Io e mia madre I (Lesbo)
di
SofiaMariani
genere
incesti
Mi chiamo Giulia, ho diciannove anni e i miei capelli neri a caschetto incorniciano un viso che, a prima vista, non rivela molto. Nessuno sa del mio piccolo segreto, quello che custodisco gelosamente tra le mura della mia camera: amo la sensazione di oggetti di grandi dimensioni che si aprono un varco dentro di me, nel mio didietro. È una parte di me che esploro in silenzio, un piacere intenso e profondamente personale.
Quel giorno, rientrando a casa, mi sentii pervasa da un'insolita eccitazione. Appena aprii la porta, vidi mia madre, i suoi occhi scuri che mi scrutavano con un'intensità che solo io sapevo decifrare.
"Quando torna papà?" chiesi a mia madre, la voce bassa e vellutata.
"Stasera," rispose, e il mio cuore fece un balzo. "Tra un bel po'."
Un sorriso lento le si disegnò sulle labbra. "Allora abbiamo un po' di tempo, prima che il tuo papà arrivi." Mia madre fece un passo verso di me, la sua mano sfiorò la mia. "Spogliati nuda, Giulia," mi sussurrò, e il modo in cui lo disse, con quella voce roca e carica di desiderio, non fu un ordine, ma un invito a cui il mio corpo fremette di rispondere.
Le mie dita tremarono leggermente mentre mi sfilavo i vestiti. Sapevo cosa voleva dire, cosa volevamo entrambe. Quando rimasi in intimo, mia madre mi guardò. Le mie tette piccole, con i capezzoli forati dai piercing, erano già dure, irrigidite non solo dal freddo ma da un'eccitazione che mi scorreva nelle vene. Non indossavo gli slip; ero completamente nuda sotto gli abiti, tranne per la mia cintura di castità, un accessorio che indossavo spesso per alimentare la mia fame di desiderio. Da essa, un rivolo lucido scendeva, una chiara testimonianza della mia impazienza.
Mia madre si chinò, i suoi occhi che brillavano mentre notava l'umidità. "Dio, mi ecciti da morire, Giulia, vestita così," mormorò, la sua voce ora un gemito rauco. I suoi occhi indugiavano sui miei capezzoli rigidi, sulla piccola macchia scura proprio sulla cintura.
"Perché indossi la cintura di castità, Giulia?" mi chiese, la sua voce ora più profonda, mentre le sue dita sfioravano la lucida fibbia.
"Perché sono una cattiva ragazza," sussurrai, le guance in fiamme, "e mi toccavo proprio lì." Indicai con un cenno del capo l'origine della mia umidità.
Mia madre sorrise, un sorriso che mi fece vibrare fino all'anima. "Allora, come premio," disse, le sue dita esperte che già lavoravano alla serratura, "te la tolgo."
Un gemito mi sfuggì dalle labbra mentre la cintura, che mi teneva prigioniera in una dolce tortura, veniva rimossa. Era una cintura speciale, lo sapeva bene: con dei dildi incorporati, uno che si adattava perfettamente alla mia figa e l'altro che spingeva dolcemente nel mio ano. La pressione che mi aveva accompagnato per ore si rilasciò in un'onda di puro sollievo e piacere. La mia figa sprigionò il suo succo con un'intensità inaspettata, un rivolo caldo che mi colò lungo le cosce.
"Come ti senti?" mi chiese mia madre, i suoi occhi fissi sui miei, un misto di tenerezza e trionfo.
Riuscii a malapena a rispondere, il respiro corto. "Non è facile," ansimai, "tenere la cintura di castità con dei dildi... ancora poco e non riuscivo a reggermi in piedi." Il mondo ondeggiava leggermente attorno a me, un vortice di sensazioni che mia madre aveva sapientemente rilasciato.
Mia madre, i suoi occhi che brillavano di un fuoco intenso, si avvicinò alla mia borsa sportiva che avevo lasciato a terra. Prese lo strapon, lo stesso che avevamo usato tante volte, la sua dimensione generosa prometteva meraviglie. Con movimenti fluidi e sicuri, se lo allacciò ai fianchi, la sua eccitazione era palpabile nell'aria che si faceva più densa.
