Lo stage di lingua
di
Ripe (with decay)
genere
comici
Per affinare l’inglese le quinte sorvolavano i cieli d'Irlanda in direzione dell’aeroporto di Dublino.
Gli impicci della Brexit avevano dirottato la scelta da Londra, ma nessuno se n’era risentito. Laggiù avrebbero trovato verdi prati, scogliere primordiali, villette curate, pub e birrerie – e poi Dublino, come una eterna promessa di terre lontane.
Davide e Lorenzo condividevano lo stesso banco dall’inizio della scuola e la loro amicizia era indissolubile. Avrebbero condiviso anche la stessa famiglia ospitante.
Ne sapevano poco. Con il trolley e lo zainetto si presentarono alla porta. La villetta era circondata da una ringhiera verniciata e aiuole addobbate come in una serra. La donna che aprì era spigliata ed amichevole. Stravedeva per gli italiani. «Look irish», anche se in fondo non era vero, ma si capiva che voleva solo essere gentile e metterli a loro agio.
Li portò a fare il tour dell’abitazione. Al piano di sopra c’era la loro cameretta già pronta. «My daughters are coming soon». My daughters? I due ragazzi si guardarono. “Sorelle? Ne sapevi niente?”. Lorenzo scosse la testa. “Hanno cambiato destinazione all’ultimo secondo. Noi avremmo dovuto essere ospitati da una coppia di pensionati con figlio grande”.
“Bè, e vorremmo rifiutare la compagnia?” mormorò sibillino Davide.
«Please?» chiese Mrs. O’Neill. Era evidente che non le piaceva essere esclusa attraverso l’utilizzo di una lingua straniera. Oltretutto risultava sgradevole e scortese da parte loro.
Per togliersi dall’imbarazzo Lorenzo colse la palla al balzo e scandì sonoramente «Can we go take a shower?». Mentre la madre apriva la bocca per rispondere, la porta di casa si aprì.
L’ingresso delle due sorelle per i ragazzi fu una visione celestiale. Complice la luce calante del sole alle spalle, sembrarono due esseri soprannaturali scaturiti dai misteri di quella terra antica.
Scintillante nel fuoco dei capelli rossi e con una pelle così bianca da poterla confondere con il marmo di una statua, cosparsa di graziosissime efelidi che marcavano l’inequivocabile appartenenza alla stirpe gaelica, la più minuta e giovane illuminava l’ingresso con una verve incontenibile ed un sorriso radioso.
L’altra, alta, sinuosa, slanciata come un giavellotto, una cascata di lunghi capelli biondi che andavano a morire ben oltre le spalle, sorniona e furba nel distribuire occhiate ammaliatrici, attendeva compita, le mani in grembo. Aveva un aspetto più internazionale, forse perché curava il proprio aspetto senza dare eccessiva connotazione ai dettagli etnici, ed era di certo la primogenita.
“Aylee, Sarah” trillò la madre mostrando i due ragazzi come se fossero scimmie nella gabbia di uno zoo. “Our new friends from Italy!”.
Aylee e Sarah si lasciarono andare ad espressioni di giubilo, li circondarono, li subissarono di domande fino a stordimento, scomparvero come se non fossero mai esistite lanciando saluti civettuoli e promesse di rinnovati fuochi di fila di domande.
In camera Davide chiese “Cosa ne pensi?”.
“Bella casa”.
“Non intendevo quello”.
“Lo so cosa intendevi. Per ora ti posso solo dire che inaugurerò il cesso. Sto per esplodere”.
“Non ne dubitavo” ridacchiò l’altro.
Ma dopo qualche minuto Lorenzo tornò tutto trafelato e pallido come uno spettro. “Porca puttana” imprecò. “Ho combinato un casino”.
“Che cosa?”.
“Ho sbagliato bagno, stracazzo di anglosassoni! Sono entrato in the bathroom e non in the toilette”.
