Estate 2025 - 11 - Gli amici

di
genere
esibizionismo

*** I video di Pennabilli finiscono nelle mani sbagliate. Alessia… ***

Parcheggiamo a due passi dal Moon Town, sotto i lampioni del lungomare. Alessia scende dalla macchina e si sistema il vestito: nero, lungo fino alle caviglie, di un tessuto elastico così sottile e aderente che le si incolla addosso. Sotto non porta niente, e si vede. I capezzoli spingono contro la stoffa, il culo è disegnato alla perfezione e, quando cammina, la luce dei lampioni mette in evidenza la linea della fica tra le cosce, come se fosse nuda. La guardo mentre si avvia verso il locale, i sandali che battono sull’asfalto, i capelli sciolti sulla schiena nuda.

I nostri amici sono al tavolo d’angolo, vicino alla vetrata che dà sulla spiaggia. Sandro ride forte mentre guarda il telefono insieme ad Angela. Anita giocherella con una ciocca di capelli, nervosa, si ferma quando ci vede arrivare. Fabio tamburella le dita sul tavolo mentre ci osserva. Sorrisetti, sguardi obliqui, un silenzio che puzza di imbarazzo e veleno.

Massimo, il fratello di Alessia, è in piedi vicino al bancone, un bicchiere di birra in mano, il volto teso, scuro.

Alessia si ferma, la mano stringe la mia. «Nico, qualcosa non va,» sussurra.

Massimo si avvicina, il bicchiere trema leggermente nella sua mano. «Ale, dobbiamo parlare,» dice, la voce bassa ma tagliente, un rimprovero che cerca di nascondere. La prende da parte, vicino alla porta a vetri. «Ci sono dei video, tutti li stanno guardando,» il tono si incrina. «Ci sei tu che fai sesso con un tizio su un materasso. Sono su un gruppo X, qualcuno li ha condivisi. Sandro li ha trovati parlando con un amico in un night. Ti ha riconosciuta Ale. È un disastro...»

Alessia impallidisce, il viso si contrae come se avesse preso uno schiaffo. Barcolla, per un attimo sembra sul punto di cadere. «Come... come è possibile?» balbetta, la voce spezzata. Resta immobile qualche secondo. Guarda gli amici seduti al tavolo, poi, senza dire altro, si gira e scappa fuori dal locale. La seguo preoccupato, cristo! è veramente un bel casino. La trovo accovacciata su una panchina di legno dall’altra parte della strada, la testa tra le mani, piange.

Mi siedo accanto, le appoggio una mano sul suo ginocchio. Non so cosa dire: «Ale,» cerco di mantenere la voce calma «sono solo video. Non cambiano chi sei.»

Non mi guarda neanche: «Lasciami in pace, Nico,» mormora, tirando fuori il telefono dalla piccola borsa. Le sue dita tremano mentre scorre lo schermo, il bagliore blu le illumina il viso evidenziando le lacrime che le rigano le guance. «Ale, cosa stai facendo?» chiedo, ma lei scuote la testa, un gesto brusco. «Devo pensare, vattene, per favore, lasciami sola…» la voce è un sussurro.

Mi alzo e torno verso il bar, deciso ad affrontare quelli che consideravo amici. Sandro sta ancora ridendo, Angela si copre la bocca con la mano. Anita evita il mio sguardo giocherellando con il bicchiere. Fabio mi fissa, il suo sorriso sa quasi di sfida. Massimo, al bancone, stringe il bicchiere come se volesse spezzarlo.

Sto per aprire bocca, per dire qualcosa, qualsiasi cosa per difendere Alessia, quando lei rientra. Il suo viso è ancora rigato di lacrime, ma i suoi occhi sono accesi di una determinazione feroce, il telefono stretto in mano come un’arma. Si pianta di fianco al tavolo.

La sua voce trema. «Ho creato un gruppo X,» dice, alzando il telefono. «Ci ho messo tutto. Tutte le foto, tutti i video che mi riguardano. Così potete giudicarmi meglio.»

