Prima notte di nozze in compagnia

di
genere
scambio di coppia

Non avevo mai preso un cazzo in mano prima di quella sera.
Il mio, quello che avrei dovuto sposarmi da vergine e scopare solo da moglie, mi guardava con gli occhi sbarrati come se dovesse essere lui a spogliarmi. Tremava più di me. E io, col vestito bianco ancora addosso e le mutandine bagnate da ore, non avevo il coraggio di fare un cazzo.
Luca era lì, seduto sul letto dell’albergo di lusso che i suoi avevano prenotato, ancora mezzo vestito, con l’uccello duro sotto i pantaloni e la faccia di un bambino che ha appena visto una figa per la prima volta. E forse era proprio così.
Io invece stavo in piedi, appoggiata alla parete, sudata e tesa. Avevo paura di fargli male, paura che mi facesse male. Non sapevamo dove mettere le mani.
Poi bussarono.
Era Giulia.
Vestita di nero, scollata, trucco leggero e occhi di chi la sa lunga. Dietro di lei Marco, alto, grosso, con lo sguardo tranquillo di chi ne ha scopate tante e bene. Erano amici dei suoi genitori, ma con noi si erano sempre comportati come confidenti. Ci avevano visti crescere. Ci guardavano con una tenerezza sporca, complice. E quella notte ci avevano fatto una proposta indecente.
Giulia ci entrò in camera con una bottiglia di prosecco e due sorsi di veleno nello sguardo.
«Allora, novelli sposi… ancora vestiti?», disse.
E mentre parlava si avvicinò a me e mi abbassò la spallina del vestito.
Non dissi nulla. Non la fermai.
Marco si era già avvicinato a Luca e gli aveva tolto la giacca. «Teso come un palo», gli sussurrò. «Ma è normale. Ti aiutiamo noi.»
Io guardai Luca. Ci guardammo. Era come se aspettassimo da sempre che qualcuno lo facesse per noi, al posto nostro. Che ci svergasse. Letteralmente.
Giulia mi infilò una mano sotto la gonna. Me la sentì bagnata.
«Brava. Il corpo è pronto, è la testa che va aperta», mi disse all’orecchio.
Poi si inginocchiò e mi strappò le mutandine. «Ti insegno io come si prende un cazzo dentro.»
Marco aveva già fatto spogliare Luca. Era in mutande, il cazzo dritto e nervoso. Marco glielo teneva in mano, gli parlava come a un ragazzo.
«Adesso ti faccio vedere io dove va infilato. Guarda come la tua sposina gode.»
Mi piegarono sul letto. Giulia si leccò le dita e mi preparò, lenta, precisa, sporca. Parlava a Luca. Gli spiegava come si fa a toccare una donna, come si prende possesso di una figa senza farla piangere. Ma io piangevo lo stesso. Di vergogna, di desiderio, di paura. E poi di piacere.
Quella notte non ci fu dolcezza. Fu sangue, saliva e sbattimenti. Fu la vera prima volta. E gliela devo a loro.
Mi piegarono sul letto come una puttana inesperta.
Giulia mi spalancò le cosce, mi guardò tra le gambe e disse:
«Vergine, ma bagnata come una troia. È il momento perfetto.»
Mi leccò.
Senza dirmi niente. La lingua calda, precisa, lenta. Io trattenevo il fiato, gli occhi chiusi, la faccia nel cuscino. Sentivo la bocca di una donna che sapeva cosa fare, che mi apriva piano, con rispetto ma anche con l’urgenza di chi gode nel fare godere.
«Guarda, Luca», diceva lei mentre mi succhiava il clitoride. «Così si prepara una donna. Così si mette a nudo.»
Sentii un colpo secco dietro di me. Marco aveva fatto spogliare Luca, gli aveva fatto toccare il mio culo, la mia schiena. Gli stava spiegando come infilarsi dentro. Letteralmente.
Poi mi girarono. Giulia si tolse il vestito nero con un gesto da attrice e rimase in reggicalze e collant tagliati. Senza mutandine.
Mi baciò sulle labbra, con la lingua, mentre mi montava sopra.
I suoi capezzoli duri sulle mie tette, le dita che mi cercavano ancora.
Marco aveva già il cazzo in mano. Grosso. Veinato. Me lo mostrò.
«Ti facciamo donna stanotte, piccola», disse. «E il tuo maritino imparerà guardando.»
Mi aprirono come un frutto.
Giulia si strusciava contro la mia figa, mentre io ansimavo.
Poi si spostò, si mise accanto a me, le gambe aperte.
«Leccami, Francesca. Come una vera puttana. Fatti sentire.»
E io lo feci.
Non avevo mai leccato una donna.
Ma il suo odore mi mandava fuori di testa. Era sesso puro. Mi persi tra le sue labbra, le sue dita nei miei capelli, la voce roca che mi guidava.
Alle mie spalle, Marco stava insegnando a Luca come scopare.
«Spingi dentro, ma piano. Così. La senti? È calda, stretta, viva. Vai più a fondo. Lei è tua. Ora. Senza pietà.»
E Luca… Luca mi entrò dentro.
Gridai.
Per dolore, per sorpresa, per rabbia e per piacere.
Era grosso, inesperto, ma guidato. Marco lo teneva per i fianchi, lo spingeva dentro di me a scatti.
«Rallenta, ascoltala. Guarda come si apre. Guarda il suo culo come si muove.»
Avevo il cazzo di mio marito dentro, la lingua di Giulia tra le mie cosce, e gli occhi di Marco su di me. Sentivo le sue mani, forti, sul mio petto, sulla gola.
Mi girarono di nuovo.
Giulia si mise sotto di me, io sopra di lei, cavalcando la sua figa, mentre Marco prendeva Luca da dietro e lo guidava nel mio culo.
Sì. La prima notte.
«Adesso entra qui», gli disse. «Lentamente. Così si prende tutto.»
Mi aprì con due dita e Luca mi penetrò da dietro.
Urlai.
Un dolore caldo, lacerante, che diventava piacere a ogni spinta.
Giulia gemeva sotto di me, si masturbava guardandoci. Marco si fece avanti, mi prese la bocca. Me lo infilò dentro senza dire nulla. E io lo presi tutto, affamata.
Eravamo un intreccio di carne, saliva e sudore.
Luca sbatteva dentro di me come un ossesso, Marco mi scopava la bocca, Giulia mi mordeva i capezzoli.
E io godevo.
Come una troia. Come una puttana nata tardi.
Siamo venuti insieme. Tutti.
Luca dentro il mio culo, Marco sulla mia lingua, Giulia mentre si strusciava contro di me urlando.
E quando mi sdraiai, distrutta, con la faccia bagnata, il culo dolorante e la figa che pulsava, Giulia mi accarezzò e disse:
«Benvenuta. Ora sei una donna.»

scritto il
2025-05-30
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