La prf si fa suora
di
Troy2a
genere
incesti
Mio padre, l’onorevole ministro, era morto improvvisamente, stroncato da un infarto, mentre lavorava alla sua scrivania, a Roma.
Mia madre, la professoressa Stefanelli, che, forse, i più grandi tra i lettori ricorderanno come una grandissima troia, traviata dallo zio monsignore, il fratello di mio padre e dedita, anche, a rapporti incestuosi con me, era caduta in un profondo stato di prostrazione, che mai mi sarei atteso.
Dopo una settimana circa, dai funerali, ci comunicà di aver deciso di prendere i voti e ritirarsi in convento. Per me fui un vero colpo: amavo mia madre come figlio e anche come amante e non volevo rinunciare a lei. Provai a convincerla a desistere, ma fu tutto inutile.
Lo zio, però, mi prese da parte:
“Tua madre è una gran vacca e non riuscirà a fare a meno del cazzo, stai tranquillo. Se continui a forzarla, potresti ottenere l’effetto opposto.. Invece, stammi a sentire..”
Mi raccontò di come avesse indirizzato mia madre verso un convento che gestiva un convitto per studentesse e, contemporaneamente, di aver persuaso il vescovo della inattualità di un convitto esclusivamente femminile. Risultato: appena si era sparsa la voce, molte famiglie bene avevano ritirato le loro figlie dal convitto, che ora ospitava 7 ragazzi e solo 3 ragazze. Come non bastasse, la superiora del convento, una donna pia, ma debole, stava manifestando non poche difficoltà ad accettare la novità.
“Ho in mente di spingere il vescovo a far nominare tua madre superiora di quel convento, non appena la vecchia si sarà arresa!” mi disse, con un sorriso diabolico stampato in faccia “Sono ceto che trasformerà quel luogo in un postribolo in un paio di mesi, se non prima. Vedi” continuò “tua madre ha sempre avuto una grande spiritualità. La sua non è una falsa vocazione… diciamo che ha due vocazioni, entrambe molto forti e le conosci entrambe, inutile sottolinearle ancora, ma, mi ripeto, tua madre non farà mai a meno del cazzo!”
Non potevo non fidarmi delle sue parole: aveva dimostrato di conoscere mia madre molto nel profondo, riuscendo a portarla alla perdizione.
Andavo a trovare mia madre in convento ogni fine settimana: notavo con piacere che qualcosa, nel tempo, cambiava. La prima volta si era sottratta al contatto con me, pregandomi di avere rispetto per il suo abito; la seconda già si fece abbracciare, pur rimproverandomi, quando la mia mano scivolò sul suo culo. La terza, già, le sfiorai le labbra con la bocca e lei fu tentata di dischiuderle, anche se si tirò indietro sul più bello.
Dopo un mese, ebbi modo, per prima cosa, di notare il forte imbarazzo della superiora ad accogliermi e a salutarmi. Trovai, invece, mia madre raggiante come non la vedevo da tempo.
“Sono serena!” mi disse e la mia mano scivolava incontrastata sulla sua gamba, mentre la sua si infiltrava tra i miei capelli, come era solita fare un tempo, prima dei nostri amplessi. Mi chiedevo a cosa fosse dovuto quell’improvviso stato di benessere. La risposta arrivò proprio mentre stavo per andare via. Un ragazzo, un ospite del convitto, si avvicinò a noi.
“Sorella, ho parlato delle sue ripetizione al mio amico, gli ho detto come sia semplice imparare le secanti con lei… e lui, ora, vorrebbe approfondire le proprietà del triangolo:” mi fu subito chiaro, di quali geometrie parlasse.
“Ottima scelta, giovanotto! Mia madre è una vera esperta in materia. Ma, mi raccomando, approfittate di lei anche per il quadrilatero, il poligono. Ed anche il poliedro, perché no!” scambiai uno sguardo d’intesa con entrambi, e loro risposero con un sorriso complice. Mi allontanai, felice che il pomeriggio di mia madre sarebbe stato intenso ed interessante: prima o poi, ci sarebbe stato di nuovo posto anche per me.
