Estate 2025 - 09 - Ciàpa
di
Alessia&Nicola
genere
voyeur
Siamo di nuovo al Cesano, la "nostra" spiaggia. Alessia è sdraiata accanto a me, naturalmente in topless, il costume abbassato quel tanto da lasciare intravedere la linea della fica depilata, lucida sotto il sole. Gli ultimi giorni sono stati un’oasi di relax: nuotate, sole, silenzi condivisi.
Alessia ha lo sguardo perso verso il mare, i ricci castani che le cadono sul viso, un’ombra di preoccupazione negli occhi. Io armeggio sul telefono, scorrendo gruppi e profili sui social, cercando di capire quanto si stiano diffondendo le foto e i video fatti alla festa da Loris e Giada (05 - Le piscine del Burano) e, soprattutto, quelli girati a Pennabilli.
«Nico», dice piano, senza guardarmi, la voce incrinata, «sono andata troppo oltre.» Si morde il labbro, i seni nudi che si alzano al ritmo del suo respiro. «Quei video… e se finiscono nelle mani sbagliate? Se qualcuno che conosciamo li vede?» Fa una pausa, poi aggiunge, la voce che si spezza: «Davanti a tutta quella gente, Nico, neanche la più troia delle pornostar.» La sua voce trema, un misto di rimpianto e ansia. Penso al suo corpo nudo sul materasso, sotto gli occhi della folla, André e Jacopo che la scopano (08 - Pennabilli), le urla di eccitazione. Il ricordo mi eccita, ma il suo tono mi stringe il cuore.
«Ale,» dico, posando il telefono sulla sdraio, «vuoi che ti faccio un massaggio? Magari ti rilassa un po'.»
Lei annuisce piano, si sdraia a pancia in giù, i seni schiacciati sul telo, il culo rotondo esposto.
Comincio a massaggiarle le spalle, le mani incerte, la pelle calda e salata sotto i palmi.
«Il problema sono i video di Pennabilli,» continuo, «c’era parecchia gente col telefono in mano. Ma erano quasi tutti studenti fuorisede di Urbino. La possibilità che finiscano in mano qualcuno che conosciamo è abbastanza bassa, e comunque,» cerco di scherzare «su quel materasso eri bellissima, saresti una fantastica pornostar».
«Scemo» risponde lei, ma almeno sorride.
Proprio in quel momento arriva Ciàpa, il nostro amico venditore (01 - La collana, 04 - Il vestito), è stranamente silenzioso, senza il suo solito sorriso. Si ferma accanto a noi e osserva le mie mani.
«Amico, il massaggio non va bene,» dice con accento magrebino, «spalle troppo rigide. Se vuoi ti faccio vedere.»
Guardo Alessia: annuisce. Ciàpa si siede sulla sabbia, prende le mie mani e le riposiziona. «Così, fai pressione qui, poi scendi.»
Le sue mani callose sostituiscono le mie, cominciano a massaggiare Alessia con movimenti lenti e precisi, spiegandomi: «Prima collo, poi trapezio, poi giù lungo la schiena.»
Le dita scivolano lente, un tocco caldo e deciso che le strappa un sospiro. Con un gesto naturale le abbassa il costume ancora di qualche centimetro, scoprendo la curva del culo, le mani scendono quasi fino alle natiche, sfiorando la pelle morbida, i pollici premono lungo la schiena in cerchi sensuali, il respiro di Alessia si fa più profondo, geme piano, rilassata, il corpo che si scioglie sotto le sue dita.
«Ciàpa, come mai così serio?» chiede lei, la voce morbida.
«Devo tornare al mio paese,» dice, con gli occhi fissi sul corpo di mia moglie. «Problemi di salute in famiglia… devo pensare ai miei fratelli più piccoli, non posso restare.» La sua voce è pesante, carica di rassegnazione. Poi tira fuori una busta di plastica dalla sua borsa e la passa a Alessia. «Questi sono per te, signora. Vestiti che ti piaceranno, li ho scelti apposta per te,» dice, con un accento che rende le parole morbide ma tristi. «Teneteli, per ricordarvi di me.»
Alessia si solleva un po' e prende la busta, sfiorandogli la mano, il suo sguardo si addolcisce. «Mi dispiace tanto, Ciàpa,» dice, la voce sincera.
