Il gioco di Wendy 7

di
genere
dominazione

7. Quando apro la porta per andare a buttare la spazzatura, lo vedo nel cortile. Il signor Marino, il padrone di casa. Un uomo sulla sessantina, con pochi capelli grigi, un ventre prominente nascosto da una camicia sempre troppo stretta e occhiali spessi che gli scivolano continuamente sul naso.
Sta sistemando il giardino, una pala in mano, ma sembra più interessato a lanciare occhiate furtive verso di me. Lo fa sempre. Lo vedo quando passo in giardino, quando stendo i panni, quando mi abbasso per raccogliere qualcosa. Occhi timidi, ma affamati.
«Buongiorno, signorina Wendy» balbetta, cercando di non fissarmi.
«Buongiorno, signor Marino.» Sorrido, avvicinandomi. Oggi indosso una canotta bianca, senza reggiseno, e un paio di shorts così corti che lasciano metà del sedere scoperto. E lui se ne accorge.
«È una bella giornata, vero?» dice, scavando nervosamente nel terreno, anche se non sembra esserci nulla da fare lì.
«Bellissima. Ma sembra che lei stia facendo un lavoro pesante.»
«Oh, sì... Mia moglie vuole che tutto sia perfetto per il fine settimana. Sa com'è…»
Ah, sua moglie. La vedo ogni tanto. Una donna imponente, severa, il viso sempre corrucciato, che lo comanda come un soldatino. E lui obbedisce, sempre.
«Sempre così severa, vero?» sussurro, abbassando la voce.
Lui sorride nervoso. «Beh, sa... ci tiene…»
Mi avvicino ancora, il mio seno che quasi sfiora il suo braccio.
«Deve essere difficile, povero signor Marino…» sussurro, inclinando la testa. «Nessuno che si prenda cura di lei come merita.»
Lo vedo deglutire, le sue guance si fanno rosse.
«Oh, no... Non è... Non è così…» balbetta.
«Davvero?» faccio scivolare una mano sul suo avambraccio. «E quando è stata l’ultima volta che qualcuno le ha fatto sentire quanto è… speciale?»
Lui si blocca, la pala gli cade di mano. Mi guarda, incredulo, come se non riuscisse a credere a quello che sta succedendo.
«Wendy… non... Mia moglie…»
«Sua moglie non è qui adesso.» Sorrido, la mia mano scende, scivola sulla sua pancia, poi più giù, fino a sentire il rigonfiamento nei suoi pantaloni. Duro. Già pronto.
«Oh Dio… Wendy…» sussurra, la sua voce rotta dal desiderio e dal terrore.
«Shhh… Non faccia rumore. Nessuno ci vede.»
Lo spingo dolcemente verso il capanno degli attrezzi, appena dietro la siepe. Lì, al riparo da occhi indiscreti, mi inginocchio davanti a lui, le mani che già slacciano la cintura, abbassano i pantaloni.
Il suo cazzo è rigido, teso come non avrei mai immaginato. Lo prendo tra le labbra senza una parola, lo sento fremere, le sue mani che si appoggiano maldestramente al muro per non crollare.
«Oh, Wendy… oh Dio…» geme, il suo ventre si contrae, i suoi fianchi già si muovono.
Lo lecco, lo succhio, lo ingoio. È goffo, imbranato, ma eccitato come un ragazzino. Ogni mio movimento lo fa tremare. Sento il suo respiro diventare affannoso, i suoi gemiti soffocati per non farsi sentire.
«Wendy… Non posso… mia moglie…»
Ma non si ferma. Le sue mani si stringono nei miei capelli, i suoi gemiti diventano più disperati. Lo sento tremare, il suo corpo che si tende, e poi il calore che mi riempie la bocca.
Lo ingoio senza esitazione, senza fermarmi, lecco ogni goccia. E quando mi sollevo, lo guardo.
Lui è ancora appoggiato al muro, il viso rosso, il respiro affannoso.
«Oh mio Dio… Oh Dio…» balbetta.
Gli sorrido, pulendomi le labbra con la punta delle dita.
«Tranquillo, signor Marino. È il nostro piccolo segreto.»
Lui annuisce, ma i suoi occhi sono ancora spalancati.
«Wendy… se mia moglie…»
«Sua moglie non saprà mai nulla. A meno che lei non voglia ripetere l'esperienza. Magari quando lei non c'è.»
Lui deglutisce, annuisce ancora. Poi, con le mani tremanti, si tira su i pantaloni e si allontana come un bambino colto in flagrante.
Io resto lì, il sapore di lui ancora sulle mie labbra. E sorrido. C'è qualcosa di delizioso nel corrompere un uomo così succube. E sono certa che la prossima volta non servirà nemmeno che lo convinca. Sarà lui a venire a cercarmi.
Appena il telefono squilla e vedo il nome della signora Marino, so già che sono cazzi. Non rispondo subito. Lo lascio suonare. Ma il suono insiste, come un trapano nei timpani. Alla fine, respiro a fondo e rispondo.
«Wendy? Cara, sono la signora Marino. Passa da me. Ora.»
La sua voce è dolce come una lama affilata. Nessun tono di dubbio. Nessuna possibilità di dire di no.
«Arrivo subito.»
