Il gioco di Wendy 6

di
genere
dominazione

6. Quando mio marito mi dice di prepararmi per una cena importante, so già che non è una serata come le altre. Lui è teso, si infila il suo miglior abito, si sistema il nodo della cravatta davanti allo specchio almeno tre volte.
«Concentrati, Wendy» mi dice, gettandomi uno sguardo severo. «Questa è una grande occasione per me. Non fare cazzate.»
Annuisco. Ma sotto la sua voce fredda c’è qualcos’altro. Qualcosa che non dice.
Mi vesto come piace a lui. Un tubino nero, aderente, scollato quel tanto che basta. Tacchi alti, rossetto rosso. Quando scendiamo, mi studia per un istante, poi annuisce.
«Perfetta.»
Arriviamo al ristorante. Un posto elegante, troppo per noi. Ma non siamo qui per noi. Ci accompagna al tavolo privato in fondo alla sala, dove una donna ci sta già aspettando.
La riconosco subito. Luisa De Santis. La capa di mio marito. Una donna di potere. Bellissima, capelli scuri raccolti in uno chignon perfetto, occhi verdi che sembrano penetrarti l’anima. Indossa un tailleur grigio, il taglio perfetto che mette in risalto le sue forme.
«Luisa, grazie per averci invitato» dice mio marito, con un sorriso educato, quasi servile.
Lei sorride. Ma il suo sguardo scivola subito su di me. Mi squadra da capo a piedi, un sorriso che si allarga.
«Quindi tu sei Wendy.»
«Sì, signora De Santis. È un piacere conoscerla.»
«Il piacere è tutto mio, tesoro.»
La cena inizia, il vino scorre. Mio marito è nervoso, cerca di mantenere la conversazione, ma Luisa non smette di guardarmi. I suoi occhi mi scrutano, mi divorano.
«Allora, Wendy… Cosa fai nella vita?» mi chiede, accavallando le gambe in modo lento e sensuale.
«Al momento… mi occupo della casa.»
«Che donna fortunata. Un uomo che lavora per lei e lei che… si rilassa.»
Le sue parole sono dolci, ma il tono ha qualcosa di pericoloso. Mio marito suda, cerca di deviare la conversazione.
«Sì, Wendy è una donna straordinaria. Sempre pronta a.. aiutare.»
Lei sorride.
«Oh, ne sono certa. Sai, tesoro, sono sempre in cerca di persone… disponibili. Di collaboratori disposti a fare qualsiasi cosa.»
Mi mordo il labbro, il calore che mi sale alle guance. Il suo sguardo mi inchioda, mi spoglia. E mio marito resta in silenzio, come se aspettasse.
Dopo cena, ci invita nel suo attico. Mio marito accetta senza esitazione, e io capisco. È questo il vero motivo della cena.
Saliamo. L’attico è lussuoso, moderno, con una vista che domina la città. Luisa si serve un altro bicchiere di vino, poi mi si avvicina.
«Wendy… Vieni qui, cara.»
Mi avvicino. Lei mi prende per il mento, i suoi occhi verdi che mi scrutano.
«Hai mai pensato di… piacere a una donna?»
Il mio respiro si blocca. Mio marito resta immobile, ma i suoi occhi mi fissano. Sta aspettando.
«Io… se è questo che desidera…»
Lei sorride.
«Oh, non è solo un mio desiderio. È un’opportunità per tuo marito. E per te.»
Le sue labbra si schiantano sulle mie, e io mi lascio andare. Le sue mani mi toccano, mi spogliano. Mi bacia con forza, le sue dita che mi afferrano i seni, mi pizzicano i capezzoli.
Mi guida verso il divano, mi spinge giù, e inizia a spogliarmi del tutto. Il suo corpo perfetto sopra di me, la sua bocca che scivola sul mio collo, sul mio petto, la sua lingua che gioca con i miei capezzoli.
Mi accarezza, mi apre le cosce, e la sua lingua scende, affonda, mi fa gemere.
Guardo mio marito. È lì, in piedi, il viso rosso, ma non si muove. Non dice nulla. Mi sta guardando mentre gemo sotto la sua capa.
Luisa sorride, alza lo sguardo.
«Guarda come ti piace… E pensare che il tuo uomo è lì, a guardarti. A implorare senza parlare.»
Io gemo, mi contorco, il piacere che mi travolge. Le sue dita, la sua lingua, la sua voce morbida e velenosa.
Quando finisce con me, mi lascia nuda, esausta sul divano. Si rialza, sistema la giacca, si avvicina a mio marito.
«Beh, credo che la tua Wendy sia molto… capace.»
Lui annuisce, il respiro affannoso.
«Sì, signora De Santis… Grazie…»
Lei sorride, prende una cartellina dalla scrivania e gliela porge.
«La tua promozione, caro. Firmata e approvata. Mi piace fare affari con chi sa… dare.»
Lui firma, le mani che tremano.
Poi mi lancia un’occhiata, un misto di rabbia e desiderio.
«Andiamo, Wendy.»
Mi vesto in silenzio, le gambe ancora deboli. Luisa mi lancia un ultimo sguardo.
