Petalo di rosa
di
Yuko
genere
saffico
Al terzo tornante Laura inchioda. Molla l'auto appena fuori dall'asfalto ed esce dalla vettura.
È da quando siamo partite che ci sto provando, la sto quasi implorando per fare sesso insieme.
Ieri, al rifugio di montagna, attraverso i muri sottili abbiamo sentito una coppia nella stanza accanto che ha scopato tutta la notte e i gemiti di apprezzamento della ragazza sono stati molto espliciti, tanto che sono rimasta ad ascoltare senza perdermi neanche un lamento.
E il risultato è che mi sono svegliata con una voglia di sesso incontenibile.
Con Laura siamo amiche, lei sta già con un'altra, ma sappiamo tutte e due che ci piacciamo, reciprocamente, e una sessione di sesso insieme l'abbiamo già immaginata.
E che ci sarebbe di male, poi, a lasciarsi andare, almeno una volta?
Finalmente sembra che la mia insistenza abbia fatto breccia.
O forse anche Laura ha accumulato una gran voglia ieri notte.
L'amica si muove veloce oltre al muso dell'auto, viene verso di me, apre la portiera e mi afferra per un polso, tirandomi fuori.
“Vieni!” Perentoria.
“Nel bosco?” chiedo io facendo l'ingenua, ma lei non risponde.
La seguo con qualche gridolino di eccitazione, mentre ci facciamo strada in un fitto intrigo di tronchi.
In una piccola radura ricoperta di muschio fresco ci fermiamo. Laura mi prende per le spalle e mi sbatte contro un larice. Non una parola dalla sua bocca.
Questa determinazione mi eccita da morire come questo suo atteggiamento deciso e aggressivo.
Mi slaccia i calzoncini e con uno strattone me li sfila; le mie mutandine le appaiono di fronte, gonfie del mio monte di Venere e del mio desiderio.
Mi abbassa gli slip, con uno strappo netto, e resta a contemplare i miei peli neri e dritti, mentre già sento pulsare la figa, umida e accogliente.
Laura mi si inginocchia di fronte; pochi morsi al mio pube e già cerca di infilarsi tra le mie cosce.
“Aspetta” sussurro con la voce rotta per l'eccitazione. Mi sfilo i calzoni e le mutandine, rimanendo mezza nuda davanti a lei; sollevo la maglietta e allargo le cosce sporgendo la vulva verso la sua bocca che freme impaziente.
Lei si tuffa tra le mie labbra, accolta da un mio rauco gemito.
La sua lingua scorre fra i miei petali, si fa strada tra le ancelle, si disseta dei miei umori, copiosi e profumati.
Io piego le gambe sotto le sferzate del piacere e scivolo lungo il tronco, che abbraccio dietro alla mia schiena, la maglietta mi si solleva fino al seno.
La lingua di Laura... quella lingua che ora percorre tutti i sentieri del mio piacere più oscuro.
Quel muscolo umido e vivace che sa dosare le sue stimolazioni, alternando succhiate a leggere leccate, dalle piccole labbra fino al clitoride.
Non più una lingua, ma un mieloso balsamo che accarezza e delinea catalogando ognuno dei miei punti più sensibili.
La dura corteccia mi graffia la schiena e il sedere, mentre le mie ginocchia si piegano al canto sinuoso dei miei lamenti, dei miei sospiri sincopati.
Contrasto insostenibile con le morbide carezze che si fanno strada tra le mie cosce.
Mi sollevo la maglietta e afferro una tetta, mi strizzo il capezzolo, mi mordo le labbra, mentre tra le gambe si svolge una battaglia tra una lingua impietosa e una donna che cerca di non perdere i sensi sotto le sferzate erotiche del piacere più ottenebrante.
Laura mi pianta le unghie nelle chiappe e affonda la faccia sotto il livello dei miei peli. Con la mano libera stringo la sua nuca contro la mia figa, come per voler infilare il suo capo intero dentro di me.
Quella lingua, una poesia, un dolce miele colante e vischioso sulle mie pieghe più sensibili.
La morbidezza di un petalo di rosa che mi avvolge il clitoride, ne esplora i confini, lo stringe e lo accarezza, lo succhia e lo blandisce. Umidità di saliva che si mescola col nettare della mia figa per colare poi sulle mie cosce.
Laura mi infila un dito nel culo, bagnato delle mie secrezioni, mentre quella lingua non smette di torturarmi. Mi succhia le piccole labbra, le mordicchia e se le lascia sfuggire dalla presa serrata delle sue labbra.
Dopo un primo orgasmo si stacca da me, mi guarda, contempla i miei genitali.
“È la prima volta che vedi dal vivo una figa orientale?”