Mi guarda un attimo e si stende supina, il costume ancora abbassato. «Vuoi massaggiarmi anche davanti?» Sussurra con gli occhi socchiusi. Ciàpa esita un attimo, aspetta una mia reazione, poi le mani tornano su di lei: prima le spalle, poi scendono lente sui seni, le dita che accarezzano i capezzoli in cerchi lenti, pizzicandoli piano, facendola inarcare con un gemito sommesso. Alessia abbassa ancora il costume, scoprendo quasi completamente la fica già lucida di umori. Le mani di Ciàpa scivolano giù, accarezzano il monte di Venere, poi tra le cosce aperte, sfiorano le labbra gonfie, un tocco leggero che la fa tremare, il respiro che accelera mentre lui la massaggia lì, lento, sensuale, senza fretta.
Non è più un massaggio, la sta masturbando, le stringo la mano mentre lui le infila le dita nella fica.
«Adesso però fermati,» sospira Alessia, «così mi fai venire…» si alza in piedi, seminuda, illuminata dal sole, i seni che oscillano leggermente. «Anche io voglio lasciarti un bel ricordo di me, di noi… Nico, puoi aspettare qui?» mi chiede, con un misto di audacia e dolcezza. Gli faccio un cenno di assenso, lei prende Ciàpa per mano e lo guida lentamente verso il canneto. Io resto seduto, il cuore che martella mentre penso a quello che succederà in mezzo alle canne.
Accendo una sigaretta e resto in attesa sul telo, penso alle mani di Ciàpa sul suo corpo, il cazzo che pulsa duro nel costume, un misto di gelosia e desiderio, l’orecchio teso ai rumori lontani, combattuto tra aspettare e cedere alla tentazione di andare a spiare.
Non riesco neanche a finire la sigaretta, mi alzo e mi infilo nel canneto talmente fitto che quasi non riesco a trovarli.
Finalmente li vedo: Ciàpa è sdraiato sull'erba, il corpo lucido di sudore. Alessia è sopra di lui, a cavalcioni, la fica depilata che ingoia lentamente quel grosso cazzo scuro. Si muove con calma, su e giù, il bacino che ondeggia sensuale, ogni discesa fa sparire l’asta fino in fondo, ogni risalita lascia vedere il membro lucido di umori che cola lungo le labbra gonfie.
Ciàpa le afferra i seni con entrambe le mani, li accarezza delicatamente, i pollici che sfiorano i capezzoli duri. «Stringi più forte…» sussurra lei, la voce già spezzata, «fammi male…» Lui obbedisce, serra le dita, torce leggermente i capezzoli tra pollice e indice. Alessia geme, inarca la schiena, poi si china in avanti, gli spinge le tette in faccia. «Leccamele… succhiami i capezzoli…» Ciàpa apre la bocca, la lingua scivola su un capezzolo, lo gira intorno, poi lo prende tra i denti e lo succhia con avidità. Passa all’altro, lo bagna di saliva, lo morde piano. «Mordili… mordili forte…» ansima lei, spingendo il petto contro la sua faccia.
Mi accorgo che a qualche metro, nascosto tra le canne, c’è un tizio, sui quarant’anni, costume slacciato, il cazzo già in mano. Quando mi vede avvicinarmi in silenzio mi fa un cenno complice, come se fossimo vecchi colleghi. «Ehi, anche tu qui a goderti lo spettacolo?» sussurra rauco, senza smettere di segarsi. Io annuisco, sto al gioco, tiro fuori il cazzo e comincio a masturbarmi accanto a lui. «Cazzo, guarda come lo cavalca…» continua, la voce bassa ma eccitata, «e come gli fa succhiare le tette… senti come sospira… È sempre un piacere guardarla» «La conosci?» gli chiedo. Lui ride piano: «La spio da giorni… una gran troia… sempre mezza nuda, qualche giorno fa gli ha fatto un pompino sulla spiaggia, davanti a tutti… e ora guarda, se lo sta scopando come un'assatanata.» La mano che accelera. «Sì, cazzo… senti come se la gode… oddio, sto per venire…»
Intanto i due continuano, il cazzo del nostro amico entra ed esce dalla fica dilatata, ogni spinta lascia una scia di umori freschi che cola sulle palle di Ciàpa e gocciola sulla sabbia.
Alessia comincia a muoversi più veloce, i fianchi che sbattono giù con violenza, il culo che rimbalza, i seni che sfuggono alla bocca di Ciàpa ad ogni affondo. «Cazzo… sì… mordili… sto per venire…» geme, la voce sempre più alta.
Il tizio accanto a me respira forte: «Sta venendo… guarda come si muove… cazzo, non ce la faccio più…» Anch’io accelero, il cuore che mi martella nel petto.
