Rovesciamento Tamara
di
AngelicaBellaWriter
genere
saffico
Rovesciamento
Non avevamo ancora smaltito il sapore dell’ultima notte che il giorno dopo arrivò lei.
Si chiamava Alice, occhi verdi taglienti, una pelle che sembrava crema spalmata, e un’aria a metà tra la studentessa svogliata e la puttana pronta. Non aveva nemmeno venticinque anni. Jeans strappati, top bianco senza reggiseno e sguardo che parlava da solo.
Nadia la accolse con un bacio sulle labbra. Non lungo. Ma non da amiche.
Marcello era in cucina. La vide, e il suo sguardo cambiò. Sorrise con quella fame che avevo imparato a conoscere bene. Quella che gli saliva quando fiutava carne fresca.
«Chi è?» mi sussurrò.
«Una che non è tua,» risposi.
Ma lui già la scrutava come si scruta un giocattolo nuovo. A cena, si sedette vicino a lei. Le versava vino, la sfiorava per caso, faceva battute sporche, di quelle a doppio taglio. Alice rideva. Ma non abboccava.
Poi, senza preavviso, Marcello si alzò, le mise una mano sulla coscia e sibilò:
«Ti scoperei qui sul tavolo.»
Silenzio.
Nadia si irrigidì. «Marcello. No.»
«Dai, non fare la santa. Non eri tu quella che se la leccava ieri sera con Tamara?»
Alice abbassò gli occhi. Io sentii l’aria farsi densa.
Nadia si alzò in piedi. «Ho detto no.»
Marcello si girò verso di lei, con gli occhi stretti.
«Non mi dai ordini. È casa mia quanto tua.»
E poi – schiocco – uno schiaffo. Forte. Sul viso. Nadia barcollò.
Silenzio.
Un istante dopo, lo colpì con un pugno diretto in faccia. Lo mandò giù come un sacco. Secco. Uno schianto. Marcello a terra, il labbro aperto, lo sguardo vacuo.
Nadia si girò verso me.
«Portalo fuori dalla mia vista.»
Lo trascinai fuori. Poi tornai. Nadia era chiusa in camera sua. Alice era seduta sul divano, le mani tra le gambe.
«Tutto bene?» chiesi.
Lei mi guardò. «Non era la prima volta che provava a fare lo stronzo.»
Ci fissammo. Senza parole. Poi andai nella camera di Nadia. Bussai piano.
«Posso?»
Entrai. Era seduta sul letto, vestita di seta nera, le gambe nude. Una sigaretta accesa. Mi guardò.
«L’hai mai desiderata anche tu, quella lì?»
«Forse.»
«Lo sai che ha voglia. Ma aspetta un segnale. Andiamo a prendercela.»
Ci avvicinammo ad Alice. La trovammo in bagno, davanti allo specchio, a sistemarsi i capelli. Nadia le andò dietro, le mise le mani sui fianchi, poi la baciò sul collo. Io mi avvicinai e le leccai il lobo dell’orecchio.
Alice si voltò verso di me. «Anche tu…»
Annuii. «Tutte e due. Insieme.»
Non disse nulla. Ma non si tirò indietro.
La portammo in camera. Le togliemmo i jeans, il top, le mutandine. Un corpo da fottere ore. Il culo alto, i seni piccoli e dritti, la pelle liscia e profumata.
La adagiammo sul letto. Io iniziai a baciarle l’interno coscia, mentre Nadia le leccava i capezzoli e le sussurrava porcate. Alice gemeva, già bagnata. Nadia le aprì il culo con le dita, io le misi la lingua tra le chiappe. La leccammo tutta. Dentro e fuori.
Poi le prendemmo un dildo doppio. Uno di quelli flessibili. Lo bagnammo con la saliva. Nadia lo spinse lentamente nella figa di Alice, mentre io lo prendevo nel mio culo, di spalle.
Ci muovevamo. Una spingeva, l’altra riceveva. Alice urlava. Le leccavo la figa mentre Nadia mi inculava con lo stesso cazzo che entrava in lei.
Tre corpi. Sudore. Urla. Sporco. Viscido.
E senza Marcello.
Alla fine venimmo tutte. Io prima, con un urlo lungo e liquido. Poi Nadia, poi Alice che si contorse tra noi, umida e aperta come una preda stremata.
Ci addormentammo nude, attaccate. I nostri corpi intrecciati. Il cazzo di gomma ancora dentro.
E io, con un pensiero solo:
Mai più uomini.