Ma lei non risponde.
Le mucose scure delle mie piccole labbra si aprono sul rosso fuoco della mia vagina sensibilizzata.
Il clitoride svetta come un alfiere, eccitato dalla stimolazione impietosa, dal primo orgasmo che già ne chiede un altro. Tutto il mio ventre si sta sciogliendo in una colata di liquido chiaro e trasparente.
“Porca! Sei una gran porca, Yuko!” ringhia Laura e affonda nuovamente il muso tra le mie cosce.
“Siii, sono la tua troia... Aaaah!”
Spingo la vulva contro quella bocca che mi penetra, mi trapassa; quella lingua che mi trafigge.
Ora Laura si infila nella vagina, così a fondo che non so più se mi sta entrando dentro con la lingua o con le dita. Mi succhia fuori tutto il liquido in cui mi sto sciogliendo e ancora spinge, risalendomi fino al cervello, obnubilando i miei sensi.
Quanta esperienza tra donne, quante ore di sesso, esperimenti, tentativi e scoperte in questi gesti consumati nelle abitudini lesbiche.
E quella lingua che ancora mi avvolge e mi tenta, che mi corteggia e mi pugnala. Leggera, bagnata, morbida e avvolgente.
Ora le sue labbra mi succhiano il pistillo.
Ora i suoi denti mi torturano i petali più interni.
Piango, mugulo, gemo e mi sbatto contro il volto di questa donna.
Una strega friulana sopravvissuta all'inquisizione che ora mi sta trasformando in una sua degna compare.
Precipitiamo insieme in un abisso di perdizione mentre sento di perdere i senti.
Ancora un orgasmo, violento, urlato, strappato con violenza, mentre Laura non mi grazia neanche un secondo.
Sono ormai col culo per terra, la maglietta strappata, le tette per aria, le cosce sull'umido muschio che si sta dissetando dei miei umori più sconci.
E Laura si alza da me, risale in punta di lingua attraversando il confine dei miei peli, lungo l'ombelico per trovare pace sui miei capezzoli duri e sensibili.
Ancora carezze in tondo sulle aguzze punte dei miei seni, mentre le sue dita si infilano di nuovo nel mio ventre.
Me la tiro sul mio corpo, lei allarga le cosce e mi cavalca e le mie dita entrano sotto i suoi calzoni per esplorare i suoi pertugi, mentre il mio respiro si placa.
“Ora tocca a te, strega slovena!”
È da quando siamo partite che ci sto provando, la sto quasi implorando per fare sesso insieme.
Ieri, al rifugio di montagna, attraverso i muri sottili abbiamo sentito una coppia nella stanza accanto che ha scopato tutta la notte e i gemiti di apprezzamento della ragazza sono stati molto espliciti, tanto che sono rimasta ad ascoltare senza perdermi neanche un lamento.
E il risultato è che mi sono svegliata con una voglia di sesso incontenibile.
Con Laura siamo amiche, lei sta già con un'altra, ma sappiamo tutte e due che ci piacciamo, reciprocamente, e una sessione di sesso insieme l'abbiamo già immaginata.
E che ci sarebbe di male, poi, a lasciarsi andare, almeno una volta?
Finalmente sembra che la mia insistenza abbia fatto breccia.
O forse anche Laura ha accumulato una gran voglia ieri notte.
L'amica si muove veloce oltre al muso dell'auto, viene verso di me, apre la portiera e mi afferra per un polso, tirandomi fuori.
“Vieni!” Perentoria.
“Nel bosco?” chiedo io facendo l'ingenua, ma lei non risponde.
La seguo con qualche gridolino di eccitazione, mentre ci facciamo strada in un fitto intrigo di tronchi.
In una piccola radura ricoperta di muschio fresco ci fermiamo. Laura mi prende per le spalle e mi sbatte contro un larice. Non una parola dalla sua bocca.
Questa determinazione mi eccita da morire come questo suo atteggiamento deciso e aggressivo.
Mi slaccia i calzoncini e con uno strattone me li sfila; le mie mutandine le appaiono di fronte, gonfie del mio monte di Venere e del mio desiderio.
Mi abbassa gli slip, con uno strappo netto, e resta a contemplare i miei peli neri e dritti, mentre già sento pulsare la figa, umida e accogliente.
Laura mi si inginocchia di fronte; pochi morsi al mio pube e già cerca di infilarsi tra le mie cosce.
“Aspetta” sussurro con la voce rotta per l'eccitazione. Mi sfilo i calzoni e le mutandine, rimanendo mezza nuda davanti a lei; sollevo la maglietta e allargo le cosce sporgendo la vulva verso la sua bocca che freme impaziente.
