera, se l'è presi tutti e due! E ancora non le basta!» «Lui è ancora lì a scoparsela, ma come fa con la fica piena di sborra?» «Se li è fatti tutti e due la zoccola, fuori di testa!» Fischiano e ridono sguaiati.
Resto fermo, il respiro lento. Non provo rabbia né gelosia, ma una sorta eccitazione oscura, un orgoglio perverso per la sua sessualità sfrenata. Resto immobile, anche col freddo che morde la pelle.
Non so quanto passa, minuti, quarti d'ora, un'eternità? Li vedo emergere: prima Fabio, poi lei. Camminano vicini nell'acqua bassa. Resto seduto, mani sulle ginocchia, li lascio avvicinare.
Fabio esce per primo, si infila il costume in silenzio, evita i miei occhi, mormora un «Grazie... scusa» balbettante e se ne va via lungo la passerella. Alessia si avvicina gocciolante, nuda e sfrontata, la fica esposta, i seni che oscillano. Si ferma davanti a me:
«Grazie,» sussurra.
Mi spinge dolcemente all'indietro sulla sdraio, sale sopra di me con decisione, la fica ancora colma di sborra avvolge il mio cazzo di nuovo rigido, si muove lenta all'inizio, occhi negli occhi, il respiro affannoso sul mio viso. Le stringo i fianchi bagnati ma è lei che conduce il gioco. I ragazzi dietro urlano sguaiati: «Porca troia, guarda come gli sale sopra!» «Sta ancora piena della crema dell'altro tipo!» «Oh ma questo è un film porno o è vero?!» fischiano, «Falla urlare, sborrale dentro un'altra volta!»
Lei sente tutto, lo so, ma se ne frega, non accelera subito, abbassa il busto sul mio, i seni contro petto, la fronte alla mia, la bocca che sfiora senza baciare. Chiudo gli occhi, lei accelera: colpi di bacino violenti, mi morde il collo soffocando gemiti.
La stringo forte, spingendo con forza, veniamo insieme in un'esplosione, la sua fica si contrae sul il mio cazzo, un orgasmo che la fa tremare, io che pompo schizzi caldi dentro la sua fica già piena, il seme che trabocca. Non c'è pudore, né pubblico, né notte, solo piacere totale.
Restiamo abbracciati sulla sdraio ancora sudati e tremanti dall'orgasmo, la mia pelle contro la sua calda e appiccicosa, il mio cazzo molle che sfrega piano tra le sue cosce bagnate mentre le bacio il collo, le mani che le accarezzano la schiena curva e i seni pieni, capezzoli ancora sensibili che si induriscono al tocco. Alessia ricambia con baci lenti e profondi, la lingua che danza pigra nella mia bocca, carezze leggere sui miei fianchi, un'intimità che ci avvolge come una bolla, facendoci dimenticare per un attimo il mondo. Cerco di non pensare a quello che ha fatto con Fabio, la sua fica che lo ha accolto dopo di me, i loro corpi uniti nell'acqua scura, un misto di gelosia pungente e eccitazione residua mi fa pulsare il basso ventre.
I ragazzi continuano con fischi acuti e commenti volgari, voci ubriache che echeggiano nella notte: «Ormai avrà la fica che cola sborra da tutte le parti!» «Si è fatta riempire da due cazzi stasera, insaziabile!» ridono isterici, «Vieni qui, zoccola, che ti puliamo noi!» I
Alessia ha un moto di stizza improvviso, le sopracciglia che si aggrottano, un sospiro irritato che le sfugge dalle labbra. Si alza di scatto dalla sdraio e si dirige verso di loro con andatura decisa, senza un filo di pudore, i fianchi che ondeggiano, il seme che stilla piano sulla sabbia. I ragazzi restano senza parole, le bocche spalancate, i loro cazzi tesi nei boxer, uno lascia cadere la birra: «Porca... ma viene qui nuda così?» balbetta un altro, «Viene qui davvero!» ma le voci si spengono in un silenzio attonito mentre lei si ferma davanti al gruppo, mani sui fianchi, un sorriso sfrontato.
«Ragazzi, avete un fazzoletto? Devo darmi una ripulita, sapete, mentre voi facevate commenti idioti noi ci divertivamo…» dice con tono canzonatorio.
I ragazzi impallidiscono e arrossiscono, farfugliando: «E-eh... sì, ecco...» uno le passa un pacchetto di fazzoletti tremanti, un altro balbetta «Cazzo, sei seria? Ti sei fatta scopare da tutti e due!» ma lei ride, sfottendoli: «Sì, e voi solo a guardare. Almeno offrite qualcosa da bere per lo spettacolo.»
Prende una bottiglia di vino rosso dalle mani di uno: «Questo è il rimborso per quanto avete rotto le scatole, grazie mille.» I ragazzi esplodono in risate nervose e fischi: «Prendila tutta, zoccola! Ma poi torni per un giro con noi?» lei li ignora con un'alzata di spalle, la fica che gocciola ancora mentre torna con la bottiglia in mano, nuda e trionfante.
Si siede accanto a me. «Facciamo un brindisi?» propone alzando la bottiglia.
Brindiamo.