Mi spinse dolcemente in posizione missionaria sul tappeto morbido, i miei occhi che non si staccavano dai suoi. L'attesa era una tortura deliziosa. Poi, con una spinta ferma ma amorevole, lo sentii entrare. Era bello grosso, proprio come piaceva a me, e il mio corpo si arcuò in un misto di dolore acuto e piacere travolgente mentre accoglievo la sua presenza.
Mia madre iniziò a muoversi, lenta all'inizio, poi sempre più veloce, sempre più profonda. Ogni spinta mi mandava in un'estasi crescente. Mi scopò fino a farmi impazzire di piacere, le mie gambe che tremavano, la mia mente svuotata da ogni pensiero che non fosse la sensazione del suo corpo contro il mio e il dildo che mi riempiva. I miei gemiti si fecero più forti, un coro di puro godimento. Sentii il mio corpo contrarsi, schizzai da tutte le parti, le mie mani afferrarono il tappeto, cercando un appiglio in quel ciclone di sensazioni.
"Non fermarti! Non fermarti!" implorai, la voce quasi un ululato, le parole che si strozzavano in gola. "Ne voglio ancora!"
Mia madre sorrise, un'espressione di trionfo e devozione sul suo volto. Non si fermò, anzi. Con la mano libera, si allungò verso un piccolo cesto accanto al letto, afferrando un altro dildo di dimensioni generose. Senza interrompere il ritmo, con una maestria che mi lasciava senza fiato, lo guidò verso il mio culo. Sentii una nuova pressione, un'altra pienezza che si univa alla prima, un'invasione che mi portò al limite della sopportazione, ma in un modo estatico.
"Non fermarti, non fermarti!" ripetei, le lacrime agli occhi per l'intensità. "Ne voglio ancora, ancora!" Ero persa nel piacere, completamente sua, completamente di quell'istante.
A quel punto, mia madre mi fece girare dolcemente, mettendomi a pecora sul tappeto. Il suo respiro era pesante quanto il mio, i suoi occhi pieni di desiderio e un pizzico di malizia. Mi guardò, un sorriso furbesco le incurvò le labbra. Prese una siringa che usavamo di solito per esperimenti più... liquidi. La riempì con del latte, il liquido bianco che conoscevamo bene per le nostre sessioni. Con una calma che contrastava con il mio cuore che batteva all'impazzata, ne posizionò la punta delicatamente nel mio ano.
Cominciò a riempire il mio culo con il latte, lentamente, con precisione. Sentii una pressione crescere, un senso di pienezza inaspettato e al tempo stesso incredibilmente eccitante. La mia pancia si gonfiò visibilmente, un rigonfiamento che mi faceva sentire piena fino all'orlo.
Un sospiro profondo mi sfuggì. "Non ci sta più," riuscii a mormorare, la voce un sussurro affannato. Era la verità, sentivo il limite.
Mia madre ridacchiò, un suono basso e gutturale. "Come non ci sta?" mi provocò dolcemente. "Abbiamo ancora il dildo che farà da tappo per il latte." I miei occhi si spalancarono mentre capivo la sua intenzione. Prese il dildo che aveva usato precedentemente e, con una spinta decisa ma esperta, lo mise nel mio culo, sigillando il passaggio.
"Sì, così, brava ragazza," sussurrò, le sue parole una melodia che mi fece tremare. "Io so cosa è capace il tuo ano." La combinazione del dildo e del latte all'interno mi portò a un nuovo livello di sensazioni, un piacere incalzante che minacciava di farmi esplodere.
Ero distesa, il corpo inarcato, la pancia tesa per la pienezza. All'improvviso, sentii il dildo che stava uscendo dal culo, una lenta, quasi impercettibile, scivolata. Un brivido mi percorse.
