Il sapore della pioggia e di Te
di
Fuuka
genere
saffico
Mi ha svegliata il suono della pioggia, un ticchettio costante e ipnotico contro il vetro della finestra. Ma la prima cosa che ho sentito veramente, prima ancora di aprire gli occhi, è stato il tuo calore. Il mondo fuori era grigio e freddo, ma qui, sotto le nostre coperte, c'era il nostro santuario. Eri girata verso di me, che dormivi profondamente, ignara di tutto.
Sono rimasta lì a guardarti come una stupida, con una voglia pazzesca di saltarti addosso. La luce fioca e perlacea di questo mattino di pioggia dipingeva i contorni del tuo corpo, accarezzando la curva della tua spalla, la linea del tuo fianco nudo dove il lenzuolo era scivolato via. I tuoi capelli neri erano un casino sul cuscino, e le tue labbra erano leggermente aperte. Cazzo, quanto sei bella. Il pensiero di te così tranquilla, mentre fuori piove, così ignara della fame che mi stava divorando, mi eccitava ancora di più.
Ho allungato una mano e ho iniziato a toccarti la schiena. Piano, per non svegliarti subito. Volevo sentire la tua pelle sotto le dita, scendere lungo la spina dorsale e arrivare al tuo culo. Cazzo, quanto mi piace il tuo culo. L'ho stretto leggermente, una natica in ogni mano, godendomi la sua morbidezza.
Mi sono avvicinata ancora di più, fino ad affondare la faccia nell'incavo del tuo collo. Il tuo odore, quello di sonno, di pelle, mi fa impazzire. Ho iniziato a baciarti lì, sulla nuca, baci umidi e lenti, e ho sentito che iniziavi a muoverti, un piccolo brivido che ti ha scossa. Stavi tornando da me.
La mia mano è scivolata giù, tra le tue gambe. Eri già bagnata, cazzo. Il tuo corpo mi voleva anche mentre dormivi. Non ho avuto bisogno di cercare. Ho trovato subito la tua figa calda e umida e ho iniziato a giocare con il tuo clitoride, piano, solo con la punta di un dito, con un movimento circolare.
Lì ti sei svegliata. Non hai aperto gli occhi, ma hai fatto un gemito, di quelli bassi, profondi, che mi dicono esattamente cosa vuoi. Hai spinto il bacino contro la mia mano, inarcando la schiena, chiedendomi di più. Solo allora mi hai guardata, i tuoi occhi ancora impastati di sonno ma già scuri di desiderio.
Non abbiamo detto niente. Non serviva. Mi hai afferrato la testa con entrambe le mani e mi hai baciata con una foga che mi ha lasciato senza fiato. Un bacio bagnato, affamato, di chi non scopa da troppo tempo, anche se abbiamo scopato ieri sera. La tua lingua che cercava la mia, disperata, mentre il mio dito continuava il suo lavoro, più veloce adesso, più deciso.
Ti ho mollato la bocca, entrambi ansimanti, e sono scesa sulle tue tette. Hai una terza perfetta, e le tue areole scure mi fanno impazzire. Ne ho presa una in bocca e ho iniziato a succhiare forte, prendendo il capezzolo tra i denti, tirandolo, mordicchiandolo fino a farlo diventare duro come un sasso. Hai urlato, un suono acuto che si è perso nel rumore della pioggia, e io ho sorriso contro la tua pelle.
Le tue mani erano tra i miei capelli, stringevano, mi guidavano, mi imploravano. Ti stavo facendo impazzire, e non avevamo ancora nemmeno iniziato.
"Ti prego, Fuuka..." hai ansimato, la voce un sussurro rauco. "Ti prego..."
Sapevo cosa volevi. E non vedevo l'ora di dartelo. Ho lasciato le tue tette, ormai rosse e bagnate, e sono scesa ancora, baciandoti lo stomaco, sentendo i tuoi muscoli contrarsi sotto le mie labbra. Ti ho aperto le gambe con le mie spalle, senza alcuna delicatezza, e mi ci sono infilata in mezzo.
