Occhi che divorano
di
rotas2sator
genere
corna
I frames osceni.
Era una sera gelida e umida, il vento tagliente sibilava tra le viuzze bagnate del piccolo paese. Ero al Sud per lavoro, e dopo cena mi ero fermato al bar con alcuni colleghi del posto. La stufa scoppiettava, il vino rosso scorreva e l’aria era densa di fumo, sudore e parole pesanti.
Il locale era piccolo, con pareti scure e un pavimento di dozzinali mattoni levigati, consumati. Il fumo di sigaretta avvolgeva tutto come una nebbia fitta, e la luce ambrata delle lampade tremolava sui visi segnati degli uomini, ruvide mani strette intorno a calici spessi.
Ruggero sedeva al centro, un re crudele che si accingeva a mostrare il suo bottino. Intorno a lui i colleghi si stringevano, affamati di storie sporche e potere. Ogni tanto uno sbuffo di fumo, un sorso di vino, un ghigno feroce.
— Stefano, ti devo far vedere una roba che ti farà girare la testa — disse Ruggero con un sorriso sprezzante. — Ah sì? — risposi. — L’estate mi trovavo dalle tue parti — continuò — e ho beccato ‘sta fica, roba che non capita tutti i giorni... magari la conosci pure!
Ero curioso. Gli altri si avvicinarono, ansiosi. — Su, facci vedere ‘sto video, questa roba incredibile di cui ti vanti! — sbottò Aldo, occhi famelici.
Sul piccolo schermo comparve una donna completamente nuda, piegata in avanti sull’erba umida, il corpo lucido di sudore e calore. Il suo culo tondo e sodo, alto, tonico come due meloni, si sollevava ad ogni spinta decisa di Ruggero. La pelle dorata brillava al sole, le curve morbide disegnavano una figura prosperosa e irresistibile. Le sue grandi mammelle rimbalzavano pesanti e vive ad ogni movimento, i capezzoli tesi e gonfi che si mostravano chiari anche nella luce fioca.
Ruggero la teneva per i fianchi e la penetrava con forza, senza pietà, fino in fondo. Lei si contorceva, irrigidita, ma i gemiti rochi tradivano il piacere intenso che la dominava.
— Guarda quel culo, che roba! — ringhiò Vito — stretto e pieno, una vera donna di fuoco.
— E le tette, una quinta piena. Spettacolo puro! — aggiunse Aldo, occhi brillanti di cattiveria.
Poi la camera colse Ruggero che spalancava le sue chiappe con mani grosse, affondando lento ma deciso, senza tregua. Lei cercava di divincolarsi, ma il piacere la piegava, il corpo tremava sotto il peso della passione, le mammelle pesanti si muovevano avanti e indietro, quasi a voler fuggire da quel destino.
—NOO, Ruggero, il culo….per favore…
—Buona, che ti piace…
— Che porca… — sussurrò Paolo — guarda come si agita, ma finge di volerlo fermare.
Cambio scena: lei inginocchiata davanti a Ruggero, la bocca spalancata e umida, la lingua che si muoveva vorace attorno al glande. Il respiro affannoso e gutturale si mescolava ai gemiti e ai suoni di piacere grezzo.
— Guarda come glielo succhia — rise Aldo, gli occhi avidi. — È nata per questo. Ti svuota il cazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Risate, battute feroci: — ‘Sta donna dove l’hai trovata, Ruggé, solo a te certe fortune? — Te l’ho detto: una trasferta, dalle parti di Stefano. Veramente una occasione inaspettata, un boccone succulento. Vale doppio essendo fuori regione. — Sì, e in più se è di qualcun altro, ancora meglio — ribatté Paolo — pensa al marito che non ha idea. A proposito, Stefano, non è che la conosci la bella maialina?
—…No, potrebbe essere chiunque.
Continuavano a scorrere i frame, e ad ogni gemito di lei le risate si facevano più forti, come se fossero tutti complici di un rituale crudele. Ruggero si pavoneggiava, Aldo commentava con oscenità, Vito ringhiava apprezzamenti come fossero sentenze. Io rimanevo immobile, lo sguardo incollato a quello schermo che, da un momento all’altro, temevo avrebbe rivelato troppo.
Poi l’inquadratura indugiò sul volto della donna: capelli incollati di sudore, bocca dischiusa in un gemito che non lasciava spazio a dubbi. Il gelo mi attraversò. Era lei. Mia moglie.
— Stefano, non ti ricorda proprio nessuno? — sussurrò Vito, osservando il mio volto, con un ghigno che pareva volermi estorcere un segreto.
Sentii le viscere serrarsi, il cuore martellare. Avrei dovuto odiarla, provare solo rabbia e vergogna. Eppure, qualcosa di oscuro e indecente mi attraversava: il piacere torbido di vederla così, desiderata, ridotta a spettacolo, oggetto di commenti sconci e occhi avidi. Era il mio supplizio, ed era insieme un orgoglio segreto: quella carne esposta era mia, eppure ora apparteneva anche a loro, a quei sguardi famelici che la divoravano nel video.
Il presentimento si era fatto certezza, e con essa una condanna: l’umiliazione mi bruciava, ma dentro si mescolava a un’erezione amara, un piacere che non avrei mai confessato. E mentre i miei colleghi gridavano ancora: — Dai, Ruggero, rimettilo! Facci vedere ancora quella zoccola! — Io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lei, la mia donna, era lì: trofeo, vergogna, e insieme la più potente rivelazione della sua sensualità.