Ciàpa le stringe i capezzoli tra i denti, tira, li tormenta. Alessia urla in preda ad un orgasmo travolgente, il corpo si irrigidisce, la fica si contrae intorno al cazzo scuro. Lui emette un ruggito profondo, le afferra i fianchi e la sbatte con tutta la forza che ha, esplode dentro di lei con un ultimo affondo violento.
Lei crolla su di lui, tremante, scossa da spasmi, la fica che pulsa ancora, espelle il seme di lui misto ai suoi umori.
Il guardone accanto a me schizza sulla sabbia con un grugnito. Io vengo subito dopo, eccitato come se fossi uno spettatore qualunque e quella lì davanti non fosse mia moglie.
Alessia è stravolta dal piacere, il viso arrossato, lucido di sudore, i capelli appiccicati alla fronte e al collo. Lo guarda negli occhi e, quasi all'improvviso, lo bacia con passione accarezzandogli i capelli con le mani.
Continuano a baciarsi a lungo, io guardo le loro lingue che si intrecciano, che si accarezzano, fa più male che vederli scopare…
Dopo un tempo quasi interminabile di quell'intimità che per me è quasi insopportabile si alzano.
Ciàpa è davanti a lei, il cazzo lucido di seme e umori che gocciola sulla sabbia, ancora quasi in tiro.
«Dio… non ti basta ancora, vero?»
Lei si inginocchia, lo guarda dal basso, la voce bassa e roca: «Hai ancora voglia di me?» Ciàpa le passa una mano tra i capelli. «Sempre voglia di te, dalla prima volta che ti ho vista.»
Alessia afferra il cazzo con entrambe le mani, lo strofina prima su una tetta, poi sull’altra: la cappella larga e scura scivola sui capezzoli duri, lasciando strisce di sperma che brillano al sole. «Sporcami…» sussurra, «mi piace… mi piace sentirmi sporca di te.» Chiude gli occhi, sospira, poi stringe il cazzo tra i suoi seni morbidi e pieni, li schiaccia forte l’uno contro l’altro con le mani, lo avvolge completamente nella carne calda e sudata. Comincia a muoversi su e giù, lenta all’inizio, poi sempre più veloce: la cappella sbuca e scompare tra le sue tette, lucide di sperma e sudore, ogni spinta lascia una scia viscosa sulla pelle. «Ti piace così, Ciàpa? Ti piace così?» Lui ansima, spinge i fianchi avanti. «Sì… stringi più forte, signora.» Lei obbedisce, schiaccia i seni ancora di più intorno all’asta, «Senti come sono calde… sono tutte tue…» geme, la voce spezzata.
Io e il mio "collega" guardiamo in silenzio, lui borbotta qualcosa sul non aver mai visto una troia come quella, io annuisco, in silenzio, forse neanche io l’ho mai vista…
Alessia continua con quella fantastica spagnola per un po', poi, lo prende in mano e comincia a leccarlo: «Voglio sentire il sapore del tuo cazzo…» parte da sotto, gli lecca le palle, le succhia una alla volta, poi la lingua risale lungo l’asta, raccoglie ogni goccia di seme e umori. «Buono… Mi piace…» sussurra tra una leccata e l’altra. Arriva alla cappella, le gira intorno con la punta della lingua, poi la prende in bocca, lo ingoia, la mano stringe la base e pompa piano. Ciàpa le afferra i capelli, le tiene la testa. «Sì… così signora…» Alessia continua a succhiare e leccare, la lingua che danza, la bocca che lo bacia, lo accarezza, lo venera.
Il cazzo di Ciàpa è di nuovo duro come ferro, lei si china in avanti, la testa appoggiata per terra sulla sabbia umida, il culo alto e esposto, dice solo una parola: «Inculami.»
Ciàpa non se lo fa ripetere, le infila due dita nella fica, raccogliendo la sborra che le cola viscida dalle labbra ancora dilatate, la spalma lenta sull’ano, lubrificandolo con il seme caldo, poi le afferra i fianchi con le mani callose, posiziona la cappella tumida contro il culo di lei e spinge deciso dilatando il buco stretto centimetro dopo centimetro, lei ansima, il corpo che si tende, un misto di dolore e piacere le strappa un grido, Ciàpa si ferma: «Ti faccio male signora?» Lei «Spingi, ti prego, e smettila di chiamarmi signora, chiamami… troia». «Come vuoi… signora… troia.»