L'odore della tua figa bagnata mi ha riempito le narici. Voglio quel sapore in bocca per tutto il giorno. Ho guardato per un istante: le tue labbra umide e aperte, il tuo clitoride gonfio che pulsava per me. Un invito a cui era impossibile resistere. E poi, ho iniziato a leccarti.
La mia lingua ti ha toccata, e un brivido ti ha scossa tutta. Hai emesso un suono basso, un misto tra un gemito e un ringhio. Quel suono mi è entrato dritto nel cervello, accendendo ogni mia terminazione nervosa. Il tuo sapore era esattamente come lo ricordavo: dolce, salato, assolutamente tuo. Era la mia droga.
Ho iniziato lentamente, leccando le tue labbra esterne, assaggiandoti, godendomi i tuoi piccoli sussulti. Ma la fame era troppa. Volevo di più. Volevo tutto. Ho spinto la lingua più a fondo. Ho trovato il tuo clitoride, già incredibilmente gonfio e duro, e ho iniziato a lavorarlo. Prima con movimenti lenti e circolari, sentendo il modo in cui il tuo bacino si sollevava per incontrare la mia bocca, poi più velocemente, con più pressione, la punta della mia lingua che lo stuzzicava senza tregua.
Sentirti ansimare, sentirti gemere il mio nome in quel modo spezzato e disperato, era la mia più grande eccitazione. Sentivo il potere che avevo su di te, il potere di distruggerti con il piacere, e questo mi faceva sentire viva, forte. La mia stessa figa pulsava, bagnata, desiderosa, ma in quel momento il mio unico scopo eri tu.
Le tue mani, che prima erano tra i miei capelli, ora stringevano le lenzuola, le nocche bianche per lo sforzo. Le tue gambe si sono strette attorno alla mia testa, intrappolandomi, non che volessi scappare. Volevo solo andare più a fondo. Ho iniziato a succhiare il tuo clitoride, prendendolo tra le labbra, tirandolo leggermente con i denti. Hai urlato, questa volta senza ritegno, un suono così forte e acuto che ho temuto potessero sentirci. Ma non me ne fregava un cazzo.
"Oddio, Fuuka... sto per..." hai balbettato, la voce irriconoscibile.
"Non ancora," ho pensato. Non ero ancora pronta a lasciarti andare. Ho rallentato di colpo, tornando a leccarti pigramente, torturandoti. Ti ho sentita fremere di frustrazione, un suono quasi un piagnucolio. Ho sorriso contro la tua pelle bagnata.
"Implorami," ti ho sussurrato contro il sesso.
"Ti prego... ti prego, fammi venire..." hai pianto, e quella era la resa che volevo.
Ho ripreso il mio assalto, questa volta con una furia che non lasciava scampo. La mia lingua era un fulmine, la mia bocca un vortice. Ti sentivo tremare, sentivo i muscoli del tuo ventre contrarsi. Eri lì, sull'orlo del precipizio. Ho spinto due dita dentro di te, nel tuo canale stretto e caldo, e ho iniziato a muoverle a ritmo con la mia lingua.
Quello è stato il colpo di grazia.
Il tuo orgasmo è stato una tempesta. Ho sentito il tuo corpo intero irrigidirsi come una corda di violino, per poi essere scosso da convulsioni violente. Hai urlato il mio nome, un suono lungo e lacerante, mentre la tua vagina pulsava contro la mia bocca, inondandomi con il tuo sapore. Non mi sono fermata. Ho continuato a leccarti, a bere il tuo piacere, ingoiando ogni singola goccia, fino a quando anche l'ultimo spasmo non si è placato.
Quando tutto è finito, sei crollata sul letto, ansimante, un fascio di nervi tremanti. Sono rimasta lì per un istante, il viso ancora tra le tue cosce, respirando il tuo odore post-orgasmo, il profumo della mia vittoria. Poi mi sono tirata su, leccandomi le labbra, assaporandoti.
Eri un disastro meraviglioso, i capelli incollati alla fronte sudata, il petto che si alzava e si abbassava velocemente, gli occhi chiusi in un'espressione di estasi pura. Vederti così, distrutta da me, non ha spento il mio desiderio. Anzi. Lo ha alimentato a dismisura. Ora toccava a me. E vedendo lo sguardo che mi hai lanciato quando hai riaperto gli occhi, ho capito che non avevi nessuna intenzione di lasciarmi aspettare.
