Dolce resa

di
genere
saffico

La nostra camera da letto è un guscio di penombra e silenzio, illuminata solo dalla lama di luce calda che filtra da sotto la porta del bagno. Da lì dentro, sento la musica dell’acqua: lo scroscio costante e ritmico della doccia che colpisce il vetro e il pavimento. È un suono che mi culla e, allo stesso tempo, mi carica di un’attesa quasi dolorosa.

​Sono nuda, sdraiata supina sul nostro letto, con il lenzuolo di cotone leggero tirato appena sopra l’ombelico. L’aria della stanza è fresca contro la pelle nuda dei miei seni, e la sensazione non fa che acuire la mia consapevolezza. Ad ogni respiro, sento il tessuto leggero sfiorare i miei capezzoli, che si sono già induriti, due piccole gemme tese che aspettano solo il suo tocco.

​La mia mano destra si muove quasi da sola, con una pigrizia sensuale. Le mie dita tracciano il contorno della mia clavicola, scendono nello spazio morbido tra i miei seni, poi risalgono a cerchiare il capezzolo sinistro. Lo sfioro appena con l’unghia. Un brivido mi percorre lo stomaco, scendendo dritto verso il basso.

​È lì dentro, a pochi metri da me. La immagino.

​Immagino l’acqua calda che le cola addosso, che le bagna i lunghi capelli neri fino a farli aderire alla sua schiena. Immagino le sue mani che insaponano il suo corpo, le dita che scivolano sui suoi fianchi, sui suoi seni sodi, sul suo ventre. Immagino una goccia d’acqua che si fa strada lentamente dalla sua gola, scende tra le sue tette, e si perde nel vello scuro tra le sue gambe.

​A questo pensiero, la mia stessa figa risponde con una pulsazione sorda, un calore liquido che si espande. È un desiderio dolce, impaziente. Le mie piccole labbra si stanno già gonfiando, diventando umide e sensibili. La mia mano abbandona il mio seno e scende, esitante. Sfiora il mio ventre, poi si posa sul mio pube.

​Proprio in quell’istante, il suono dell’acqua cessa.

​Il silenzio improvviso è un colpo al cuore. Il mio respiro si blocca in gola.

​Sento i suoi movimenti attutiti oltre la porta. Il fruscio morbido di un asciugamano. Sento il suo profumo, quell’aroma di sandalo e pelle pulita, che inizia a farsi strada nella stanza, mescolandosi al vapore. La mia mano, ferma sul mio pube, ora trema leggermente.

​Ritiro la mano e la appoggio sul cuscino accanto alla mia testa, in un finto atteggiamento di attesa innocente. Ma non c’è nulla di innocente in me, in questo momento. Il mio corpo è un arco teso. La mia vulva è un fiore che si è aperto, bagnato di rugiada, che aspetta solo lei.

​La maniglia della porta si abbassa.

​La porta si apre, e la luce calda del bagno la incornicia come un’apparizione. È avvolta in un asciugamano bianco, ma se lo sta già sfilando. Lo lascia cadere a terra con noncuranza.

​E poi è lì. Nuda.

​È un sogno. La sua pelle è di un rosa delicato per il calore, e brilla di migliaia di micro-goccioline che la luce fa scintillare. I suoi capelli neri e lunghissimi sono pesanti d’acqua, incollati alle sue spalle e alla curva perfetta della sua schiena, incorniciando il suo viso dolce.

​I suoi occhi neri incontrano i miei.

​Un sorriso lento, quasi timido ma carico di promesse, le illumina il viso. Non dice una parola. Inizia a camminare verso il letto. Ogni suo passo è un capolavoro di grazia femminile. Vedo i suoi seni pieni che ondeggiano leggermente, i suoi fianchi morbidi, le sue gambe lunghe e lisce.

​Il mio cuore sta martellando così forte che sono sicura lei possa sentirlo.

​Si ferma accanto al letto. Mi guarda, il suo sguardo che scende dal mio viso, sul mio collo, sui miei seni scoperti, fino al lenzuolo che copre il resto di me.

​“Ciao,” sussurra, la sua voce un po’ roca per il vapore.

​“Ciao,” rispondo, la mia voce un soffio.

​Con un gesto lento, sollevo l’angolo del lenzuolo. È un invito.

​Il suo sorriso si allarga. Si infila sotto le coperte. Il suo corpo è un’ondata di calore umido e morbido contro il mio. La sua pelle bagnata contro la mia pelle asciutta è una sensazione che mi fa rabbrividire dalla testa ai piedi.

