Io e Cinzia ci divertiamo a torturarci i piedi tra noi masochisti.
di
Maktero
genere
sadomaso
Il giorno dopo il bellissimo tormento ai piedi patito sulla ghiaia della ferrovia, ricevetti una teleonata di Cinzia, la mia compagna di tormento.
Mi chiese di vedermi, io mi sentii entusiasta, di rivedere quella compagna di sofferenza e che mi aveva fatto godere molto.
Dopo poco meno di un'ora si presentò alla mia porta; aveva le stampelle perchè i piedi le facevano così tanto male che non riusciva a camminare normalmente.
La feci entrare dimostrando che anch'io avevo difficoltà a camminare.
Mentre la feci accomodare in casa, le spiegai perchè ero completamente nuda.
La casa era della mia padrona trans Loredana che non mi permetteva di essere coperta da qualunque indumento in casa sua.
Le dissi che adesso Loredana era per strada a batter e non sarebbe rientrata che in nottata.
Mentre feci entrare Cinzia barcollavo cercando di non appoggiare i piedi piagati.
La feci accommodare sul divano dove lei si sedette togliendosi le scarpe.
Ammirrai quelle sue estremità piagate coperte da grossi ematomi e lividi di ogni colore.
Erano veramente splendidi, ridotti forse peggio dei miei; magari a causa della maggior delicattezza della carne femminile.
Un poco intontita da quella splendida visione che mi provocò una certa eccittazione, di cui Cinzia si accorse subito; cercai di riprendermi per essere una buona padrona di casa.
Balbettando le chiesi se desiderava qualcosa da bere o da mangiare.
Lei sprofondata nel divano, doveva avvertire una sensazione di potenza verso di me, e con autorità mi chiese una bibita.
Io mi avviai verso la cucina mentre con la coda dell'occhio notai che lei ammirava il mio culo.
Le portai un bicchiere di aranciata che le porsi, sconvolta dalla bellezza di quei piedi così martoriati.
Le chiesi il permesso di poterglierli baciare, lei me lo concesse; mentre lei cominciaciava a sorseggiare la sua bibita, io cominciai a baciare quei piedi martoriati.
Assapporai sulle labbra quei gonfiori, sulla lingua quelle piaghe che tanto la facevano soffrire.
Magari con la mia lingua e la mia saliva le avrei fatto da balsamo alla sua sofferenza.
Cominciai a masturbarmi eccitata; lei mi chiese se la mia padrona Loredana mi permetteva di godere senza il suo permesso.
Io tra una leccata ed un sospiro di eccittazione le risposi che mi era stato proibito; ma aggiunsi che Loredana adesso non era quì.
Eccittata come una bestia da poter adorare quei piedi straziati arrivai presto dirigendo lo schizzo del mio cazzo verso quelle piante tormentate; magari anche la mia sborra provvederà alla guarigione di quei poveri piedi.
Soddisfatta mi accasciai sul divano accanto a Cinzia che intanto si era tolta le mutande e aveva cominciato a masturbarsi a sua volta.
Toccandosi mi indicò un pacchetto si sigarette posto sul tavoino davanti al divano chiedendo di fumare.
Io svelta presi il pacchetto ne estrassi un paio di sigarette, una la offri a lei ed una per me; io mi rilassai mentre lei continuava a masturbarsi.
Mi disse che se Loredana fosse rientrata prima che lei se ne fosse andata le avrebbe riferito che io mi ero masturbata violando la sua proibizione.
Mi chiese ancora come sarei stata punita per questa mia violazione della regola.
Io le risposi che di solito Loredana amava punirmi inserendomi nel culo un gigantesco dildo, dei duri morsetti ai capezzoli e farmi passare la notte, legata in uno strettissimo sgabuzzino, caldo e privo di aria, da cui io uscivo distrutta la mattina dopo.
Cominciai a masturbarmi anch'io pensando alla punizione che mi sarebbe toccata in seguito alla delazione di Cinzia.
Lei vedendo il mio atteggiamento, mi chiese quanto fossi contenta del suo tradimento che mi avrebbe portata alla giusta punizione.