Non mi hai dato nemmeno il tempo di pensare. Con una forza che mi ha sorpresa, le tue mani mi hanno afferrata per le spalle e mi hai tirata giù, ribaltando le nostre posizioni con un unico, fluido movimento. Ora ero io sulla schiena, con te sopra di me, i tuoi capelli neri che mi cadevano sul viso come una tenda di seta. I tuoi occhi erano scuri, affamati, e vi ho letto una promessa di una vendetta dolcissima.
Mi hai baciata, e sulla mia bocca avevo ancora il tuo sapore. Un sapore che avevo appena bevuto, e che ora ti stavo restituendo. Quel bacio è stato una delle cose più erotiche che abbia mai provato. Mi ha fatto sentire posseduta, marchiata, completamente tua. Le tue mani non erano più deboli e tremanti; erano forti, decise. Mi tenevano i polsi bloccati sopra la testa, un gesto di dominio che mi ha tolto il fiato e ha fatto schizzare il mio desiderio alle stelle.
Hai interrotto il bacio per guardarmi. “Adesso tocca a te,” hai sussurrato, la tua voce roca e piena di una determinazione che mi ha fatto tremare.
E poi hai iniziato la tua lenta discesa. La tua bocca ha lasciato la mia e ha iniziato un percorso di fuoco sulla mia pelle. Baci sul mento, sul collo, mordicchiando il punto sensibile dietro il mio orecchio. Sentivo la pelle d’oca invadermi, ogni tuo tocco che lasciava una scia di fuoco. Sei scesa sul mio petto, le tue mani che finalmente liberavano i miei polsi per stringere i miei seni. Li hai impastati, li hai strizzati, mentre la tua bocca si chiudeva su un capezzolo, succhiandolo con una forza che mi ha fatto inarcare la schiena e gemere il tuo nome.
Hai dedicato a ogni seno un’attenzione quasi crudele, portandomi a un livello di eccitazione che era già quasi insostenibile. Ma non avevi ancora finito. I tuoi baci sono scesi ancora, sullo sterno, sullo stomaco, e io mi contorcevo sotto di te, impotente, completamente alla tua mercé. Le mie mani ora erano aggrappate alle tue spalle, le unghie che si conficcavano nella tua pelle.
Sei arrivata al bordo dei miei slip, e con i denti, lentamente, hai iniziato a tirarli giù, un gesto così animalesco e possessivo che mi ha fatto quasi venire all’istante. Quando mi hai liberata dall’ultimo pezzo di stoffa, hai sollevato la testa per guardarmi. Hai guardato la mia figa, bagnata e pulsante per te, e ho visto un sorriso predatore sul tuo volto.
“Sei bellissima,” hai detto. E poi, hai affondato il viso tra le mie gambe.
La sensazione della tua bocca calda su di me è stata uno shock. La tua lingua, sapiente e spietata, ha trovato subito il mio clitoride. Non c’è stata la lentezza con cui io avevo torturato te. C’è stata un’urgenza, una fame. Hai iniziato a leccarmi con un ritmo veloce e costante, la tua lingua che era un tormento perfetto, mentre le tue dita mi aprivano, esplorandomi, preparandomi.
Ho perso completamente il controllo. Il mio mondo si è ristretto a quella sensazione, a quel punto incandescente tra le mie gambe dove la tua bocca stava facendo la sua magia. Le mie anche hanno iniziato a muoversi da sole, spingendo contro il tuo viso, cercando di ottenere di più, di più, sempre di più. I miei gemiti non erano più suoni controllati, erano grida roche, suppliche.
“Yuko… ti prego… sto per…”
Ma tu non mi ascoltavi. O forse mi ascoltavi fin troppo bene. Hai aumentato la pressione, hai iniziato a succhiare il mio clitoride con una forza che mi ha fatto vedere le stelle. E poi, hai spinto le tue dita più a fondo, colpendo quel punto segreto dentro di me che sapevi mi avrebbe distrutta.