Continua a spingere fino a far entrare il grosso cazzo nel culo di mia moglie, l’asta scompare completamente, le palle premono contro la fica. Comincia a pomparla, prima lentamente con affondi misurati che la fanno sospirare di piacere, poi sempre più forte, spinte forti e decise che fanno tremare il suo corpo, schiocchi di carne sudata e lamenti che echeggiano nel canneto, il culo che si contrae visibile attorno a quel grosso cazzo nero.
Lei grida per il dolore ma lo implora di sbatterla più forte, «Ahh, piano... cazzo, no… continua… spingi… sì!» le unghie graffiano la terra, i seni strusciano sull’erba.
Il guardone, ancora accanto a me, non riesce a stare zitto: «Cazzo, si fa inculare pure… guarda come glielo spacca!» «Senti come urla… madonna… mai vista una così!» Continua a masturbarsi con foga mentre Ciàpa incula mia moglie senza pietà.
Io sono scioccato, il mio orgasmo recente ha calmato la brama, sostituita da un’onda di gelosia quasi insopportabile. Resto inchiodato, incapace di muovermi, mentre lui continua a sbatterla con ritmo quasi disumano, pompa senza sosta, gli affondi la fanno sobbalzare, lei ha un orgasmo, poi un altro, il corpo scosso da tremiti violenti, la fica che gocciola umori, gli chiede di rallentare tra i singhiozzi, «Piano... troppo... fammi respirare… ahh!» lui rallenta un po’ il ritmo, ma continua a incularla con forza.
Il tizio accanto a me ansima: «Guarda come trema… sta venendo… cazzo… sborrale dentro… riempile anche il culo!» Finisce di nuovo, schizza sulla sabbia. Io stringo i denti, la gelosia mi paralizza.
Ciàpa ruggisce di piacere, affonda fino in fondo e le riempie il culo di sborra calda che trabocca dal buco dilatato, colando sulle cosce e mescolandosi ai fluidi della fica. Restano così per qualche secondo, poi lui tira fuori il cazzo dal culo di Alessia che crolla a terra ansimante, il corpo esausto coperto di terra e sudore, un rivolo lento e denso che le scende dal culo e si mescola agli umori tra le cosce.
Non mi faccio vedere, torno di nascosto agli asciugamani e aspetto.
Dopo pochi minuti escono dal canneto tenendosi per mano, il costume di lei macchiato dallo sperma che le cola giù per le cosce, le tette arrossate e sporche. Vengono verso di me sorridenti, Alessia scherza: «Scusa se ti abbiamo fatto aspettare, ma il nostro amico ha voluto un lunghissimo ricordo.»
Ciàpa mi guarda commosso, gli occhi lucidi: «Grazie, amico, non lo dimenticherò» Io cerco di sorridere: «Ringrazia mia moglie, è stata una decisione sua.»
Ciàpa abbraccia Alessia, le dà un bacio affettuoso sulla guancia, il respiro ancora corto. Lei ricambia con un lungo bacio in bocca, profondo, quasi disperato, poi gli sussurra: «Spero che tornerai dalla tua famiglia con un bel ricordo di me e di questo paese.» Ciàpa sorride, un misto di gratitudine e malinconia, ci saluta entrambi con un cenno della mano e se ne va, la figura che si allontana sulla spiaggia, la busta di vestiti lasciata accanto al nostro telo.
Alessia abbassa lo sguardo sul suo corpo, poi mi guarda con un sorriso: «Guarda come mi ha ridotta, vado in acqua a darmi una pulita. Tu non ti azzardare a seguirmi, per oggi ne ho avuto abbastanza.» La sua voce è scherzosa ma ferma, con una punta di stanchezza. Io la osservo mentre entra in acqua, i passi lenti, il corpo che brilla sotto il sole. Si lascia galleggiare, i seni nudi che emergono appena, gli occhi chiusi, il viso rilassato come se il mare potesse lavare via anche i pensieri che la tormentano.
Resto seduto sul telo, il cuore che batte ancora forte, un misto di gelosia, eccitazione e qualcosa che non so definire. La guardo, la mia Alessia, che si abbandona al mare, e penso a tutto quello che stiamo vivendo in questa pazza estate.
Lei si gira nell’acqua e mi fa un cenno con la mano. «Nico,» grida, la voce che arriva sopra il rumore delle onde, «vieni qui, dai, solo per un bagno!»
Mi alzo e cammino lentamente verso di lei. L’acqua è fresca, mi avvolge i piedi, poi le gambe. Alessia mi schizza, ridendo come una ragazzina. «Niente scherzi, eh, non ti avvicinare…» dice, i suoi occhi brillano di quella malizia che mi ha sempre fatto perdere la testa. Nuotiamo un po’, fianco a fianco, le sue mani sfiorano le mie sott’acqua, un tocco leggero, quasi segreto. Quando usciamo, ci sdraiamo sul telo, il sole ci asciuga la pelle.
