I due trombamici
di
Kyknox
genere
etero
Era un pomeriggio qualsiasi, ma le sue parole mi rimasero in testa come un tuono improvviso:
«Rimaniamo trombamici.»
Per un attimo pensai di aver capito male. Davanti a me, Elenoire sorrideva con quella calma disarmante, quasi divertita dal mio sguardo spiazzato. Lei, la ragazza che la domenica mattina indossava il tailleur per andare in parrocchia, la catechista modello, stava proponendomi un patto che aveva ben poco di spirituale.
«Scusa?» balbettai.
Lei si avvicinò, appoggiandosi allo schienale della sedia con un’aria maliziosa che non le avevo mai visto. «Hai sentito bene. Non posso rinunciare a te… o meglio, al tuo corpo.» Fece una pausa, inclinò la testa e con un mezzo sorriso aggiunse: «Il tuo cazzo è la mia droga.»
Le sue dita, fredde e decise, scivolarono sul mio pacco sopra i jeans. Sentii un brivido che mi attraversò la schiena. Io che l’avevo sempre immaginata intoccabile, con quell’aria da brava ragazza, ora me la trovavo davanti così, sfacciata, spudorata, e più eccitante che mai.
Elenoire era alta, slanciata, con quelle gambe da ex modella che ancora sembravano fatte per le passerelle. I capelli castani a caschetto le incorniciavano il volto dolce, ma lo sguardo… lo sguardo in quel momento era tutto tranne che innocente. Sotto la camicetta bianca trasparivano curve che conoscevo fin troppo bene: il seno pieno che riempiva la mia mano, i fianchi morbidi che sapeva muovere con una naturalezza ipnotica.
«Quindi mi stai lasciando perché non vuoi sposarmi,» dissi, cercando di razionalizzare. «Perché io non credo, non vado in chiesa, non sopporto i preti…»
Lei annuì, ma intanto la sua mano non si era mossa. Al contrario, strinse più forte, facendomi gemere piano. «Appunto. Non sei l’uomo con cui costruire una famiglia, non secondo me, non secondo la mia fede. Ma sei l’uomo che mi fa impazzire a letto.»
Il contrasto era devastante. Vederla così, la mia Elenoire catechista, trasformata in una tentatrice, mi faceva esplodere dentro.
Mi alzai, e senza pensarci le presi il polso, guidando la sua mano ancora più in basso. I suoi occhi brillarono. «Allora vuoi davvero questo gioco?» le sussurrai all’orecchio, sentendo il suo profumo di vaniglia misto al calore della pelle.
«Voglio solo te, senza promesse, senza altari, senza anelli,» rispose, mordendosi il labbro inferiore.
E in quell’istante capii che qualsiasi logica, qualsiasi principio, non contava più. C’era solo lei, il suo corpo che mi sfidava, la sua voce che mi stregava, e il desiderio che bruciava tra di noi.
Le nostre mani si cercavano come calamite, esplorando ogni centimetro di pelle che potevamo raggiungere senza remore. Sentivo il battito del suo cuore accelerare sotto le mie dita e il respiro breve che tradiva il desiderio che la consumava.
Elenoire si appoggiò contro il muro, lasciando che le mie mani tracciassero linee invisibili sul suo corpo. Ogni movimento, ogni sfioramento, era un invito, una promessa silenziosa. I suoi occhi, scuri e brillanti, non distoglievano lo sguardo dal mio, come a sfidarmi a fermarmi… ma io non volevo fermarmi.
«Sei… così proibita,» le sussurrai, la voce rauca per l’eccitazione.
Lei sorrise, e il suo sorriso era un misto di innocenza e malizia. «Proibita?» ribatté, avvicinandosi fino a sfiorarmi il petto con il suo. «Non credo. Credo che tu sia esattamente dove dovresti essere.»
Il contatto era elettrico. La pelle contro la pelle, il calore che cresceva tra di noi, il profumo di vaniglia e pelle che mi avvolgeva… tutto mi stava facendo perdere il controllo. Le sue mani, abili e audaci, mi guidavano, mi provocavano, e io rispondevo senza esitazioni, dimenticando tutto tranne il brivido che correva tra noi.