Mia madre, attenta a ogni mio movimento, colse subito il mio stato. Con una spinta bella decisa, decise di rimetterlo dentro. "Che fai, Giulia?" mi rimproverò con un tono scherzoso, ma fermo, il suo sguardo penetrante. "Sei proprio una maleducata, non devi farlo uscire." Il dildo tornò al suo posto, sigillando di nuovo il mio retto.
Poi, senza togliere lo strapon che ancora mi teneva colma, mi mise sulla schiena. La sua eccitazione era evidente. Si posizionò sopra la mia faccia, il suo corpo caldo contro il mio. Con le sue mani esperte, prese il vibratore che giaceva lì accanto e cominciò a giocare insistentemente con la mia figa. Prima, lo passò con delicatezza sul clitoride, facendomi gemere e inarcare la schiena. Poi, con una rotazione sapiente, lo inserì dentro, premendo con precisione sul mio punto G, una scarica elettrica che si propagò in ogni fibra del mio essere.
Ero sull'orlo, tremavo, supplicavo silenziosamente. Mia madre lo capì. Con un'ultima mossa, mi sollevò, mettendomi in piedi. Dietro di me, sotto il mio culo, aveva posizionato un secchio, come a prevedere l'inevitabile. Poi, con delle fasce che usavamo per i nostri giochi, legò le mie mani al soffitto. Ora ero sospesa, vulnerabile e completamente esposta, le mani alzate, il corpo nudo in balia delle sensazioni.
Mia madre mi guardò dal basso, il suo volto illuminato da un'espressione di puro appagamento. Prese di nuovo il vibratore e lo mise nella mia figa, accelerando il ritmo. "Vieni! Vieni! Vieni! Vieni!" mi incitava, la sua voce un mantra ipnotico che mi spingeva oltre ogni limite.
"Sto venendo!" urlai, una liberazione che si faceva strada con forza. Il mio corpo esplose in un orgasmo torrenziale, le mie gambe che cedevano, il vibratore che pulsava all'impazzata. Schizzai dalla figa con una potenza incredibile, il liquido caldo e denso che si riversava. E proprio in quel momento, con la violenza del mio spasmo, sentii il dildo uscire anche dal culo, spinto fuori dalla contrazione dei miei muscoli. Cadde con un tonfo nel secchio, spruzzando il latte che conteneva.
Mia madre, sorridendo, mi guardò con un'aria di trionfo affettuoso. "Avevi detto che non ci stava," mi sussurrò, accarezzandomi i fianchi, "ma ti avevo detto che ci stava tutto."
Ero esausta, tremante, ma inondata di una gratitudine profonda. "Grazie, mamma," riuscii a dire, la voce ancora rotta dal piacere.
Mia madre mi slegò delicatamente, le mie gambe che barcollavano per la stanchezza e il post-orgasmo. Ancora con lo strapon addosso, mi guidò verso la grande finestra della camera, quella che dava sul giardino. Mi mise a 90, i palmi delle mani appoggiati al vetro freddo, il mio sedere in mostra, esposto all'aria. "Oggi è il giorno del sesso anale," dichiarò, la sua voce profonda e piena di promesse.
Senza preavviso, sentii il suo strapon spingere con decisione nel mio ano. Ero già dilatata, ma la sensazione era comunque intensa, un mix di pienezza e un desiderio ardente. Mia madre iniziò a muoversi, una spinta dopo l'altra, con una velocità crescente. Mi scopò nell'ano con una foga incredibile, ogni penetrazione un brivido che mi attraversava la colonna vertebrale. Il mio corpo si arcuava, gemevo senza controllo, la mia mente ormai un turbine di pura sensazione.
"Sto venendo!" urlai ancora, la voce quasi spezzata, le dita che graffiavano il vetro freddo. L'orgasmo mi travolse con una forza ancora più grande della precedente, un'onda inaudita che mi fece esplodere in un piacere che non credevo fosse possibile. Le mie gambe tremavano incontrollabilmente, cedettero del tutto e caddi per terra, esausta e tremante, con il respiro affannoso.