Io le risposi che ero entusiasta di questa umiliazione, che le la ammiravo per questa sua mentalità perversa, la appreezavo molto.
Intanto mentre lei fumava e si toccava mi chiese di farmi vedere la mie piante dei piedi.
Io la accontentai, girandomi rapidamente sul divano le mostrai le mie piante straziate.
Lei osservò che i miei piedi erano messi meglio dei suoi.
Gli ematomi erano meno gonfi e diffusi, e le altre striature erano meno evidenti.
Io mi scusai che probabilmente era dovuto alla diversa sensibilità della carne dei piedi femminili e maschili.
Lei confermò che anche secondo la sua senzazione doveva essere così.
Poi con un gesto carino avvicinò la sigaretta ad un mio ematoma e mi disse che doveva riequilibrare la situazione.
Io la guardai profondamente negli occhi vedendone un luccicchio di sadismo; ne fui entusiasmata intensamente.
Il mio cazzo si sconvolse per quella straordinaria novità; non dissi nulla ma con il mio silenzio la autorozzai a fare quello che voleva.
Lei comprese il mio sguardo e mi affondo la sigaretta rovente in un ematoma.
All'inizio non sentii niente, ma dopo un istante il dolore divenne enorme, cominciai ad urlare come una pazza.
Quando Cinzia tolse la sigaretta mi accorsi che la brace aveva attraversato la pelle martoriata e che il liquido dell'ematoma mi scorreva lungo il piede.
Cinzia sembrava infoiata e si getto con la lingua sul mio piede a leccare quel pus.
Io stavo impazzendo per l'eccittazione.
Poi Cinzia mi disse fammi lo stesso, esponendo i suoi piedi martoriati.
Io dopo un primo momento di sconvolgimento; agguantai il tecomando del televisore accendendolo su un canale qualunque ed alzando il volume.
Dissi che era necessario per confondere i vicini con il rumore delle nostre urla.
Avevo ancora un mozzicone di sigaretta in bocca che spenzi su un ematoma di Cinzia.
Lei urlò come una bestia per il dolore, e poi come lei aveva fatto con me le leccai il pus che usciva da quella piaga.
Ci accendemmo delle altre sigarette, e continuammo a bruciarci reciprocamente i piedi martoriati.
Eravamo sempre più infoiate e impazzite per il dolore che ci infliggevavamono reciprocopamente.
Fu un momento di estasi in cui, il dolore, assunse un valore di amore, di sentimento.
Per noi mascochisti doveva essere l'equivalente di una magnifica scopata tra amanti appasssionati; anzi qualcosa di più; era il mondo della fantasia.
Perdemmo il senso del tempo e della realtà.
Probabilemente arrivvammo più volte, eravamo talmente prese da non accorgerci di quanto stavamo godendo.
Ci riportò alla realtà l'ingresso di Loredana.
Noi intontite e prese dalla nostra passione vedemmo il volto di Loredana come qualcosa di lontano e la sua voce come qualcosa che arrivava da lontano.
Ma quella urlando ci fece discendere dal nostro ambiente onirico alla terra.
Gradualmente cominciammo a comprendere le sue parole che chiedevano che cosa stava succedendo.
Io balbettando intontita le dissi che mi stavo divertendo con una amica; Cinzia con fare idiota le disse che lei era l'amica.
Loredana incazzata come una bestia ci disse che qualunque cosa avessimo fatto eravamo messe male.
Prese in mano i nostri piedi dicendo che erano un disastro.
Sempre più incazzata Loredana disse che dopo una nottata a battere l'unica cosa che si aspettava era di prendersi cura di due stronze che si erano rovinate.
Nonostante la sua incazzatura tremenda, che comunque ci promise che ci avrebbe fatto pagare; si prese cura dei nostri piedi.
Usò gli unguenti per le ustioni e per gli ematomi, c'è li fasciò e poi ci diede dei calmanti per poter sopprimere il dolore e passare qualche ora di sonno.
L'ultima frase che sentii prima di scivolare nel sonno, fù che l'indomani avremmo fatto i conti.