Ce n’erano due. Era entrato in quello dalla porta semi accostata. Fu subissato dalle grida della ragazza che era corsa a coprirsi con l’accappatoio, ancora grondante d’acqua. “Sorry, sorry, sorry!” si profuse in mille scuse, sviando lo sguardo dal suo corpo, coprendosi con la mano come se le palpebre non bastassero.
“E con ciò?”.
“Dentro the bathroom c’era la grande, quella con i capelli lunghi – Sarah – appena uscita dalla doccia”.
Sgranò gli occhi. “Ed era nuda?”.
“Era appena uscita dalla doccia, testa di cazzo! Come doveva essere, vestita?”.
“Calmati, calmati. E com’era?”.
“E che ne so… mi è calato il buio, non ho visto più niente. Penso figa comunque”.
“Ahhh, che occasione sprecata! Comunque potevi bussare…”.
“Bussare ad una porta aperta?”.
“Era aperta?”. L’espressione del volto si infittì di mille pensieri.
A cena le sorelle furono ancora più prodighe di sorrisi civettuoli e sguardi maliziosi. Davide e Lorenzo si sentivano quasi a disagio – quasi. Confabulavano tra loro e ridacchiavano divertite da chissà quali lazzi in modo così concitato che si riuscivano a carpire a malapena brani smozzicati.
«What is your choice?». «Why?». “Because…” e via sussurrando.
«Shut up!» interveniva quando a quando la madre, ma era impossibile fermare quel fiume in piena.
L’incidente non aveva avuto seguito e Sarah – che ogni tanto gettava un’occhiata sorniona in direzione di Lorenzo – non doveva averne fatto cenno perché tutto filava liscio.
“Mio Dio ma sono fighe da morire” sospirò Davide sbocconcellando svogliato la pietanza a costo di sembrare indisposto. “Me le chiaverei tutte e due. Tu no?”.
“Io sì”.
Stranamente la madre, che si chiamava Chrissie, posò la forchetta e batté le mani per richiamare gli ospiti. «At dinner we are a big family».
Lorenzo per scrupolo si azzardò a chiedere «Don’t understand italian?».
Al diniego delle sorelle i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo. Ed anzi in coro ribadirono: «Ní labhraímid Iodáilis».
Il padre non c’era. «Night shift» li informò in modo sbrigativo la donna.
Scrollarono le spalle. Avrebbero dovuto attendere the breakfast per fare la sua conoscenza.
Il viaggio in aereo per quanto breve li aveva scombussolati e ora ciondolavano dal sonno. Raggiunsero la camera e si buttarono sui materassi. Ma di dormire non se ne parlò. Giù in soggiorno c’era euforia e le donne di casa tirarono tardi. Quando il silenzio regnò nella casa la porta della camera si aprì e prima una figura indistinta poi un’altra sgattaiolarono dentro. Ai ragazzi prese quasi un colpo.
«Don’t turn on the lights!».
Davide e Lorenzo non credevano ai propri occhi. Quella che sulle prime parve soltanto un’illusione si trasformò in un sogno realizzato.
Come fantasmi i volti delle ragazze si formarono dal buio. Un po' sulle spine si puntellarono sui gomiti per studiare meglio ciò che si stava preparando. Le osservarono risalire dai piedi del letto, ognuna fatta la propria scelta. Sorridevano e ridacchiavano. Sembravano ubriache, o drogate. O semplicemente allegre.
Più agile di un animale selvaggio, Aylee raggiunse cavalcioni Davide, si protese sopra di lui con gli occhioni spalancati – come un’assetata davanti ad una fonte. Sarah strisciò con le fatali movenze di un serpente incuneandosi tra le gambe di Lorenzo. Le nottate erano ancora fresche e i due compagni erano rimasti stesi con indosso soltanto mutande e canottiere, le valigie ancora da disfare.
Fu un gioco di prestigio per le sorelle togliere quello che non serviva.