Mia madre, con un sorriso dolce, si inginocchiò accanto a me. "Sei una brava ragazza," mi sussurrò, accarezzandomi i capelli sudati. Capii dal suo tono che, per quel giorno, poteva bastare così.
Quel giorno, rientrando a casa, mi sentii pervasa da un'insolita eccitazione. Appena aprii la porta, vidi mia madre, i suoi occhi scuri che mi scrutavano con un'intensità che solo io sapevo decifrare.
"Quando torna papà?" chiesi a mia madre, la voce bassa e vellutata.
"Stasera," rispose, e il mio cuore fece un balzo. "Tra un bel po'."
Un sorriso lento le si disegnò sulle labbra. "Allora abbiamo un po' di tempo, prima che il tuo papà arrivi." Mia madre fece un passo verso di me, la sua mano sfiorò la mia. "Spogliati nuda, Giulia," mi sussurrò, e il modo in cui lo disse, con quella voce roca e carica di desiderio, non fu un ordine, ma un invito a cui il mio corpo fremette di rispondere.
Le mie dita tremarono leggermente mentre mi sfilavo i vestiti. Sapevo cosa voleva dire, cosa volevamo entrambe. Quando rimasi in intimo, mia madre mi guardò. Le mie tette piccole, con i capezzoli forati dai piercing, erano già dure, irrigidite non solo dal freddo ma da un'eccitazione che mi scorreva nelle vene. Non indossavo gli slip; ero completamente nuda sotto gli abiti, tranne per la mia cintura di castità, un accessorio che indossavo spesso per alimentare la mia fame di desiderio. Da essa, un rivolo lucido scendeva, una chiara testimonianza della mia impazienza.
Mia madre si chinò, i suoi occhi che brillavano mentre notava l'umidità. "Dio, mi ecciti da morire, Giulia, vestita così," mormorò, la sua voce ora un gemito rauco. I suoi occhi indugiavano sui miei capezzoli rigidi, sulla piccola macchia scura proprio sulla cintura.
"Perché indossi la cintura di castità, Giulia?" mi chiese, la sua voce ora più profonda, mentre le sue dita sfioravano la lucida fibbia.
"Perché sono una cattiva ragazza," sussurrai, le guance in fiamme, "e mi toccavo proprio lì." Indicai con un cenno del capo l'origine della mia umidità.
Mia madre sorrise, un sorriso che mi fece vibrare fino all'anima. "Allora, come premio," disse, le sue dita esperte che già lavoravano alla serratura, "te la tolgo."
Un gemito mi sfuggì dalle labbra mentre la cintura, che mi teneva prigioniera in una dolce tortura, veniva rimossa. Era una cintura speciale, lo sapeva bene: con dei dildi incorporati, uno che si adattava perfettamente alla mia figa e l'altro che spingeva dolcemente nel mio ano. La pressione che mi aveva accompagnato per ore si rilasciò in un'onda di puro sollievo e piacere. La mia figa sprigionò il suo succo con un'intensità inaspettata, un rivolo caldo che mi colò lungo le cosce.
"Come ti senti?" mi chiese mia madre, i suoi occhi fissi sui miei, un misto di tenerezza e trionfo.
Riuscii a malapena a rispondere, il respiro corto. "Non è facile," ansimai, "tenere la cintura di castità con dei dildi... ancora poco e non riuscivo a reggermi in piedi." Il mondo ondeggiava leggermente attorno a me, un vortice di sensazioni che mia madre aveva sapientemente rilasciato.
Mia madre, i suoi occhi che brillavano di un fuoco intenso, si avvicinò alla mia borsa sportiva che avevo lasciato a terra. Prese lo strapon, lo stesso che avevamo usato tante volte, la sua dimensione generosa prometteva meraviglie. Con movimenti fluidi e sicuri, se lo allacciò ai fianchi, la sua eccitazione era palpabile nell'aria che si faceva più densa.