Lei si tuffa tra le mie labbra, accolta da un mio rauco gemito.
La sua lingua scorre fra i miei petali, si fa strada tra le ancelle, si disseta dei miei umori, copiosi e profumati.
Io piego le gambe sotto le sferzate del piacere e scivolo lungo il tronco, che abbraccio dietro alla mia schiena, la maglietta mi si solleva fino al seno.
La lingua di Laura... quella lingua che ora percorre tutti i sentieri del mio piacere più oscuro.
Quel muscolo umido e vivace che sa dosare le sue stimolazioni, alternando succhiate a leggere leccate, dalle piccole labbra fino al clitoride.
Non più una lingua, ma un mieloso balsamo che accarezza e delinea catalogando ognuno dei miei punti più sensibili.
La dura corteccia mi graffia la schiena e il sedere, mentre le mie ginocchia si piegano al canto sinuoso dei miei lamenti, dei miei sospiri sincopati.
Contrasto insostenibile con le morbide carezze che si fanno strada tra le mie cosce.
Mi sollevo la maglietta e afferro una tetta, mi strizzo il capezzolo, mi mordo le labbra, mentre tra le gambe si svolge una battaglia tra una lingua impietosa e una donna che cerca di non perdere i sensi sotto le sferzate erotiche del piacere più ottenebrante.
Laura mi pianta le unghie nelle chiappe e affonda la faccia sotto il livello dei miei peli. Con la mano libera stringo la sua nuca contro la mia figa, come per voler infilare il suo capo intero dentro di me.
Quella lingua, una poesia, un dolce miele colante e vischioso sulle mie pieghe più sensibili.
La morbidezza di un petalo di rosa che mi avvolge il clitoride, ne esplora i confini, lo stringe e lo accarezza, lo succhia e lo blandisce. Umidità di saliva che si mescola col nettare della mia figa per colare poi sulle mie cosce.
Laura mi infila un dito nel culo, bagnato delle mie secrezioni, mentre quella lingua non smette di torturarmi. Mi succhia le piccole labbra, le mordicchia e se le lascia sfuggire dalla presa serrata delle sue labbra.
Dopo un primo orgasmo si stacca da me, mi guarda, contempla i miei genitali.
“È la prima volta che vedi dal vivo una figa orientale?”
Ma lei non risponde.
Le mucose scure delle mie piccole labbra si aprono sul rosso fuoco della mia vagina sensibilizzata.
Il clitoride svetta come un alfiere, eccitato dalla stimolazione impietosa, dal primo orgasmo che già ne chiede un altro. Tutto il mio ventre si sta sciogliendo in una colata di liquido chiaro e trasparente.
“Porca! Sei una gran porca, Yuko!” ringhia Laura e affonda nuovamente il muso tra le mie cosce.
“Siii, sono la tua troia... Aaaah!”
Spingo la vulva contro quella bocca che mi penetra, mi trapassa; quella lingua che mi trafigge.
Ora Laura si infila nella vagina, così a fondo che non so più se mi sta entrando dentro con la lingua o con le dita. Mi succhia fuori tutto il liquido in cui mi sto sciogliendo e ancora spinge, risalendomi fino al cervello, obnubilando i miei sensi.
Quanta esperienza tra donne, quante ore di sesso, esperimenti, tentativi e scoperte in questi gesti consumati nelle abitudini lesbiche.
E quella lingua che ancora mi avvolge e mi tenta, che mi corteggia e mi pugnala. Leggera, bagnata, morbida e avvolgente.
Ora le sue labbra mi succhiano il pistillo.
Ora i suoi denti mi torturano i petali più interni.
Piango, mugulo, gemo e mi sbatto contro il volto di questa donna.
Una strega friulana sopravvissuta all'inquisizione che ora mi sta trasformando in una sua degna compare.
Precipitiamo insieme in un abisso di perdizione mentre sento di perdere i senti.
Ancora un orgasmo, violento, urlato, strappato con violenza, mentre Laura non mi grazia neanche un secondo.
Sono ormai col culo per terra, la maglietta strappata, le tette per aria, le cosce sull'umido muschio che si sta dissetando dei miei umori più sconci.
E Laura si alza da me, risale in punta di lingua attraversando il confine dei miei peli, lungo l'ombelico per trovare pace sui miei capezzoli duri e sensibili.
Ancora carezze in tondo sulle aguzze punte dei miei seni, mentre le sue dita si infilano di nuovo nel mio ventre.
Me la tiro sul mio corpo, lei allarga le cosce e mi cavalca e le mie dita entrano sotto i suoi calzoni per esplorare i suoi pertugi, mentre il mio respiro si placa.
“Ora tocca a te, strega slovena!”
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