Sottomesse Tamara
di
AngelicaBellaWriter
genere
dominazione
Sottomesse
Era entrato come un’ombra. Non aveva detto niente. Solo camminato. E noi, tutte e tre, ci eravamo azzittite come cagne. La porta si richiuse alle sue spalle. Lui restò in piedi. Nessun sorriso. Solo quello sguardo nero, lento, pesante come un cazzo dritto contro i denti.
Karim.
Alice l’aveva trovato fuori. Gli aveva detto: «Vieni. C’è da svuotare le palle». E lui era venuto.
Io lo guardavo, in piedi contro il muro, e già sentivo la fica gocciolare. Non aveva toccato nessuna. Non aveva parlato. Ma era già dentro tutte noi.
Nadia si mosse per prima. Si tolse il reggiseno. Lento. Poi gli si avvicinò. Ma non gli si appese al collo, non gli prese il cazzo. Si inginocchiò.
Senza che lui lo chiedesse. Lo fece da sola.
Io la seguii. Mi inginocchiai al fianco di lei. Le mie tette nude che sfioravano il suo braccio. Il pavimento freddo sotto le ginocchia. E Karim lì, in piedi, che ci guardava come un re che valuta il valore delle sue troie.
Alice ci raggiunse. Nuda, col fiato corto.
Eravamo in tre. A terra. In silenzio.
Lui si tolse la maglia. Ogni muscolo tirato, lucido. Poi aprì i pantaloni. Il cazzo uscì piano. Non lo prese in mano. Ce lo mostrò. Punto.
Era un ordine.
Ci sporgemmo in avanti. In fila. Le bocche aperte. Nessuno litigava per averlo. Ci bastava toccarlo con la lingua, sentire l’odore, sbatterci la fronte contro.
Io fui la prima a prenderglielo sulle labbra. Lo leccai come si lecca il sale dopo un colpo in faccia. Piano. Umiliata e felice.
Nadia mi seguiva. Glielo baciava piano. Alice apriva le chiappe e si mostrava da dietro, offriva il culo come offri una coppa al vincitore.
Karim non parlava.
Eravamo noi a farci cagne.
Io mi stesi a terra. Pancia in giù. Aprii le gambe. Girai il viso verso di lui.
«Usami. Dove vuoi.»
Alice mi cavalcò. Si stese su di me. Mi leccava le orecchie, mi mordeva la schiena. Nadia arrivò da dietro, mi aprì le chiappe con le mani, mi sputò addosso.
Karim guardava. Non aveva ancora toccato nessuna. Eppure lo stavamo scopando tutte insieme, senza che lui muovesse un dito.
Poi si avvicinò. Mise una mano sulla testa di Alice. La abbassò. Le fece aprire la bocca. Le ficcò il cazzo dentro, a fondo, fino al fondo della gola.
Lei lacrimava. Ma non si tirava indietro. Gemiti soffocati. Gli occhi lucidi.
Nadia si stese a terra, bocca aperta. Lui glielo poggiò sopra.
Io mi girai. Gli baciai le palle. Gli leccai il buco del culo. Come una schiava perfetta.
Non parlavamo più. Non c’erano più nomi. Solo carne. Bava. Umiliazione. Estasi.
Quando Karim decise di venire, lo fece senza preavviso. Addosso a tutte. Gocce calde, fiotti, fiati rotti. Sulle labbra, negli occhi, tra i capelli.
«Non vi lavate.»
La sua unica frase.
Annuii. Col suo seme sulla lingua.
E pensai solo:
Siamo sue. Per sempre.
Era entrato come un’ombra. Non aveva detto niente. Solo camminato. E noi, tutte e tre, ci eravamo azzittite come cagne. La porta si richiuse alle sue spalle. Lui restò in piedi. Nessun sorriso. Solo quello sguardo nero, lento, pesante come un cazzo dritto contro i denti.
Karim.
Alice l’aveva trovato fuori. Gli aveva detto: «Vieni. C’è da svuotare le palle». E lui era venuto.
Io lo guardavo, in piedi contro il muro, e già sentivo la fica gocciolare. Non aveva toccato nessuna. Non aveva parlato. Ma era già dentro tutte noi.
Nadia si mosse per prima. Si tolse il reggiseno. Lento. Poi gli si avvicinò. Ma non gli si appese al collo, non gli prese il cazzo. Si inginocchiò.
Senza che lui lo chiedesse. Lo fece da sola.
Io la seguii. Mi inginocchiai al fianco di lei. Le mie tette nude che sfioravano il suo braccio. Il pavimento freddo sotto le ginocchia. E Karim lì, in piedi, che ci guardava come un re che valuta il valore delle sue troie.
Alice ci raggiunse. Nuda, col fiato corto.
Eravamo in tre. A terra. In silenzio.
Lui si tolse la maglia. Ogni muscolo tirato, lucido. Poi aprì i pantaloni. Il cazzo uscì piano. Non lo prese in mano. Ce lo mostrò. Punto.
Era un ordine.
Ci sporgemmo in avanti. In fila. Le bocche aperte. Nessuno litigava per averlo. Ci bastava toccarlo con la lingua, sentire l’odore, sbatterci la fronte contro.
Io fui la prima a prenderglielo sulle labbra. Lo leccai come si lecca il sale dopo un colpo in faccia. Piano. Umiliata e felice.
Nadia mi seguiva. Glielo baciava piano. Alice apriva le chiappe e si mostrava da dietro, offriva il culo come offri una coppa al vincitore.
Karim non parlava.
Eravamo noi a farci cagne.
Io mi stesi a terra. Pancia in giù. Aprii le gambe. Girai il viso verso di lui.
«Usami. Dove vuoi.»
Alice mi cavalcò. Si stese su di me. Mi leccava le orecchie, mi mordeva la schiena. Nadia arrivò da dietro, mi aprì le chiappe con le mani, mi sputò addosso.
Karim guardava. Non aveva ancora toccato nessuna. Eppure lo stavamo scopando tutte insieme, senza che lui muovesse un dito.
Poi si avvicinò. Mise una mano sulla testa di Alice. La abbassò. Le fece aprire la bocca. Le ficcò il cazzo dentro, a fondo, fino al fondo della gola.
Lei lacrimava. Ma non si tirava indietro. Gemiti soffocati. Gli occhi lucidi.
Nadia si stese a terra, bocca aperta. Lui glielo poggiò sopra.
Io mi girai. Gli baciai le palle. Gli leccai il buco del culo. Come una schiava perfetta.
Non parlavamo più. Non c’erano più nomi. Solo carne. Bava. Umiliazione. Estasi.
Quando Karim decise di venire, lo fece senza preavviso. Addosso a tutte. Gocce calde, fiotti, fiati rotti. Sulle labbra, negli occhi, tra i capelli.
«Non vi lavate.»
La sua unica frase.
Annuii. Col suo seme sulla lingua.
E pensai solo:
Siamo sue. Per sempre.
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