Mi spinse dolcemente in posizione missionaria sul tappeto morbido, i miei occhi che non si staccavano dai suoi. L'attesa era una tortura deliziosa. Poi, con una spinta ferma ma amorevole, lo sentii entrare. Era bello grosso, proprio come piaceva a me, e il mio corpo si arcuò in un misto di dolore acuto e piacere travolgente mentre accoglievo la sua presenza.
Mia madre iniziò a muoversi, lenta all'inizio, poi sempre più veloce, sempre più profonda. Ogni spinta mi mandava in un'estasi crescente. Mi scopò fino a farmi impazzire di piacere, le mie gambe che tremavano, la mia mente svuotata da ogni pensiero che non fosse la sensazione del suo corpo contro il mio e il dildo che mi riempiva. I miei gemiti si fecero più forti, un coro di puro godimento. Sentii il mio corpo contrarsi, schizzai da tutte le parti, le mie mani afferrarono il tappeto, cercando un appiglio in quel ciclone di sensazioni.
"Non fermarti! Non fermarti!" implorai, la voce quasi un ululato, le parole che si strozzavano in gola. "Ne voglio ancora!"
Mia madre sorrise, un'espressione di trionfo e devozione sul suo volto. Non si fermò, anzi. Con la mano libera, si allungò verso un piccolo cesto accanto al letto, afferrando un altro dildo di dimensioni generose. Senza interrompere il ritmo, con una maestria che mi lasciava senza fiato, lo guidò verso il mio culo. Sentii una nuova pressione, un'altra pienezza che si univa alla prima, un'invasione che mi portò al limite della sopportazione, ma in un modo estatico.
"Non fermarti, non fermarti!" ripetei, le lacrime agli occhi per l'intensità. "Ne voglio ancora, ancora!" Ero persa nel piacere, completamente sua, completamente di quell'istante.
A quel punto, mia madre mi fece girare dolcemente, mettendomi a pecora sul tappeto. Il suo respiro era pesante quanto il mio, i suoi occhi pieni di desiderio e un pizzico di malizia. Mi guardò, un sorriso furbesco le incurvò le labbra. Prese una siringa che usavamo di solito per esperimenti più... liquidi. La riempì con del latte, il liquido bianco che conoscevamo bene per le nostre sessioni. Con una calma che contrastava con il mio cuore che batteva all'impazzata, ne posizionò la punta delicatamente nel mio ano.
Cominciò a riempire il mio culo con il latte, lentamente, con precisione. Sentii una pressione crescere, un senso di pienezza inaspettato e al tempo stesso incredibilmente eccitante. La mia pancia si gonfiò visibilmente, un rigonfiamento che mi faceva sentire piena fino all'orlo.
Un sospiro profondo mi sfuggì. "Non ci sta più," riuscii a mormorare, la voce un sussurro affannato. Era la verità, sentivo il limite.
Mia madre ridacchiò, un suono basso e gutturale. "Come non ci sta?" mi provocò dolcemente. "Abbiamo ancora il dildo che farà da tappo per il latte." I miei occhi si spalancarono mentre capivo la sua intenzione. Prese il dildo che aveva usato precedentemente e, con una spinta decisa ma esperta, lo mise nel mio culo, sigillando il passaggio.
"Sì, così, brava ragazza," sussurrò, le sue parole una melodia che mi fece tremare. "Io so cosa è capace il tuo ano." La combinazione del dildo e del latte all'interno mi portò a un nuovo livello di sensazioni, un piacere incalzante che minacciava di farmi esplodere.
Ero distesa, il corpo inarcato, la pancia tesa per la pienezza. All'improvviso, sentii il dildo che stava uscendo dal culo, una lenta, quasi impercettibile, scivolata. Un brivido mi percorse.
Mia madre, attenta a ogni mio movimento, colse subito il mio stato. Con una spinta bella decisa, decise di rimetterlo dentro. "Che fai, Giulia?" mi rimproverò con un tono scherzoso, ma fermo, il suo sguardo penetrante. "Sei proprio una maleducata, non devi farlo uscire." Il dildo tornò al suo posto, sigillando di nuovo il mio retto.
