Marcello e la Padrona (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
“Ora su, alza la testa”.
Marcello eseguì, in uno stato che gli sembrava confusionario, con l’eccitazione che era manifesta e la pressione alla testa che a lui sembrava visibile.
La parte erotica aveva liberato qualcosa che pensava di conoscere e l’eccitazione era solo la testimonianza.
Non poteva essere il sesso, non l’aveva ancora toccata o leccata. Non pensò a nulla, nemmeno al fatto che era la situazione ad eccitarlo, non il corpo.
Non si rese nemmeno conto da dove fosse arrivato quel collare con il quale la signora gli stava cingendo il collo.
Parimenti non aveva visto il guinzaglio che, dopo essere stato agganciato all’anello, lo trascinò con le mani a terra mentre la signora si diresse, voltandogli le spalle, verso la poltrona.
Marcello visse quella azione come una consegna a sé stesso, prima che a lei, con assoluta naturalezza.
“Non pensare di alzarti, cammina a 4 zampe dietro a me”.
Non pensò più alla situazione che si era immaginato in quei giorni di attesa. Viveva gli attimi nella bolla nella quale si sentiva in quel momento, tutto concentrato su sé stesso e su quella donna che gli era divenuta Padrona.
La seguì docilmente fino alla poltrona sulla quale si sedette accavallando la gamba, la cui pelle era priva di quella lucentezza che era abituato a vedere nelle gambe delle sue coetanee.
“Leccami la scarpa”.
La donna gli sorrideva. Era forte il contrasto tra l’espressione del viso e quella verbale.
Marcello subiva il fascino della situazione, di qualcosa che aveva dentro e che lo portava ad avere quel cazzo teso che gli sembrava stesse per scoppiare.
Mentre passava la lingua sulla scarpa, stando attento a non toccare la pelle del piede come ordinatogli, gli apparvero nel suo immaginario quelle scene di un leggera sottomissione maschile che lo avevano attratto da sempre.
Potevano essere immagini pubblicitarie o scene di un film, magari di quelle di altri tempi, in cui c’erano le Signore ed i servi.
I servi, quel ruolo gli fece venire in mente quanto accaduto la sera in cui l’aveva conosciuta o, meglio, lei lo aveva rimorchiato, quando la signora lo aveva mandato a prendere da bere e gli aveva detto che lui era stato usato come un servo.
Si era sentito qualcosa al cazzo, nel cazzo, nella pancia, alla bocca dello stomaco quando lei, con tutta naturalezza, lo aveva definito in quel modo, per poi andarsene, lasciandolo lì da solo, inutile dopo che era stato utile.
La mente ritornò al presente, alla sua posizione sottomessa, a ciò che stava compiendo perché qualcuna gli aveva ordinato di farlo.
Ogni passaggio di lingua era una carezza che dava alla propria anima, troppo preso, in quel momento, per capire e razionalizzare ciò che la sua sessualità nascosta stava facendo uscire, per viverla di pelle, sulla sua pelle, dove l’istinto più recondito prendeva il sopravvento.
Quella donna non c’era più in quel momento o, meglio, rappresentava lo strumento di ciò che stava conoscendo attraverso le sensazioni che il suo cazzo stava manifestando.
L'ordine di leccare parte della suola di quella scarpa, appartenente a quel piede posto al termine di quella lunga gamba accavallata, gli apparve come cosa naturale in grado di stimolare sensazioni nuove.
Marcello eseguì, in uno stato che gli sembrava confusionario, con l’eccitazione che era manifesta e la pressione alla testa che a lui sembrava visibile.
La parte erotica aveva liberato qualcosa che pensava di conoscere e l’eccitazione era solo la testimonianza.
Non poteva essere il sesso, non l’aveva ancora toccata o leccata. Non pensò a nulla, nemmeno al fatto che era la situazione ad eccitarlo, non il corpo.
Non si rese nemmeno conto da dove fosse arrivato quel collare con il quale la signora gli stava cingendo il collo.
Parimenti non aveva visto il guinzaglio che, dopo essere stato agganciato all’anello, lo trascinò con le mani a terra mentre la signora si diresse, voltandogli le spalle, verso la poltrona.
Marcello visse quella azione come una consegna a sé stesso, prima che a lei, con assoluta naturalezza.
“Non pensare di alzarti, cammina a 4 zampe dietro a me”.
Non pensò più alla situazione che si era immaginato in quei giorni di attesa. Viveva gli attimi nella bolla nella quale si sentiva in quel momento, tutto concentrato su sé stesso e su quella donna che gli era divenuta Padrona.
La seguì docilmente fino alla poltrona sulla quale si sedette accavallando la gamba, la cui pelle era priva di quella lucentezza che era abituato a vedere nelle gambe delle sue coetanee.
“Leccami la scarpa”.
La donna gli sorrideva. Era forte il contrasto tra l’espressione del viso e quella verbale.
Marcello subiva il fascino della situazione, di qualcosa che aveva dentro e che lo portava ad avere quel cazzo teso che gli sembrava stesse per scoppiare.
Mentre passava la lingua sulla scarpa, stando attento a non toccare la pelle del piede come ordinatogli, gli apparvero nel suo immaginario quelle scene di un leggera sottomissione maschile che lo avevano attratto da sempre.
Potevano essere immagini pubblicitarie o scene di un film, magari di quelle di altri tempi, in cui c’erano le Signore ed i servi.
I servi, quel ruolo gli fece venire in mente quanto accaduto la sera in cui l’aveva conosciuta o, meglio, lei lo aveva rimorchiato, quando la signora lo aveva mandato a prendere da bere e gli aveva detto che lui era stato usato come un servo.
Si era sentito qualcosa al cazzo, nel cazzo, nella pancia, alla bocca dello stomaco quando lei, con tutta naturalezza, lo aveva definito in quel modo, per poi andarsene, lasciandolo lì da solo, inutile dopo che era stato utile.
La mente ritornò al presente, alla sua posizione sottomessa, a ciò che stava compiendo perché qualcuna gli aveva ordinato di farlo.
Ogni passaggio di lingua era una carezza che dava alla propria anima, troppo preso, in quel momento, per capire e razionalizzare ciò che la sua sessualità nascosta stava facendo uscire, per viverla di pelle, sulla sua pelle, dove l’istinto più recondito prendeva il sopravvento.
Quella donna non c’era più in quel momento o, meglio, rappresentava lo strumento di ciò che stava conoscendo attraverso le sensazioni che il suo cazzo stava manifestando.
L'ordine di leccare parte della suola di quella scarpa, appartenente a quel piede posto al termine di quella lunga gamba accavallata, gli apparve come cosa naturale in grado di stimolare sensazioni nuove.
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