Quella minaccia mi accompagnò negli ultimi istanti di consapevolezza primma di sprofondare in un profondo nero abisso di riposo.
Mi chiese di vedermi, io mi sentii entusiasta, di rivedere quella compagna di sofferenza e che mi aveva fatto godere molto.
Dopo poco meno di un'ora si presentò alla mia porta; aveva le stampelle perchè i piedi le facevano così tanto male che non riusciva a camminare normalmente.
La feci entrare dimostrando che anch'io avevo difficoltà a camminare.
Mentre la feci accomodare in casa, le spiegai perchè ero completamente nuda.
La casa era della mia padrona trans Loredana che non mi permetteva di essere coperta da qualunque indumento in casa sua.
Le dissi che adesso Loredana era per strada a batter e non sarebbe rientrata che in nottata.
Mentre feci entrare Cinzia barcollavo cercando di non appoggiare i piedi piagati.
La feci accommodare sul divano dove lei si sedette togliendosi le scarpe.
Ammirrai quelle sue estremità piagate coperte da grossi ematomi e lividi di ogni colore.
Erano veramente splendidi, ridotti forse peggio dei miei; magari a causa della maggior delicattezza della carne femminile.
Un poco intontita da quella splendida visione che mi provocò una certa eccittazione, di cui Cinzia si accorse subito; cercai di riprendermi per essere una buona padrona di casa.
Balbettando le chiesi se desiderava qualcosa da bere o da mangiare.
Lei sprofondata nel divano, doveva avvertire una sensazione di potenza verso di me, e con autorità mi chiese una bibita.
Io mi avviai verso la cucina mentre con la coda dell'occhio notai che lei ammirava il mio culo.
Le portai un bicchiere di aranciata che le porsi, sconvolta dalla bellezza di quei piedi così martoriati.
Le chiesi il permesso di poterglierli baciare, lei me lo concesse; mentre lei cominciaciava a sorseggiare la sua bibita, io cominciai a baciare quei piedi martoriati.
Assapporai sulle labbra quei gonfiori, sulla lingua quelle piaghe che tanto la facevano soffrire.
Magari con la mia lingua e la mia saliva le avrei fatto da balsamo alla sua sofferenza.
Cominciai a masturbarmi eccitata; lei mi chiese se la mia padrona Loredana mi permetteva di godere senza il suo permesso.
Io tra una leccata ed un sospiro di eccittazione le risposi che mi era stato proibito; ma aggiunsi che Loredana adesso non era quì.
Eccittata come una bestia da poter adorare quei piedi straziati arrivai presto dirigendo lo schizzo del mio cazzo verso quelle piante tormentate; magari anche la mia sborra provvederà alla guarigione di quei poveri piedi.
Soddisfatta mi accasciai sul divano accanto a Cinzia che intanto si era tolta le mutande e aveva cominciato a masturbarsi a sua volta.
Toccandosi mi indicò un pacchetto si sigarette posto sul tavoino davanti al divano chiedendo di fumare.
Io svelta presi il pacchetto ne estrassi un paio di sigarette, una la offri a lei ed una per me; io mi rilassai mentre lei continuava a masturbarsi.
Mi disse che se Loredana fosse rientrata prima che lei se ne fosse andata le avrebbe riferito che io mi ero masturbata violando la sua proibizione.
Mi chiese ancora come sarei stata punita per questa mia violazione della regola.
Io le risposi che di solito Loredana amava punirmi inserendomi nel culo un gigantesco dildo, dei duri morsetti ai capezzoli e farmi passare la notte, legata in uno strettissimo sgabuzzino, caldo e privo di aria, da cui io uscivo distrutta la mattina dopo.
Cominciai a masturbarmi anch'io pensando alla punizione che mi sarebbe toccata in seguito alla delazione di Cinzia.
Lei vedendo il mio atteggiamento, mi chiese quanto fossi contenta del suo tradimento che mi avrebbe portata alla giusta punizione.
Io le risposi che ero entusiasta di questa umiliazione, che le la ammiravo per questa sua mentalità perversa, la appreezavo molto.