«Vedrete che qui è un altro mondo rispetto al Cesano,» annuncia mentre ci accompagna tra le file di ombrelloni perfettamente allineati. «Gente tranquilla, famiglie, ordine.» Ha ragione. L’aria profuma di crema solare e salsedine, il mare sussurra onde basse e regolari, come se anche lui rispettasse un tacito regolamento. Le signore sui lettini leggono romanzi con la dedizione di studentesse in biblioteca. I bambini giocano senza strilli, scavando castelli di sabbia con precisione geometrica.
Io ed Alessia ci scambiamo uno sguardo: siamo decisamente fuori posto. Fabio ci sistema due sdraio accanto alla sua. Sta ancora parlando di non so nemmeno cosa quando Alessia, con la naturalezza di chi ti avverte che sta togliendosi i sandali, dice:
«Scusate… non ho il pezzo sopra del costume. Spero non dia fastidio a nessuno.»
Il tono è talmente tranquillo che nessuno osa rispondere. Si sfila la maglietta e il suo seno è lì, semplice, esposto, i capezzoli rosa si induriscono piano al vento leggero.
In un attimo, l’ordine perfetto di Bagni 72 va in frantumi.
Le teste, una dopo l’altra, si sollevano. Una signora anziana abbassa il romanzo e stringe le labbra in una riga sottilissima. Una madre tenta istintivamente di spostare il figlio più piccolo dietro di sé, ma lui le sfugge per guardare meglio, curioso. Due ragazzini si danno una gomitata e ridono di nascosto. Un uomo sulla sessantina finge di controllare il cellulare, tenendolo all’altezza del petto solo per poter sbirciare oltre lo schermo.
A Fabio si blocca il fiato a metà di una frase. Non fa in tempo nemmeno a fingere indifferenza: il suo sguardo scatta sul seno di Alessia come un riflesso, e lì rimane. Non ci prova nemmeno a distogliersi. Gli occhi gli si fanno lucidi, quasi febbrili, e lui deglutisce piano, come se avesse qualcosa di troppo grosso incastrato in gola.
Lei non si accorge di niente… si stende e apre una rivista, ignara dell’effetto che ha su tutti. Dopo una mezz’oretta di chiacchiere forzate con signore che fingono di non essere indignate e con mariti che non riescono a distogliere lo sguardo, Alessia è decisamente annoiata, si alza, stiracchiandosi sotto il sole.
«Andiamo a farci un bagno?» chiede, come se niente fosse.
Senza aspettare risposta parte di corsa verso la riva, entra in acqua senza esitazioni, lasciandosi avvolgere dalle onde come se il mare l’aspettasse da ore, il corpo che luccica sotto il sole, i seni pieni che sobbalzano liberi mentre l’acqua le sale fino ai fianchi bagnando lo slip aderente. Io e Fabio la seguiamo, due ragazzi dello stabilimento ci vengono dietro fingendo di voler “rinfrescarsi un attimo”, uno dei mariti — che fino a dieci minuti prima scuoteva la testa scandalizzato — alla fine cede e si tuffa, lasciando la moglie a riva con le braccia conserte.
Appena ci avviciniamo Alessia si volta e ci spruzza l’acqua addosso con forza, ridendo. Io rispondo subito, le salto addosso e la tiro sott’acqua. Lei riemerge con i capelli bagnati incollati alle spalle e un sorriso raggiante, capezzoli induriti dall’acqua fresca che puntano orgogliosi. Fabio non perde l’occasione: le si avvicina alle spalle, le cinge la vita fingendo di volerla “bloccare per vendicarsi”. Ma le sue mani restano un attimo di troppo sui suoi fianchi nudi, forse un po’ troppo in alto. Lei non lo ferma. Si lascia stringere fingendo sorpresa.
A quel punto mi avvicino anch’io. La circondiamo da due lati, e lei ci usa come appoggi per lasciarsi galleggiare, il corpo rilassato che ondeggia nell’acqua tiepida. Ogni volta che si muove il suo seno ci sfiora non è possibile capire se lo faccia apposta o se semplicemente le venga naturale muoversi così, fluida e provocante. Io scelgo di credere alla seconda, ma con poca convinzione, la gelosia mi punge per le mani di Fabio così vicine, ma, inutile negarlo, sono eccitato da questo gioco apparentemente innocente.
Gli altri uomini non restano a guardare. Prima ci girano intorno a distanza di sicurezza, con l’aria di quelli che "noi stiamo solo giocando eh", ma ogni minuto si avvicinano di mezzo metro. Fingono di rincorrersi tra loro, di spruzzarsi l’acqua addosso, ma gli occhi sono tutti lì. Fissi su di lei, sulle curve che l’acqua accarezza. Nessuno però si azzarda a toccarla davvero, trattenuti dal decoro dei Bagni 72.
Lei invece del decoro non se ne frega niente. Li tocca tutti. Ogni volta che uno le passa vicino, gli appoggia una mano sulla spalla, sul petto bagnato, sul fianco, come se fossero tutti amici di sempre, un tocco innocente ma carico di fisicità. Non è flirt. Non è nemmeno provocazione. È… naturale, come se toccarci le servisse per tenersi in equilibrio.