Restiamo in silenzio.
Alessia ha lo sguardo perso verso il mare, i ricci castani che le cadono sul viso, un’ombra di preoccupazione negli occhi. Io armeggio sul telefono, scorrendo gruppi e profili sui social, cercando di capire quanto si stiano diffondendo le foto e i video fatti alla festa da Loris e Giada (05 - Le piscine del Burano) e, soprattutto, quelli girati a Pennabilli.
«Nico», dice piano, senza guardarmi, la voce incrinata, «sono andata troppo oltre.» Si morde il labbro, i seni nudi che si alzano al ritmo del suo respiro. «Quei video… e se finiscono nelle mani sbagliate? Se qualcuno che conosciamo li vede?» Fa una pausa, poi aggiunge, la voce che si spezza: «Davanti a tutta quella gente, Nico, neanche la più troia delle pornostar.» La sua voce trema, un misto di rimpianto e ansia. Penso al suo corpo nudo sul materasso, sotto gli occhi della folla, André e Jacopo che la scopano (08 - Pennabilli), le urla di eccitazione. Il ricordo mi eccita, ma il suo tono mi stringe il cuore.
«Ale,» dico, posando il telefono sulla sdraio, «vuoi che ti faccio un massaggio? Magari ti rilassa un po'.»
Lei annuisce piano, si sdraia a pancia in giù, i seni schiacciati sul telo, il culo rotondo esposto.
Comincio a massaggiarle le spalle, le mani incerte, la pelle calda e salata sotto i palmi.
«Il problema sono i video di Pennabilli,» continuo, «c’era parecchia gente col telefono in mano. Ma erano quasi tutti studenti fuorisede di Urbino. La possibilità che finiscano in mano qualcuno che conosciamo è abbastanza bassa, e comunque,» cerco di scherzare «su quel materasso eri bellissima, saresti una fantastica pornostar».
«Scemo» risponde lei, ma almeno sorride.
Proprio in quel momento arriva Ciàpa, il nostro amico venditore (01 - La collana, 04 - Il vestito), è stranamente silenzioso, senza il suo solito sorriso. Si ferma accanto a noi e osserva le mie mani.
«Amico, il massaggio non va bene,» dice con accento magrebino, «spalle troppo rigide. Se vuoi ti faccio vedere.»
Guardo Alessia: annuisce. Ciàpa si siede sulla sabbia, prende le mie mani e le riposiziona. «Così, fai pressione qui, poi scendi.»
Le sue mani callose sostituiscono le mie, cominciano a massaggiare Alessia con movimenti lenti e precisi, spiegandomi: «Prima collo, poi trapezio, poi giù lungo la schiena.»
Le dita scivolano lente, un tocco caldo e deciso che le strappa un sospiro. Con un gesto naturale le abbassa il costume ancora di qualche centimetro, scoprendo la curva del culo, le mani scendono quasi fino alle natiche, sfiorando la pelle morbida, i pollici premono lungo la schiena in cerchi sensuali, il respiro di Alessia si fa più profondo, geme piano, rilassata, il corpo che si scioglie sotto le sue dita.
«Ciàpa, come mai così serio?» chiede lei, la voce morbida.
«Devo tornare al mio paese,» dice, con gli occhi fissi sul corpo di mia moglie. «Problemi di salute in famiglia… devo pensare ai miei fratelli più piccoli, non posso restare.» La sua voce è pesante, carica di rassegnazione. Poi tira fuori una busta di plastica dalla sua borsa e la passa a Alessia. «Questi sono per te, signora. Vestiti che ti piaceranno, li ho scelti apposta per te,» dice, con un accento che rende le parole morbide ma tristi. «Teneteli, per ricordarvi di me.»
Alessia si solleva un po' e prende la busta, sfiorandogli la mano, il suo sguardo si addolcisce. «Mi dispiace tanto, Ciàpa,» dice, la voce sincera.
Mi guarda un attimo e si stende supina, il costume ancora abbassato. «Vuoi massaggiarmi anche davanti?» Sussurra con gli occhi socchiusi. Ciàpa esita un attimo, aspetta una mia reazione, poi le mani tornano su di lei: prima le spalle, poi scendono lente sui seni, le dita che accarezzano i capezzoli in cerchi lenti, pizzicandoli piano, facendola inarcare con un gemito sommesso. Alessia abbassa ancora il costume, scoprendo quasi completamente la fica già lucida di umori. Le mani di Ciàpa scivolano giù, accarezzano il monte di Venere, poi tra le cosce aperte, sfiorano le labbra gonfie, un tocco leggero che la fa tremare, il respiro che accelera mentre lui la massaggia lì, lento, sensuale, senza fretta.