Sarah scappucciò il membro di Lorenzo fino a portarlo alle dimensioni adatte. Lo inghiottì come un gelato quanto era lungo e prese un ritmo sincopato. Mano, labbra e denti si fusero in un unico crogiolo di piacere.
Aylee sbarazzina e indomita prese con decisione quello di Davide per introdurlo nella fica. Era così bagnata che al ragazzo parve di affondare nella panna. I riccioli carota danzarono sulla dolce testolina e lei assunse il terribile aspetto di Medusa. Lo cavalcò con la foga di un ossessa e con stupore si accorse che gli occhi verdi della ragazza brillavano nella penombra come smeraldi animati di luce propria.
Lorenzo raggiunse presto l’estasi. Si sentì prosciugare tutte le viscere inghiottite a fiotti di sperma nella gola di Sarah. Le circondò la testa con le mani, forzandola a mangiarlo fino in fondo finché i suoi conati non lo convinsero a desistere. Esausto, ammirò la perizia con cui gli fece il bidet.
«My God, my God» ripeteva senza fiato Davide strabuzzando gli occhi. Anche la piccola Aylee sembrava apprezzare, soffocando i lamenti. Vennero insieme, e subito lei si afflosciò sopra il ragazzo come se l’avessero tramortita, ansimando felice e contenta. «Did you like It?». «So much!».
La porta, che le ragazze avevano richiuso, si spalancò di colpo. «Mothersuckers” sibilò adirata Chrissie. Tra urla e strepiti le figlie si precipitarono fuori, non prima che con stupefacente abilità la madre riuscisse ad appioppare loro due bei ceffoni sulla nuca. Poi si rivolse agli italiani.
«You! You bastards! Chi fatto blowjob Sarah? Chi scopato Aylee?».
“E non conosceva l’italiano” mormorò Lorenzo.
“Veramente non l'ha mai detto” replicò Davide.
«Shut-up!» gridò Chrissie. Poi indicando Lorenzo: «I know, tu visto Sarah in bathroom”. E si fiondò sul cazzo di Davide per dargli ciò che Aylee non aveva fatto in tempo a fare. Finito con lui, saltò in groppa a Lorenzo.
Benché non potesse in nessun modo reggere il confronto con le figlie – lei di una magrezza estenuata come chi abbia combattuto una ventennale battaglia contro il cibo, i muscoli guizzanti a nervo scoperto, le rughe fiorite ovunque sulla pelle non esaltante – supplì con l’esperienza a ciò che il tempo le aveva tolto. I ragazzi rimasero intontiti: Chrissie li aveva fatti godere il doppio.
La stavano fissando ancora pieni di meraviglia quando un’ombra comparve sulla soglia. «Dirty whore» ruggì un vocione maschile. Tomas il capofamiglia naturalmente, Tomas il cornuto e padre di due puttanelle, di rientro dal night shift.
Era tanto grande e lento quanto minuta e agile la moglie, e la forza che espresse il pugno con cui intendeva mandarla a tappeto si esaurì in una giravolta.
Sconfortato, sedette sulla sedia accanto allo stipite. «What should I do?» disse scuotendo il capoccione. «Really, you tell me. I don't know». Ma di fronte al loro ostinato silenzio non poté che recriminare tra sé. Poi si alzò, e dicendo «Well, my lads, now it’s my turn» calò giù braghe e boxer, da cui emerse un batacchio da fare invidia ad un asino.
Per loro fu la sirena antiaerea. “Cazzo cazzo! Scappa, scappa!» gridò Lorenzo acchiappando i vestiti.
«Cazo?» si illuminò Tom. «Yeah, cazo, cazo».
Sgattaiolarono via appena in tempo prima che quella cosa iniziasse a colpire.
Trascorsero tutto lo stage in albergo.
Ritornati a casa, ricevettero una mail dalla famiglia, con allegata una foto di loro al gran completo. Greetings from Dublin, invitava il titolo. Poi, più subdolamente: Come back soon!