Poi, senza togliere lo strapon che ancora mi teneva colma, mi mise sulla schiena. La sua eccitazione era evidente. Si posizionò sopra la mia faccia, il suo corpo caldo contro il mio. Con le sue mani esperte, prese il vibratore che giaceva lì accanto e cominciò a giocare insistentemente con la mia figa. Prima, lo passò con delicatezza sul clitoride, facendomi gemere e inarcare la schiena. Poi, con una rotazione sapiente, lo inserì dentro, premendo con precisione sul mio punto G, una scarica elettrica che si propagò in ogni fibra del mio essere.
Ero sull'orlo, tremavo, supplicavo silenziosamente. Mia madre lo capì. Con un'ultima mossa, mi sollevò, mettendomi in piedi. Dietro di me, sotto il mio culo, aveva posizionato un secchio, come a prevedere l'inevitabile. Poi, con delle fasce che usavamo per i nostri giochi, legò le mie mani al soffitto. Ora ero sospesa, vulnerabile e completamente esposta, le mani alzate, il corpo nudo in balia delle sensazioni.
Mia madre mi guardò dal basso, il suo volto illuminato da un'espressione di puro appagamento. Prese di nuovo il vibratore e lo mise nella mia figa, accelerando il ritmo. "Vieni! Vieni! Vieni! Vieni!" mi incitava, la sua voce un mantra ipnotico che mi spingeva oltre ogni limite.
"Sto venendo!" urlai, una liberazione che si faceva strada con forza. Il mio corpo esplose in un orgasmo torrenziale, le mie gambe che cedevano, il vibratore che pulsava all'impazzata. Schizzai dalla figa con una potenza incredibile, il liquido caldo e denso che si riversava. E proprio in quel momento, con la violenza del mio spasmo, sentii il dildo uscire anche dal culo, spinto fuori dalla contrazione dei miei muscoli. Cadde con un tonfo nel secchio, spruzzando il latte che conteneva.
Mia madre, sorridendo, mi guardò con un'aria di trionfo affettuoso. "Avevi detto che non ci stava," mi sussurrò, accarezzandomi i fianchi, "ma ti avevo detto che ci stava tutto."
Ero esausta, tremante, ma inondata di una gratitudine profonda. "Grazie, mamma," riuscii a dire, la voce ancora rotta dal piacere.
Mia madre mi slegò delicatamente, le mie gambe che barcollavano per la stanchezza e il post-orgasmo. Ancora con lo strapon addosso, mi guidò verso la grande finestra della camera, quella che dava sul giardino. Mi mise a 90, i palmi delle mani appoggiati al vetro freddo, il mio sedere in mostra, esposto all'aria. "Oggi è il giorno del sesso anale," dichiarò, la sua voce profonda e piena di promesse.
Senza preavviso, sentii il suo strapon spingere con decisione nel mio ano. Ero già dilatata, ma la sensazione era comunque intensa, un mix di pienezza e un desiderio ardente. Mia madre iniziò a muoversi, una spinta dopo l'altra, con una velocità crescente. Mi scopò nell'ano con una foga incredibile, ogni penetrazione un brivido che mi attraversava la colonna vertebrale. Il mio corpo si arcuava, gemevo senza controllo, la mia mente ormai un turbine di pura sensazione.
"Sto venendo!" urlai ancora, la voce quasi spezzata, le dita che graffiavano il vetro freddo. L'orgasmo mi travolse con una forza ancora più grande della precedente, un'onda inaudita che mi fece esplodere in un piacere che non credevo fosse possibile. Le mie gambe tremavano incontrollabilmente, cedettero del tutto e caddi per terra, esausta e tremante, con il respiro affannoso.
Mia madre, con un sorriso dolce, si inginocchiò accanto a me. "Sei una brava ragazza," mi sussurrò, accarezzandomi i capelli sudati. Capii dal suo tono che, per quel giorno, poteva bastare così.
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