Uno degli amici di Fabio si avvicina al gruppo con un pedalò, non fa in tempo ad accostare che Alessia è già lì. Si aggrappa ai bordi scivolosi, sale di slancio, i seni che sobbalzano contro il metallo, ridendo mentre il ragazzo prova ad aiutarla, le sue mani che sfiorano inutilmente i fianchi. Lei è già in piedi, il corpo bagnato che gocciola sul pedalò. Sale fino in cima allo scivolo e si gira verso di noi, Fabio sotto, io accanto a lui, altri tre uomini lì vicino come cani che aspettano il lancio del bastone, erezioni nascoste nell’acqua.
Lei alza le braccia, urlando: «Prontiiii!?» E senza aspettare risposta si lancia direttamente in acqua urlando: «BOMBAAAA!!!». I bambini esultano. Le signore la fulminano con lo sguardo.
Io e Fabio ci guardiamo un secondo, complici e tesi. E ci tuffiamo dietro di lei. Riemergiamo quasi in contemporanea e ce la ritroviamo davanti, che ride come una ragazzina. Fabio la afferra da dietro per impedirle di fuggire. Le braccia intorno alla sua vita, appena sotto il seno, il viso quasi contro il suo collo bagnato. Lei si tende un attimo, i capezzoli che si induriscono di più, poi invece di scappare poggia le mani sulle sue, le sposta un po’ più in alto, proprio sui seni pieni, facendole palpare la curva morbida e il peso caldo. E resta ferma lì.
Silenzio, per un secondo, due. Solo l’acqua che scivola lungo le loro pelli umide. Io lo guardo. Lui mi guarda, occhi spalancati. Le sue mani tremano leggermente sui seni di lei, le dita stringono piano i capezzoli eretti.
Alessia si volta appena verso di lui, gli sorride sfrontata, un lampo di eccitazione negli occhi. Non dice nulla. E riparte a nuotare via, libera come prima, lasciando Fabio tremante. Io scoppio a ridere. «Ehi Fabio… tutto bene?» Lui non risponde. Resta solo lì, con l’acqua fino al petto e gli occhi pieni di qualcosa che non sa nominare.
Torniamo verso riva piano, senza fretta. L’acqua defluisce lentamente dalle nostre braccia e dai fianchi, e per un attimo sembra quasi che tutto sia tornato normale. Quasi. Fabio cammina al mio fianco in silenzio, il suo sguardo che sfugge il mio. Lei procede tranquilla, i capelli bagnati che le cadono sulla schiena nuda, completamente ignara, o forse no, dell’effetto che ha lasciato addosso a tutti.
Sotto l’ombrellone, Alessia si stende pancia in su sulla sdraio. Si sistema con cura, solleva leggermente il bacino per asciugare l’asciugamano da sotto, e nel farlo lascia lo slip basso che rivela il bordo della fica depilata, eppure lei sembra farlo senza pensarci, naturale e provocante.
Non chiede un telo per coprirsi. Non sembra neppure ricordarsi di essere seminuda. Le spalle rilassate, la testa posata sulle braccia. Gli occhi chiusi. Come se fosse a casa sua. Io mi siedo accanto a lei, il cuore che batte forte. Fabio invece resta in piedi, come paralizzato tra l’idea di sedersi e quella di scappare, le mani che tremano ancora.
Le persone attorno non parlano, osservano. Una coppia di signori anziani finge di leggere il giornale ma non gira pagina da cinque minuti, sguardi furtivi sul suo seno. Un gruppo di ventenni sul lettino di fianco si danno di gomito ridacchiando eccitati.
Infine Fabio si decide e si siede sul bordo della sdraio. Non trova nulla da dire, così prende il suo telefono e finge di controllarlo. Ma le sue mani tremano appena, il ricordo delle tette di mia moglie ancora vivo. Alessia apre un occhio. «Tutto bene?» La sua voce è lieve, priva di malizia. E proprio per questo devastante. Fabio deglutisce. «Sì… sì, tutto bene.» Lei richiude gli occhi. «Ok.»
Io mi volto verso di lui, trattenendo un sorriso complice. La signora accanto, con cappello di paglia e occhiali grandi, alla fine non resiste. «Scusi…» dice, con quel tono educato che serve solo a mascherare l’irritazione. «Ma proprio non può mettersi la parte sopra del costume?» Il venticello che fino a un attimo fa muoveva solo gli ombrelloni, adesso sembra fermarsi.
Alessia solleva appena la testa dall’asciugamano. Un movimento lento, pacato. Nessuna sfida, nessun fastidio. Solo un sorriso disarmante. «Chiedo scusa di nuovo,» risponde con calma, «ma non lo metto mai, quindi proprio non ce l'ho.» Lo dice come se stesse informando che ha dimenticato la crema solare a casa. Con un’innocenza talmente limpida da togliere ogni appiglio. La signora resta interdetta. Le parole le restano in gola. Si limita a un mugugno. Alessia richiude gli occhi, come se nessuno avesse parlato.