​Si gira su un fianco, per guardarmi. Il suo profumo mi avvolge, mi stordisce. Il suo viso è a pochi centimetri dal mio.

​“Mi hai aspettata,” mormora, e non è una domanda.

​“Sempre,” sussurro io, alzando una mano per scostarle una ciocca umida dalla guancia.

​I suoi occhi scendono sulle mie labbra, e poi di nuovo nei miei occhi. Si avvicina, lentamente, finché i nostri respiri non si mescolano. Il suo alito sa di menta e di lei.

​E poi, finalmente, mi bacia.

Il bacio è morbido all'inizio, un tocco quasi timido. Sento la pienezza delle sue labbra calde contro le mie, ancora umide per la doccia. Sanno di menta e di lei, quel sapore unico che è casa, che è desiderio. Il mio cuore, che un attimo fa martellava, ora sembra sciogliersi, diffondendo un calore liquido e denso in tutto il mio petto, giù fino alla pancia.

​Apro le labbra, un invito muto, e la sua lingua incontra la mia. Non è un assalto, è una danza. Una carezza lenta, bagnata, che esplora la mia bocca con una dolcezza che mi disarma. Assaggia, stuzzica, si intreccia alla mia. Gemo piano contro le sue labbra, un suono che è pura beatitudine, e la stringo più forte a me.

​Il suo corpo nudo è un'ondata di calore. La sua pelle, ancora umida e calda, è la sensazione più incredibile contro la mia, che era fresca per l'attesa. È come essere avvolta nel vapore e nella seta. Il mio braccio scivola intorno alla sua schiena, e sento la sua pelle liscia, le piccole goccioline d'acqua che mi bagnano, fondendo il nostro calore in un'unica, umida intimità.

​L'altra mia mano, quella che non la sta stringendo, non resta ferma. Non può. Scende, tracciando la curva elegante della sua spina dorsale, sentendo ogni singola vertebra sotto i miei polpastrelli. Scendo ancora, sulla curva morbida e piena dei suoi fianchi. Il suo culo è sodo e perfetto sotto il mio palmo. Lo stringo leggermente, un gesto possessivo ma tenero, e la sento sorridere contro la mia bocca. È una promessa silenziosa.

​Nello stesso momento, la sua mano, che era sul cuscino, scende. Le sue dita fresche mi accarezzano la guancia, tracciano la linea sensibile del mio collo, un tocco così leggero che è quasi un solletico, ma mi fa rabbrividire. Poi la sua mano si posa sul mio seno.

​Sussulto nel bacio, un piccolo suono spezzato. La sua mano è così delicata, ma così sicura. Il suo palmo copre interamente il mio seno, e il suo calore è un sigillo. Poi il suo pollice si muove. Trova il mio capezzolo, già teso e implorante, e inizia a disegnarci sopra cerchi lenti. Lo stuzzica, lo sfiora, lo pizzica appena con la punta dell'unghia.

​Un'onda di piacere puro mi colpisce dritta nel basso ventre. Il mio bacino si muove istintivamente contro il suo, un piccolo spasmo involontario. La mia figa pulsa, un ritmo umido e insistente che risponde al suo tocco. La sento bagnarsi ancora di più, il mio desiderio che si scioglie, pronto per lei.

​Rompo il bacio, ansimando. Ci guardiamo, le fronti appoggiate, i nostri respiri affannosi che si mescolano. I suoi occhi neri sono pozze lucide, annebbiati di lussuria.

​"Sei bellissima," le sussurro, la mia voce un filo.

​Lei non risponde a parole. Si china di nuovo e la sua bocca trova la mia gola, baciando il punto sensibile dove sento il mio stesso sangue pulsare. Getto la testa all'indietro sul cuscino, in una resa totale, offrendole di più.

​Ora le mie mani sono libere. Salgono entrambe, trovando i suoi seni. Sono pesanti, pieni, una sensazione meravigliosa. Prendo i suoi capezzoli tra il pollice e l'indice, imitando il suo gesto. Sono duri, sensibili. Li arrotolo delicatamente, e la sento gemere contro la mia pelle, un suono gutturale, profondo, che mi fa vibrare l'anima.