Non potevo sbagliarmi, lo sapevo! Ma ne ebbi la certezza la settimana successiva, quando tornai a trovarla. Era radiosa, bellissima nonostante l’età e l’abito che non ne esaltava certo le forme, ma che lasciava brillare i suoi occhi, come nei momenti più felici. Sapeva quel che volevo chiederle e non ci fu bisogno di parlare.
“È stato bellissimo! Quanto tempo che non lo facevo: quando sei venuto, la volta scorsa, lo hai capito. La sera prima l’avevo fatto con lui e, quando sei andato via, lo abbiamo rifatto insieme al suo amico. Tuo zio aveva ragione, ancora una volta. Non so fare a meno del cazzo: me lo aveva detto quando gli ho comunicato la mia volontà di prendere i voti. Ci vede lungo tuo zio, almeno su di me. Ora, mi sono confessata con lui, gli ho detto che era necessario che lasciassi il convento, ma lui mi ha sospeso dal voto di castità e mi ha convinto che posso dare tanto qui. Proporrà al vescovo di esentarci definitivamente dal voto… tutte noi, qui!”
Sono convinto che anche lei fosse consapevole che lo zio non aveva il potere di sospendere il rispetto del voto, come anche che nessun vescovo e neanche il papa avrebbe sciolto il voto, lasciando valido tutto il resto. Ma aveva bisogno di crederci e lasciai che lo facesse. Anzi, aggiunsi:
“Dovresti chiedere allo zio di sospendere dal voto anche le sorelle che lo vogliono?”
“L’ho già fatto, ma mi ha consigliato di aspettare le decisioni della superiora. Se solo sapesse di me, ne morirebbe. Figurati se fosse per tutte.”
“Ma … vale anche per me?”
“Sciocco! Pensavo non me lo chiedessi più. Vieni!”
Allargò le braccia per accogliermi ed io mi gettai tra le sue braccia, cercando subito, di posare la testa sul suo meraviglioso seno. Avevo avuto rapporti regolari con mia moglie, ma il sesso con mia madre era qualcosa di diverso, di travolgente, di perverso e dolce allo stesso tempo. Non era trasgressivo: era la trasgressione stessa sublimata. Lei mi lasciò fare, impegnandosi a togliere il velo, mentre io indugiavo con la bocca sullo splendido spartiacque, mortificato dalla tela grezza dell’abito e dalla sua foggia, rivolta ad umiliare la bellezza fisica. Sentii i suoi capelli, ormai liberi, frusciare sulla mia guancia e mi risollevai, incontrando il suo volto e la sua bocca, che mi chiedeva di baciarla. La sua pelle, appena solcata da qualche ruga, era una sfida aperta all’età non più verdissima. Posai le mia labbra sulle sue: si schiusero all’unisono, a testimoniare che entrambi avevamo sofferto di quella lontananza, di quella inopportuna astinenza. Non ho mai capito il senso di quella privazione: perché preti e suore dovessero privarsi dei piaceri della carne, a chi potesse giovare. Ho sempre creduto che il modo giusto di testimoniare la fede fosse fare il bene e scopare non toglie nulla a questa possibilità.
“Non ho mai smesso di desiderarti! Non ho mai smesso di sognare il tuo cazzo!” la voce di mia madre contribuiva a rendere di marmo il mio sesso, mentre la sua mano lo raggiungeva, strizzandolo sopra la stoffa dei pantaloni. Potevo indovinare il suo desiderio dal respiro e dai gemiti che si lasciava sfuggire, mentre le mie mani saziavano un digiuno troppo lungo, esplorando il suo corpo. Il velo era volato via ed ora l’abito si lasciava arrotolare dalle mie mani, scoprendo , lentamente, un corpo che restava meraviglioso, degno più della Venere di Milo.