Il silenzio cala, pesante. Sandro smette di ridere, il telefono che gli scivola quasi di mano. Anita si morde il labbro. Fabio si irrigidisce. Alessia non si ferma. «Volete guardarmi mentre mi esibisco in spiaggia e mi faccio palpare da un vecchio guardone?» dice, la voce si alza. «O mentre mostro la fica a tutti in un paesino di montagna? O magari quando faccio un pompino a un venditore ambulante?

Ecco! Prendete i telefoni! Ora avete tutto quello che vi serve per giudicarmi.» Fa una pausa.

«Ma siete sicuri di averne il diritto?!»

Alessia si gira verso Sandro: «Passi le serate insieme a delle disperate che si fanno scopare per 50 Euro, sei sicuro di potermi giudicare?» Sandro apre la bocca, ma non trova parole, il viso si scurisce.

Poi si rivolge ad Anita, la voce più bassa ma tagliente. «Fai l’amica moralista e poi ti scopi mio marito di nascosto, sei sicura di potermi giudicare?» Anita sussulta, il bicchiere le sfugge di mano, il vino si sparge sul tavolo.

Fabio è il prossimo. «Dopo tutti i discorsi sull’amicizia e l’affetto, esco per una cena e mi tratti come una di quelle puttane che vi piacciono tanto, sei sicuro di potermi giudicare?» Fabio distoglie lo sguardo, le labbra strette in una linea dura.

Poi tocca ad Angela. «E tu, Angela, sappiamo tutti che lavoro facevi quando hai conosciuto tuo marito. In quel locale non eri una cameriera, giusto?» Angela si copre il viso con le mani, un singhiozzo soffocato che le scuote le spalle.

Infine si volta verso Massimo, la voce si ammorbidisce. «Sei mio fratello e ti voglio bene, ma non sei mai riuscito ad avere una relazione stabile con una donna. Sei sicuro di poter giudicare me, che sto con Nicola da sempre e tutto quello che ho fatto è stato col suo permesso e con il suo appoggio?» Massimo abbassa gli occhi, il bicchiere trema nella sua mano, la birra ondeggia.

Alessia fa un passo indietro, si rivolge a tutti: «Vi scandalizzate per come sono vestita?» dice, la voce che si alza di nuovo. «Però poi andate a casa e scopare le vostre mogli pensando alle mie tette. Siete sicuri di potermi giudicare?» La sua mano si muove lenta, afferra l’orlo del vestito.

«Vi diverte tanto parlare di me e di quello che indosso? Tenete, questo ve lo regalo, perché io posso farne a meno.» Con un gesto deciso, si sfila il vestito, lasciandolo cadere sul tavolo in un mucchio di stoffa nera. Nuda, la pelle che brilla sotto la luce delle lampade, i capezzoli duri come chiodi, la fica che scintilla di sudore e audacia. Il bar trattiene il respiro, gli occhi di tutti su di lei, un misto di shock, ammirazione e desiderio.

«Nico, andiamo!» dice, con un sorriso che è insieme sfida e fragilità. Mi giro, la seguo fuori. Sul lungomare di Marotta, Alessia cammina nuda, i piedi sfiorano l’asfalto ancora caldo del giorno, la brezza marina le accarezza la pelle. I passanti si voltano: un gruppo di ragazzi fischia, una coppia di anziani sussurra scandalizzata, un uomo in giacca si ferma, alza il telefono per scattare una foto.

Alessia accenna a coprirsi con le mani, poi ride, un suono spezzato ma libero. «Nico, dimmi che non sto camminando nuda per il lungomare di Marotta,» dice, la voce che trema di adrenalina. «Come cazzo mi è venuto in mente? E non potevi parcheggiare la macchina più vicino?»

Rido di gusto. «Ale, sei un uragano,» dico, accelerando per starle dietro. «La macchina è a due passi, tranquilla.» Non riesco a smettere di ridere.