​La sua bocca scende ancora, lasciando una scia di baci umidi sulla mia clavicola, e poi più giù, nella valle morbida tra i miei seni. La sua lingua calda mi lecca, proprio lì, e io mi sento sciogliere, un burro caldo sotto il sole. Stringo le lenzuola tra le dita, il mio corpo che si inarca verso di lei, implorando.

Il bacio di Yuko sulla mia pelle è una benedizione umida e calda. La sua bocca, che un attimo fa era nella valle tra i miei seni, ora si sposta, scegliendo una nuova meta. Sento la sua lingua tracciare un sentiero di fuoco liquido sul mio sterno, e poi scendere, lenta, inesorabile, sul mio ventre.

​Getto la testa all'indietro, i miei capelli neri si spargono sul cuscino. Le mie mani, che stavano tormentando dolcemente i suoi capezzoli, ora si aprono e si chiudono senza meta, stringendo pugni di lenzuola. Ogni centimetro che la sua bocca conquista mi manda scosse di piacere direttamente al basso ventre. La mia figa è un nido caldo e pulsante, fradicia, che aspetta. Sento il mio stesso liquido, dolce e scivoloso, bagnare le mie piccole labbra, preparandole al suo arrivo.

​Yuko si ferma un istante. Il suo viso è all'altezza del mio ombelico. Sento il suo respiro caldo contro la mia pelle tesa. La sua lingua guizza fuori e mi lecca l'ombelico, un gesto giocoso, quasi innocente, che mi fa sussultare e ridacchiare allo stesso tempo. Ma il mio riso si spezza in un gemito quando sento le sue mani posarsi sulle mie ginocchia.

​Con una pressione delicata ma decisa, mi apre le gambe.

​È un atto di resa totale. Il mio corpo obbedisce, le mie cosce si separano, esponendo il mio nucleo più intimo al suo sguardo. L'aria fresca della stanza, per un solo istante, colpisce la mia vulva bagnata, facendomi rabbrividire di un'anticipazione quasi dolorosa.

​E poi, sento il suo calore.

​Il suo viso si posiziona tra le mie gambe aperte. Sento i suoi capelli lunghi e umidi che mi sfiorano l'interno coscia, un solletico che mi fa tendere i muscoli. Il mio bacino si solleva istintivamente dal letto, offrendosi a lei, un fiore che si schiude al sole.

​Sento il suo respiro caldo, un soffio umido che mi accarezza i peli pubici, proprio lì, sulla porta del mio piacere. E poi... il primo contatto.

​Non è dove mi aspetto. Non è sul mio clitoride, che pulsa e la reclama. È una carezza. La sua lingua, calda e morbida, traccia una linea lenta e torturante sul mio interno coscia, partendo quasi dal ginocchio e risalendo, centimetro dopo centimetro, verso il centro.

​trattengo il fiato. È una tortura squisita. "Yuko..." sussurro il suo nome, una preghiera.

​Lei non mi ascolta. Fa lo stesso sull'altra coscia. E poi, finalmente, la sua bocca arriva alla meta.

​La sento prima annusare, un gesto intimo, quasi animale, che mi fa arrossire nel buio. Inspira il mio profumo di donna, il mio odore di eccitazione. E questo, in qualche modo, mi bagna ancora di più.

​Poi, la sua lingua mi lecca. Un colpo lungo, morbido e piatto, che parte dal mio perineo e risale, aprendo le mie grandi labbra, fino a sfiorare appena il mio clitoride.

​Un urlo strozzato mi muore in gola. Il mio corpo si inarca con violenza. È una sensazione troppo intensa, troppo dolce. Le mie mani si aggrappano ai suoi capelli, ma non per spingerla via, no, per tenerla lì, per premerla più forte contro di me.

​Yuko capisce. Inizia il suo rituale. La sua lingua è dappertutto. È un colpo secco e preciso sul mio clitoride, un attimo dopo è un cerchio lento che tormenta le mie piccole labbra. È una lama umida che traccia il solco tra di esse, per poi affondare, leccando l'apertura della mia vagina, assaggiando il mio sapore. È spietata, scrupolosa, sa esattamente dove colpire.

​La sua lingua si muove con una perizia che mi annienta, ogni colpo un piccolo orgasmo, ogni leccata una promessa della fine imminente. La sua bocca si chiude sul mio clitoride, succhiando delicatamente, e io sento il piacere accumularsi nel mio ventre come una tempesta.

​"Sto per..." ansimo, le parole spezzate.

