Anastasia e Martina. Capitolo 10: L'Invito Inaspettato
di
SofiaMariani
genere
saffico
Finalmente, la campanella della fine delle lezioni squillò, liberandomi da quell'agonia mascherata di piacere e ansia. La professoressa di storia, ignara di tutto, congedò la classe. Mentre le mie compagne si alzavano in un turbinio di zaini, risate e chiacchiere, io rimasi ostinatamente seduta al mio banco, fingendo di riordinare con lentezza esasperante i miei quaderni. Il mio obiettivo era chiaro: dovevo essere l'ultima ad uscire. Ogni secondo in più sul quella sedia bagnata era un'agonia, ma la prospettiva che qualcuna potesse notare la macchia, o peggio, sentire l'odore, era un terrore ben più grande.
Ero quasi riuscita nel mio intento. La classe si stava svuotando, e sentivo l'aria farsi più leggera. Stavo per alzarmi, quando una voce familiare mi fece congelare.
"Ana, come mai sei ancora qui?" Martina era in piedi accanto al mio banco, la testa inclinata di lato, i suoi lunghi capelli lisci che le ricadevano sulle spalle. I suoi occhi verdi, così simili ai miei ma con quella scintilla di curiosità che mi faceva impazzire, mi scrutavano con una certa insistenza. "Cosa aspetti?"
Il mio cuore perse un battito. Ero stata scoperta. Non potevo dirle la verità, ovviamente. Il mio cervello, in un lampo di panico, cercò la scusa più plausibile. "Oh," dissi, cercando di sembrare il più naturale possibile, "sto aspettando la professoressa Rossi. Devo chiederle una cosa sulla lezione di matematica di oggi. Non ho capito bene un passaggio." Mentii con una disinvoltura che mi sorprese persino.
Martina sembrò rifletterci un attimo, poi annuì. "Ah, ok. Beh, allora ci vediamo domani," disse, sorridendomi. "A dopo!"
Finalmente, uscì anche lei, e il mio respiro tornò regolare. Appena la porta si chiuse, balzai in piedi, la sedia che produsse un leggero cigolio. La macchia era lì, scura e inequivocabile sulla stoffa chiara. Presi rapidamente il mio zaino, lo appoggiai sulla sedia per coprire la macchia e poi lo strascicai via con un piede, facendolo scivolare sotto il banco del corridoio più vicino, lontano dagli occhi indiscreti. Le mie mutandine rosse si appiccicavano alla pelle, una sensazione umida e scomoda. Avrei dovuto occuparmene una volta arrivata a casa.
Uscii dalla classe, cercando di mantenere un'andatura disinvolta, come se stessi semplicemente andando verso l'uscita. La scuola era ormai quasi deserta. Respirai un sospiro di sollievo, pensando di averla fatta franca. Ma non appena misi piede fuori dall'edificio, sulla scalinata principale, vidi una figura appoggiata al muro. Era Martina.
Il mio cuore ricominciò a battere forte. "Ana! Ti aspettavo!" disse, con quel suo sorriso aperto che mi faceva sciogliere. "Hai chiesto alla prof?"
"Ah, sì, sì," balbettai, cercando di pensare a una risposta convincente. "Mi ha solo detto di rileggere gli appunti..."
"Perfetto!" mi interruppe, i suoi occhi che brillavano. "Perché stavo pensando... visto che non hai capito bene la lezione, e anch'io devo ripassare un po' per il compito di venerdì... ti va di venire da me? Potremmo studiare insieme. Così ti spiego quello che non hai capito."
L'invito mi colse completamente di sorpresa. Venire a casa sua. Studiare. Con lei. La mia mente era un turbine. Da una parte, l'eccitazione pura di passare del tempo con Martina, di essere nel suo spazio. Dall'altra, il panico. Le mie mutandine umide, il segreto dell'ovetto ancora nello zaino, e il rischio costante di rivelare i miei veri sentimenti. Era un invito pericoloso, una tentazione a cui sapevo di non poter resistere.
Continua nel capitolo 11
Ero quasi riuscita nel mio intento. La classe si stava svuotando, e sentivo l'aria farsi più leggera. Stavo per alzarmi, quando una voce familiare mi fece congelare.
"Ana, come mai sei ancora qui?" Martina era in piedi accanto al mio banco, la testa inclinata di lato, i suoi lunghi capelli lisci che le ricadevano sulle spalle. I suoi occhi verdi, così simili ai miei ma con quella scintilla di curiosità che mi faceva impazzire, mi scrutavano con una certa insistenza. "Cosa aspetti?"
Il mio cuore perse un battito. Ero stata scoperta. Non potevo dirle la verità, ovviamente. Il mio cervello, in un lampo di panico, cercò la scusa più plausibile. "Oh," dissi, cercando di sembrare il più naturale possibile, "sto aspettando la professoressa Rossi. Devo chiederle una cosa sulla lezione di matematica di oggi. Non ho capito bene un passaggio." Mentii con una disinvoltura che mi sorprese persino.
Martina sembrò rifletterci un attimo, poi annuì. "Ah, ok. Beh, allora ci vediamo domani," disse, sorridendomi. "A dopo!"
Finalmente, uscì anche lei, e il mio respiro tornò regolare. Appena la porta si chiuse, balzai in piedi, la sedia che produsse un leggero cigolio. La macchia era lì, scura e inequivocabile sulla stoffa chiara. Presi rapidamente il mio zaino, lo appoggiai sulla sedia per coprire la macchia e poi lo strascicai via con un piede, facendolo scivolare sotto il banco del corridoio più vicino, lontano dagli occhi indiscreti. Le mie mutandine rosse si appiccicavano alla pelle, una sensazione umida e scomoda. Avrei dovuto occuparmene una volta arrivata a casa.
Uscii dalla classe, cercando di mantenere un'andatura disinvolta, come se stessi semplicemente andando verso l'uscita. La scuola era ormai quasi deserta. Respirai un sospiro di sollievo, pensando di averla fatta franca. Ma non appena misi piede fuori dall'edificio, sulla scalinata principale, vidi una figura appoggiata al muro. Era Martina.
Il mio cuore ricominciò a battere forte. "Ana! Ti aspettavo!" disse, con quel suo sorriso aperto che mi faceva sciogliere. "Hai chiesto alla prof?"
"Ah, sì, sì," balbettai, cercando di pensare a una risposta convincente. "Mi ha solo detto di rileggere gli appunti..."
"Perfetto!" mi interruppe, i suoi occhi che brillavano. "Perché stavo pensando... visto che non hai capito bene la lezione, e anch'io devo ripassare un po' per il compito di venerdì... ti va di venire da me? Potremmo studiare insieme. Così ti spiego quello che non hai capito."
L'invito mi colse completamente di sorpresa. Venire a casa sua. Studiare. Con lei. La mia mente era un turbine. Da una parte, l'eccitazione pura di passare del tempo con Martina, di essere nel suo spazio. Dall'altra, il panico. Le mie mutandine umide, il segreto dell'ovetto ancora nello zaino, e il rischio costante di rivelare i miei veri sentimenti. Era un invito pericoloso, una tentazione a cui sapevo di non poter resistere.
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