L’orgasmo mi ha travolta come un treno in corsa. Ho urlato, un suono acuto e liberatorio che si è perso nel rumore della pioggia fuori. Il mio corpo si è irrigidito completamente, per poi essere scosso da spasmi così violenti da farmi sollevare dal letto. Ho sentito il piacere esplodere dal centro del mio essere, un’onda di calore bianco che mi ha annientata, lasciandomi completamente svuotata, tremante e fradicia.
Sei rimasta lì, a leccare le ultime scosse del mio orgasmo, finché non sono tornata a respirare. Quando ti sei tirata su, avevi il mio sapore sulle labbra e la luce della vittoria negli occhi. Ero completamente tua, distrutta e felice. E sapevo, guardandoti, che la nostra mattinata di pioggia era appena iniziata.
Il mio corpo tremava ancora per le scosse del mio orgasmo, la mia pelle era così sensibile che anche l’aria sembrava una carezza ruvida. Ma la vista di te, con il mio sapore sulle labbra e quella luce predatrice negli occhi, spense ogni traccia di stanchezza. Un nuovo tipo di fame, più profonda e più urgente, si fece strada dentro di me. Non mi bastava più averti assaggiato. Ora volevo possederti. Volevo essere dentro di te.
Ti afferrai, ti tirai giù per un bacio, un bacio disperato, bagnato, che sapeva di entrambe. Un bacio che non chiedeva, ma pretendeva. E poi, con un’ondata di adrenalina, ci ribaltai. Ora ero io sopra, a cavalcioni su di te, padrona della situazione. I nostri sessi umidi si schiacciarono l’uno contro l’altro, e un gemito ci sfuggì all’unisono.
Ti guardai dall’alto. Eri bellissima, i capelli sparsi, le labbra gonfie, gli occhi scuri che mi fissavano con una resa totale. “Non ho ancora finito con te,” ti sussurrai, la mia voce un ringhio basso.
Iniziai a muovermi, strusciando lentamente il mio clitoride, ancora incredibilmente sensibile, contro il tuo. La frizione era quasi dolorosa, un piacere così acuto da togliere il fiato. Sentivo la nostra umidità che si mescolava, rendendo ogni movimento più fluido, più scivoloso. Ma non era abbastanza.
Spostai leggermente il mio peso e infilai due dita dentro di te. Eri così calda, così bagnata, così stretta. Mi accogliesti con una contrazione involontaria che mi fece quasi impazzire. Iniziai a scoparti. Dita che si muovevano con un ritmo deciso, profondo, mentre il mio bacino continuava a strusciare contro il tuo, in una danza che ci stava portando entrambe sull’orlo della follia.
Sentivo tutto. Sentivo il mio piacere che cresceva a ogni frizione, ma era amplificato dal tuo. Sentivo i tuoi muscoli che si stringevano attorno alle mie dita, sentivo i tuoi gemiti diventare sempre più forti, sentivo il tuo corpo che iniziava a tremare sotto il mio. Stavi per venire di nuovo. E io stavo per seguirti.
“Vieni per me, Yuko,” ansimai, aumentando la velocità, scopandoti con una furia che era puro desiderio. “Vieni con me.”
Il tuo orgasmo arrivò per primo, un’onda potente che ti fece inarcare la schiena con una forza tale da sollevarmi. Urlasti, un suono primordiale, mentre il tuo sesso si contraeva violentemente attorno alle mie dita, inondandole. E quella sensazione, la sensazione del tuo piacere che esplodeva dentro di me, fu la spinta finale.
Il mio secondo orgasmo fu diverso dal primo. Non fu un’esplosione, fu uno scioglimento. Sentii ogni barriera tra noi dissolversi, ogni confine tra il mio corpo e il tuo svanire. Venni con un lungo sospiro, sentendo il piacere irradiarsi in ogni fibra del mio essere, una sensazione di pura, assoluta beatitudine.
Crollai su di te, il mio viso sepolto nell’incavo del tuo collo. Eravamo un groviglio di arti sudati, i nostri cuori che battevano all’unisono, cercando di riprendere un ritmo normale. La stanza era piena del nostro odore, l’odore del sesso, della passione, dell’amore.