I genitori di entrambi non si spiegarono perché quelle mail furono subito eliminate.
Gli impicci della Brexit avevano dirottato la scelta da Londra, ma nessuno se n’era risentito. Laggiù avrebbero trovato verdi prati, scogliere primordiali, villette curate, pub e birrerie – e poi Dublino, come una eterna promessa di terre lontane.
Davide e Lorenzo condividevano lo stesso banco dall’inizio della scuola e la loro amicizia era indissolubile. Avrebbero condiviso anche la stessa famiglia ospitante.
Ne sapevano poco. Con il trolley e lo zainetto si presentarono alla porta. La villetta era circondata da una ringhiera verniciata e aiuole addobbate come in una serra. La donna che aprì era spigliata ed amichevole. Stravedeva per gli italiani. «Look irish», anche se in fondo non era vero, ma si capiva che voleva solo essere gentile e metterli a loro agio.
Li portò a fare il tour dell’abitazione. Al piano di sopra c’era la loro cameretta già pronta. «My daughters are coming soon». My daughters? I due ragazzi si guardarono. “Sorelle? Ne sapevi niente?”. Lorenzo scosse la testa. “Hanno cambiato destinazione all’ultimo secondo. Noi avremmo dovuto essere ospitati da una coppia di pensionati con figlio grande”.
“Bè, e vorremmo rifiutare la compagnia?” mormorò sibillino Davide.
«Please?» chiese Mrs. O’Neill. Era evidente che non le piaceva essere esclusa attraverso l’utilizzo di una lingua straniera. Oltretutto risultava sgradevole e scortese da parte loro.
Per togliersi dall’imbarazzo Lorenzo colse la palla al balzo e scandì sonoramente «Can we go take a shower?». Mentre la madre apriva la bocca per rispondere, la porta di casa si aprì.
L’ingresso delle due sorelle per i ragazzi fu una visione celestiale. Complice la luce calante del sole alle spalle, sembrarono due esseri soprannaturali scaturiti dai misteri di quella terra antica.
Scintillante nel fuoco dei capelli rossi e con una pelle così bianca da poterla confondere con il marmo di una statua, cosparsa di graziosissime efelidi che marcavano l’inequivocabile appartenenza alla stirpe gaelica, la più minuta e giovane illuminava l’ingresso con una verve incontenibile ed un sorriso radioso.
L’altra, alta, sinuosa, slanciata come un giavellotto, una cascata di lunghi capelli biondi che andavano a morire ben oltre le spalle, sorniona e furba nel distribuire occhiate ammaliatrici, attendeva compita, le mani in grembo. Aveva un aspetto più internazionale, forse perché curava il proprio aspetto senza dare eccessiva connotazione ai dettagli etnici, ed era di certo la primogenita.
“Aylee, Sarah” trillò la madre mostrando i due ragazzi come se fossero scimmie nella gabbia di uno zoo. “Our new friends from Italy!”.
Aylee e Sarah si lasciarono andare ad espressioni di giubilo, li circondarono, li subissarono di domande fino a stordimento, scomparvero come se non fossero mai esistite lanciando saluti civettuoli e promesse di rinnovati fuochi di fila di domande.
In camera Davide chiese “Cosa ne pensi?”.
“Bella casa”.
“Non intendevo quello”.
“Lo so cosa intendevi. Per ora ti posso solo dire che inaugurerò il cesso. Sto per esplodere”.
“Non ne dubitavo” ridacchiò l’altro.
Ma dopo qualche minuto Lorenzo tornò tutto trafelato e pallido come uno spettro. “Porca puttana” imprecò. “Ho combinato un casino”.
“Che cosa?”.
“Ho sbagliato bagno, stracazzo di anglosassoni! Sono entrato in the bathroom e non in the toilette”.