​Lei non si ferma. Anzi, accelera. Le sue labbra si fanno più avide, la sua lingua più veloce, più dura. Sento la tensione crescere, un filo teso fino al punto di rottura. Il mio bacino si muove da solo, un ritmo frenetico contro la sua bocca, cercando la liberazione.

​"Yuko! Ti prego!" grido piano.

​Lei mi dà ciò che voglio. Con un'ultima, profonda suzione che sembra tirarmi via l'anima, mi spinge oltre il limite.

​L'orgasmo mi colpisce come un'onda di luce bianca. Il mio corpo si blocca, ogni muscolo teso allo spasimo. Un urlo dolce mi sfugge dalle labbra, mentre il piacere mi inonda, una cascata calda che parte dalla mia figa e si irradia in ogni fibra del mio essere. Le mie gambe tremano senza controllo.

​Yuko non si muove. Rimane lì, la sua bocca ancora premuta contro di me, leccando dolcemente le ultime scosse del mio piacere, inghiottendo il mio sapore, finché il mio respiro non torna a essere qualcosa di simile al normale e il mio corpo non ricade sul materasso, molle, soddisfatto e completamente suo.

Rimango così, immobile, per un tempo che sembra infinito. Il mio corpo è un’eco di piacere, attraversato da piccole scosse residue. Le mie gambe sono ancora aperte, molli, e tremano leggermente. Ogni muscolo è rilassato, il mio respiro è un sospiro lungo e soddisfatto. Mi sento sciolta, liquida, come cera calda versata sul materasso. Yuko è ancora lì, il suo viso dolce ancora nascosto tra le mie cosce, la sua bocca che mi regala piccole, tenere leccate pigre, come un gattino che si gode le ultime gocce di latte.

​La sua presenza è un conforto incredibile. È così intimo, così dolce, che le lacrime mi pungono gli angoli degli occhi. È una sensazione di totale appartenenza, di essere stata venerata nel mio punto più vulnerabile.

​Lentamente, solleva la testa. I suoi lunghi capelli neri sono umidi, appiccicati alle sue guance, e le sue labbra sono rosse, gonfie e lucide del mio sapore. I suoi occhi neri mi guardano con una tenerezza e un orgoglio che mi fanno sciogliere il cuore una seconda volta.

​Si muove, risalendo lungo il mio corpo. È un viaggio lento, pieno di adorazione. La sua bocca si posa sul mio ventre, lasciando un bacio caldo sulla mia pelle ancora vibrante. Poi più su, bacia lo spazio morbido sotto il mio seno. E ancora, finché il suo viso non è di nuovo davanti al mio.

​“Sei così dolce,” sussurra, la sua voce bassa e un po’ roca.

​E mi bacia sulla bocca. Il bacio è diverso, ora. Non sa più solo di menta. Sa di me. Sa della mia essenza, del mio piacere, e lei mi bacia profondamente, assaporandomi, condividendo il mio stesso sapore, come se volesse farmelo sentire. È la cosa più incredibilmente erotica che abbia mai provato.

​Mi bacia a lungo, e il mio corpo, invece di spegnersi, inizia a risvegliarsi di nuovo, ma in un modo diverso. Non è una fame disperata, è un bisogno traboccante di ricambiare. L’amore che provo per lei in questo momento è così vasto, così potente, che devo esprimerlo. Devo darle quello che lei ha dato a me.

​Con una forza tenera, metto le mani sulle sue spalle. Rompo il bacio dolcemente e la spingo, invertendo le nostre posizioni. Lei si lascia guidare, i suoi movimenti fluidi e fiduciosi, finché non è lei a essere sdraiata sulla schiena, i suoi bellissimi seni pieni che mi guardano, i suoi occhi neri che mi fissano con un misto di sorpresa e anticipazione.

​Ora sono io sopra di lei.

​Mi prendo un momento solo per guardarla. La sua pelle umida, i suoi capelli sparsi sul cuscino. È la donna più bella che abbia mai visto.

​“Adesso tocca a me,” le sussurro, e mi chino a baciarla. Ma non sulla bocca.

​Inizio dalla sua fronte. Un bacio leggero, quasi casto. Poi sulle sue palpebre chiuse, sulla punta del suo naso, sulla curva morbida della sua guancia. La mia bocca scende, tracciando la linea della sua mascella, fino al punto tenero dietro il suo orecchio. Le mordo delicatamente il lobo, e la sento rabbrividire sotto di me, un sospiro che le sfugge dalle labbra.