Rimanemmo così, in silenzio, per un tempo infinito. E in quel silenzio, rotto solo dal suono dolce e costante della pioggia contro il vetro, eravamo una cosa sola.
Sono rimasta lì a guardarti come una stupida, con una voglia pazzesca di saltarti addosso. La luce fioca e perlacea di questo mattino di pioggia dipingeva i contorni del tuo corpo, accarezzando la curva della tua spalla, la linea del tuo fianco nudo dove il lenzuolo era scivolato via. I tuoi capelli neri erano un casino sul cuscino, e le tue labbra erano leggermente aperte. Cazzo, quanto sei bella. Il pensiero di te così tranquilla, mentre fuori piove, così ignara della fame che mi stava divorando, mi eccitava ancora di più.
Ho allungato una mano e ho iniziato a toccarti la schiena. Piano, per non svegliarti subito. Volevo sentire la tua pelle sotto le dita, scendere lungo la spina dorsale e arrivare al tuo culo. Cazzo, quanto mi piace il tuo culo. L'ho stretto leggermente, una natica in ogni mano, godendomi la sua morbidezza.
Mi sono avvicinata ancora di più, fino ad affondare la faccia nell'incavo del tuo collo. Il tuo odore, quello di sonno, di pelle, mi fa impazzire. Ho iniziato a baciarti lì, sulla nuca, baci umidi e lenti, e ho sentito che iniziavi a muoverti, un piccolo brivido che ti ha scossa. Stavi tornando da me.
La mia mano è scivolata giù, tra le tue gambe. Eri già bagnata, cazzo. Il tuo corpo mi voleva anche mentre dormivi. Non ho avuto bisogno di cercare. Ho trovato subito la tua figa calda e umida e ho iniziato a giocare con il tuo clitoride, piano, solo con la punta di un dito, con un movimento circolare.
Lì ti sei svegliata. Non hai aperto gli occhi, ma hai fatto un gemito, di quelli bassi, profondi, che mi dicono esattamente cosa vuoi. Hai spinto il bacino contro la mia mano, inarcando la schiena, chiedendomi di più. Solo allora mi hai guardata, i tuoi occhi ancora impastati di sonno ma già scuri di desiderio.
Non abbiamo detto niente. Non serviva. Mi hai afferrato la testa con entrambe le mani e mi hai baciata con una foga che mi ha lasciato senza fiato. Un bacio bagnato, affamato, di chi non scopa da troppo tempo, anche se abbiamo scopato ieri sera. La tua lingua che cercava la mia, disperata, mentre il mio dito continuava il suo lavoro, più veloce adesso, più deciso.
Ti ho mollato la bocca, entrambi ansimanti, e sono scesa sulle tue tette. Hai una terza perfetta, e le tue areole scure mi fanno impazzire. Ne ho presa una in bocca e ho iniziato a succhiare forte, prendendo il capezzolo tra i denti, tirandolo, mordicchiandolo fino a farlo diventare duro come un sasso. Hai urlato, un suono acuto che si è perso nel rumore della pioggia, e io ho sorriso contro la tua pelle.
Le tue mani erano tra i miei capelli, stringevano, mi guidavano, mi imploravano. Ti stavo facendo impazzire, e non avevamo ancora nemmeno iniziato.
"Ti prego, Fuuka..." hai ansimato, la voce un sussurro rauco. "Ti prego..."
Sapevo cosa volevi. E non vedevo l'ora di dartelo. Ho lasciato le tue tette, ormai rosse e bagnate, e sono scesa ancora, baciandoti lo stomaco, sentendo i tuoi muscoli contrarsi sotto le mie labbra. Ti ho aperto le gambe con le mie spalle, senza alcuna delicatezza, e mi ci sono infilata in mezzo.
L'odore della tua figa bagnata mi ha riempito le narici. Voglio quel sapore in bocca per tutto il giorno. Ho guardato per un istante: le tue labbra umide e aperte, il tuo clitoride gonfio che pulsava per me. Un invito a cui era impossibile resistere. E poi, ho iniziato a leccarti.