“Gira la chiave! Sarù più facile spiegare una porta chiusa, di un figlio che scopa la madre suora.” mi disse, nell’ultimo barlume di lucidità, che la lussuria le lasciava. Diedi una dioppia mandata e tornai da lei, che ora mi si offriva, nuda, in tutta la sua bellezza. Quanto mi era mancato il suo corpo morbido e caldo: provavo quasi un rinnovato senso di paura ad approcciarmi di nuovo. Ma le sue braccia tese nell’invito, larghe per accogliermi erano l’incoraggiamento migliore che potessi ricevere. Mi abbandonai al suo abbraccio e lei mi coccolò, aiutandomi a svestirmi ed accompagnandomi sul piccolo suo letto, mi fece sedere, tenendomi il capo dolcemente stretto tra le sue mani, poi si inginocchiò tra le mie gambe, avvicinando il capo l mio bacino. Aspettavo di sentire il calore della sua bocca sul mio cazzo ed, invece, lei si fermò a pochi centimetri, facendomi sentire il suo fiato tiepido, mentre la sua bocca si muoveva tutto intorno al mio inguine. Poi, le sue labbra si posarono sulla mia coscia, socchiuse, e presero a muoversi con misurata lentezza, percorrendo il mio basso ventre, ma senza mai sfiorare né il cazzo, né i testicoli. Eppure mi sentivo impazzire dal piacere: non le avrei mai chiesto di accelerare. Era una vera maestra e sapeva che l’orgasmo è un attimo, ma il piacere che lo precede può essere incredibilmente lungo.
“Ti amo, mamma!” sussurrai.
“Ssss, piccolo!” fu la sua laconica risposta, mentre la lingua, ora, toccava per la prima volta la mia pelle, sempre tenendosi lontana dal mio sesso. Indugiò ancora in quel lavoro per una manciata di minuti, poi si sollevò e sedette sopra di me, strusciando la sua fica sul mio cazzo, ansimando e inondando il mio ventre di umori copiosi. Quindi, lo prese con la sinistra, mentre con la destra si teneva ancorata a me, e lo accompagnò nel suo ventre: la mano sinistra, ora libera, si ricongiunse alla destra, dietro al mio capo, mentre il suo corpo cominciava un lento dondolio, senza mai sollevarsi da me. I nostri respiri si facevano sempre più pesanti, i nostri volti si trasfiguravano sempre più , sconvolti dal piacere montante.
“Mamma, voglio incularti!” riuscii a dire e lei, senza rispondere, si sfilò il cazzo dalla fica, sollevandosi il tanto che bastava e se lo portò all’ingresso posteriore, tenendolo stretto, per evitare che si piegasse sotto il peso del suo corpo, senza entrare. Obbediente, il mio sesso si fece largo nel suo intestino, e l’altalena riprese con lo stesso monotono e piacevole ritmo.
“Piccolo, quanto mi sei mancato! Anche i due ragazzi, bravi, ma non erano te. Con te è diverso: mi fai godere già solo a pensarti, amore.”
Ascoltavo le sue parole e mi sembrava di avere un orgasmo mentale, un qualcosa che sconvolgeva il mio pensiero e mi portava in paradiso. Fu, ancora, la sua voce a risvegliarmi.
“Vuoi venirmi nel culo?” con la sua esperienza, si era accorta prima di me che stavo per raggiungere il climax.
“Tu cosa vuoi?” le chiesi.
“Io vorrei riassaporare il gusto della tua sborra!”
“E, allora, bevi mamma: è tutta tua!”
Con un’agilità insospettata, si alzò e tornò ad inginocchiarsi tra le mie gambe, facendo saettare la lingua sulla cappella, per poi farla scorrere lungo tutta l’asta. E, quando, il pulsare del mio cazzo le suggerì che lo sperma stava per eruttare, finalmente o prese in bocca, su e giù, una, due volte e poi ad ingoiare tutto, mentre la lingua continuava a muoversi, impedendo che anche una sola goccia andasse dispersa.
Percorrevo il viale che mi portava fuori dal convento: mi sentivo felice, come non ero più da tempo, anche se mi allontanavo da lei. Ora sapevo che tornare a trovarla sarebbe stato ancora più bello: la Professoressa Stefanelli era tornata, anche se ora si chiamava Suor Paola.
Mia madre, la professoressa Stefanelli, che, forse, i più grandi tra i lettori ricorderanno come una grandissima troia, traviata dallo zio monsignore, il fratello di mio padre e dedita, anche, a rapporti incestuosi con me, era caduta in un profondo stato di prostrazione, che mai mi sarei atteso.
