Anastasia e Martina. Capitolo 13: Il Confine Violato
di
SofiaMariani
genere
saffico
La sua frase, "sei così bella quando ti perdi nei tuoi pensieri," mi aveva lasciato in uno stato di completo torpore, il cuore in gola, il respiro bloccato. Ero completamente immersa nella sua vicinanza, nel calore del suo alito sul mio orecchio, nel profumo inebriante che emanava. Non c'era nulla che potesse prepararmi a quello che successe dopo.
Con una lentezza che amplificava ogni brivido, Martina ritirò leggermente il viso dal mio orecchio, ma i suoi occhi, ora di un verde intenso e profondo, rimasero fissi sui miei. E poi, con un movimento che era allo stesso tempo deciso e incredibilmente delicato, la sua mano si staccò dalla mia e scivolò lungo la mia coscia. La sentii chiaramente, calda e morbida, posarsi sul mio ginocchio, la stoffa della gonna che si fece tesa sotto la sua pressione.
Un'ondata di calore mi investì, partendo da quel punto di contatto e irradiandosi per tutto il corpo. Il mio respiro divenne ancora più affannoso, quasi un ansimo silenzioso. I miei capezzoli diventarono duri e doloranti, spingendo con forza contro la camicetta bianca e il reggiseno. Mi rassicurai al pensiero che il tessuto doppio potesse nasconderli, ma la sensazione era così acuta che mi sentivo come se stessero per trapassare la stoffa.
Martina non si fermò. La sua mano iniziò a salire, lentamente, con una consapevolezza che mi fece sussultare internamente. La sentii scivolare sotto il bordo della mia gonna, la sua pelle che ora sfiorava direttamente la mia coscia nuda, risalendo con una delicatezza quasi impercettibile. Ogni millimetro della sua risalita era una tortura deliziosa, un crescendo di tensione e desiderio che mi stava portando sull'orlo.
Poi, le sue dita sfiorarono il bordo dei miei slip, quel cotone pulito che avevo messo solo pochi minuti prima. Fu un tocco leggerissimo, un accarezzare appena percettibile della stoffa, ma mi bastò. La mia figa cominciò a inumidirsi per bene, e sentii il liquido caldo e denso diffondersi rapidamente, bagnando il tessuto dei miei slip. Era una risposta istantanea e incontrollabile al suo tocco, una reazione così potente che mi sembrò quasi di sentire un leggero gemito salire dalla gola, ma lo soffocai, mordendomi il labbro con forza.
Il suo sguardo non si era mai staccato dai miei occhi, e in quel momento, era una miscela di audacia, curiosità e un tocco di malizia. Era come se mi stesse chiedendo il permesso, senza chiedere una parola. La sua mano continuava a indugiare, sfiorando il bordo degli slip, non andando oltre, ma promettendo così tanto con quel semplice, insistente contatto.
La tensione nella stanza era palpabile, quasi più densa dell'aria. Il mio corpo era una corda tesa, vibrante. Ogni nervo, ogni fibra, era concentrata sul punto in cui la sua mano sfiorava la mia intimità. Ero completamente alla sua mercé, in balia di un desiderio che non avevo mai osato riconoscere apertamente. Ero in pericolo, ma era il tipo di pericolo che desideravo con ogni cellula del mio essere.
Continua nel capitolo 14
Con una lentezza che amplificava ogni brivido, Martina ritirò leggermente il viso dal mio orecchio, ma i suoi occhi, ora di un verde intenso e profondo, rimasero fissi sui miei. E poi, con un movimento che era allo stesso tempo deciso e incredibilmente delicato, la sua mano si staccò dalla mia e scivolò lungo la mia coscia. La sentii chiaramente, calda e morbida, posarsi sul mio ginocchio, la stoffa della gonna che si fece tesa sotto la sua pressione.
Un'ondata di calore mi investì, partendo da quel punto di contatto e irradiandosi per tutto il corpo. Il mio respiro divenne ancora più affannoso, quasi un ansimo silenzioso. I miei capezzoli diventarono duri e doloranti, spingendo con forza contro la camicetta bianca e il reggiseno. Mi rassicurai al pensiero che il tessuto doppio potesse nasconderli, ma la sensazione era così acuta che mi sentivo come se stessero per trapassare la stoffa.
Martina non si fermò. La sua mano iniziò a salire, lentamente, con una consapevolezza che mi fece sussultare internamente. La sentii scivolare sotto il bordo della mia gonna, la sua pelle che ora sfiorava direttamente la mia coscia nuda, risalendo con una delicatezza quasi impercettibile. Ogni millimetro della sua risalita era una tortura deliziosa, un crescendo di tensione e desiderio che mi stava portando sull'orlo.
Poi, le sue dita sfiorarono il bordo dei miei slip, quel cotone pulito che avevo messo solo pochi minuti prima. Fu un tocco leggerissimo, un accarezzare appena percettibile della stoffa, ma mi bastò. La mia figa cominciò a inumidirsi per bene, e sentii il liquido caldo e denso diffondersi rapidamente, bagnando il tessuto dei miei slip. Era una risposta istantanea e incontrollabile al suo tocco, una reazione così potente che mi sembrò quasi di sentire un leggero gemito salire dalla gola, ma lo soffocai, mordendomi il labbro con forza.
Il suo sguardo non si era mai staccato dai miei occhi, e in quel momento, era una miscela di audacia, curiosità e un tocco di malizia. Era come se mi stesse chiedendo il permesso, senza chiedere una parola. La sua mano continuava a indugiare, sfiorando il bordo degli slip, non andando oltre, ma promettendo così tanto con quel semplice, insistente contatto.
La tensione nella stanza era palpabile, quasi più densa dell'aria. Il mio corpo era una corda tesa, vibrante. Ogni nervo, ogni fibra, era concentrata sul punto in cui la sua mano sfiorava la mia intimità. Ero completamente alla sua mercé, in balia di un desiderio che non avevo mai osato riconoscere apertamente. Ero in pericolo, ma era il tipo di pericolo che desideravo con ogni cellula del mio essere.
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