Ci guardavamo, respirando a fatica, mentre i nostri corpi si muovevano vicini, quasi danzando in un ritmo fatto di desiderio e complicità. Ogni tocco era un messaggio chiaro: non ci sarebbero state promesse, né domani. Solo il presente, intenso, ardente, inebriante.
Quando le sue labbra sfiorarono il mio collo, un brivido mi percorse dalla testa ai piedi. Era la sua firma, il suo modo di dire senza parole: «Ora sei tutto mio.» E io non avevo alcuna intenzione di resistere.
Il respiro di Elenoire si faceva più corto, più rapido, e ogni piccolo movimento dei nostri corpi era un brivido che percorreva la mia schiena. La stanza sembrava restringersi attorno a noi, come se fossimo gli unici due al mondo, intrappolati in un vortice di caldo, pelle e desiderio.
Le sue mani, audaci e decise, mi guidavano con una naturalezza che mi faceva perdere la testa. Sfiorava, accarezzava, provocava… e io rispondevo istintivamente, esplorando con altrettanta fame ogni curva, ogni angolo nascosto, ogni punto vulnerabile che la faceva rabbrividire.
«Non… resisto…» riuscì a sussurrare tra un respiro e l’altro, e io sentii il mio corpo tendersi ancora di più al suono di quella confessione. La sua voce, normalmente dolce e composta, ora era roca, seducente, piena di brama.
Mi avvicinai lentamente, sentendo ogni centimetro di pelle contro pelle, e i nostri sguardi si intrecciarono in un dialogo silenzioso. Ogni movimento era un accordo segreto: un tocco qui, una carezza lì, un sospiro condiviso che faceva salire l’intensità.
Poi, senza preavviso, si sporse verso di me, le labbra appena sfioranti le mie. Era un contatto breve ma sufficiente a far tremare entrambe le gambe. Il suo corpo si premé contro il mio, e il calore che emanava mi avvolse come un fuoco lento e irresistibile.
Ci muovevamo insieme, esplorando ogni confine consentito, giocando con la tensione, accendendo il desiderio a ogni sospiro. Ogni gesto era una promessa silenziosa: niente domani, niente legami, solo il presente ardente, pulsante, proibito.
E lì, tra carezze rubate, sguardi ardenti e respiri affannosi, capii che Elenoire non era solo una tentazione: era un’esplosione, un vortice di passione che mi risucchiava e da cui non volevo scappare.
Il mondo fuori smise di esistere. C’eravamo solo noi, il desiderio che bruciava, e quella scintilla che prometteva altre ore di gioco, seduzione e piacere, fino a perdere completamente la ragione.
Quando finalmente ci staccammo, il respiro affannoso e i cuori che battevano all’unisono, rimase un silenzio carico di elettricità tra noi. Le sue dita sfiorarono le mie, un contatto leggero ma sufficiente a far tornare la pelle a vibrare.
Elenoire mi guardò con quell’espressione che mescolava complicità e malizia, come a dire: «Non c’è futuro, ma c’è tutto il presente.» Un sorriso lento si disegnò sulle sue labbra, dolce e provocante insieme.
«Allora… rimaniamo trombamici?» disse, con quella punta di ironia che riusciva a rendere ogni cosa ancora più irresistibile.
Annuii, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi, che brillavano di desiderio e di segreti non detti. E mentre ci allontanavamo, lentamente, con le mani che ancora si cercavano, sapevo che quel patto era un gioco pericoloso, irresistibile e completamente nostro.
Il mondo esterno poteva continuare a girare, la chiesa, i preti, le regole… ma noi avevamo scoperto un’intimità senza confini, una scintilla proibita che nessuno avrebbe mai potuto spegnere. E dentro di me, un sorriso malizioso sapeva già che non sarebbe stato l’ultimo incontro.
«Rimaniamo trombamici.»