La mia lingua ti ha toccata, e un brivido ti ha scossa tutta. Hai emesso un suono basso, un misto tra un gemito e un ringhio. Quel suono mi è entrato dritto nel cervello, accendendo ogni mia terminazione nervosa. Il tuo sapore era esattamente come lo ricordavo: dolce, salato, assolutamente tuo. Era la mia droga.
Ho iniziato lentamente, leccando le tue labbra esterne, assaggiandoti, godendomi i tuoi piccoli sussulti. Ma la fame era troppa. Volevo di più. Volevo tutto. Ho spinto la lingua più a fondo. Ho trovato il tuo clitoride, già incredibilmente gonfio e duro, e ho iniziato a lavorarlo. Prima con movimenti lenti e circolari, sentendo il modo in cui il tuo bacino si sollevava per incontrare la mia bocca, poi più velocemente, con più pressione, la punta della mia lingua che lo stuzzicava senza tregua.
Sentirti ansimare, sentirti gemere il mio nome in quel modo spezzato e disperato, era la mia più grande eccitazione. Sentivo il potere che avevo su di te, il potere di distruggerti con il piacere, e questo mi faceva sentire viva, forte. La mia stessa figa pulsava, bagnata, desiderosa, ma in quel momento il mio unico scopo eri tu.
Le tue mani, che prima erano tra i miei capelli, ora stringevano le lenzuola, le nocche bianche per lo sforzo. Le tue gambe si sono strette attorno alla mia testa, intrappolandomi, non che volessi scappare. Volevo solo andare più a fondo. Ho iniziato a succhiare il tuo clitoride, prendendolo tra le labbra, tirandolo leggermente con i denti. Hai urlato, questa volta senza ritegno, un suono così forte e acuto che ho temuto potessero sentirci. Ma non me ne fregava un cazzo.
"Oddio, Fuuka... sto per..." hai balbettato, la voce irriconoscibile.
"Non ancora," ho pensato. Non ero ancora pronta a lasciarti andare. Ho rallentato di colpo, tornando a leccarti pigramente, torturandoti. Ti ho sentita fremere di frustrazione, un suono quasi un piagnucolio. Ho sorriso contro la tua pelle bagnata.
"Implorami," ti ho sussurrato contro il sesso.
"Ti prego... ti prego, fammi venire..." hai pianto, e quella era la resa che volevo.
Ho ripreso il mio assalto, questa volta con una furia che non lasciava scampo. La mia lingua era un fulmine, la mia bocca un vortice. Ti sentivo tremare, sentivo i muscoli del tuo ventre contrarsi. Eri lì, sull'orlo del precipizio. Ho spinto due dita dentro di te, nel tuo canale stretto e caldo, e ho iniziato a muoverle a ritmo con la mia lingua.
Quello è stato il colpo di grazia.
Il tuo orgasmo è stato una tempesta. Ho sentito il tuo corpo intero irrigidirsi come una corda di violino, per poi essere scosso da convulsioni violente. Hai urlato il mio nome, un suono lungo e lacerante, mentre la tua vagina pulsava contro la mia bocca, inondandomi con il tuo sapore. Non mi sono fermata. Ho continuato a leccarti, a bere il tuo piacere, ingoiando ogni singola goccia, fino a quando anche l'ultimo spasmo non si è placato.
Quando tutto è finito, sei crollata sul letto, ansimante, un fascio di nervi tremanti. Sono rimasta lì per un istante, il viso ancora tra le tue cosce, respirando il tuo odore post-orgasmo, il profumo della mia vittoria. Poi mi sono tirata su, leccandomi le labbra, assaporandoti.
Eri un disastro meraviglioso, i capelli incollati alla fronte sudata, il petto che si alzava e si abbassava velocemente, gli occhi chiusi in un'espressione di estasi pura. Vederti così, distrutta da me, non ha spento il mio desiderio. Anzi. Lo ha alimentato a dismisura. Ora toccava a me. E vedendo lo sguardo che mi hai lanciato quando hai riaperto gli occhi, ho capito che non avevi nessuna intenzione di lasciarmi aspettare.