Intanto mentre lei fumava e si toccava mi chiese di farmi vedere la mie piante dei piedi.
Io la accontentai, girandomi rapidamente sul divano le mostrai le mie piante straziate.
Lei osservò che i miei piedi erano messi meglio dei suoi.
Gli ematomi erano meno gonfi e diffusi, e le altre striature erano meno evidenti.
Io mi scusai che probabilmente era dovuto alla diversa sensibilità della carne dei piedi femminili e maschili.
Lei confermò che anche secondo la sua senzazione doveva essere così.
Poi con un gesto carino avvicinò la sigaretta ad un mio ematoma e mi disse che doveva riequilibrare la situazione.
Io la guardai profondamente negli occhi vedendone un luccicchio di sadismo; ne fui entusiasmata intensamente.
Il mio cazzo si sconvolse per quella straordinaria novità; non dissi nulla ma con il mio silenzio la autorozzai a fare quello che voleva.
Lei comprese il mio sguardo e mi affondo la sigaretta rovente in un ematoma.
All'inizio non sentii niente, ma dopo un istante il dolore divenne enorme, cominciai ad urlare come una pazza.
Quando Cinzia tolse la sigaretta mi accorsi che la brace aveva attraversato la pelle martoriata e che il liquido dell'ematoma mi scorreva lungo il piede.
Cinzia sembrava infoiata e si getto con la lingua sul mio piede a leccare quel pus.
Io stavo impazzendo per l'eccittazione.
Poi Cinzia mi disse fammi lo stesso, esponendo i suoi piedi martoriati.
Io dopo un primo momento di sconvolgimento; agguantai il tecomando del televisore accendendolo su un canale qualunque ed alzando il volume.
Dissi che era necessario per confondere i vicini con il rumore delle nostre urla.
Avevo ancora un mozzicone di sigaretta in bocca che spenzi su un ematoma di Cinzia.
Lei urlò come una bestia per il dolore, e poi come lei aveva fatto con me le leccai il pus che usciva da quella piaga.
Ci accendemmo delle altre sigarette, e continuammo a bruciarci reciprocamente i piedi martoriati.
Eravamo sempre più infoiate e impazzite per il dolore che ci infliggevavamono reciprocopamente.
Fu un momento di estasi in cui, il dolore, assunse un valore di amore, di sentimento.
Per noi mascochisti doveva essere l'equivalente di una magnifica scopata tra amanti appasssionati; anzi qualcosa di più; era il mondo della fantasia.
Perdemmo il senso del tempo e della realtà.
Probabilemente arrivvammo più volte, eravamo talmente prese da non accorgerci di quanto stavamo godendo.
Ci riportò alla realtà l'ingresso di Loredana.
Noi intontite e prese dalla nostra passione vedemmo il volto di Loredana come qualcosa di lontano e la sua voce come qualcosa che arrivava da lontano.
Ma quella urlando ci fece discendere dal nostro ambiente onirico alla terra.
Gradualmente cominciammo a comprendere le sue parole che chiedevano che cosa stava succedendo.
Io balbettando intontita le dissi che mi stavo divertendo con una amica; Cinzia con fare idiota le disse che lei era l'amica.
Loredana incazzata come una bestia ci disse che qualunque cosa avessimo fatto eravamo messe male.
Prese in mano i nostri piedi dicendo che erano un disastro.
Sempre più incazzata Loredana disse che dopo una nottata a battere l'unica cosa che si aspettava era di prendersi cura di due stronze che si erano rovinate.
Nonostante la sua incazzatura tremenda, che comunque ci promise che ci avrebbe fatto pagare; si prese cura dei nostri piedi.
Usò gli unguenti per le ustioni e per gli ematomi, c'è li fasciò e poi ci diede dei calmanti per poter sopprimere il dolore e passare qualche ora di sonno.
L'ultima frase che sentii prima di scivolare nel sonno, fù che l'indomani avremmo fatto i conti.
Quella minaccia mi accompagnò negli ultimi istanti di consapevolezza primma di sprofondare in un profondo nero abisso di riposo.
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