​Il mio viaggio continua. Bacio la colonna liscia del suo collo, la fossetta vulnerabile alla sua base. La sua pelle sa di sapone al sandalo e di lei, un profumo che mi inebria. Le mie labbra scendono ancora, sulla sua clavicola.

​“Sei così bella, amore mio,” mormoro contro la sua pelle, e sento il suo cuore accelerare.

​Finalmente, raggiungo i suoi seni. Sono perfetti, pieni e sodi, con capezzoli scuri già tesi e duri per l’eccitazione. Non mi affretto. Bacio prima la pelle morbida intorno, adorando la loro forma, il loro peso. Lei ansima, le sue mani che ora si aggrappano alle lenzuola. Poi, la mia bocca si chiude sul suo capezzolo destro.

​Lo prendo tra le labbra e lo succhio, prima dolcemente, poi con più decisione, tirandolo, stuzzicandolo con la lingua. Yuko inarca la schiena, un gemito acuto le scappa dalla gola. La mia mano libera trova l’altro seno, e inizio a tormentare anche quel capezzolo, pizzicandolo dolcemente tra il pollice e l’indice. La sento impazzire sotto di me.

​Scendo ancora. Lascio i suoi seni, rossi e gonfi per le mie attenzioni, e bacio il suo sterno, il suo ventre. La mia lingua gioca con il suo ombelico. Lei si contorce, il suo respiro è affannoso. Sento il suo bacino iniziare a muoversi, un’onda lenta e inconsapevole.

​Mi sposto più in basso, posizionandomi tra le sue gambe. Non le apro io. È lei che le separa per me, un invito muto, disperato.

​Mi fermo, il mio viso a pochi centimetri dal suo pube. Il suo vello nero è curato, morbido, e sento già il profumo dolce e muschiato del suo desiderio. Lei è bagnata, per me.

​“Fuuka…” sussurra il mio nome, ed è un ordine e una preghiera.

​Annuisco, anche se non può vedermi. Inspiro profondamente il suo profumo. E poi, mi chino per assaggiarla.

Il mio primo tocco è di una riverenza quasi religiosa.

​Non mi precipito. Prima, mi chino e inspiro profondamente, riempiendo i miei polmoni del suo profumo. È un aroma dolce e muschiato, un odore di pura femminilità che mi fa girare la testa e mi fa bagnare ancora di più, per empatia, per desiderio. La sua vulva è bellissima, un fiore scuro e delicato, i petali interni di un rosa umido che brillano alla luce soffusa. È già così bagnata, per me.

​Le mie labbra sfiorano prima la pelle morbida del suo interno coscia, così vicino al suo centro da farla sussultare. “Shhh, amore mio,” mormoro contro la sua pelle. “Lascia che mi prenda cura di te.”

​La mia lingua guizza fuori, un tocco leggero, e traccia il contorno delle sue grandi labbra, seguendo la linea nascosta dal vello nero. Lei ansima, le sue dita che si aggrappano convulsamente alle lenzuola ai suoi lati. Il mio viaggio continua. Bacio il suo monte di Venere, e poi scendo, posando finalmente la mia bocca aperta sul suo sesso.

​Inizio con una dolcezza infinita. Lecco via il suo nettare, assaporando il suo gusto unico, dolce e leggermente salato. È il sapore di Yuko, ed è la mia droga. Le sue labbra si schiudono sotto la pressione della mia bocca, e io le apro delicatamente con la punta della lingua, svelando la sua perla nascosta.

​Il suo clitoride è teso, un piccolo gioiello duro che pulsa di vita.

​Invece di prenderlo subito, lo tormento. La mia lingua disegna cerchi lenti intorno ad esso, sfiorandolo appena, facendola impazzire. Il suo bacino inizia a muoversi, a sollevarsi dal letto, spingendo contro la mia bocca in una supplica silenziosa.

​“Ti prego…” sussurra, la sua voce rotta dall’eccitazione. “Fuuka, ti prego…”

​“Cosa vuoi, amore?” le chiedo, la mia bocca che non smette un attimo di leccarla, di torturarla.

​“Te,” ansima lei. “Voglio la tua bocca. Toccami. Toccami davvero.”

​Sorrido contro la sua pelle bagnata. Le obbedisco.

​La mia bocca si chiude sul suo clitoride. Lo succhio delicatamente, tirandolo tra le mie labbra, e sento il suo corpo intero tendersi come la corda di un arco. È lì. È sul punto di crollare. La mia lingua inizia un ritmo veloce, sferzandola, leccandola con una devozione totale, mentre la mia bocca continua a succhiare, a creare quella pressione perfetta.