Non mi hai dato nemmeno il tempo di pensare. Con una forza che mi ha sorpresa, le tue mani mi hanno afferrata per le spalle e mi hai tirata giù, ribaltando le nostre posizioni con un unico, fluido movimento. Ora ero io sulla schiena, con te sopra di me, i tuoi capelli neri che mi cadevano sul viso come una tenda di seta. I tuoi occhi erano scuri, affamati, e vi ho letto una promessa di una vendetta dolcissima.
Mi hai baciata, e sulla mia bocca avevo ancora il tuo sapore. Un sapore che avevo appena bevuto, e che ora ti stavo restituendo. Quel bacio è stato una delle cose più erotiche che abbia mai provato. Mi ha fatto sentire posseduta, marchiata, completamente tua. Le tue mani non erano più deboli e tremanti; erano forti, decise. Mi tenevano i polsi bloccati sopra la testa, un gesto di dominio che mi ha tolto il fiato e ha fatto schizzare il mio desiderio alle stelle.
Hai interrotto il bacio per guardarmi. “Adesso tocca a te,” hai sussurrato, la tua voce roca e piena di una determinazione che mi ha fatto tremare.
E poi hai iniziato la tua lenta discesa. La tua bocca ha lasciato la mia e ha iniziato un percorso di fuoco sulla mia pelle. Baci sul mento, sul collo, mordicchiando il punto sensibile dietro il mio orecchio. Sentivo la pelle d’oca invadermi, ogni tuo tocco che lasciava una scia di fuoco. Sei scesa sul mio petto, le tue mani che finalmente liberavano i miei polsi per stringere i miei seni. Li hai impastati, li hai strizzati, mentre la tua bocca si chiudeva su un capezzolo, succhiandolo con una forza che mi ha fatto inarcare la schiena e gemere il tuo nome.
Hai dedicato a ogni seno un’attenzione quasi crudele, portandomi a un livello di eccitazione che era già quasi insostenibile. Ma non avevi ancora finito. I tuoi baci sono scesi ancora, sullo sterno, sullo stomaco, e io mi contorcevo sotto di te, impotente, completamente alla tua mercé. Le mie mani ora erano aggrappate alle tue spalle, le unghie che si conficcavano nella tua pelle.
Sei arrivata al bordo dei miei slip, e con i denti, lentamente, hai iniziato a tirarli giù, un gesto così animalesco e possessivo che mi ha fatto quasi venire all’istante. Quando mi hai liberata dall’ultimo pezzo di stoffa, hai sollevato la testa per guardarmi. Hai guardato la mia figa, bagnata e pulsante per te, e ho visto un sorriso predatore sul tuo volto.
“Sei bellissima,” hai detto. E poi, hai affondato il viso tra le mie gambe.
La sensazione della tua bocca calda su di me è stata uno shock. La tua lingua, sapiente e spietata, ha trovato subito il mio clitoride. Non c’è stata la lentezza con cui io avevo torturato te. C’è stata un’urgenza, una fame. Hai iniziato a leccarmi con un ritmo veloce e costante, la tua lingua che era un tormento perfetto, mentre le tue dita mi aprivano, esplorandomi, preparandomi.
Ho perso completamente il controllo. Il mio mondo si è ristretto a quella sensazione, a quel punto incandescente tra le mie gambe dove la tua bocca stava facendo la sua magia. Le mie anche hanno iniziato a muoversi da sole, spingendo contro il tuo viso, cercando di ottenere di più, di più, sempre di più. I miei gemiti non erano più suoni controllati, erano grida roche, suppliche.
“Yuko… ti prego… sto per…”
Ma tu non mi ascoltavi. O forse mi ascoltavi fin troppo bene. Hai aumentato la pressione, hai iniziato a succhiare il mio clitoride con una forza che mi ha fatto vedere le stelle. E poi, hai spinto le tue dita più a fondo, colpendo quel punto segreto dentro di me che sapevi mi avrebbe distrutta.
L’orgasmo mi ha travolta come un treno in corsa. Ho urlato, un suono acuto e liberatorio che si è perso nel rumore della pioggia fuori. Il mio corpo si è irrigidito completamente, per poi essere scosso da spasmi così violenti da farmi sollevare dal letto. Ho sentito il piacere esplodere dal centro del mio essere, un’onda di calore bianco che mi ha annientata, lasciandomi completamente svuotata, tremante e fradicia.