Per un attimo pensai di aver capito male. Davanti a me, Elenoire sorrideva con quella calma disarmante, quasi divertita dal mio sguardo spiazzato. Lei, la ragazza che la domenica mattina indossava il tailleur per andare in parrocchia, la catechista modello, stava proponendomi un patto che aveva ben poco di spirituale.
«Scusa?» balbettai.
Lei si avvicinò, appoggiandosi allo schienale della sedia con un’aria maliziosa che non le avevo mai visto. «Hai sentito bene. Non posso rinunciare a te… o meglio, al tuo corpo.» Fece una pausa, inclinò la testa e con un mezzo sorriso aggiunse: «Il tuo cazzo è la mia droga.»
Le sue dita, fredde e decise, scivolarono sul mio pacco sopra i jeans. Sentii un brivido che mi attraversò la schiena. Io che l’avevo sempre immaginata intoccabile, con quell’aria da brava ragazza, ora me la trovavo davanti così, sfacciata, spudorata, e più eccitante che mai.
Elenoire era alta, slanciata, con quelle gambe da ex modella che ancora sembravano fatte per le passerelle. I capelli castani a caschetto le incorniciavano il volto dolce, ma lo sguardo… lo sguardo in quel momento era tutto tranne che innocente. Sotto la camicetta bianca trasparivano curve che conoscevo fin troppo bene: il seno pieno che riempiva la mia mano, i fianchi morbidi che sapeva muovere con una naturalezza ipnotica.
«Quindi mi stai lasciando perché non vuoi sposarmi,» dissi, cercando di razionalizzare. «Perché io non credo, non vado in chiesa, non sopporto i preti…»
Lei annuì, ma intanto la sua mano non si era mossa. Al contrario, strinse più forte, facendomi gemere piano. «Appunto. Non sei l’uomo con cui costruire una famiglia, non secondo me, non secondo la mia fede. Ma sei l’uomo che mi fa impazzire a letto.»
Il contrasto era devastante. Vederla così, la mia Elenoire catechista, trasformata in una tentatrice, mi faceva esplodere dentro.
Mi alzai, e senza pensarci le presi il polso, guidando la sua mano ancora più in basso. I suoi occhi brillarono. «Allora vuoi davvero questo gioco?» le sussurrai all’orecchio, sentendo il suo profumo di vaniglia misto al calore della pelle.
«Voglio solo te, senza promesse, senza altari, senza anelli,» rispose, mordendosi il labbro inferiore.
E in quell’istante capii che qualsiasi logica, qualsiasi principio, non contava più. C’era solo lei, il suo corpo che mi sfidava, la sua voce che mi stregava, e il desiderio che bruciava tra di noi.
Le nostre mani si cercavano come calamite, esplorando ogni centimetro di pelle che potevamo raggiungere senza remore. Sentivo il battito del suo cuore accelerare sotto le mie dita e il respiro breve che tradiva il desiderio che la consumava.
Elenoire si appoggiò contro il muro, lasciando che le mie mani tracciassero linee invisibili sul suo corpo. Ogni movimento, ogni sfioramento, era un invito, una promessa silenziosa. I suoi occhi, scuri e brillanti, non distoglievano lo sguardo dal mio, come a sfidarmi a fermarmi… ma io non volevo fermarmi.
«Sei… così proibita,» le sussurrai, la voce rauca per l’eccitazione.
Lei sorrise, e il suo sorriso era un misto di innocenza e malizia. «Proibita?» ribatté, avvicinandosi fino a sfiorarmi il petto con il suo. «Non credo. Credo che tu sia esattamente dove dovresti essere.»
Il contatto era elettrico. La pelle contro la pelle, il calore che cresceva tra di noi, il profumo di vaniglia e pelle che mi avvolgeva… tutto mi stava facendo perdere il controllo. Le sue mani, abili e audaci, mi guidavano, mi provocavano, e io rispondevo senza esitazioni, dimenticando tutto tranne il brivido che correva tra noi.