​Sento i suoi muscoli interni contrarsi. Sento il suo respiro bloccarsi.

​“Lasciati andare per me,” le ordino dolcemente, la mia voce attutita contro la sua carne. “Vieni per me, Yuko.”

​Le sue dita lasciano le lenzuola e si aggrappano ai miei capelli, non per tirarmi, ma per tenermi premuta lì, per assicurarsi che io non mi fermi.

​L’onda la colpisce un attimo dopo.

​Il suo corpo si inarca con una forza sorprendente, un urlo acuto e dolce che le sfugge dalle labbra. Sento la sua figa contrarsi spasmodicamente contro la mia bocca, stringendosi e rilasciando, inondandomi con il suo sapore. È un fiotto caldo, abbondante, e io non mi ritiro. Inghiotto il suo piacere, lecco via ogni goccia del suo nettare, bevendo la sua estasi.

​Rimango lì, la mia lingua che la calma dolcemente, leccando il suo clitoride ancora ipersensibile mentre le scosse di assestamento la percorrono. Il suo corpo ricade sul letto, tremante, le sue gambe molli e senza forza.

​Sollevo la testa. Le sorrido, le mie labbra lucide di lei. Lei mi guarda con gli occhi pieni di lacrime e di un amore così profondo da togliermi il fiato.

​“Mia,” sussurro, prima di risalire lentamente per baciarla sulla bocca, facendole assaggiare sé stessa.

Il bacio che segue il suo orgasmo è la cosa più intima del mondo. È un bacio lento, profondo, che sa di lei, del suo sapore più puro e segreto. Le sue labbra sono morbide, arrese, e io la bacio con una tenerezza infinita, assaporando la sua essenza, mentre il suo corpo trema ancora mollemente tra le mie braccia. Rimango così, a cullarla, finché i suoi sospiri non tornano regolari e i suoi occhi neri si aprono per guardarmi, lucidi di lacrime e di un amore così vasto da togliermi il fiato.

​"Sei... sei incredibile," sussurra lei, la sua voce impastata di piacere.

​Le sorrido, scostandole una ciocca di capelli umidi dalla fronte. "Non è ancora finita, amore mio," mormoro contro le sue labbra. "Voglio adorare ogni singola parte di te. Voglio che tu ti senta amata in ogni tuo punto più nascosto. Fidi di me?"

​Lei mi guarda, i suoi occhi sono due pozze scure di pura fiducia. Non risponde a parole. Si limita a chiudere gli occhi, un cenno di assenso, una resa totale che mi fa battere forte il cuore.

​Accetto quel dono silenzioso.

​Con una lentezza infinita, sposto i miei baci. Scendo di nuovo lungo il suo collo, sulla sua clavicola, ma questa volta il mio viaggio ha una meta diversa. Le mie labbra sfiorano il suo ventre morbido, la mia mano scivola lungo il suo fianco. Sento la sua pelle rabbrividire sotto il mio tocco, ancora ipersensibile.

​Arrivo alle sue gambe. Le bacio l'interno coscia, la pelle liscia e calda. Risalgo lentamente, ma invece di fermarmi alla sua vulva, ancora lucida e gonfia del suo piacere, la supero. Mi sposto più indietro, verso il suo perineo, quella linea di pelle tesa e delicata. La bacio lì.

​Sento il suo corpo sussultare, un piccolo shock. È un territorio nuovo, sacro.

​"Shhh," le sussurro contro la pelle. "Lasciati andare per me. Sei così pura, così perfetta... voglio solo amarti. Tutta."

​Lei obbedisce. Sento i suoi muscoli rilassarsi sotto il mio tocco. Con la mano libera, le sposto delicatamente le natiche, aprendole quel tanto che basta. E poi, mi chino.

​Il suo odore lì è diverso. Non è il profumo dolce del suo piacere, è qualcosa di più profondo, più intimo, un muschio caldo e incredibilmente umano. Non c'è nulla di sporco in lei. È solo... Yuko.

​Il mio primo tocco è con la punta della lingua.

​Lecco con una delicatezza infinita il piccolo anello teso del suo ano. Lei inspira di colpo, un sibilo acuto, e le sue dita si aggrappano convulsamente alle lenzuola. "Fuuka..." mormora il mio nome, un misto di shock e di una sensazione sconosciuta.