Sei rimasta lì, a leccare le ultime scosse del mio orgasmo, finché non sono tornata a respirare. Quando ti sei tirata su, avevi il mio sapore sulle labbra e la luce della vittoria negli occhi. Ero completamente tua, distrutta e felice. E sapevo, guardandoti, che la nostra mattinata di pioggia era appena iniziata.
Il mio corpo tremava ancora per le scosse del mio orgasmo, la mia pelle era così sensibile che anche l’aria sembrava una carezza ruvida. Ma la vista di te, con il mio sapore sulle labbra e quella luce predatrice negli occhi, spense ogni traccia di stanchezza. Un nuovo tipo di fame, più profonda e più urgente, si fece strada dentro di me. Non mi bastava più averti assaggiato. Ora volevo possederti. Volevo essere dentro di te.
Ti afferrai, ti tirai giù per un bacio, un bacio disperato, bagnato, che sapeva di entrambe. Un bacio che non chiedeva, ma pretendeva. E poi, con un’ondata di adrenalina, ci ribaltai. Ora ero io sopra, a cavalcioni su di te, padrona della situazione. I nostri sessi umidi si schiacciarono l’uno contro l’altro, e un gemito ci sfuggì all’unisono.
Ti guardai dall’alto. Eri bellissima, i capelli sparsi, le labbra gonfie, gli occhi scuri che mi fissavano con una resa totale. “Non ho ancora finito con te,” ti sussurrai, la mia voce un ringhio basso.
Iniziai a muovermi, strusciando lentamente il mio clitoride, ancora incredibilmente sensibile, contro il tuo. La frizione era quasi dolorosa, un piacere così acuto da togliere il fiato. Sentivo la nostra umidità che si mescolava, rendendo ogni movimento più fluido, più scivoloso. Ma non era abbastanza.
Spostai leggermente il mio peso e infilai due dita dentro di te. Eri così calda, così bagnata, così stretta. Mi accogliesti con una contrazione involontaria che mi fece quasi impazzire. Iniziai a scoparti. Dita che si muovevano con un ritmo deciso, profondo, mentre il mio bacino continuava a strusciare contro il tuo, in una danza che ci stava portando entrambe sull’orlo della follia.
Sentivo tutto. Sentivo il mio piacere che cresceva a ogni frizione, ma era amplificato dal tuo. Sentivo i tuoi muscoli che si stringevano attorno alle mie dita, sentivo i tuoi gemiti diventare sempre più forti, sentivo il tuo corpo che iniziava a tremare sotto il mio. Stavi per venire di nuovo. E io stavo per seguirti.
“Vieni per me, Yuko,” ansimai, aumentando la velocità, scopandoti con una furia che era puro desiderio. “Vieni con me.”
Il tuo orgasmo arrivò per primo, un’onda potente che ti fece inarcare la schiena con una forza tale da sollevarmi. Urlasti, un suono primordiale, mentre il tuo sesso si contraeva violentemente attorno alle mie dita, inondandole. E quella sensazione, la sensazione del tuo piacere che esplodeva dentro di me, fu la spinta finale.
Il mio secondo orgasmo fu diverso dal primo. Non fu un’esplosione, fu uno scioglimento. Sentii ogni barriera tra noi dissolversi, ogni confine tra il mio corpo e il tuo svanire. Venni con un lungo sospiro, sentendo il piacere irradiarsi in ogni fibra del mio essere, una sensazione di pura, assoluta beatitudine.
Crollai su di te, il mio viso sepolto nell’incavo del tuo collo. Eravamo un groviglio di arti sudati, i nostri cuori che battevano all’unisono, cercando di riprendere un ritmo normale. La stanza era piena del nostro odore, l’odore del sesso, della passione, dell’amore.
Rimanemmo così, in silenzio, per un tempo infinito. E in quel silenzio, rotto solo dal suono dolce e costante della pioggia contro il vetro, eravamo una cosa sola.
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