Un bagnino passa lungo la passerella per avvisare che le docce stanno per chiudere, la voce che riecheggia educata tra gli ombrelloni. Alessia si alza senza fretta dalla sdraio, il corpo ancora umido dal mare, i seni pieni che oscillano piano, i capezzoli eretti dal vento leggero che le accarezza la pelle sudata. Scioglie i capelli ricci con un gesto lento e sensuale, se li porta tutti su una spalla rivelando il collo e la curva della schiena, poi si avvia verso le docce, a piedi nudi sulle assi di legno calde e ruvide. Non prende il telo. Non prende nulla. Cammina con andatura naturale, i fianchi larghi che ondeggiano appena, lo slip bianco aderente lascia intravvedere il contorno della fica depilata sotto il tessuto sottile.
Le docce sono in fila. Alessia sceglie una postazione isolata ma non troppo, apre il rubinetto con un gesto deciso, il getto d’acqua fredda la colpisce con un sibilo, scivolando giù lungo la pancia liscia e sudata, rivoli che tracciano sentieri tra i seni pieni, gocciolando dai capezzoli che si induriscono all’istante.
Si passa le mani tra i capelli con movimenti ampi e lenti, strizzandoli con forza sull’acqua che le corre lungo le spalle, i seni sobbalzano a ogni gesto. Poi, con naturalezza assoluta, infila le dita sotto l’orlo dello slip, allontana leggermente il costume dal corpo, tirandolo via dalla pelle sensibile dell’inguine per far entrare l’acqua tra la stoffa e la fica, sciacquando via la sabbia rimasta incastrata, un gesto innocente, pratico, ma devastante: lo slip si abbassa quel tanto da rivelare le labbra gonfie e depilate.
Il marito indignato di prima è lì vicino, si piega a lavarsi i piedi con movimenti goffi, ma resta bloccato a metà, pietrificato, gli occhi fissi sulla fica esposta di Alessia, il suo cazzo che si gonfia nei pantaloncini, il viso arrossato dal misto di vergogna e desiderio represso. Uno dei ragazzi del pedalò finge di aspettare il suo turno, le braccia incrociate davanti al basso ventre in un tentativo maldestro di mascherare l’erezione, le mani che tremano mentre fissa i rivoli d’acqua che colano tra i suoi seni. Un cameriere del bar è fermo con il vassoio in mano, i bicchieri che tintinnano piano, il suo sguardo ipnotizzato sul corpo bagnato di lei, il sudore gli imperla la fronte.
Fabio è rigido, seduto sul bordo della pedana di legno, a pochi metri, le gambe divaricate per nascondere il rigonfiamento nei pantaloncini, non dice niente, le mani serrate intorno alle ginocchia. Sembra trattenere il respiro, gli occhi lucidi fissi su ogni dettaglio, il ricordo del tocco in mare che lo tormenta. Io resto lì, il cuore che martella, gelosia che mi stringe per quegli sguardi voraci su di lei, ma il mio cazzo si indurisce nel costume, eccitato dalla sua sfrontatezza.
Quando chiude l’acqua con un gesto secco. Si limita a scrollare le braccia robuste per far cadere le gocce, poi si passa una mano sul collo e sul seno, sfiorando i capezzoli turgidi con una carezza pigra, quasi distratta. L’acqua le cola ancora dai ricci appiccicati, scendendo in rivoli tra i seni, lungo l’addome, fino a perdersi nello slip fin troppo abbassato.
Cammina verso di noi bagnata, con l’andatura morbida di chi non ha nulla da temere, i seni che rimbalzano gocciolanti, i fianchi che ondeggiano lasciando intravedire la fica umida sotto lo slip traslucido. Io e Fabio restiamo immobili, quasi in soggezione, l’aria carica di tensione. Si ferma a un passo da noi. Sorride serena, innocente, gli occhi che brillano di una malizia nascosta. L’acqua continua a scenderle dai capelli, piano, formando pozzanghere ai suoi piedi, come se anche lei avesse deciso che non era ancora il momento di asciugarsi, prolungando questo spettacolo che ci lascia tutti senza fiato.
Un po' per togliersi dall'imbarazzo Fabio propone un aperitivo al chiosco sulla spiaggia, la voce un po' incerta ma determinata. Ci mettiamo qualcosa addosso e ci incamminiamo verso il bar.
Alessia invece no, entra così com’è: topless, scalza, i capelli ricci ancora umidi che gocciolano piano sulle spalle, il costume bianco abbassato sui fianchi, lo slip aderente che segna le curve bagnate, come una turista che non ha mai sentito parlare di «decoro» e, soprattutto, non ha intenzione di iniziare ora.
Il barman si immobilizza con il cucchiaino in mano, il metallo che tintinna contro il bicchiere, gli occhi spalancati fissi sui suoi seni lucidi d'acqua residua, il viso che arrossisce mentre cerca di riprendere il controllo. Una coppia di coniugi al tavolo vicino la segue con lo sguardo sospeso tra il biasimo rigido della moglie e l'ammirazione sfacciata del marito. Altri avventori si voltano: un gruppo di ragazzi ridacchia sottovoce, una donna sola sorseggia il suo drink con occhi curiosi, l'aria del chiosco che si carica di una tensione elettrica.