Chiudo la chiamata e mi specchio. Il cuore mi martella nel petto, ma sotto la paura c’è quel calore sporco che non riesco a spegnere. So cosa mi aspetta. E mi piace.
Mi infilo un vestitino bianco, attillato, senza reggiseno. Il tessuto leggero sfiora i capezzoli già tesi. Le mutandine? Che vadano a fanculo. Non servono.
Attraverso il cortile e busso alla porta. La signora Marino mi apre subito. La sua figura mi sovrasta. Grossa, massiccia, i capelli grigi raccolti in una crocchia severa, gli occhi neri che sembrano trapassarmi.
«Entra.»
Chiudo la porta dietro di me e la seguo nel salotto. Il signor Marino è lì, seduto su una poltrona, la testa china, le mani che tremano sulle ginocchia.
«Sai perché sei qui, Wendy?» mi chiede lei, la voce che sembra un veleno che scivola lentamente.
«Posso immaginarlo…» sussurro, mordendomi il labbro.
«Oh, posso assicurarti che non hai idea.» Mi si avvicina, mi squadra. «Mio marito ha la lingua lunga. E il cazzo debole. Ma non è lui il problema. Sei tu. Una piccola troia che pensa di poter giocare con quello che è mio.»
Mi spinge, e mi ritrovo seduta sul divano. Lei mi fissa, le mani sui fianchi.
«Ti piace sedurre gli uomini, Wendy? Ti piace succhiare cazzi?»
«A volte…» rispondo, cercando di sembrare spavalda, ma il mio respiro già si accelera.
«A volte?» Lei ride, una risata sgraziata. «Mio marito mi ha raccontato tutto. Come ti sei inginocchiata. Come lo hai fatto venire in bocca, come una piccola troia affamata.»
Il signor Marino si stringe ancora di più nella poltrona, il viso rosso. Io lo fisso, e il calore tra le cosce cresce.
«E allora?» sussurro, sfidandola. «Forse perché lei non glielo fa più. Qualcuno doveva farlo, no?»
Non avrei dovuto. Ma quelle parole escono da sole. E vedo la sua faccia che si tende, i suoi occhi che si stringono.
«Troia insolente.» Mi afferra per i capelli e mi tira giù dal divano, costringendomi in ginocchio. «Vuoi succhiare cazzi? Bene. Allora vediamo come te la cavi davvero.»
Il signor Marino la guarda, terrorizzato.
«No… Lucia… ti prego…»
«Stai zitto!» urla, e lui si zittisce come un bambino spaventato. Poi mi strattona ancora.
«Togliti quel vestito. Ora.»
Le mie mani tremano, ma obbedisco. Lo tiro su, lo faccio scivolare, e resto nuda davanti a loro. I miei capezzoli duri, le cosce umide. E lei lo nota.
«Guarda, Alfredo. Guarda come è bagnata. Una troia sempre pronta.»
Si volta verso suo marito.
«Tirati fuori quel cazzo. Voglio vederla in azione. Voglio vederla comportarsi come la puttana che è.»
Lui balbetta, le mani che tremano mentre si slaccia i pantaloni. Il suo cazzo è già duro, la vergogna non ha fermato il desiderio.
Mi spinge verso di lui.
«Forza, Wendy. Mostrami cosa sai fare.»
Lo prendo in bocca senza esitare. La lingua che scivola sulla cappella, le labbra che lo avvolgono. Lo sento tremare, i suoi gemiti strozzati, mentre io lo succhio, lenta, profonda.
«Guardala, Alfredo. La tua puttana personale. Ma non basta. No…»
Mi afferra da dietro, le sue dita grosse che si infilano tra le mie cosce, trovano il mio sesso già fradicio.
«Ti eccita questo, vero? Essere usata come una cagna? Succhiare il cazzo di mio marito mentre io ti tocco?»
Le sue dita entrano, escono, mi scopano senza pietà. Geme, sento il piacere che monta, i miei gemiti soffocati dal cazzo del signor Marino, che mi afferra la testa, spinge, mi usa senza vergogna.
«Maledetta troia…» sussurra la signora Marino. «Ti piace, vero? Godi, mentre mi dimostri che non sei altro che una cagna arrapata.»
«Sì… sì…» geme il signor Marino, le sue mani che mi stringono i capelli, la sua verga che pulsa, e poi esplode, il suo seme caldo che mi riempie la bocca.
Ingoio tutto, senza fermarmi, e le sue dita continuano a scavare in me. Poi mi tira indietro, mi lascia cadere a terra.
«Alzati.»
Obbedisco, tremante, il mio corpo che brucia.
«Adesso te ne vai, Wendy. E ti ricordi una cosa. Sei la nostra puttana. Se voglio, ti faccio scopare da ogni uomo di questo condominio. Ti piace questo, vero?»
Sorrido, il respiro ancora affannoso.
«Forse mi piacerebbe, sì.»
Lei ride, scuote la testa.
«Fuori dai piedi. E la prossima volta, presentati direttamente nuda.»
Raccolgo il mio vestito, esco dalla porta senza nemmeno rimettermelo. Attraverso il giardino, la brezza sulla pelle nuda, il sapore del signor Marino ancora sulle labbra, il calore tra le gambe che mi consuma.
Sono una troia. E amo ogni maledetto istante.
scritto il
2025-05-18
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