Raggiungiamo l’auto, parcheggiata sotto un lampione che getta un cerchio di luce gialla sull’asfalto. Alessia si appoggia al cofano, il respiro corto, la pelle che brilla di sudore e salsedine. «Ho esagerato, vero?» chiede, guardandomi con quegli occhi che mischiano sfida, paura e amore. Le prendo la mano, la stringo forte, la sua pelle calda contro la mia. «No, Ale, hai fatto quello che ritenevi giusto, tu sei così,» dico, la voce bassa ma ferma. «E io sono con te. Come sempre… Ok… la verità: hai decisamente esagerato.»

Ridiamo ancora mentre saliamo in macchina e partiamo, guido piano, le luci dei lampioni le scorrono addosso come mani. Alessia è nuda accanto a me, le ginocchia raccolte al petto, la pelle ancora calda della serata. La guardo. Non riesco a smettere di guardarla.

«Ale… come va?»

«Non lo so… sono incazzata, disgustata, vorrei piangere,» continua «però mi sento anche… sollevata, libera, ormai quei video li hanno visti… i nostri amici possono continuare a nascondersi dietro le loro ipocrisie, vaffanculo anche a loro, io non ho niente da nascondere... non ho fatto niente di cui vergognarmi…» mi sorride «Va bene, forse un po’ mi vergogno… lo ammetto.»

Allungo una mano verso di lei, le accarezzo le gambe, lei le allunga sul sedile, le apre. Le tocco la fica, non riesco a farne a meno…

È un lago: «Sì… ho voglia di te… una voglia matta… fermati da qualche parte… scopami… scopami dove tutti possono vederti…»

Guido verso il parcheggio dietro il canneto. È quasi mezzanotte, ci sono tre o quattro macchine con i vetri appannati e qualche ombra che si muove lenta tra le luci dei lampioni.

Spengo il motore vicino al muretto che dà sul mare. Alessia scende per prima, nuda, illuminata dai lampioni. Si appoggia al cofano ancora caldo, mi guarda.

«Scopami qui, Nico. Davanti a tutti.»

Mi tira a sé con le mani dietro la nuca, mi bacia prima ancora che io la tocchi: un bacio affamato, profondo, la lingua che cerca la mia.

Le prendo il viso tra le mani, le passo i pollici sulle guance ancora umide di lacrime, poi scendo sul collo, sulle spalle, le stringo le tette con entrambe le mani, i capezzoli duri tra le dita. Lei geme, inarca la schiena, spinge il bacino in avanti.

Le afferro i fianchi, la alzo appena sul cofano caldo. Il cazzo trova da solo la strada: è bagnata fradicia, calda, aperta. Entro piano, centimetro dopo centimetro, guardandola negli occhi. Lei inspira forte, le labbra socchiuse, le unghie che mi graffiano la schiena.

Quando sono tutto dentro resta un secondo immobile, mi stringe con le cosce, mi bacia più lento, più profondo, come se volesse ricordarsi il mio sapore per sempre. Poi comincia a muoversi lei: piccoli cerchi del bacino, su e giù, il cofano che cigola sotto di noi. Spingo in avanti, la scopo lentamente. Lei sospira.

Le afferro il culo con entrambe le mani, la tiro più forte contro di me. I colpi diventano sempre più profondi, più veloci. Ci baciamo senza respiro, le lingue che si inseguono, i denti che si sfiorano, i gemiti che si mischiano. Le mordo il labbro inferiore, lei ride piano nella mia bocca, poi mi graffia la schiena fino a farmi male.

«Più forte, Nico… più forte.»

Spingo più forte, la sbatto contro il cofano, lei avvolge le gambe intorno alla mia vita, mi stringe come una morsa. Sento che sta per venire: la fica si contrae, le pareti che mi stringono il cazzo. Le afferro i capelli più forte, le do un ultimo bacio profondo, poi spingo fino in fondo.

Vengo dentro di lei con un gemito lungo, caldo, infinito. Lei trema, mi stringe il collo, mi bacia ancora, ancora, ancora, urla il suo orgasmo mentre il mio sperma le riempie la fica e comincia a colare sul cofano della macchina.