Ce n’erano due. Era entrato in quello dalla porta semi accostata. Fu subissato dalle grida della ragazza che era corsa a coprirsi con l’accappatoio, ancora grondante d’acqua. “Sorry, sorry, sorry!” si profuse in mille scuse, sviando lo sguardo dal suo corpo, coprendosi con la mano come se le palpebre non bastassero.
“E con ciò?”.
“Dentro the bathroom c’era la grande, quella con i capelli lunghi – Sarah – appena uscita dalla doccia”.
Sgranò gli occhi. “Ed era nuda?”.
“Era appena uscita dalla doccia, testa di cazzo! Come doveva essere, vestita?”.
“Calmati, calmati. E com’era?”.
“E che ne so… mi è calato il buio, non ho visto più niente. Penso figa comunque”.
“Ahhh, che occasione sprecata! Comunque potevi bussare…”.
“Bussare ad una porta aperta?”.
“Era aperta?”. L’espressione del volto si infittì di mille pensieri.
A cena le sorelle furono ancora più prodighe di sorrisi civettuoli e sguardi maliziosi. Davide e Lorenzo si sentivano quasi a disagio – quasi. Confabulavano tra loro e ridacchiavano divertite da chissà quali lazzi in modo così concitato che si riuscivano a carpire a malapena brani smozzicati.
«What is your choice?». «Why?». “Because…” e via sussurrando.
«Shut up!» interveniva quando a quando la madre, ma era impossibile fermare quel fiume in piena.
L’incidente non aveva avuto seguito e Sarah – che ogni tanto gettava un’occhiata sorniona in direzione di Lorenzo – non doveva averne fatto cenno perché tutto filava liscio.
“Mio Dio ma sono fighe da morire” sospirò Davide sbocconcellando svogliato la pietanza a costo di sembrare indisposto. “Me le chiaverei tutte e due. Tu no?”.
“Io sì”.
Stranamente la madre, che si chiamava Chrissie, posò la forchetta e batté le mani per richiamare gli ospiti. «At dinner we are a big family».
Lorenzo per scrupolo si azzardò a chiedere «Don’t understand italian?».
Al diniego delle sorelle i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo. Ed anzi in coro ribadirono: «Ní labhraímid Iodáilis».
Il padre non c’era. «Night shift» li informò in modo sbrigativo la donna.
Scrollarono le spalle. Avrebbero dovuto attendere the breakfast per fare la sua conoscenza.
Il viaggio in aereo per quanto breve li aveva scombussolati e ora ciondolavano dal sonno. Raggiunsero la camera e si buttarono sui materassi. Ma di dormire non se ne parlò. Giù in soggiorno c’era euforia e le donne di casa tirarono tardi. Quando il silenzio regnò nella casa la porta della camera si aprì e prima una figura indistinta poi un’altra sgattaiolarono dentro. Ai ragazzi prese quasi un colpo.
«Don’t turn on the lights!».
Davide e Lorenzo non credevano ai propri occhi. Quella che sulle prime parve soltanto un’illusione si trasformò in un sogno realizzato.
Come fantasmi i volti delle ragazze si formarono dal buio. Un po' sulle spine si puntellarono sui gomiti per studiare meglio ciò che si stava preparando. Le osservarono risalire dai piedi del letto, ognuna fatta la propria scelta. Sorridevano e ridacchiavano. Sembravano ubriache, o drogate. O semplicemente allegre.
Più agile di un animale selvaggio, Aylee raggiunse cavalcioni Davide, si protese sopra di lui con gli occhioni spalancati – come un’assetata davanti ad una fonte. Sarah strisciò con le fatali movenze di un serpente incuneandosi tra le gambe di Lorenzo. Le nottate erano ancora fresche e i due compagni erano rimasti stesi con indosso soltanto mutande e canottiere, le valigie ancora da disfare.
Fu un gioco di prestigio per le sorelle togliere quello che non serviva.