«Spero di rivederti, cara. Magari… senza di lui.»
Uscendo, nel silenzio dell’ascensore, mio marito non dice nulla. Ma le sue mani si stringono a pugno, il suo sguardo è fisso davanti a sé.
So che non dimenticherà. E non mi perdonerà mai davvero. Ma la sua promozione è qui.
E io sono il prezzo che ha pagato.
Il viaggio in macchina verso casa è un silenzio carico di tensione. Mio marito guida senza guardarmi, le nocche bianche attorno al volante. Il suo viso è una maschera di rabbia trattenuta. Sento ancora il sapore di Luisa sulle mie labbra, il calore delle sue dita che mi esploravano, il suo sorriso crudele mentre godeva del mio corpo.
Ma ora la paura è tornata. E quando parcheggiamo davanti a casa, il cuore mi batte all’impazzata.
Appena entriamo, lui chiude la porta con un colpo secco.
«Spogliati.»
La sua voce è bassa, carica di minaccia.
«Cosa?» balbetto, il fiato che mi si blocca in gola.
«Hai capito. Spogliati. Qui. Adesso.»
Le sue parole sono taglienti come lame. Le mie mani tremano mentre abbasso la zip del vestito, lo lascio scivolare a terra. Resto nuda, i brividi che mi corrono lungo la schiena.
«Guardati» ringhia, girandomi verso lo specchio del corridoio. «Guarda la troia che sei.»
La mia immagine mi fissa. I capelli spettinati, le labbra ancora arrossate dai baci di Luisa, i seni turgidi, i capezzoli tesi per l’umiliazione. Le cosce che tremano.
«Ti piace, eh? Farti toccare, leccare da quella cagna. E io lì, a guardarti. A fare la figura del coglione.»
«Io… l’ho fatto per te…» sussurro, ma le parole muoiono subito.
«Per me? No. L’hai fatto perché ti piace. Perché sei una troia. Una puttana che non riesce a chiudere le gambe.»
Si avvicina, la sua mano afferra i miei capelli, mi costringe a guardarlo nello specchio.
«Vuoi sapere cos’è successo stasera? Mi hai venduto per una scopata. Ti sei fatta usare da quella puttana ricca per farmi avere una promozione. Ma in realtà ti piace. Lo so. Ti piace essere usata. Essere la mia merce di scambio.»
Le sue parole mi colpiscono come schiaffi. Ma sotto la vergogna, sento quel calore sporco che mi sale dal ventre. Quel desiderio che non riesco a spegnere.
«Rispondi, Wendy. Ti piace?»
«Sì…» sussurro, le lacrime che mi bruciano gli occhi.
«Più forte.»
«Sì! Mi piace!»
Mi trascina per i capelli, mi porta in salotto e mi getta sul divano. Si sbottona la cintura, la sfila con un sibilo.
«Allora ti piacerà anche questo.»
Il primo colpo mi colpisce il sedere, un dolore pungente che mi fa sobbalzare.
«Contali.»
«Uno…» gemetti, la voce spezzata.
Un altro colpo, più forte.
«Due…»
Il terzo mi strappa un gemito. Ma tra le gambe, il calore si fa insopportabile.
«Tre!»
Lui continua, la cintura che fende l’aria, il mio sedere che brucia, i miei gemiti che si trasformano in sospiri rotti.
«Dieci» sussurro alla fine, il corpo che trema, le lacrime che mi rigano il viso.
Ma lui non ha finito. Mi prende per i fianchi, mi solleva, mi piega sul bracciolo del divano.
«Sei la mia puttana. E ora te lo dimostro.»
Lo sento dietro di me, la sua verga già dura che mi preme contro. Non mi dà il tempo di prepararmi. Mi penetra con forza, facendomi gemere.
«È questo che vuoi, Wendy? Vuoi essere trattata come la troia che sei?»
«Sì… sì…» geme, i miei fianchi che si muovono per incontrare le sue spinte.
Le sue mani mi stringono i seni, li afferrano, li maltrattano. Mi scopa forte, come se volesse marchiarmi, come se volesse cancellare il tocco di Luisa dal mio corpo.
Mi afferra per i capelli, mi tira indietro, il mio viso costretto a guardare lo specchio di fronte.
«Guarda come godi. Guarda come ti piace. Una puttana senza vergogna.»
E ha ragione. Sono persa nel piacere, il dolore dei colpi della cintura che ancora pulsa sulla mia pelle, le sue spinte che mi riempiono, che mi spezzano.
Viene dentro di me con un grugnito rabbioso, affondando fino all'ultima goccia. Mi lascia cadere sul divano, ansimante, il corpo tremante, i segni della sua rabbia stampati sulla mia pelle.
Si sistema i pantaloni, mi guarda dall’alto.
«Spero tu abbia imparato la lezione.»
Io resto lì, nuda, esausta, con il calore che mi brucia ancora tra le cosce.
«Sì, signore…» sussurro.
Lui sorride. Ma nei suoi occhi c'è ancora quell’ombra. Quella rabbia che non se ne andrà mai davvero.
E io so che non sono più sua moglie. Sono la sua puttana.
scritto il
2025-05-18
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