Non è più un massaggio, la sta masturbando, le stringo la mano mentre lui le infila le dita nella fica.
«Adesso però fermati,» sospira Alessia, «così mi fai venire…» si alza in piedi, seminuda, illuminata dal sole, i seni che oscillano leggermente. «Anche io voglio lasciarti un bel ricordo di me, di noi… Nico, puoi aspettare qui?» mi chiede, con un misto di audacia e dolcezza. Gli faccio un cenno di assenso, lei prende Ciàpa per mano e lo guida lentamente verso il canneto. Io resto seduto, il cuore che martella mentre penso a quello che succederà in mezzo alle canne.
Accendo una sigaretta e resto in attesa sul telo, penso alle mani di Ciàpa sul suo corpo, il cazzo che pulsa duro nel costume, un misto di gelosia e desiderio, l’orecchio teso ai rumori lontani, combattuto tra aspettare e cedere alla tentazione di andare a spiare.
Non riesco neanche a finire la sigaretta, mi alzo e mi infilo nel canneto talmente fitto che quasi non riesco a trovarli.
Finalmente li vedo: Ciàpa è sdraiato sull'erba, il corpo lucido di sudore. Alessia è sopra di lui, a cavalcioni, la fica depilata che ingoia lentamente quel grosso cazzo scuro. Si muove con calma, su e giù, il bacino che ondeggia sensuale, ogni discesa fa sparire l’asta fino in fondo, ogni risalita lascia vedere il membro lucido di umori che cola lungo le labbra gonfie.
Ciàpa le afferra i seni con entrambe le mani, li accarezza delicatamente, i pollici che sfiorano i capezzoli duri. «Stringi più forte…» sussurra lei, la voce già spezzata, «fammi male…» Lui obbedisce, serra le dita, torce leggermente i capezzoli tra pollice e indice. Alessia geme, inarca la schiena, poi si china in avanti, gli spinge le tette in faccia. «Leccamele… succhiami i capezzoli…» Ciàpa apre la bocca, la lingua scivola su un capezzolo, lo gira intorno, poi lo prende tra i denti e lo succhia con avidità. Passa all’altro, lo bagna di saliva, lo morde piano. «Mordili… mordili forte…» ansima lei, spingendo il petto contro la sua faccia.
Mi accorgo che a qualche metro, nascosto tra le canne, c’è un tizio, sui quarant’anni, costume slacciato, il cazzo già in mano. Quando mi vede avvicinarmi in silenzio mi fa un cenno complice, come se fossimo vecchi colleghi. «Ehi, anche tu qui a goderti lo spettacolo?» sussurra rauco, senza smettere di segarsi. Io annuisco, sto al gioco, tiro fuori il cazzo e comincio a masturbarmi accanto a lui. «Cazzo, guarda come lo cavalca…» continua, la voce bassa ma eccitata, «e come gli fa succhiare le tette… senti come sospira… È sempre un piacere guardarla» «La conosci?» gli chiedo. Lui ride piano: «La spio da giorni… una gran troia… sempre mezza nuda, qualche giorno fa gli ha fatto un pompino sulla spiaggia, davanti a tutti… e ora guarda, se lo sta scopando come un'assatanata.» La mano che accelera. «Sì, cazzo… senti come se la gode… oddio, sto per venire…»
Intanto i due continuano, il cazzo del nostro amico entra ed esce dalla fica dilatata, ogni spinta lascia una scia di umori freschi che cola sulle palle di Ciàpa e gocciola sulla sabbia.
Alessia comincia a muoversi più veloce, i fianchi che sbattono giù con violenza, il culo che rimbalza, i seni che sfuggono alla bocca di Ciàpa ad ogni affondo. «Cazzo… sì… mordili… sto per venire…» geme, la voce sempre più alta.
Il tizio accanto a me respira forte: «Sta venendo… guarda come si muove… cazzo, non ce la faccio più…» Anch’io accelero, il cuore che mi martella nel petto.
Ciàpa le stringe i capezzoli tra i denti, tira, li tormenta. Alessia urla in preda ad un orgasmo travolgente, il corpo si irrigidisce, la fica si contrae intorno al cazzo scuro. Lui emette un ruggito profondo, le afferra i fianchi e la sbatte con tutta la forza che ha, esplode dentro di lei con un ultimo affondo violento.
