Anastasia e Martina. Capitolo 11: Nuovo Inizio
di
SofiaMariani
genere
saffico
Il cuore mi batteva all'impazzata, un ritmo irregolare tra l'ansia e l'eccitazione. L'invito di Martina era così inaspettato, così audace. Non potevo rifiutare, non volevo rifiutare. "Sì!" dissi, forse un po' troppo in fretta, la voce leggermente acuta. Poi, ricordando lo stato delle mie mutandine e il segreto nello zaino, aggiunsi, cercando di sembrare casuale, "Però... dovrei passare prima a casa mia. Non ti dispiace se faccio una piccola deviazione?"
Martina mi guardò per un istante, i suoi occhi verdi che sembravano volermi leggere dentro. Poi sorrise. "Certo, nessun problema! Ti aspetto fuori dal tuo portone allora. Non ci metteremo molto, casa mia non è lontana dalla tua." Il sollievo mi travolse. Accettai il suo piano con un cenno energico e ci dirigemmo verso casa mia, i nostri passi sincronizzati.
Una volta arrivata al mio portone, la salutai velocemente, promettendo di essere "velocissima". Entrai in casa, chiudendo la porta alle mie spalle e correndo su per le scale verso la mia camera. Il primo pensiero fu quello di togliermi le mutandine rosse ormai inzuppate. Le gettai nel cesto dei panni sporchi con un sospiro di sollievo, sentendomi immediatamente più pulita e a mio agio. Optai per un paio di slip di cotone puliti, semplici e confortevoli. Controllai anche lo zaino: l'ovetto era ancora lì, nascosto tra i libri. Per un attimo pensai di lasciarlo a casa, ma poi un brivido di audacia mi spinse a non farlo. Lo tenni. Non sapevo perché, ma sentivo che in qualche modo doveva venire con me.
Quando scesi, Martina mi aspettava con un sorriso. Il tragitto verso casa sua fu breve, punteggiato da chiacchiere leggere sulla scuola, sulle vacanze estive che si avvicinavano, su quanto fosse noiosa la professoressa di storia. Ogni tanto, i nostri gomiti si sfioravano mentre camminavamo, e ogni contatto mi mandava piccole scariche lungo il braccio. Era un gioco innocente per lei, ma per me era una tortura deliziosa.
Arrivammo a casa sua, un'elegante villa immersa nel verde. All'interno, l'atmosfera era accogliente ma raffinata. Andammo subito nella sua camera, un ambiente spazioso e luminoso, pieno di libri e di un leggero disordine che le si addiceva. Ci sedemmo al suo scrittoio, una accanto all'altra, i quaderni di matematica aperti tra noi.
Iniziammo a ripassare, ma la sua vicinanza era una distrazione costante. Il suo profumo, leggero e fresco, mi inebriava. La sua voce, calma e chiara mentre spiegava un passaggio difficile, era musica per le mie orecchie. Poi, Martina cominciò a stuzzicarmi in un modo che mi fece bollire il sangue.
"Allora, Anastasia, fammi vedere questi appunti," disse, chinandosi un po' troppo vicino al mio quaderno. Il suo braccio sfiorò il mio per tutta la lunghezza, un contatto prolungato e intenzionale che mi fece trattenere il respiro. "Sei sicura di averli presi tutti?" I suoi lunghi capelli lisci mi accarezzarono la guancia mentre parlava, e sentii un brivido scendere lungo la schiena. Era solo un piccolo gesto, ma per me era un uragano.
Poi, come per caso, il suo dito si posò sul mio quaderno, proprio sopra una formula che avevo scritto. "Questa qui non ti è chiara, vero?" mi chiese, e il suo dito scivolò leggermente verso l'alto, finendo per sfiorare il dorso della mia mano. Era un tocco così leggero, così fugace, ma mi sembrò che durasse un'eternità. La mia pelle reagì immediatamente con la pelle d'oca, e sentii il calore salire al viso.
"No... no, quella l'ho capita," balbettai, la voce che mi tradiva.
Martina mi guardò con un sorriso malizioso. "Sicura? Perché mi sembri un po'... distratta." Le sue labbra si curvarono in un sorrisetto che mi fece tremare le gambe. Non sapevo se stesse scherzando, se avesse intuito qualcosa, o se fosse solo la mia mente che interpretava ogni suo gesto come un segno. Si avvicinò ancora un po', la sua voce ora un sussurro giocoso. "O forse non sono la sola distrazione qui dentro?"
Il mio cuore era in gola. Il suo sguardo era profondo, quasi mi trafiggeva. Sentii una scossa partire dal basso ventre, la stessa che provavo quando usavo l'ovetto. Stava giocando con me, o era solo la mia immaginazione a farle dire quelle cose? Era un gioco pericoloso, ma non potevo fare a meno di desiderare che continuasse. Il limite tra amicizia e qualcos'altro sembrava assottigliarsi ogni secondo di più.