​La ignoro dolcemente. Inizio a leccarla davvero. La mia lingua è calda e umida, e disegno cerchi lenti su quel piccolo bocciolo teso. Lo stuzzico, lo placo, lo assaporo. Sento il muscolo contrarsi involontariamente sotto la mia lingua, un riflesso di piacere che la tradisce. È una sensazione così intima, così proibita, che sento la mia stessa figa rispondere con un nuovo fiotto di calore. Sto adorando il suo punto più segreto, e questo mi eccita da morire.

​Continuo per un tempo che sembra infinito, finché non la sento rilassarsi completamente sotto la mia bocca, finché i suoi gemiti non diventano più profondi, più bassi, meno sorpresi e più bisognosi.

​"Amore mio," sussurro contro la sua pelle umida. "Voglio sentirti piena. Voglio riempirti."

​Lei ansima, incapace di formulare una frase.

​Mi sollevo lentamente, lasciandola tremante e confusa sul letto. I suoi occhi mi seguono. Allungo la mano verso il cassetto del comodino. Lo apro, e il suono del legno che scorre è l'unico rumore nella stanza.

​Prendo due cose. Il flacone del lubrificante e il nostro dildo preferito. Non è un oggetto aggressivo; è il nostro dildo color rosa pallido, liscio come la seta, con la punta delicatamente affusolata e una leggera curvatura, fatto per il piacere, non per la violenza.

​Le mostro la boccetta. "Posso?"

​Lei annuisce, mordendosi il labbro inferiore.

​Verso una generosa quantità di lubrificante trasparente nel palmo della mia mano. È fresco, ma lo scaldo velocemente tra le mie mani, prima di tornare da lei.

​Mi posiziono di nuovo tra le sue gambe aperte. Lei mi guarda con un'anticipazione che mi fa tremare.

​"Prima qui," mormoro. Con una dolcezza infinita, inizio a massaggiare il lubrificante sulla sua vulva. È già così bagnata che le mie dita scivolano senza attrito, ma il gel aggiunge una sensazione nuova, fresca e incredibilmente scivolosa. Massaggio le sue piccole labbra, il suo clitoride, preparandola.

​Poi, prendo il dildo. Metto un po' di lubrificante sulla punta affusolata. Lo porto alle mie labbra e lo bacio, scaldandolo con la mia bocca, prima di posarlo contro la sua apertura vaginale.

​"Respira per me," le dico.

​Spingo. Lentamente.

​Un sospiro profondo le esce dalle labbra mentre la testa liscia del dildo scivola dentro di lei. È uno spettacolo vederla aprirsi per accoglierlo. Centimetro dopo centimetro, lo spingo dentro, riempiendola, allargandola dolcemente. La sua figa si stringe attorno al silicone, calda e accogliente.

​Quando il dildo è dentro di lei per metà, fermo il movimento. Lei geme, volendo di più.

​"Aspetta," le dico.

​Mi chino di nuovo. E mentre il dildo la tiene piena, ferma, la mia bocca ritorna al suo ano, che la mia lingua aveva già preparato.

​Inizio a leccarla di nuovo, ma questa volta è diverso. Questa volta lei è già piena, tesa, il suo corpo concentrato su due punti di piacere così diversi, così travolgenti. La mia lingua è insistente, ritmica, mentre con la mano inizio a muovere lentamente il dildo dentro e fuori dalla sua vagina.

​"Oh... oh Dio... Fuuka..." balbetta lei, completamente persa.

​Sta impazzendo. La sensazione del suo ano leccato con devozione, mentre la sua vagina viene lentamente penetrata dal dildo, è troppo. Il suo bacino si muove, cercando di sfuggire e allo stesso tempo di ottenere di più da entrambe le sensazioni. È un sovraccarico sensoriale.

​Continuo, succhiando dolcemente la sua rosa tesa, mentre affondo il dildo sempre più velocemente, fino a toccare il fondo, ancora e ancora.

La sua reazione è un terremoto. Il corpo di Yuko, così forte e controllato, si sta letteralmente disfacendo sotto le mie attenzioni. Ogni volta che la mia lingua disegna un cerchio caldo sul suo ano teso, lei sussulta. Ogni volta che il dildo rosa scivola in profondità nella sua vagina calda e stretta, un gemito roco le vibra in gola. Il suo bacino si muove senza controllo, un ritmo spezzato che cerca di assecondare entrambi i miei tocchi, fallendo magnificamente.