Lei crolla su di lui, tremante, scossa da spasmi, la fica che pulsa ancora, espelle il seme di lui misto ai suoi umori.
Il guardone accanto a me schizza sulla sabbia con un grugnito. Io vengo subito dopo, eccitato come se fossi uno spettatore qualunque e quella lì davanti non fosse mia moglie.
Alessia è stravolta dal piacere, il viso arrossato, lucido di sudore, i capelli appiccicati alla fronte e al collo. Lo guarda negli occhi e, quasi all'improvviso, lo bacia con passione accarezzandogli i capelli con le mani.
Continuano a baciarsi a lungo, io guardo le loro lingue che si intrecciano, che si accarezzano, fa più male che vederli scopare…
Dopo un tempo quasi interminabile di quell'intimità che per me è quasi insopportabile si alzano.
Ciàpa è davanti a lei, il cazzo lucido di seme e umori che gocciola sulla sabbia, ancora quasi in tiro.
«Dio… non ti basta ancora, vero?»
Lei si inginocchia, lo guarda dal basso, la voce bassa e roca: «Hai ancora voglia di me?» Ciàpa le passa una mano tra i capelli. «Sempre voglia di te, dalla prima volta che ti ho vista.»
Alessia afferra il cazzo con entrambe le mani, lo strofina prima su una tetta, poi sull’altra: la cappella larga e scura scivola sui capezzoli duri, lasciando strisce di sperma che brillano al sole. «Sporcami…» sussurra, «mi piace… mi piace sentirmi sporca di te.» Chiude gli occhi, sospira, poi stringe il cazzo tra i suoi seni morbidi e pieni, li schiaccia forte l’uno contro l’altro con le mani, lo avvolge completamente nella carne calda e sudata. Comincia a muoversi su e giù, lenta all’inizio, poi sempre più veloce: la cappella sbuca e scompare tra le sue tette, lucide di sperma e sudore, ogni spinta lascia una scia viscosa sulla pelle. «Ti piace così, Ciàpa? Ti piace così?» Lui ansima, spinge i fianchi avanti. «Sì… stringi più forte, signora.» Lei obbedisce, schiaccia i seni ancora di più intorno all’asta, «Senti come sono calde… sono tutte tue…» geme, la voce spezzata.
Io e il mio "collega" guardiamo in silenzio, lui borbotta qualcosa sul non aver mai visto una troia come quella, io annuisco, in silenzio, forse neanche io l’ho mai vista…
Alessia continua con quella fantastica spagnola per un po', poi, lo prende in mano e comincia a leccarlo: «Voglio sentire il sapore del tuo cazzo…» parte da sotto, gli lecca le palle, le succhia una alla volta, poi la lingua risale lungo l’asta, raccoglie ogni goccia di seme e umori. «Buono… Mi piace…» sussurra tra una leccata e l’altra. Arriva alla cappella, le gira intorno con la punta della lingua, poi la prende in bocca, lo ingoia, la mano stringe la base e pompa piano. Ciàpa le afferra i capelli, le tiene la testa. «Sì… così signora…» Alessia continua a succhiare e leccare, la lingua che danza, la bocca che lo bacia, lo accarezza, lo venera.
Il cazzo di Ciàpa è di nuovo duro come ferro, lei si china in avanti, la testa appoggiata per terra sulla sabbia umida, il culo alto e esposto, dice solo una parola: «Inculami.»
Ciàpa non se lo fa ripetere, le infila due dita nella fica, raccogliendo la sborra che le cola viscida dalle labbra ancora dilatate, la spalma lenta sull’ano, lubrificandolo con il seme caldo, poi le afferra i fianchi con le mani callose, posiziona la cappella tumida contro il culo di lei e spinge deciso dilatando il buco stretto centimetro dopo centimetro, lei ansima, il corpo che si tende, un misto di dolore e piacere le strappa un grido, Ciàpa si ferma: «Ti faccio male signora?» Lei «Spingi, ti prego, e smettila di chiamarmi signora, chiamami… troia». «Come vuoi… signora… troia.»
Continua a spingere fino a far entrare il grosso cazzo nel culo di mia moglie, l’asta scompare completamente, le palle premono contro la fica. Comincia a pomparla, prima lentamente con affondi misurati che la fanno sospirare di piacere, poi sempre più forte, spinte forti e decise che fanno tremare il suo corpo, schiocchi di carne sudata e lamenti che echeggiano nel canneto, il culo che si contrae visibile attorno a quel grosso cazzo nero.
