Anastasia e Martina. Capitolo 8: L'Ovetto Segreto

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genere
saffico

La mattina dopo, al mio risveglio, mi sentivo stranamente carica, quasi euforica. Il ricordo della sera precedente, di quella scoperta così intima e intensa, mi aveva lasciato addosso una sensazione di potere, di una conoscenza nuova del mio corpo. Era come se avessi sbloccato una parte di me che non sapevo esistesse. Mentre mi preparavo per la scuola, la mano mi cadde quasi per caso sul comodino, dove l'ovetto vibrante e il suo telecomandino riposavano silenziosi. Un'idea balenò nella mia mente, impulsiva e audace. Non sapevo bene perché, ma decisi di prenderlo. Lo avvolsi in un fazzoletto di seta, poi lo nascosi con cura nello zaino, tra i libri di storia e matematica. Perché lo stessi portando a scuola, non ne avevo la più pallida idea. Forse era solo la curiosità di averlo vicino, una sorta di portafortuna proibito.
Arrivata a scuola, i corridoi erano già un fermento di voci e risate. Vidi Martina vicino al nostro armadietto, e un sorriso spontaneo mi si disegnò sulle labbra. "Ciao!" dissi, avvicinandomi. "Ciao, Ana!" rispose lei, i suoi occhi luminosi. Come di consueto, ci scambiammo un bacio sulla guancia, un gesto innocente che per me era sempre un piccolo brivido. Sentii il calore del suo viso contro il mio, il profumo dei suoi capelli. Un'ondata familiare di desiderio mi attraversò, e per un attimo mi chiesi se fosse stato un errore portare l'ovetto.
La prima ora era storia, e la professoressa continuava a snocciolare date e nomi di battaglie. La sua voce era un ronzio monotono, e la lezione sembrava non finire mai. La mia mente cominciò a vagare, e i miei occhi caddero sul mio zaino, lì, sotto il banco. Un impulso improvviso, quasi irresistibile, mi spinse ad agire. Con una mossa furtiva, mentre la professoressa era girata alla lavagna, infilai una mano nello zaino, afferrai l'ovetto e il telecomando.
Sotto il banco, con la gonna della divisa che mi offriva una parziale copertura, feci scivolare l'ovetto sotto le mutandine e lo posizionai con attenzione. Premetti il pulsante sul telecomando. Una vibrazione delicata, poi un'altra più intensa, si diffuse in me. Dovevo fare un enorme sforzo per mantenere un'espressione neutra sul viso, per non tradire l'onda di piacere che mi stava travolgendo. Le sensazioni, amplificate dal rischio di essere scoperta, erano quasi insopportabili. Sentii i miei capezzoli diventare rigidi, spingendo contro la stoffa del reggiseno e della camicetta bianca. Per fortuna, la stoffa era abbastanza spessa da renderli appena percettibili. Cercavo di mantenere lo sguardo fisso sulla lavagna, di annuire di tanto in tanto come se stessi seguendo la lezione.
Martina, al mio fianco, ogni tanto si girava verso di me per un commento, o per chiedere un chiarimento. Ogni volta che il suo sguardo si posava su di me, il mio cuore perdeva un battito e trattenevo il respiro, cercando di non tradire nulla. Ma la sua attenzione era più acuta di quanto pensassi. A un certo punto, sentii il suo sguardo indugiare su di me più a lungo del solito. Distolsi gli occhi, sentendo le guance avvampare, ma era troppo tardi. "Tutto bene, Ana?" mi sussurrò, la sua voce bassa. "Sei... un po' distratta oggi." Intuì qualcosa, ne ero quasi certa. Il suo sguardo era penetrante, anche se non sapeva cosa stesse guardando.
Il piacere continuava a montare, e con esso, una nuova sensazione. Il calore, l'umidità. Sentii i miei succhi bagnare le mutandine rosse che indossavo sotto la gonna. Il tessuto assorbiva l'umidità, ma presto non fu sufficiente. Una piccola chiazza umida cominciò a formarsi sulla sedia sotto di me, un'inevitabile conseguenza di quel gioco pericoloso. Non sapevo come avrei fatto a nasconderlo, o a spiegarlo. Ero in trappola, tra il piacere inebriante e la paura di essere scoperta.
scritto il
2025-07-08
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