La Pisciona Mora cap 1
di
Kyknox
genere
pissing
I suoi problemi erano cominciati in quel caldo pomeriggio estivo.
Eva si era incontrata con un’amica che non vedeva da tempo.
Avevano trascorso delle ore piacevoli, passeggiando per il centro semi deserto, visto che molta gente in quel periodo era in vacanza, e poi si erano fermate a bere una bibita fresca nel migliore bar della città.
‘Accidenti, mi sono scordata di farla’, pensò Eva, quando avvertì lo stimolo.
Ci aveva pure pensato, prima di salutare l’amica al momento di uscire dal bar, ma poi le era passato di mente. Ora era troppo lontana per tornare indietro e non amava servirsi dei bagni che non conosceva.
‘Che faccio, entro nel primo bar che capita, mi prendo un caffè e chiedo del bagno?’
La zona che stava attraversando ora non era ben messa e l’idea di infilarsi in un cesso sudicio e maleodorante, non l’attirava per niente.
Eppure doveva trovare una soluzione, perché casa era ancora parecchio lontana.
L’idea le venne passando di lato alla villa comunale.
Ma sì, lì c’erano i bagni pubblici a pagamento, puliti ed in ordine.
Aveva, per quanto possibile, accelerato il passo, mentre si inoltrava nel viale principale della villa.
Ancora cento metri, poi devo svoltare a destra ‘
La delusione si stampò sul suo viso, quando si trovò dinnanzi ad un’alta recinzione, che nascondeva in parte l’edificio dei bagni.
Un cartello colorato spiegava alla cittadinanza che il disagio di OGGI, avrebbe ripagato tutti, DOMANI, con dei bagni pubblici completamente rinnovati.
‘Ma io devo farla ora. Accidenti!’, gridò Eva disperata.
Sentì le prime gocce che le bagnavano le mutandine e fu presa dal panico.
Non posso certo farla qui, pensò.
Una signora quarantenne, elegante e di bell’aspetto, non può fare pipì in mezzo alla strada, di questo ne era certa, però complice la delusione improvvisa dell’aver trovato chiusi i bagni pubblici, si rendeva conto che la sua autonomia era agli sgoccioli e, se non avesse trovato un posto nel giro di pochi minuti, se la sarebbe fatta addosso, e allora sarebbe stato anche peggio.
Poi, come un lampo, la soluzione le passò per la testa.
Il posto!
Quando faceva il liceo, parecchi anni prima, andava spesso in villa con il suo primo ragazzo.
Lì vicino c’era un posto appartato, un vialetto cieco, in curva, che terminava con una panchina riparata di una fitta siepe.
Sicuramente c’è ancora e, a quest’ora, in piena estate, non sarà di certo occupato.
Ora doveva camminare piano, a passi piccoli e lo stimolo si era fatto insopportabile.
Lo ricordava più grande il vialetto che portava al posto suo e del suo primo ragazzo.
La panchina era ancora lì, nella stessa posizione, un po’ malandata ma libera.
La siepe, con il passare degli anni era cresciuta. Meglio non l’avrebbe vista nessuno.
Eva, dopo aver poggiato la borsa sulla panchina, allargò le gambe e si arrotolò la gonna nera.
Per non correre il rischio di bagnarsi le gambe, si sfilò le mutandine e le poggiò sulla panchina, a fianco della borsa, poi si accovacciò, tenendo le cosce larghe e mantenendo la gonna sollevata con le mani.
La posizione era discretamente precaria, ma l’appoggio della schiena contro la panchina le impediva di perdere l’equilibrio, nonostante i sandali dal tacco alto e sottile
Il getto dorato che zampillando iniziò a bagnare la terra in mezzo ai suoi piedi, fu accolto da Eva con un oooh di soddisfazione.
‘Oddio! E questo da dove sbuca fuori?’
Era rimasta come fulminata, in bilico sui tacchi alti, in quella posizione scomoda e precaria, alla vista di quel ragazzo magro con gli occhiali.
In una mano teneva uno spinello e nell’altra stringeva un cellulare.
‘Ed ora che faccio?’
Il primo impulso fu quello di ricoprirsi e di rimettersi in piedi, ma facendo così si sarebbe bagnata completamente la gonna e le gambe, visto che ormai la pipì era partita e non l’avrebbe potuta interrompere di colpo.