Continua nel capitolo 12
Martina mi guardò per un istante, i suoi occhi verdi che sembravano volermi leggere dentro. Poi sorrise. "Certo, nessun problema! Ti aspetto fuori dal tuo portone allora. Non ci metteremo molto, casa mia non è lontana dalla tua." Il sollievo mi travolse. Accettai il suo piano con un cenno energico e ci dirigemmo verso casa mia, i nostri passi sincronizzati.
Una volta arrivata al mio portone, la salutai velocemente, promettendo di essere "velocissima". Entrai in casa, chiudendo la porta alle mie spalle e correndo su per le scale verso la mia camera. Il primo pensiero fu quello di togliermi le mutandine rosse ormai inzuppate. Le gettai nel cesto dei panni sporchi con un sospiro di sollievo, sentendomi immediatamente più pulita e a mio agio. Optai per un paio di slip di cotone puliti, semplici e confortevoli. Controllai anche lo zaino: l'ovetto era ancora lì, nascosto tra i libri. Per un attimo pensai di lasciarlo a casa, ma poi un brivido di audacia mi spinse a non farlo. Lo tenni. Non sapevo perché, ma sentivo che in qualche modo doveva venire con me.
Quando scesi, Martina mi aspettava con un sorriso. Il tragitto verso casa sua fu breve, punteggiato da chiacchiere leggere sulla scuola, sulle vacanze estive che si avvicinavano, su quanto fosse noiosa la professoressa di storia. Ogni tanto, i nostri gomiti si sfioravano mentre camminavamo, e ogni contatto mi mandava piccole scariche lungo il braccio. Era un gioco innocente per lei, ma per me era una tortura deliziosa.
Arrivammo a casa sua, un'elegante villa immersa nel verde. All'interno, l'atmosfera era accogliente ma raffinata. Andammo subito nella sua camera, un ambiente spazioso e luminoso, pieno di libri e di un leggero disordine che le si addiceva. Ci sedemmo al suo scrittoio, una accanto all'altra, i quaderni di matematica aperti tra noi.
Iniziammo a ripassare, ma la sua vicinanza era una distrazione costante. Il suo profumo, leggero e fresco, mi inebriava. La sua voce, calma e chiara mentre spiegava un passaggio difficile, era musica per le mie orecchie. Poi, Martina cominciò a stuzzicarmi in un modo che mi fece bollire il sangue.
"Allora, Anastasia, fammi vedere questi appunti," disse, chinandosi un po' troppo vicino al mio quaderno. Il suo braccio sfiorò il mio per tutta la lunghezza, un contatto prolungato e intenzionale che mi fece trattenere il respiro. "Sei sicura di averli presi tutti?" I suoi lunghi capelli lisci mi accarezzarono la guancia mentre parlava, e sentii un brivido scendere lungo la schiena. Era solo un piccolo gesto, ma per me era un uragano.
Poi, come per caso, il suo dito si posò sul mio quaderno, proprio sopra una formula che avevo scritto. "Questa qui non ti è chiara, vero?" mi chiese, e il suo dito scivolò leggermente verso l'alto, finendo per sfiorare il dorso della mia mano. Era un tocco così leggero, così fugace, ma mi sembrò che durasse un'eternità. La mia pelle reagì immediatamente con la pelle d'oca, e sentii il calore salire al viso.
"No... no, quella l'ho capita," balbettai, la voce che mi tradiva.
Martina mi guardò con un sorriso malizioso. "Sicura? Perché mi sembri un po'... distratta." Le sue labbra si curvarono in un sorrisetto che mi fece tremare le gambe. Non sapevo se stesse scherzando, se avesse intuito qualcosa, o se fosse solo la mia mente che interpretava ogni suo gesto come un segno. Si avvicinò ancora un po', la sua voce ora un sussurro giocoso. "O forse non sono la sola distrazione qui dentro?"
Il mio cuore era in gola. Il suo sguardo era profondo, quasi mi trafiggeva. Sentii una scossa partire dal basso ventre, la stessa che provavo quando usavo l'ovetto. Stava giocando con me, o era solo la mia immaginazione a farle dire quelle cose? Era un gioco pericoloso, ma non potevo fare a meno di desiderare che continuasse. Il limite tra amicizia e qualcos'altro sembrava assottigliarsi ogni secondo di più.
Continua nel capitolo 12
6
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Un dolce segreto condiviso (orgia a tre)racconto sucessivo
Anastasia e Martina. Capitolo 12: Il Gioco Pericoloso
Commenti dei lettori al racconto erotico