Dopo una settimana circa, dai funerali, ci comunicà di aver deciso di prendere i voti e ritirarsi in convento. Per me fui un vero colpo: amavo mia madre come figlio e anche come amante e non volevo rinunciare a lei. Provai a convincerla a desistere, ma fu tutto inutile.
Lo zio, però, mi prese da parte:
“Tua madre è una gran vacca e non riuscirà a fare a meno del cazzo, stai tranquillo. Se continui a forzarla, potresti ottenere l’effetto opposto.. Invece, stammi a sentire..”
Mi raccontò di come avesse indirizzato mia madre verso un convento che gestiva un convitto per studentesse e, contemporaneamente, di aver persuaso il vescovo della inattualità di un convitto esclusivamente femminile. Risultato: appena si era sparsa la voce, molte famiglie bene avevano ritirato le loro figlie dal convitto, che ora ospitava 7 ragazzi e solo 3 ragazze. Come non bastasse, la superiora del convento, una donna pia, ma debole, stava manifestando non poche difficoltà ad accettare la novità.
“Ho in mente di spingere il vescovo a far nominare tua madre superiora di quel convento, non appena la vecchia si sarà arresa!” mi disse, con un sorriso diabolico stampato in faccia “Sono ceto che trasformerà quel luogo in un postribolo in un paio di mesi, se non prima. Vedi” continuò “tua madre ha sempre avuto una grande spiritualità. La sua non è una falsa vocazione… diciamo che ha due vocazioni, entrambe molto forti e le conosci entrambe, inutile sottolinearle ancora, ma, mi ripeto, tua madre non farà mai a meno del cazzo!”
Non potevo non fidarmi delle sue parole: aveva dimostrato di conoscere mia madre molto nel profondo, riuscendo a portarla alla perdizione.
Andavo a trovare mia madre in convento ogni fine settimana: notavo con piacere che qualcosa, nel tempo, cambiava. La prima volta si era sottratta al contatto con me, pregandomi di avere rispetto per il suo abito; la seconda già si fece abbracciare, pur rimproverandomi, quando la mia mano scivolò sul suo culo. La terza, già, le sfiorai le labbra con la bocca e lei fu tentata di dischiuderle, anche se si tirò indietro sul più bello.
Dopo un mese, ebbi modo, per prima cosa, di notare il forte imbarazzo della superiora ad accogliermi e a salutarmi. Trovai, invece, mia madre raggiante come non la vedevo da tempo.
“Sono serena!” mi disse e la mia mano scivolava incontrastata sulla sua gamba, mentre la sua si infiltrava tra i miei capelli, come era solita fare un tempo, prima dei nostri amplessi. Mi chiedevo a cosa fosse dovuto quell’improvviso stato di benessere. La risposta arrivò proprio mentre stavo per andare via. Un ragazzo, un ospite del convitto, si avvicinò a noi.
“Sorella, ho parlato delle sue ripetizione al mio amico, gli ho detto come sia semplice imparare le secanti con lei… e lui, ora, vorrebbe approfondire le proprietà del triangolo:” mi fu subito chiaro, di quali geometrie parlasse.
“Ottima scelta, giovanotto! Mia madre è una vera esperta in materia. Ma, mi raccomando, approfittate di lei anche per il quadrilatero, il poligono. Ed anche il poliedro, perché no!” scambiai uno sguardo d’intesa con entrambi, e loro risposero con un sorriso complice. Mi allontanai, felice che il pomeriggio di mia madre sarebbe stato intenso ed interessante: prima o poi, ci sarebbe stato di nuovo posto anche per me.
Non potevo sbagliarmi, lo sapevo! Ma ne ebbi la certezza la settimana successiva, quando tornai a trovarla. Era radiosa, bellissima nonostante l’età e l’abito che non ne esaltava certo le forme, ma che lasciava brillare i suoi occhi, come nei momenti più felici. Sapeva quel che volevo chiederle e non ci fu bisogno di parlare.