Insomma rimase immobile, paralizzata, con il ragazzo che la guardava curioso ed interessato.
Eva era una bella donna, alta, mora e formosa. Ora che aveva superato la quarantina, le sue gambe lunghe, pur mantenendosi snelle, avevano messo su un po’ di carne, ed il ragazzo sembrava come incantato dalla vista delle sue cosce nude ed abbronzate.
Poi si rese conto, dai movimenti di lui, che la stava riprendendo con il telefonino, e fu presa dallo sconforto, ma non poteva farci nulla.
Ora si era avvicinato e stava facendo un primo piano della sua vagina aperta, da cui continuava ad uscire un bello zampillo.
Il getto diminuì di intensità, adesso erano solo poche gocce che scendevano e bagnavano la terra già inzuppata.
‘Asciugati!’
Il tono della sua voce era gentile, ma aveva un qualcosa di imperioso, che la stupì.
è poco più che un ragazzino, forse non ha neanche diciott’anni, pensò lei, mentre prendeva il fazzolettino che lui le porgeva.
Alla fine Eva lasciò cadere il fazzolettino in terra e si rimise in piedi.
Il ragazzo era ancora intento a filmare, ma ora lei doveva riprendere il controllo della situazione.
Si rimise a posto la gonna e fece un passo verso di lui.
‘Ora basta, lo spettacolo è finito. Dammi quell’accidente di telefono e cancelliamo il filmato.’
Il ragazzo indietreggiò.
‘Eh no, non ci penso per niente. Non capita mica tutti i giorni di riprendere una bella topona mora che fa pipì nel parco.’
‘Ehi, lascia stare la mia borsa!’
Il ragazzo aveva preso la borsa di Eva ed ora ci stava frugando dentro.
Estrasse il cellulare.
‘Che vuoi fare con il mio telefono?’
‘Tranquilla, topona, mi telefono così avrò il tuo numero per il futuro.’
La suoneria, in cui Eva riconobbe un brano rock degli anni ’70, echeggiò per pochi secondi, poi il ragazzo chiuse la chiamata e rimise il cellulare nella borsa.
‘Ciao, ci sentiamo. Ah, queste le prendo per ricordo.’
Eva lo vide allontanarsi tranquillo, stringendo in una mano le sue mutandine.
continua
Eva si era incontrata con un’amica che non vedeva da tempo.
Avevano trascorso delle ore piacevoli, passeggiando per il centro semi deserto, visto che molta gente in quel periodo era in vacanza, e poi si erano fermate a bere una bibita fresca nel migliore bar della città.
‘Accidenti, mi sono scordata di farla’, pensò Eva, quando avvertì lo stimolo.
Ci aveva pure pensato, prima di salutare l’amica al momento di uscire dal bar, ma poi le era passato di mente. Ora era troppo lontana per tornare indietro e non amava servirsi dei bagni che non conosceva.
‘Che faccio, entro nel primo bar che capita, mi prendo un caffè e chiedo del bagno?’
La zona che stava attraversando ora non era ben messa e l’idea di infilarsi in un cesso sudicio e maleodorante, non l’attirava per niente.
Eppure doveva trovare una soluzione, perché casa era ancora parecchio lontana.
L’idea le venne passando di lato alla villa comunale.
Ma sì, lì c’erano i bagni pubblici a pagamento, puliti ed in ordine.
Aveva, per quanto possibile, accelerato il passo, mentre si inoltrava nel viale principale della villa.
Ancora cento metri, poi devo svoltare a destra ‘
La delusione si stampò sul suo viso, quando si trovò dinnanzi ad un’alta recinzione, che nascondeva in parte l’edificio dei bagni.
Un cartello colorato spiegava alla cittadinanza che il disagio di OGGI, avrebbe ripagato tutti, DOMANI, con dei bagni pubblici completamente rinnovati.
‘Ma io devo farla ora. Accidenti!’, gridò Eva disperata.
Sentì le prime gocce che le bagnavano le mutandine e fu presa dal panico.
Non posso certo farla qui, pensò.
Una signora quarantenne, elegante e di bell’aspetto, non può fare pipì in mezzo alla strada, di questo ne era certa, però complice la delusione improvvisa dell’aver trovato chiusi i bagni pubblici, si rendeva conto che la sua autonomia era agli sgoccioli e, se non avesse trovato un posto nel giro di pochi minuti, se la sarebbe fatta addosso, e allora sarebbe stato anche peggio.