Era una sera gelida e umida, il vento tagliente sibilava tra le viuzze bagnate del piccolo paese. Ero al Sud per lavoro, e dopo cena mi ero fermato al bar con alcuni colleghi del posto. La stufa scoppiettava, il vino rosso scorreva e l’aria era densa di fumo, sudore e parole pesanti.
Il locale era piccolo, con pareti scure e un pavimento di dozzinali mattoni levigati, consumati. Il fumo di sigaretta avvolgeva tutto come una nebbia fitta, e la luce ambrata delle lampade tremolava sui visi segnati degli uomini, ruvide mani strette intorno a calici spessi.
Ruggero sedeva al centro, un re crudele che si accingeva a mostrare il suo bottino. Intorno a lui i colleghi si stringevano, affamati di storie sporche e potere. Ogni tanto uno sbuffo di fumo, un sorso di vino, un ghigno feroce.
— Stefano, ti devo far vedere una roba che ti farà girare la testa — disse Ruggero con un sorriso sprezzante. — Ah sì? — risposi. — L’estate mi trovavo dalle tue parti — continuò — e ho beccato ‘sta fica, roba che non capita tutti i giorni... magari la conosci pure!
Ero curioso. Gli altri si avvicinarono, ansiosi. — Su, facci vedere ‘sto video, questa roba incredibile di cui ti vanti! — sbottò Aldo, occhi famelici.
Sul piccolo schermo comparve una donna completamente nuda, piegata in avanti sull’erba umida, il corpo lucido di sudore e calore. Il suo culo tondo e sodo, alto, tonico come due meloni, si sollevava ad ogni spinta decisa di Ruggero. La pelle dorata brillava al sole, le curve morbide disegnavano una figura prosperosa e irresistibile. Le sue grandi mammelle rimbalzavano pesanti e vive ad ogni movimento, i capezzoli tesi e gonfi che si mostravano chiari anche nella luce fioca.
Ruggero la teneva per i fianchi e la penetrava con forza, senza pietà, fino in fondo. Lei si contorceva, irrigidita, ma i gemiti rochi tradivano il piacere intenso che la dominava.
— Guarda quel culo, che roba! — ringhiò Vito — stretto e pieno, una vera donna di fuoco.
— E le tette, una quinta piena. Spettacolo puro! — aggiunse Aldo, occhi brillanti di cattiveria.
Poi la camera colse Ruggero che spalancava le sue chiappe con mani grosse, affondando lento ma deciso, senza tregua. Lei cercava di divincolarsi, ma il piacere la piegava, il corpo tremava sotto il peso della passione, le mammelle pesanti si muovevano avanti e indietro, quasi a voler fuggire da quel destino.
—NOO, Ruggero, il culo….per favore…
—Buona, che ti piace…
— Che porca… — sussurrò Paolo — guarda come si agita, ma finge di volerlo fermare.
Cambio scena: lei inginocchiata davanti a Ruggero, la bocca spalancata e umida, la lingua che si muoveva vorace attorno al glande. Il respiro affannoso e gutturale si mescolava ai gemiti e ai suoni di piacere grezzo.
— Guarda come glielo succhia — rise Aldo, gli occhi avidi. — È nata per questo. Ti svuota il cazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Risate, battute feroci: — ‘Sta donna dove l’hai trovata, Ruggé, solo a te certe fortune? — Te l’ho detto: una trasferta, dalle parti di Stefano. Veramente una occasione inaspettata, un boccone succulento. Vale doppio essendo fuori regione. — Sì, e in più se è di qualcun altro, ancora meglio — ribatté Paolo — pensa al marito che non ha idea. A proposito, Stefano, non è che la conosci la bella maialina?
—…No, potrebbe essere chiunque.
Continuavano a scorrere i frame, e ad ogni gemito di lei le risate si facevano più forti, come se fossero tutti complici di un rituale crudele. Ruggero si pavoneggiava, Aldo commentava con oscenità, Vito ringhiava apprezzamenti come fossero sentenze. Io rimanevo immobile, lo sguardo incollato a quello schermo che, da un momento all’altro, temevo avrebbe rivelato troppo.
Poi l’inquadratura indugiò sul volto della donna: capelli incollati di sudore, bocca dischiusa in un gemito che non lasciava spazio a dubbi. Il gelo mi attraversò. Era lei. Mia moglie.
— Stefano, non ti ricorda proprio nessuno? — sussurrò Vito, osservando il mio volto, con un ghigno che pareva volermi estorcere un segreto.
Sentii le viscere serrarsi, il cuore martellare. Avrei dovuto odiarla, provare solo rabbia e vergogna. Eppure, qualcosa di oscuro e indecente mi attraversava: il piacere torbido di vederla così, desiderata, ridotta a spettacolo, oggetto di commenti sconci e occhi avidi. Era il mio supplizio, ed era insieme un orgoglio segreto: quella carne esposta era mia, eppure ora apparteneva anche a loro, a quei sguardi famelici che la divoravano nel video.
Il presentimento si era fatto certezza, e con essa una condanna: l’umiliazione mi bruciava, ma dentro si mescolava a un’erezione amara, un piacere che non avrei mai confessato. E mentre i miei colleghi gridavano ancora: — Dai, Ruggero, rimettilo! Facci vedere ancora quella zoccola! — Io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lei, la mia donna, era lì: trofeo, vergogna, e insieme la più potente rivelazione della sua sensualità.
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