Lei grida per il dolore ma lo implora di sbatterla più forte, «Ahh, piano... cazzo, no… continua… spingi… sì!» le unghie graffiano la terra, i seni strusciano sull’erba.
Il guardone, ancora accanto a me, non riesce a stare zitto: «Cazzo, si fa inculare pure… guarda come glielo spacca!» «Senti come urla… madonna… mai vista una così!» Continua a masturbarsi con foga mentre Ciàpa incula mia moglie senza pietà.
Io sono scioccato, il mio orgasmo recente ha calmato la brama, sostituita da un’onda di gelosia quasi insopportabile. Resto inchiodato, incapace di muovermi, mentre lui continua a sbatterla con ritmo quasi disumano, pompa senza sosta, gli affondi la fanno sobbalzare, lei ha un orgasmo, poi un altro, il corpo scosso da tremiti violenti, la fica che gocciola umori, gli chiede di rallentare tra i singhiozzi, «Piano... troppo... fammi respirare… ahh!» lui rallenta un po’ il ritmo, ma continua a incularla con forza.
Il tizio accanto a me ansima: «Guarda come trema… sta venendo… cazzo… sborrale dentro… riempile anche il culo!» Finisce di nuovo, schizza sulla sabbia. Io stringo i denti, la gelosia mi paralizza.
Ciàpa ruggisce di piacere, affonda fino in fondo e le riempie il culo di sborra calda che trabocca dal buco dilatato, colando sulle cosce e mescolandosi ai fluidi della fica. Restano così per qualche secondo, poi lui tira fuori il cazzo dal culo di Alessia che crolla a terra ansimante, il corpo esausto coperto di terra e sudore, un rivolo lento e denso che le scende dal culo e si mescola agli umori tra le cosce.
Non mi faccio vedere, torno di nascosto agli asciugamani e aspetto.
Dopo pochi minuti escono dal canneto tenendosi per mano, il costume di lei macchiato dallo sperma che le cola giù per le cosce, le tette arrossate e sporche. Vengono verso di me sorridenti, Alessia scherza: «Scusa se ti abbiamo fatto aspettare, ma il nostro amico ha voluto un lunghissimo ricordo.»
Ciàpa mi guarda commosso, gli occhi lucidi: «Grazie, amico, non lo dimenticherò» Io cerco di sorridere: «Ringrazia mia moglie, è stata una decisione sua.»
Ciàpa abbraccia Alessia, le dà un bacio affettuoso sulla guancia, il respiro ancora corto. Lei ricambia con un lungo bacio in bocca, profondo, quasi disperato, poi gli sussurra: «Spero che tornerai dalla tua famiglia con un bel ricordo di me e di questo paese.» Ciàpa sorride, un misto di gratitudine e malinconia, ci saluta entrambi con un cenno della mano e se ne va, la figura che si allontana sulla spiaggia, la busta di vestiti lasciata accanto al nostro telo.
Alessia abbassa lo sguardo sul suo corpo, poi mi guarda con un sorriso: «Guarda come mi ha ridotta, vado in acqua a darmi una pulita. Tu non ti azzardare a seguirmi, per oggi ne ho avuto abbastanza.» La sua voce è scherzosa ma ferma, con una punta di stanchezza. Io la osservo mentre entra in acqua, i passi lenti, il corpo che brilla sotto il sole. Si lascia galleggiare, i seni nudi che emergono appena, gli occhi chiusi, il viso rilassato come se il mare potesse lavare via anche i pensieri che la tormentano.
Resto seduto sul telo, il cuore che batte ancora forte, un misto di gelosia, eccitazione e qualcosa che non so definire. La guardo, la mia Alessia, che si abbandona al mare, e penso a tutto quello che stiamo vivendo in questa pazza estate.
Lei si gira nell’acqua e mi fa un cenno con la mano. «Nico,» grida, la voce che arriva sopra il rumore delle onde, «vieni qui, dai, solo per un bagno!»
Mi alzo e cammino lentamente verso di lei. L’acqua è fresca, mi avvolge i piedi, poi le gambe. Alessia mi schizza, ridendo come una ragazzina. «Niente scherzi, eh, non ti avvicinare…» dice, i suoi occhi brillano di quella malizia che mi ha sempre fatto perdere la testa. Nuotiamo un po’, fianco a fianco, le sue mani sfiorano le mie sott’acqua, un tocco leggero, quasi segreto. Quando usciamo, ci sdraiamo sul telo, il sole ci asciuga la pelle.
Restiamo in silenzio.
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