Alessia non sembra farci caso, o forse non gliene frega niente. Si siede sullo sgabello di legno, le gambe divaricate quel tanto da far tendere lo slip sul monte di Venere, senza preoccuparsi minimamente di sistemarsi o di coprirsi in qualche modo. Appoggia i gomiti sul bancone appiccicoso, il seno che si appiattisce leggermente contro il legno, e ordina con un tono sereno, quasi allegro: «Per me un Gin Lemon. Bello carico, grazie.» La voce morbida, un sorriso che illumina il viso arrossato dal sole. Il barman annuisce senza parlare, forse ha paura che aprendo bocca esca solo un balbettio, le mani tremanti mentre prepara il drink, versando gin con movimenti goffi, lo sguardo che corre ripetutamente ai suoi capezzoli duri.
Fabio ordina una birra sedendosi accanto a lei. Io prendo un campari, non mi piace che lui le stia così vicino, ma, inutile negarlo, l'eccitazione mi fa gonfiare di desiderio. Altri due amici di Fabio si avvicinano fingendo di essere casualmente di passaggio, ordinano drink ma restano lì, ipnotizzati dal suo corpo rilassato.
Dopo il primo giro, Alessia è già completamente a suo agio. Ride forte alle battute, scherza con tutti, commenta le storie altrui come se li conoscesse da sempre. Quando si gira per parlare, il suo seno sfiora le braccia sudate degli altri, le spalle larghe, perfino i bicchieri freddi che gocciolano condensa, capezzoli che accarezzano piano la pelle altrui senza che lei lo noti, o forse senza che lo ritenga un problema, un contatto casuale che fa arrossire visi e tende pantaloni.
Secondo cocktail, l'alcol che inizia a scaldare l'aria. Al terzo, Alessia assume quella luminosità tipica di chi ha bevuto un po' più del dovuto: le guance le si colorano di un rosa acceso, gli occhi castani si fanno lucidi e leggermente socchiusi come se ogni frase che ascolta fosse più interessante del dovuto, le pupille dilatate dal gin e dall'eccitazione. Ride più spesso, ride più a lungo, con quella risata piena e contagiosa che parte dalla gola e si trascina in un leggero dondolio delle spalle larghe, i seni che rimbalzano liberi, attirando respiri trattenuti da tutto il bancone.
Quando qualcuno parla, lei non si limita a guardarlo: lo tocca, appoggia una mano sul braccio, sul petto ampio sotto la camicia aperta, sul ginocchio, dita che premono piano e indugiano, lo fa con uomini e donne, senza distinzione, un tocco fisico che scalda la pelle, fa accelerare i polsi, erezioni nascoste e capezzoli femminili che si tendono sotto i vestiti. E poi c’è il suo corpo, completamente rilassato, abbandonato contro lo sgabello, la schiena inarcata che offre i seni in primo piano.
Ogni volta che si china in avanti per ascoltare qualcuno, il seno nudo pericolosamente vicino al suo interlocutore, morbido e pesante, evidente come se partecipasse attivamente alla conversazione, i capezzoli a un soffio dalle bocche o dalle mani, un invito silenzioso che fa deglutire saliva e sudare palmi.
Ogni volta che si gira per chiedere un’altra bevuta, il costume basso sui fianchi scivola ancora un po’, scoprendo decisamente più pelle del dovuto, il bordo dello slip che rivela un lampo di fica depilata e umida di sudore.
Ogni volta che scoppia a ridere, butta la testa all’indietro esponendo il collo lungo, le spalle si aprono larghe spingendo i seni in avanti, e tutti, tutti, trattengono il fiato, cazzi duri sotto i tavoli, il bancone che vibra di tensione repressa.
A un certo punto Fabio le dice qualcosa all’orecchio, lei ride così forte da doversi aggrappare a lui per non perdere l’equilibrio, appoggiandosi con tutto il petto nudo sul suo braccio robusto, i seni morbidi che si schiacciano contro la pelle di lui, capezzoli duri che sfregano il tessuto della sua camicia, un contatto prolungato che lo fa irrigidire. Fabio resta immobile, come se avesse paura che ogni muscolo si muova troppo e la magia si interrompa, le mani ferme sul bancone, gli occhi lucidi fissi sul suo decolleté premuto. E lei, come se niente fosse, invece di staccarsi, resta così, incollata a lui col corpo caldo e sudato, continuando a parlare con un altro dall’altra parte del bancone, i fianchi che sfiorano la sua coscia, prolungando il contatto in un'intimità che mi fa pulsare di gelosia per il mio amico.
Fabio si schiarisce la voce, un suono rauco che tradisce l'imbarazzo. «Se volete… potremmo restare a cena,» butta lì, fingendo nonchalance. Ma io lo vedo: le nocche sbiancate sul bordo del bancone, il rigonfiamento ancora duro nei pantaloni, lo sguardo che brucia di un desiderio che non sa più nascondere.
Alessia gli sorride, luminosa e disinibita, le guance rosa dal gin, i ricci umidi che le incorniciano il viso. «Cena? Volentieri. Ho proprio bisogno di mangiare qualcosa dopo tutto ‘sto gin,» risponde con quella naturalezza che fa accelerare i cuori, lo slip bianco basso sui fianchi che minaccia di scivolare ancora. Fabio deglutisce forte, la gola che si muove visibile, il rossore che gli sale al collo mentre immagina lei nuda a tavola. Io alzo il bicchiere: «Direi che è un sì.»