Restiamo abbracciati, ansimanti, le fronti appoggiate, il mio cuore che batte all’impazzata contro il suo. Le accarezzo la schiena sudata, le bacio la tempia, il naso, le labbra. «Ti amo» le sussurro sulla bocca. Lei sorride contro le mie labbra, ancora tremante. «Anche io.»

Poi sento un colpo secco sulla mia spalla.

«Ehi, bello… mica è solo per te. Tocca a me adesso…»

Mi giro appena. Un tizio sulla quarantina, camicia aperta, il cazzo già duro in mano. Non ha inquadrato bene la situazione… o forse sì.

Alessia mi guarda negli occhi. Non dice niente. Fa solo un piccolo cenno con la testa.

Mi sposto di lato e resto lì, a un metro, il cazzo ancora mezzo duro. Guardo.

Lui le afferra il viso, le infila la lingua in bocca e la bacia come se volesse mangiarla. Alessia gli risponde con la stessa fame, gli morde il labbro, gli succhia la lingua. Io sento il sangue che mi pompa nelle tempie, il cuore che mi spinge sul petto.

«Vuoi che ti scopo, eh?» le ringhia lui. Lei ride, la voce rotta: «Son qui apposta… scopami e stai zitto.»

La spinge con la schiena sul cofano, le allarga le gambe, le spalanca la fica ancora piena del mio sperma. Entra da davanti con un colpo secco, fino in fondo, vedo tutto: vedo il mio seme che schizza fuori intorno al suo cazzo, vedo le labbra di Alessia che si stringono, vedo il suo sguardo che cerca il mio mentre lui spinge.

Resto fermo, il respiro corto, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi. Non mi muovo. Guardo soltanto.

Lui la sbatte con decisione, le stringe le tette, le pizzica i capezzoli. «Ti piace, zoccola… dimmi quanto ti piace.» Alessia alza gli occhi su di lui, lucidi, spalancati, pieni di lacrime e di voglia. «Mi piace… Stringi più forte… scopa più forte…» lui l’accontenta.

Guardo la fica di mia moglie che si apre e si chiude intorno a un cazzo che non è il mio, il mio sperma che cola fuori a ogni affondo.

Continua a scoparla, sempre più forte.

Alessia comincia a perdere il controllo. Il corpo si tende come una corda. Un orgasmo lungo, violento, che le strappa un urlo rauco: «Sto venendo… cazzo… sto venendo… non fermarti!» le dita si aggrappano alle sue spalle, la fica si contrae in spasmi lunghissimi, lo bacia con foga, lo stringe così forte che lui rallenta un attimo, grugnisce, poi riprende più forte. Lei urla, urla tutto il suo orgasmo aggrappata a quello sconosciuto, poi si ferma, ansima, senza fiato, il corpo ancora percorso da scosse.

Lui si ferma un secondo, dentro di lei, fino in fondo.

«Voglio sborrarti addosso…»

«Voglio la sborra di tutti e due…» risponde lei guardando verso di me.

Non me lo faccio ripetere, mi avvicino. Alessia si lascia scivolare giù dal cofano, si inginocchia davanti a noi due. I cazzi a pochi centimetri dal suo viso, li accarezza, li stringe, la bocca passa da uno all’altro, succhia, lecca, ingoia fino in gola. Poi se li strofina sulle tette, le cappelle che sfregano sui capezzoli duri.

Ci guarda dal basso, gli occhi lucidi, la bocca aperta. «Sborratemi addosso… tutti e due…»

Io vengo per primo: schizzi densi, caldi, che le colpiscono le tette, le colano sui capezzoli, le scivolano sulla pancia. Lui segue subito dopo: le sborra in faccia, fiotti potenti che le coprono le guance, il mento, le labbra, le finiscono nella bocca aperta. Lei ingoia, si lecca le labbra, poi si passa le mani sulle tette, si spalma la nostra sborra sulla pelle, si strofina i capezzoli con i pollici.

Resta lì in ginocchio, nuda, coperta di sperma. Mi guarda, sorride.

È la cosa più oscena che abbia mai visto. È perfetta.

«Portami a casa, amore,» sussurra. «Portami a casa così… sporca.»


scritto il
2025-12-01
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