Anastasia e Martina. Capitolo 4: Il Segreto di un Tocco
di
SofiaMariani
genere
saffico
Il mio respiro era affannoso, e le dita continuavano il loro lavoro, sempre più veloci, quasi frenetiche. Le pareti del cubicolo sembravano stringersi intorno a me, mentre il suono del mio stesso ansimare riempiva il piccolo spazio. Non c'era nulla di delicato in quel momento, solo un bisogno primordiale, la necessità di scaricare l'eccesso di tensione che Martina aveva inconsciamente accumulato in me. Ogni immagine di lei, ogni suo piccolo gesto del mattino, si fondeva in una sensazione unica e travolgente.
Sentii l'ondata montare, rapida e potente. Era diversa da quella della sera prima, più cruda, meno sfumata dalla fantasia, perché la causa scatenante era stata così reale, così vicina. La mia schiena si inarcò, le unghie quasi si conficcarono nelle cosce mentre raggiungevo il culmine. Un lungo sospiro profondo, questa volta quasi un lamento, mi scappò dalle labbra appena socchiuse, mentre il mio corpo si scuoteva in un brivido finale. Poi, la lenta discesa, il rilassamento dei muscoli, il ritorno alla realtà.
Rimasi lì per un momento, appoggiata alla parete fredda, le gambe ancora tremanti. Un senso di vergogna, fugace ma pungente, mi attraversò. Era sbagliato fare una cosa del genere a scuola, in un bagno pubblico, spinta da pensieri così... intimi, su una persona che era solo la mia amica. Ma la vergogna fu rapidamente sopraffatta da un sollievo profondo, quasi una sensazione di pulizia. Era come se avessi espulso qualcosa di troppo grande, troppo intenso da contenere.
Mi ricomposi lentamente. Tirai su le mutandine, lisciai la gonna della divisa, mi sistemai i capelli e aprii il rubinetto per far scorrere l'acqua e coprire ogni suono, lavando via le tracce di quel momento. Mi guardai nello specchio: gli occhi verdi erano ancora un po' lucidi, le guance leggermente arrossate. Ma il mio viso era tornato alla sua espressione neutra da studentessa modello. Nessuno avrebbe mai potuto indovinare cosa fosse appena successo.
Tornai in classe con passi lenti, il battito del cuore che si era finalmente normalizzato. La professoressa era ancora intenta a parlare della ghigliottina, e nessuno sembrò notare la mia assenza prolungata. Mi risedetti al mio posto, e il braccio di Martina sfiorò di nuovo il mio mentre lei si sporgeva per leggere qualcosa sulla lavagna. Un altro brivido mi percorse, ma questa volta era diverso. Era un brivido di pericolo, di segreto condiviso con la mia stessa pelle. La guardai di sottecchi, il suo viso concentrato, i capelli lisci che le ricadevano sulle spalle. Lei non aveva idea del potere che aveva su di me, dell'uragano che scatenava con un semplice tocco. E io ero condannata a tenere questo segreto, custodendo gelosamente il mio desiderio silenzioso per lei.
Sentii l'ondata montare, rapida e potente. Era diversa da quella della sera prima, più cruda, meno sfumata dalla fantasia, perché la causa scatenante era stata così reale, così vicina. La mia schiena si inarcò, le unghie quasi si conficcarono nelle cosce mentre raggiungevo il culmine. Un lungo sospiro profondo, questa volta quasi un lamento, mi scappò dalle labbra appena socchiuse, mentre il mio corpo si scuoteva in un brivido finale. Poi, la lenta discesa, il rilassamento dei muscoli, il ritorno alla realtà.
Rimasi lì per un momento, appoggiata alla parete fredda, le gambe ancora tremanti. Un senso di vergogna, fugace ma pungente, mi attraversò. Era sbagliato fare una cosa del genere a scuola, in un bagno pubblico, spinta da pensieri così... intimi, su una persona che era solo la mia amica. Ma la vergogna fu rapidamente sopraffatta da un sollievo profondo, quasi una sensazione di pulizia. Era come se avessi espulso qualcosa di troppo grande, troppo intenso da contenere.
Mi ricomposi lentamente. Tirai su le mutandine, lisciai la gonna della divisa, mi sistemai i capelli e aprii il rubinetto per far scorrere l'acqua e coprire ogni suono, lavando via le tracce di quel momento. Mi guardai nello specchio: gli occhi verdi erano ancora un po' lucidi, le guance leggermente arrossate. Ma il mio viso era tornato alla sua espressione neutra da studentessa modello. Nessuno avrebbe mai potuto indovinare cosa fosse appena successo.
Tornai in classe con passi lenti, il battito del cuore che si era finalmente normalizzato. La professoressa era ancora intenta a parlare della ghigliottina, e nessuno sembrò notare la mia assenza prolungata. Mi risedetti al mio posto, e il braccio di Martina sfiorò di nuovo il mio mentre lei si sporgeva per leggere qualcosa sulla lavagna. Un altro brivido mi percorse, ma questa volta era diverso. Era un brivido di pericolo, di segreto condiviso con la mia stessa pelle. La guardai di sottecchi, il suo viso concentrato, i capelli lisci che le ricadevano sulle spalle. Lei non aveva idea del potere che aveva su di me, dell'uragano che scatenava con un semplice tocco. E io ero condannata a tenere questo segreto, custodendo gelosamente il mio desiderio silenzioso per lei.
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