Il bar si trasforma in trattoria improvvisata, la cena viene servita direttamente ai tavoli, fritto di pesce in piatti di plastica, Verdicchio fresco in bicchieri colorati, le risate sguaiate dei bagnanti rimasti per la serata.
Alessia non accenna minimamente a coprirsi, sedendosi a seno nudo su una sedia di plastica, le spalle rilassate, i seni pieni e liberi che oscillano piano con ogni movimento, capezzoli eretti dal vento fresco della sera, lo slip bianco che le fascia i fianchi larghi tendendosi sul culo rotondo e lasciando intravedire praticamente tutto. Prende il pesce con le mani, beve lunghe sorsate di Verdicchio fresco che le fanno brillare gli occhi, e continua a ridere forte, parlare con chiunque le rivolga la parola, uomini famelici, donne curiose o gelose, senza distinzioni, senza esitazioni, la voce calda che riempie lo spazio, tocchi casuali su braccia e ginocchia mentre racconta aneddoti, il corpo che si muove fluido, seni che sfiorano il tavolo.
È impossibile non guardarla: i bagnanti ai tavoli vicini allungano il collo, il barman versa drink con mani distratte, un gruppo di amici ridacchia sottovoce ma non stacca gli occhi dalle sue tette che sobbalzano a ogni risata. Io la guardo rapito, il cuore che pompa forte, il cazzo duro nel costume sotto il tavolo. È splendida. Naturale. Irresistibile, con la pelle lucida di sudore e di vino, le labbra gonfie di cibo e sorrisi.
Fabio la osserva in silenzio, con lo sguardo di chi sta vivendo qualcosa che non aveva neanche mai osato immaginare, i suoi occhi fissi sui seni nudi a pochi centimetri, il respiro corto, le mani che stringono la forchetta senza mangiare, il rigonfiamento evidente nei pantaloni. Lei se ne accorge, un lampo malizioso negli occhi socchiusi dal vino. Con una naturalezza disarmante, si alza piano, gli passa alle spalle con fianchi ondeggianti, lo slip che scivola basso rivelando quasi completamente la fica, e si siede sulle sue ginocchia, lasciandosi cadere con un gesto lento, sicuro, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, il peso del suo culo morbido che preme sulla coscia di lui, i seni nudi appoggiati sul suo petto, schiacciandosi caldi e pesanti contro la camicia aperta, il braccio gli scivola attorno al collo con dita che accarezzano i capelli sudati.
Prende il bicchiere di Verdicchio, lo solleva in alto con mano tutt’altro che ferma: «Al migliore amico mio e di mio marito… e a questa serata educatamente sconveniente.» La voce roca dall’alcol, un brindisi che riecheggia provocatorio. Un applauso spontaneo esplode dai tavoli, risate sguaiate, calici che tintinnano in un caos festoso, sguardi complici e invidiosi su Fabio che trema sotto di lei, il suo cazzo che pulsa contro il culo di Alessia attraverso i tessuti sottili.
Io alzo il bicchiere e bevo un sorso lungo, deciso, il liquido fresco che mi scalda lo stomaco, il cuore che ribolle di gelosia per il mio amico con mia moglie così intima su di lui. Osservo Alessia seminuda, seduta sulle ginocchia di Fabio, il suo corpo offerto in pubblico, e sento il calore del vino che sale, e non è solo il calore del vino.
Finita la cena, io, Alessia e Fabio ci spostiamo sulle sdraio a fumare, nessuno dei tre parla davvero. In un modo o nell'altro stiamo tutti e tre pensando a Alessia, praticamente nuda sulle ginocchia di Fabio. Il mare davanti a noi è nero e piatto, una lastra specchiata che riflette le luci gialle tremolanti delle lanterne lungo la passerella di legno. Più in là, un paio di sdraio ancora occupate: un gruppo di ragazzi, ubriachi e chiassiosi, che fuma canne e beve birre da una cassa frigo, ridendo sguaiati per far serata.
Alessia finisce il bicchiere di Verdicchio, lo appoggia per terra con un tintinnio, poi si alza piano, il corpo ancora caldo dall'alcol. Senza dire nulla, infila i pollici negli slip bianchi e se li sfila lentamente. Li lascia cadere sulla sdraio come se si stesse togliendo solo un accessorio, non l'ultimo pezzo di stoffa tra sé e il resto del mondo. I ragazzi smettono di colpo di chiacchierare, bocche aperte: «Cazzo, guardate che figa! Si è tolta tutto!» urla uno, un altro fischia: «Porca puttana, è proprio nuda la troia!»
Si volta verso di noi, i capelli sciolti che le cadono scomposti sulle spalle nude. «Chi viene a fare un bagno con me?» lo dice piano, la voce roca dall'alcol, come se la risposta fosse ovvia, gli occhi lucidi fissi sui nostri cazzi già duri. Io e Fabio ci guardiamo per un istante, poi ci alziamo, sfilandoci i costumi.
Lei parte per prima, cammina scalza sulla passerella di legno. I ragazzi esplodono: «Guardala! completamente nuda!» «Va a farsi scopare in acqua, ve lo dico io!» ridono forte.
