Mi chiamo Serena e voglio essere una schiava 2
di
AngelicaBellaWriter
genere
dominazione
Appena entro, chiude la porta dietro di me.
Non sorride. Non mi invita a sedermi.
Mi fissa.
«Chiudi a chiave.»
Obbedisco. La chiave scatta. Sento il sangue che mi sale alle orecchie.
«Sei puntuale. Bene.»
Si alza dalla poltrona. Si avvicina. Lento. Non toglie gli occhi dai miei.
«Sai perché sei qui?»
Scuoto la testa. Lui annuisce.
«Mentire ti riesce male.»
Poi apre il cassetto.
Ci infila la mano.
Tira fuori un oggetto. Liscio. Nero. Curvo.
Lo posa sulla scrivania. Non dice nulla.
Il cuore mi esplode nel petto.
«Appoggiati.»
Resto immobile. Lui ripete.
Più piano, più tagliente.
«Appoggiati.»
Lo faccio. Le mani sul legno. Il respiro corto.
Mi solleva il vestito.
Le mani gli tremano appena.
Mi scosta le mutandine. Le abbassa. Me le lascia sulle cosce.
Mi tocca.
Solo un dito.
Scivola tra le labbra bagnate.
«Sei fradicia.»
Annuisco. Non riesco a parlare.
Infila le dita tra la mia figa. Afferra il plug.
Lo lubrifica con i miei umori.
Mi allarga le natiche.
Sento il freddo.
Poi la pressione.
«Respira.»
Spingo il viso sulla scrivania.
Il plug entra. Lento. Inesorabile.
Mi prende tutta.
Gemo.
Mi vergogno.
Voglio che non finisca.
«Resterai così fino alla fine del turno.»
Mi tira su le mutande.
Le sistema sopra il plug, come una benda tesa.
Mi dà uno schiaffo sul culo.
Secco. Fortissimo.
«Adesso vai. E non ti azzardare a toglierlo.»
Non sorride. Non mi invita a sedermi.
Mi fissa.
«Chiudi a chiave.»
Obbedisco. La chiave scatta. Sento il sangue che mi sale alle orecchie.
«Sei puntuale. Bene.»
Si alza dalla poltrona. Si avvicina. Lento. Non toglie gli occhi dai miei.
«Sai perché sei qui?»
Scuoto la testa. Lui annuisce.
«Mentire ti riesce male.»
Poi apre il cassetto.
Ci infila la mano.
Tira fuori un oggetto. Liscio. Nero. Curvo.
Lo posa sulla scrivania. Non dice nulla.
Il cuore mi esplode nel petto.
«Appoggiati.»
Resto immobile. Lui ripete.
Più piano, più tagliente.
«Appoggiati.»
Lo faccio. Le mani sul legno. Il respiro corto.
Mi solleva il vestito.
Le mani gli tremano appena.
Mi scosta le mutandine. Le abbassa. Me le lascia sulle cosce.
Mi tocca.
Solo un dito.
Scivola tra le labbra bagnate.
«Sei fradicia.»
Annuisco. Non riesco a parlare.
Infila le dita tra la mia figa. Afferra il plug.
Lo lubrifica con i miei umori.
Mi allarga le natiche.
Sento il freddo.
Poi la pressione.
«Respira.»
Spingo il viso sulla scrivania.
Il plug entra. Lento. Inesorabile.
Mi prende tutta.
Gemo.
Mi vergogno.
Voglio che non finisca.
«Resterai così fino alla fine del turno.»
Mi tira su le mutande.
Le sistema sopra il plug, come una benda tesa.
Mi dà uno schiaffo sul culo.
Secco. Fortissimo.
«Adesso vai. E non ti azzardare a toglierlo.»
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