In vacanza con la nipote 2
di
AngelicaBellaWriter
genere
incesti
La porta si chiude dietro di noi con un click. Dentro, silenzio e aria condizionata a palla. Una camera matrimoniale spaziosa, con un letto enorme e lenzuola bianche che sembrano urlare “sudami addosso”.
Mi giro per fare un commento, qualcosa di stupido, da uomo che non vuole cedere all’imbarazzo. Ma non ne ho il tempo.
Marina mi si attacca addosso come una fame. Le sue labbra sulle mie, la lingua che spinge, che cerca, che scava. Mi afferra la nuca con una mano e l’altra me la piazza sul pacco.
«Ti voglio adesso. Non farmi aspettare.»
Il cazzo mi esplode nei pantaloni.
Le mani corrono, affamate. Le sue, le mie. Le sbottono i jeans con un gesto solo e li tiro giù insieme alle mutandine: rasata, bagnata, lucida.
«Guardami. Guardami, zio.»
Le infilo due dita dentro, lente, ma affondo subito. È calda, stretta, la sua fica pulsa intorno alle dita come se mi stesse già succhiando.
«Dio… sei una puttana.»
«La tua puttana. E ora scopami.»
Si inginocchia davanti a me, apre la zip, tira fuori il cazzo. Lo guarda come se fosse un dolce da addentare.
«Quanto ti ho sognato…»
E poi lo prende in bocca. Affamata. La lingua lo lecca, lo lucida, la bocca lo inghiotte. Me lo fa sparire in gola come una professionista, con quel rumore osceno di saliva e voglia.
Sbatto la testa contro la parete. Mi tiene stretto il culo con le mani, me lo tira a sé.
Quando le afferro i capelli e la tiro su, lei ride.
«Ti piace quando ti ingoio, vecchio porco?»
«Vieni qui.»
La piego sul letto, le spalanco le cosce. La vista della sua figa aperta, grondante, mi fa impazzire. La infilzo senza pietà, un colpo secco, profondo, da farle gemere il nome.
«Sì! Dio, sì! Scopami così! Fammi male!»
La tengo per i fianchi e le martello la fica con la furia di anni di astinenza, di giorni di sguardi, di ore di volo passate con la cappella dura nei boxer.
Lei si muove sotto di me come una bestia, le tette sbattono sul materasso, mi urla frasi sporche che mi fanno perdere ogni freno.
Cambio posizione, la tiro su, la metto sopra di me. Si cala sul cazzo e comincia a cavalcarmi con foga, i capelli che le volano in faccia, le mani che mi graffiano il petto.
«Lo senti? Questa fica è tua. Tua. Solo tua.»
Quando mi guarda negli occhi, quando si morde le labbra e comincia a tremare, capisco che sta per venire.
«Vieni, puttana. Vieni sul mio cazzo.»
Urla, si contorce, si irrigidisce. Viene con un orgasmo violento che le scuote tutto il corpo.
Non mi trattengo più. Le afferro i fianchi e le scarico dentro tutta la voglia repressa. Il getto caldo le inonda la fica, mentre lei ride ansimando.
Crolliamo insieme sul letto, nudi, sudati, sfiancati. Marina mi lecca il petto.
«Questo era solo il benvenuto, zio. Spero tu abbia portato energie. Ne avrai bisogno.»
Mi giro per fare un commento, qualcosa di stupido, da uomo che non vuole cedere all’imbarazzo. Ma non ne ho il tempo.
Marina mi si attacca addosso come una fame. Le sue labbra sulle mie, la lingua che spinge, che cerca, che scava. Mi afferra la nuca con una mano e l’altra me la piazza sul pacco.
«Ti voglio adesso. Non farmi aspettare.»
Il cazzo mi esplode nei pantaloni.
Le mani corrono, affamate. Le sue, le mie. Le sbottono i jeans con un gesto solo e li tiro giù insieme alle mutandine: rasata, bagnata, lucida.
«Guardami. Guardami, zio.»
Le infilo due dita dentro, lente, ma affondo subito. È calda, stretta, la sua fica pulsa intorno alle dita come se mi stesse già succhiando.
«Dio… sei una puttana.»
«La tua puttana. E ora scopami.»
Si inginocchia davanti a me, apre la zip, tira fuori il cazzo. Lo guarda come se fosse un dolce da addentare.
«Quanto ti ho sognato…»
E poi lo prende in bocca. Affamata. La lingua lo lecca, lo lucida, la bocca lo inghiotte. Me lo fa sparire in gola come una professionista, con quel rumore osceno di saliva e voglia.
Sbatto la testa contro la parete. Mi tiene stretto il culo con le mani, me lo tira a sé.
Quando le afferro i capelli e la tiro su, lei ride.
«Ti piace quando ti ingoio, vecchio porco?»
«Vieni qui.»
La piego sul letto, le spalanco le cosce. La vista della sua figa aperta, grondante, mi fa impazzire. La infilzo senza pietà, un colpo secco, profondo, da farle gemere il nome.
«Sì! Dio, sì! Scopami così! Fammi male!»
La tengo per i fianchi e le martello la fica con la furia di anni di astinenza, di giorni di sguardi, di ore di volo passate con la cappella dura nei boxer.
Lei si muove sotto di me come una bestia, le tette sbattono sul materasso, mi urla frasi sporche che mi fanno perdere ogni freno.
Cambio posizione, la tiro su, la metto sopra di me. Si cala sul cazzo e comincia a cavalcarmi con foga, i capelli che le volano in faccia, le mani che mi graffiano il petto.
«Lo senti? Questa fica è tua. Tua. Solo tua.»
Quando mi guarda negli occhi, quando si morde le labbra e comincia a tremare, capisco che sta per venire.
«Vieni, puttana. Vieni sul mio cazzo.»
Urla, si contorce, si irrigidisce. Viene con un orgasmo violento che le scuote tutto il corpo.
Non mi trattengo più. Le afferro i fianchi e le scarico dentro tutta la voglia repressa. Il getto caldo le inonda la fica, mentre lei ride ansimando.
Crolliamo insieme sul letto, nudi, sudati, sfiancati. Marina mi lecca il petto.
«Questo era solo il benvenuto, zio. Spero tu abbia portato energie. Ne avrai bisogno.»
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