(O forse solo quando saremo noi a comandare.)
Non avevamo ancora smaltito il sapore dell’ultima notte che il giorno dopo arrivò lei.
Si chiamava Alice, occhi verdi taglienti, una pelle che sembrava crema spalmata, e un’aria a metà tra la studentessa svogliata e la puttana pronta. Non aveva nemmeno venticinque anni. Jeans strappati, top bianco senza reggiseno e sguardo che parlava da solo.
Nadia la accolse con un bacio sulle labbra. Non lungo. Ma non da amiche.
Marcello era in cucina. La vide, e il suo sguardo cambiò. Sorrise con quella fame che avevo imparato a conoscere bene. Quella che gli saliva quando fiutava carne fresca.
«Chi è?» mi sussurrò.
«Una che non è tua,» risposi.
Ma lui già la scrutava come si scruta un giocattolo nuovo. A cena, si sedette vicino a lei. Le versava vino, la sfiorava per caso, faceva battute sporche, di quelle a doppio taglio. Alice rideva. Ma non abboccava.
Poi, senza preavviso, Marcello si alzò, le mise una mano sulla coscia e sibilò:
«Ti scoperei qui sul tavolo.»
Silenzio.
Nadia si irrigidì. «Marcello. No.»
«Dai, non fare la santa. Non eri tu quella che se la leccava ieri sera con Tamara?»
Alice abbassò gli occhi. Io sentii l’aria farsi densa.
Nadia si alzò in piedi. «Ho detto no.»
Marcello si girò verso di lei, con gli occhi stretti.
«Non mi dai ordini. È casa mia quanto tua.»
E poi – schiocco – uno schiaffo. Forte. Sul viso. Nadia barcollò.
Silenzio.
Un istante dopo, lo colpì con un pugno diretto in faccia. Lo mandò giù come un sacco. Secco. Uno schianto. Marcello a terra, il labbro aperto, lo sguardo vacuo.
Nadia si girò verso me.
«Portalo fuori dalla mia vista.»
Lo trascinai fuori. Poi tornai. Nadia era chiusa in camera sua. Alice era seduta sul divano, le mani tra le gambe.
«Tutto bene?» chiesi.
Lei mi guardò. «Non era la prima volta che provava a fare lo stronzo.»
Ci fissammo. Senza parole. Poi andai nella camera di Nadia. Bussai piano.
«Posso?»
Entrai. Era seduta sul letto, vestita di seta nera, le gambe nude. Una sigaretta accesa. Mi guardò.
«L’hai mai desiderata anche tu, quella lì?»
«Forse.»
«Lo sai che ha voglia. Ma aspetta un segnale. Andiamo a prendercela.»
Ci avvicinammo ad Alice. La trovammo in bagno, davanti allo specchio, a sistemarsi i capelli. Nadia le andò dietro, le mise le mani sui fianchi, poi la baciò sul collo. Io mi avvicinai e le leccai il lobo dell’orecchio.
Alice si voltò verso di me. «Anche tu…»
Annuii. «Tutte e due. Insieme.»
Non disse nulla. Ma non si tirò indietro.
La portammo in camera. Le togliemmo i jeans, il top, le mutandine. Un corpo da fottere ore. Il culo alto, i seni piccoli e dritti, la pelle liscia e profumata.
La adagiammo sul letto. Io iniziai a baciarle l’interno coscia, mentre Nadia le leccava i capezzoli e le sussurrava porcate. Alice gemeva, già bagnata. Nadia le aprì il culo con le dita, io le misi la lingua tra le chiappe. La leccammo tutta. Dentro e fuori.
Poi le prendemmo un dildo doppio. Uno di quelli flessibili. Lo bagnammo con la saliva. Nadia lo spinse lentamente nella figa di Alice, mentre io lo prendevo nel mio culo, di spalle.
Ci muovevamo. Una spingeva, l’altra riceveva. Alice urlava. Le leccavo la figa mentre Nadia mi inculava con lo stesso cazzo che entrava in lei.
Tre corpi. Sudore. Urla. Sporco. Viscido.
E senza Marcello.
Alla fine venimmo tutte. Io prima, con un urlo lungo e liquido. Poi Nadia, poi Alice che si contorse tra noi, umida e aperta come una preda stremata.
Ci addormentammo nude, attaccate. I nostri corpi intrecciati. Il cazzo di gomma ancora dentro.
E io, con un pensiero solo:
Mai più uomini.
(O forse solo quando saremo noi a comandare.)
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