Poi, come un lampo, la soluzione le passò per la testa.
Il posto!
Quando faceva il liceo, parecchi anni prima, andava spesso in villa con il suo primo ragazzo.
Lì vicino c’era un posto appartato, un vialetto cieco, in curva, che terminava con una panchina riparata di una fitta siepe.
Sicuramente c’è ancora e, a quest’ora, in piena estate, non sarà di certo occupato.
Ora doveva camminare piano, a passi piccoli e lo stimolo si era fatto insopportabile.
Lo ricordava più grande il vialetto che portava al posto suo e del suo primo ragazzo.
La panchina era ancora lì, nella stessa posizione, un po’ malandata ma libera.
La siepe, con il passare degli anni era cresciuta. Meglio non l’avrebbe vista nessuno.
Eva, dopo aver poggiato la borsa sulla panchina, allargò le gambe e si arrotolò la gonna nera.
Per non correre il rischio di bagnarsi le gambe, si sfilò le mutandine e le poggiò sulla panchina, a fianco della borsa, poi si accovacciò, tenendo le cosce larghe e mantenendo la gonna sollevata con le mani.
La posizione era discretamente precaria, ma l’appoggio della schiena contro la panchina le impediva di perdere l’equilibrio, nonostante i sandali dal tacco alto e sottile
Il getto dorato che zampillando iniziò a bagnare la terra in mezzo ai suoi piedi, fu accolto da Eva con un oooh di soddisfazione.
‘Oddio! E questo da dove sbuca fuori?’
Era rimasta come fulminata, in bilico sui tacchi alti, in quella posizione scomoda e precaria, alla vista di quel ragazzo magro con gli occhiali.
In una mano teneva uno spinello e nell’altra stringeva un cellulare.
‘Ed ora che faccio?’
Il primo impulso fu quello di ricoprirsi e di rimettersi in piedi, ma facendo così si sarebbe bagnata completamente la gonna e le gambe, visto che ormai la pipì era partita e non l’avrebbe potuta interrompere di colpo.
Insomma rimase immobile, paralizzata, con il ragazzo che la guardava curioso ed interessato.
Eva era una bella donna, alta, mora e formosa. Ora che aveva superato la quarantina, le sue gambe lunghe, pur mantenendosi snelle, avevano messo su un po’ di carne, ed il ragazzo sembrava come incantato dalla vista delle sue cosce nude ed abbronzate.
Poi si rese conto, dai movimenti di lui, che la stava riprendendo con il telefonino, e fu presa dallo sconforto, ma non poteva farci nulla.
Ora si era avvicinato e stava facendo un primo piano della sua vagina aperta, da cui continuava ad uscire un bello zampillo.
Il getto diminuì di intensità, adesso erano solo poche gocce che scendevano e bagnavano la terra già inzuppata.
‘Asciugati!’
Il tono della sua voce era gentile, ma aveva un qualcosa di imperioso, che la stupì.
è poco più che un ragazzino, forse non ha neanche diciott’anni, pensò lei, mentre prendeva il fazzolettino che lui le porgeva.
Alla fine Eva lasciò cadere il fazzolettino in terra e si rimise in piedi.
Il ragazzo era ancora intento a filmare, ma ora lei doveva riprendere il controllo della situazione.
Si rimise a posto la gonna e fece un passo verso di lui.
‘Ora basta, lo spettacolo è finito. Dammi quell’accidente di telefono e cancelliamo il filmato.’
Il ragazzo indietreggiò.
‘Eh no, non ci penso per niente. Non capita mica tutti i giorni di riprendere una bella topona mora che fa pipì nel parco.’
‘Ehi, lascia stare la mia borsa!’
Il ragazzo aveva preso la borsa di Eva ed ora ci stava frugando dentro.
Estrasse il cellulare.
‘Che vuoi fare con il mio telefono?’
‘Tranquilla, topona, mi telefono così avrò il tuo numero per il futuro.’
La suoneria, in cui Eva riconobbe un brano rock degli anni ’70, echeggiò per pochi secondi, poi il ragazzo chiuse la chiamata e rimise il cellulare nella borsa.
‘Ciao, ci sentiamo. Ah, queste le prendo per ricordo.’
Eva lo vide allontanarsi tranquillo, stringendo in una mano le sue mutandine.
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