Scende la scaletta di legno. Non corre, non ride. Semplicemente entra in acqua, il corpo che scompare poco a poco nel buio del mare, le onde che le accarezzano le caviglie, le cosce, lambendo la fica nuda, poi i seni, riflettendo una sola luce gialla sulle spalle ancora emerse, i capezzoli che galleggiano duri.
Si volta verso di noi e dice solo:
«Allora?»
Entriamo in silenzio, non parliamo, restiamo sospesi, l'acqua che ci sale al petto, la luna pallida che ci illumina appena i corpi nudi.
Alessia è qualche metro più avanti, le braccia aperte come a voler galleggiare senza peso, la fica semi-sommersa che pulsa nell'acqua scura. Si lascia portare dalle onde lente, seni che affiorano e scompaiono. Io e Fabio restiamo immobili, cazzi tesi verso di lei. Alessia ci osserva in silenzio, come se stesse prendendo una decisione rimandata da tempo, poi mi viene addosso di slancio.
L'acqua mi arriva alla vita quando mi afferra per le spalle larghe e mi spinge all'indietro, la sua bocca cerca la mia con una fame che mi toglie il respiro, la lingua che cerca la mia. Le mani mi graffiano la nuca, poi scivolano sulla schiena bagnata, scendono rapide. Mi stringe il bacino con forza, le sue gambe si chiudono attorno ai miei fianchi come una morsa, la fica gonfia e fradicia che sfrega il mio cazzo eretto. Il contatto è immediato, crudo: guida la cappella tumida contro le labbra intime spalancate, e mi ritrovo dentro di lei, la sua fica stretta e calda che mi avvolge come velluto. Geme, un ringhio trattenuto, una vibrazione che mi arriva dritta allo stomaco.
Mi muovo, lei si muove, non c'è ritmo, solo istinto: ogni spinta è uno scontro violento, il mio cazzo che affonda fino in fondo nella sua fica, palle che sbattono contro la pelle sommersa. Sento vagamente i commenti dei ragazzi sulla spiaggia: «Oddio… se la sta trombando in acqua, guardate!» «Ma guarda come lo cavalca!» «Io non reggo, giuro!» ridono e fischiano forte.
Percepisco appena l'imbarazzo di Fabio a pochi metri. Lei se ne frega di tutto, mi affonda le unghie nelle spalle fino a far male, il respiro spezzato contro la mia guancia, non dice il mio nome, prende, pretende, mi usa senza pudore, e io la lascio fare, felice di essere preso, aggredito. Non posso resistere a lungo. Lei lo sente, sorridendo contro la mia bocca bagnata, accelera i colpi di bacino.
La frenesia culmina: movimenti rapidi, brevi, intensi, le gambe di Alessia si serrano più forte intorno a me, esplodo in schizzi caldi e potenti dentro la sua fica, riempiendola di seme denso che si mescola all'acqua, un orgasmo devastante che ci fa tremare. Restiamo lì ansanti, vicini, i cuori che martellano, il mio sperma che cola piano dalle sue labbra dilatate, il corpo che brucia di piacere e adrenalina.
Alessia mi guarda, capelli bagnati che le colano sul viso arrossato, il respiro affannoso muove i seni gocciolanti. Sorrido, afono. Siamo grondanti, tremanti, la fica ancora pulsante attorno al mio cazzo che si ammorbidisce dentro di lei.
«Puoi lasciarmi da sola con Fabio?» sussurra. Ci penso, annuisco, mi allontano di qualche metro nell'acqua scura.
Li guardo avvicinarsi, le mani di Fabio esitano tremanti sui fianchi nudi di lei, poi salgono, accarezzando il seno bagnato, le stringe i capezzoli. Alessia non dice nulla, gli si avvinghia decisa, le gambe che si serrano sui suoi fianchi, la fica accoglie il suo cazzo. La luna illumina la sua pelle bagnata, capelli scuri appiccicati alle spalle. Fabio trema, la guarda come un uomo affamato da anni, il cazzo che affonda ben piantato nella fica di lei. Alessia gli sussurra qualcosa che non sento, lui annuisce, poi spinge forte contro di lei, i movimenti ritmati e decisi.
Lei inarca la schiena offrendo i seni. I ragazzi urlano: «Ma quanto è troia quella, se la scopa anche l’altro!» «Madonna, guardale le tette che rimbalzano, voglio leccarle! Sborrale dentro, riempila tutta!» ridono isterici.
Alessia inclina la testa all'indietro, la bocca socchiusa in gemiti rochi, gli occhi chiusi in estasi, Fabio affonda il volto nel suo collo, le mani strette sulla schiena, spinge sempre più forte, il cazzo che sbatte nella fica piena, l’orgasmo che la travolge, Fabio che le esplode dentro, immagino la sborra calda che trabocca mescolata alla mia, i loro corpi collassano nell'acqua.
Non sono ancora sazi, continuano a muoversi lenti, lei ansima...