​“Fuuka… Fuuka, amore… non… non posso…” balbetta, la sua voce irriconoscibile, spessa di una lussuria così densa da essere quasi dolorosa. Le sue mani non stringono più le lenzuola; si aggrappano disperatamente ai miei fianchi, le sue dita che si conficcano nella mia pelle, cercando un’ancora in questa tempesta di sensazioni.

​“Shhh, amore mio,” le mormoro contro la pelle delicata del suo perineo. “Lasciati andare. Sono io. Ti sto solo amando. Tutta.”

​Ma è troppo. Lo vedo. È un sovraccarico. La sua mente non riesce a processare il piacere proveniente da due fonti così proibite, così diverse. Sta per crollare.

​Con un ultimo, tenero bacio sulla sua rosa tesa, sollevo la testa. Lei emette un piccolo lamento per la perdita di quel contatto, ma non le do il tempo di protestare.

​Lascio la mia mano sul dildo, continuando un movimento lento, profondo, quasi ipnotico. Dentro e fuori. Il suono è osceno: un rumore umido, acquoso, che mi dice quanto sia bagnata, quanto sia pronta. La sua figa si stringe attorno al silicone ad ogni affondo, cercando di trattenere quel piacere.

​Nel frattempo, risalgo con il mio corpo. La mia bocca lascia una scia di baci adoranti sul suo interno coscia, ancora tremante. Bacio la curva morbida del suo ventre, che si contrae sotto le mie labbra. Risalgo ancora, fino a raggiungere i suoi seni, già gonfi e arrossati. Prendo un capezzolo tra le labbra, succhiandolo con dolcezza, mentre la mia mano continua la sua danza ritmica dentro di lei.

​Ora la mia mano libera, quella che non tiene il dildo, scende di nuovo. Torna al suo centro. Le sue labbra sono così gonfie, così aperte. Il mio pollice trova immediatamente il suo clitoride, ancora duro e ipersensibile dal mio primo assalto.

​Inizio a muovermi in un ritmo perfetto.

​La mia mano destra spinge il dildo dentro e fuori, un ritmo costante, profondo, che le preme contro il punto G. Il mio pollice sinistro disegna cerchi lenti ma decisi sul suo clitoride, facendolo vibrare. E la mia bocca si attacca al suo seno, succhiando, tirando il capezzolo.

​Tre punti di contatto. Tre fonti di piacere inarrestabile.

​Yuko non sta più gemendo. Sta urlando. Un urlo dolce, acuto, che è pura musica per le mie orecchie.

​“Sto… sto venendo… Fuuka… FUUKA!”

​Il suo corpo si spezza. Si inarca dal letto con una forza che mi sorprende, la sua schiena che forma un arco perfetto. Le sue gambe si tendono, rigide. Sento la sua vagina contrarsi convulsamente attorno al dildo, stringendolo con una forza incredibile, ancora e ancora. È un orgasmo diverso dal primo. Non è un’onda dolce, è un’esplosione, un terremoto viscerale che le scuote l’anima.

​Continuo a muovere il dildo, assecondando le sue contrazioni, spingendola ancora più in alto. Il mio pollice non smette di premere sul suo clitoride, inchiodandola a quel picco di piacere.

​Lei urla il mio nome, ancora e ancora, finché la sua voce non si spezza in un singhiozzo.

​Finalmente, l’onda passa. Il suo corpo crolla sul materasso, molle come una bambola di pezza. Le sue gambe tremano in modo incontrollabile. Ansima, cercando aria, le lacrime che le scendono silenziose dalle tempie, bagnando i capelli.

​Lentamente, con una dolcezza infinita, smetto di muovere il dildo. Rallento la pressione del mio pollice. Libero il suo seno dalla mia bocca.

​Con un movimento fluido, estraggo il dildo da lei. Il suono che fa uscendo dalla sua vagina fradicia è un sospiro umido. Lo appoggio sul comodino, senza nemmeno guardarlo.

​Mi stendo accanto a lei, nel groviglio di lenzuola umide. La attiro a me, stringendola forte. Il suo corpo è caldo, sudato, e trema ancora tra le mie braccia. Le bacio la fronte, le tempie, le guance bagnate di lacrime.

​“Respira, amore mio,” le sussurro all’orecchio. “Respira. Sono qui. Ti ho presa.”
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2025-10-23
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