Ci guardavamo, respirando a fatica, mentre i nostri corpi si muovevano vicini, quasi danzando in un ritmo fatto di desiderio e complicità. Ogni tocco era un messaggio chiaro: non ci sarebbero state promesse, né domani. Solo il presente, intenso, ardente, inebriante.
Quando le sue labbra sfiorarono il mio collo, un brivido mi percorse dalla testa ai piedi. Era la sua firma, il suo modo di dire senza parole: «Ora sei tutto mio.» E io non avevo alcuna intenzione di resistere.
Il respiro di Elenoire si faceva più corto, più rapido, e ogni piccolo movimento dei nostri corpi era un brivido che percorreva la mia schiena. La stanza sembrava restringersi attorno a noi, come se fossimo gli unici due al mondo, intrappolati in un vortice di caldo, pelle e desiderio.
Le sue mani, audaci e decise, mi guidavano con una naturalezza che mi faceva perdere la testa. Sfiorava, accarezzava, provocava… e io rispondevo istintivamente, esplorando con altrettanta fame ogni curva, ogni angolo nascosto, ogni punto vulnerabile che la faceva rabbrividire.
«Non… resisto…» riuscì a sussurrare tra un respiro e l’altro, e io sentii il mio corpo tendersi ancora di più al suono di quella confessione. La sua voce, normalmente dolce e composta, ora era roca, seducente, piena di brama.
Mi avvicinai lentamente, sentendo ogni centimetro di pelle contro pelle, e i nostri sguardi si intrecciarono in un dialogo silenzioso. Ogni movimento era un accordo segreto: un tocco qui, una carezza lì, un sospiro condiviso che faceva salire l’intensità.
Poi, senza preavviso, si sporse verso di me, le labbra appena sfioranti le mie. Era un contatto breve ma sufficiente a far tremare entrambe le gambe. Il suo corpo si premé contro il mio, e il calore che emanava mi avvolse come un fuoco lento e irresistibile.
Ci muovevamo insieme, esplorando ogni confine consentito, giocando con la tensione, accendendo il desiderio a ogni sospiro. Ogni gesto era una promessa silenziosa: niente domani, niente legami, solo il presente ardente, pulsante, proibito.
E lì, tra carezze rubate, sguardi ardenti e respiri affannosi, capii che Elenoire non era solo una tentazione: era un’esplosione, un vortice di passione che mi risucchiava e da cui non volevo scappare.
Il mondo fuori smise di esistere. C’eravamo solo noi, il desiderio che bruciava, e quella scintilla che prometteva altre ore di gioco, seduzione e piacere, fino a perdere completamente la ragione.
Quando finalmente ci staccammo, il respiro affannoso e i cuori che battevano all’unisono, rimase un silenzio carico di elettricità tra noi. Le sue dita sfiorarono le mie, un contatto leggero ma sufficiente a far tornare la pelle a vibrare.
Elenoire mi guardò con quell’espressione che mescolava complicità e malizia, come a dire: «Non c’è futuro, ma c’è tutto il presente.» Un sorriso lento si disegnò sulle sue labbra, dolce e provocante insieme.
«Allora… rimaniamo trombamici?» disse, con quella punta di ironia che riusciva a rendere ogni cosa ancora più irresistibile.
Annuii, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi, che brillavano di desiderio e di segreti non detti. E mentre ci allontanavamo, lentamente, con le mani che ancora si cercavano, sapevo che quel patto era un gioco pericoloso, irresistibile e completamente nostro.
Il mondo esterno poteva continuare a girare, la chiesa, i preti, le regole… ma noi avevamo scoperto un’intimità senza confini, una scintilla proibita che nessuno avrebbe mai potuto spegnere. E dentro di me, un sorriso malizioso sapeva già che non sarebbe stato l’ultimo incontro.
1
1
voti
voti
valutazione
6.8
6.8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La direttrice del carcere 10 Il gran finaleracconto sucessivo
Lino La settimana bianca e la moglie al pepe 1
Commenti dei lettori al racconto erotico