Mi volto e raggiungo la riva, mi siedo su una sdraio qualunque ancora bagnato, nudo, gocciolante, lo sguardo fisso verso il mare dove loro due sono intrecciati. I ragazzi a pochi metri commentano a voce troppo alta, eccitati e volgari: «Ma la vedi? Giuro che non è vera, se l'è presi tutti e due! E ancora non le basta!» «Lui è ancora lì a scoparsela, ma come fa con la fica piena di sborra?» «Se li è fatti tutti e due la zoccola, fuori di testa!» Fischiano e ridono sguaiati.
Resto fermo, il respiro lento. Non provo rabbia né gelosia, ma una sorta eccitazione oscura, un orgoglio perverso per la sua sessualità sfrenata. Resto immobile, anche col freddo che morde la pelle.
Non so quanto passa, minuti, quarti d'ora, un'eternità? Li vedo emergere: prima Fabio, poi lei. Camminano vicini nell'acqua bassa. Resto seduto, mani sulle ginocchia, li lascio avvicinare.
Fabio esce per primo, si infila il costume in silenzio, evita i miei occhi, mormora un «Grazie... scusa» balbettante e se ne va via lungo la passerella. Alessia si avvicina gocciolante, nuda e sfrontata, la fica esposta, i seni che oscillano. Si ferma davanti a me:
«Grazie,» sussurra.
Mi spinge dolcemente all'indietro sulla sdraio, sale sopra di me con decisione, la fica ancora colma di sborra avvolge il mio cazzo di nuovo rigido, si muove lenta all'inizio, occhi negli occhi, il respiro affannoso sul mio viso. Le stringo i fianchi bagnati ma è lei che conduce il gioco. I ragazzi dietro urlano sguaiati: «Porca troia, guarda come gli sale sopra!» «Sta ancora piena della crema dell'altro tipo!» «Oh ma questo è un film porno o è vero?!» fischiano, «Falla urlare, sborrale dentro un'altra volta!»
Lei sente tutto, lo so, ma se ne frega, non accelera subito, abbassa il busto sul mio, i seni contro petto, la fronte alla mia, la bocca che sfiora senza baciare. Chiudo gli occhi, lei accelera: colpi di bacino violenti, mi morde il collo soffocando gemiti.
La stringo forte, spingendo con forza, veniamo insieme in un'esplosione, la sua fica si contrae sul il mio cazzo, un orgasmo che la fa tremare, io che pompo schizzi caldi dentro la sua fica già piena, il seme che trabocca. Non c'è pudore, né pubblico, né notte, solo piacere totale.
Restiamo abbracciati sulla sdraio ancora sudati e tremanti dall'orgasmo, la mia pelle contro la sua calda e appiccicosa, il mio cazzo molle che sfrega piano tra le sue cosce bagnate mentre le bacio il collo, le mani che le accarezzano la schiena curva e i seni pieni, capezzoli ancora sensibili che si induriscono al tocco. Alessia ricambia con baci lenti e profondi, la lingua che danza pigra nella mia bocca, carezze leggere sui miei fianchi, un'intimità che ci avvolge come una bolla, facendoci dimenticare per un attimo il mondo. Cerco di non pensare a quello che ha fatto con Fabio, la sua fica che lo ha accolto dopo di me, i loro corpi uniti nell'acqua scura, un misto di gelosia pungente e eccitazione residua mi fa pulsare il basso ventre.
I ragazzi continuano con fischi acuti e commenti volgari, voci ubriache che echeggiano nella notte: «Ormai avrà la fica che cola sborra da tutte le parti!» «Si è fatta riempire da due cazzi stasera, insaziabile!» ridono isterici, «Vieni qui, zoccola, che ti puliamo noi!» I
Alessia ha un moto di stizza improvviso, le sopracciglia che si aggrottano, un sospiro irritato che le sfugge dalle labbra. Si alza di scatto dalla sdraio e si dirige verso di loro con andatura decisa, senza un filo di pudore, i fianchi che ondeggiano, il seme che stilla piano sulla sabbia. I ragazzi restano senza parole, le bocche spalancate, i loro cazzi tesi nei boxer, uno lascia cadere la birra: «Porca... ma viene qui nuda così?» balbetta un altro, «Viene qui davvero!» ma le voci si spengono in un silenzio attonito mentre lei si ferma davanti al gruppo, mani sui fianchi, un sorriso sfrontato.
«Ragazzi, avete un fazzoletto? Devo darmi una ripulita, sapete, mentre voi facevate commenti idioti noi ci divertivamo…» dice con tono canzonatorio.
I ragazzi impallidiscono e arrossiscono, farfugliando: «E-eh... sì, ecco...» uno le passa un pacchetto di fazzoletti tremanti, un altro balbetta «Cazzo, sei seria? Ti sei fatta scopare da tutti e due!» ma lei ride, sfottendoli: «Sì, e voi solo a guardare. Almeno offrite qualcosa da bere per lo spettacolo.»
Prende una bottiglia di vino rosso dalle mani di uno: «Questo è il rimborso per quanto avete rotto le scatole, grazie mille.» I ragazzi esplodono in risate nervose e fischi: «Prendila tutta, zoccola! Ma poi torni per un giro con noi?» lei li ignora con un'alzata di spalle, la fica che gocciola ancora mentre torna con la bottiglia in mano, nuda e trionfante.
Si siede accanto a me. «Facciamo un brindisi?» propone alzando la bottiglia.
Brindiamo.
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