Sarah scappucciò il membro di Lorenzo fino a portarlo alle dimensioni adatte. Lo inghiottì come un gelato quanto era lungo e prese un ritmo sincopato. Mano, labbra e denti si fusero in un unico crogiolo di piacere.
Aylee sbarazzina e indomita prese con decisione quello di Davide per introdurlo nella fica. Era così bagnata che al ragazzo parve di affondare nella panna. I riccioli carota danzarono sulla dolce testolina e lei assunse il terribile aspetto di Medusa. Lo cavalcò con la foga di un ossessa e con stupore si accorse che gli occhi verdi della ragazza brillavano nella penombra come smeraldi animati di luce propria.
Lorenzo raggiunse presto l’estasi. Si sentì prosciugare tutte le viscere inghiottite a fiotti di sperma nella gola di Sarah. Le circondò la testa con le mani, forzandola a mangiarlo fino in fondo finché i suoi conati non lo convinsero a desistere. Esausto, ammirò la perizia con cui gli fece il bidet.
«My God, my God» ripeteva senza fiato Davide strabuzzando gli occhi. Anche la piccola Aylee sembrava apprezzare, soffocando i lamenti. Vennero insieme, e subito lei si afflosciò sopra il ragazzo come se l’avessero tramortita, ansimando felice e contenta. «Did you like It?». «So much!».
La porta, che le ragazze avevano richiuso, si spalancò di colpo. «Mothersuckers” sibilò adirata Chrissie. Tra urla e strepiti le figlie si precipitarono fuori, non prima che con stupefacente abilità la madre riuscisse ad appioppare loro due bei ceffoni sulla nuca. Poi si rivolse agli italiani.
«You! You bastards! Chi fatto blowjob Sarah? Chi scopato Aylee?».
“E non conosceva l’italiano” mormorò Lorenzo.
“Veramente non l'ha mai detto” replicò Davide.
«Shut-up!» gridò Chrissie. Poi indicando Lorenzo: «I know, tu visto Sarah in bathroom”. E si fiondò sul cazzo di Davide per dargli ciò che Aylee non aveva fatto in tempo a fare. Finito con lui, saltò in groppa a Lorenzo.
Benché non potesse in nessun modo reggere il confronto con le figlie – lei di una magrezza estenuata come chi abbia combattuto una ventennale battaglia contro il cibo, i muscoli guizzanti a nervo scoperto, le rughe fiorite ovunque sulla pelle non esaltante – supplì con l’esperienza a ciò che il tempo le aveva tolto. I ragazzi rimasero intontiti: Chrissie li aveva fatti godere il doppio.
La stavano fissando ancora pieni di meraviglia quando un’ombra comparve sulla soglia. «Dirty whore» ruggì un vocione maschile. Tomas il capofamiglia naturalmente, Tomas il cornuto e padre di due puttanelle, di rientro dal night shift.
Era tanto grande e lento quanto minuta e agile la moglie, e la forza che espresse il pugno con cui intendeva mandarla a tappeto si esaurì in una giravolta.
Sconfortato, sedette sulla sedia accanto allo stipite. «What should I do?» disse scuotendo il capoccione. «Really, you tell me. I don't know». Ma di fronte al loro ostinato silenzio non poté che recriminare tra sé. Poi si alzò, e dicendo «Well, my lads, now it’s my turn» calò giù braghe e boxer, da cui emerse un batacchio da fare invidia ad un asino.
Per loro fu la sirena antiaerea. “Cazzo cazzo! Scappa, scappa!» gridò Lorenzo acchiappando i vestiti.
«Cazo?» si illuminò Tom. «Yeah, cazo, cazo».
Sgattaiolarono via appena in tempo prima che quella cosa iniziasse a colpire.
Trascorsero tutto lo stage in albergo.
Ritornati a casa, ricevettero una mail dalla famiglia, con allegata una foto di loro al gran completo. Greetings from Dublin, invitava il titolo. Poi, più subdolamente: Come back soon!
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