“È stato bellissimo! Quanto tempo che non lo facevo: quando sei venuto, la volta scorsa, lo hai capito. La sera prima l’avevo fatto con lui e, quando sei andato via, lo abbiamo rifatto insieme al suo amico. Tuo zio aveva ragione, ancora una volta. Non so fare a meno del cazzo: me lo aveva detto quando gli ho comunicato la mia volontà di prendere i voti. Ci vede lungo tuo zio, almeno su di me. Ora, mi sono confessata con lui, gli ho detto che era necessario che lasciassi il convento, ma lui mi ha sospeso dal voto di castità e mi ha convinto che posso dare tanto qui. Proporrà al vescovo di esentarci definitivamente dal voto… tutte noi, qui!”
Sono convinto che anche lei fosse consapevole che lo zio non aveva il potere di sospendere il rispetto del voto, come anche che nessun vescovo e neanche il papa avrebbe sciolto il voto, lasciando valido tutto il resto. Ma aveva bisogno di crederci e lasciai che lo facesse. Anzi, aggiunsi:
“Dovresti chiedere allo zio di sospendere dal voto anche le sorelle che lo vogliono?”
“L’ho già fatto, ma mi ha consigliato di aspettare le decisioni della superiora. Se solo sapesse di me, ne morirebbe. Figurati se fosse per tutte.”
“Ma … vale anche per me?”
“Sciocco! Pensavo non me lo chiedessi più. Vieni!”
Allargò le braccia per accogliermi ed io mi gettai tra le sue braccia, cercando subito, di posare la testa sul suo meraviglioso seno. Avevo avuto rapporti regolari con mia moglie, ma il sesso con mia madre era qualcosa di diverso, di travolgente, di perverso e dolce allo stesso tempo. Non era trasgressivo: era la trasgressione stessa sublimata. Lei mi lasciò fare, impegnandosi a togliere il velo, mentre io indugiavo con la bocca sullo splendido spartiacque, mortificato dalla tela grezza dell’abito e dalla sua foggia, rivolta ad umiliare la bellezza fisica. Sentii i suoi capelli, ormai liberi, frusciare sulla mia guancia e mi risollevai, incontrando il suo volto e la sua bocca, che mi chiedeva di baciarla. La sua pelle, appena solcata da qualche ruga, era una sfida aperta all’età non più verdissima. Posai le mia labbra sulle sue: si schiusero all’unisono, a testimoniare che entrambi avevamo sofferto di quella lontananza, di quella inopportuna astinenza. Non ho mai capito il senso di quella privazione: perché preti e suore dovessero privarsi dei piaceri della carne, a chi potesse giovare. Ho sempre creduto che il modo giusto di testimoniare la fede fosse fare il bene e scopare non toglie nulla a questa possibilità.
“Non ho mai smesso di desiderarti! Non ho mai smesso di sognare il tuo cazzo!” la voce di mia madre contribuiva a rendere di marmo il mio sesso, mentre la sua mano lo raggiungeva, strizzandolo sopra la stoffa dei pantaloni. Potevo indovinare il suo desiderio dal respiro e dai gemiti che si lasciava sfuggire, mentre le mie mani saziavano un digiuno troppo lungo, esplorando il suo corpo. Il velo era volato via ed ora l’abito si lasciava arrotolare dalle mie mani, scoprendo , lentamente, un corpo che restava meraviglioso, degno più della Venere di Milo.
“Gira la chiave! Sarù più facile spiegare una porta chiusa, di un figlio che scopa la madre suora.” mi disse, nell’ultimo barlume di lucidità, che la lussuria le lasciava. Diedi una dioppia mandata e tornai da lei, che ora mi si offriva, nuda, in tutta la sua bellezza. Quanto mi era mancato il suo corpo morbido e caldo: provavo quasi un rinnovato senso di paura ad approcciarmi di nuovo. Ma le sue braccia tese nell’invito, larghe per accogliermi erano l’incoraggiamento migliore che potessi ricevere. Mi abbandonai al suo abbraccio e lei mi coccolò, aiutandomi a svestirmi ed accompagnandomi sul piccolo suo letto, mi fece sedere, tenendomi il capo dolcemente stretto tra le sue mani, poi si inginocchiò tra le mie gambe, avvicinando il capo l mio bacino. Aspettavo di sentire il calore della sua bocca sul mio cazzo ed, invece, lei si fermò a pochi centimetri, facendomi sentire il suo fiato tiepido, mentre la sua bocca si muoveva tutto intorno al mio inguine. Poi, le sue labbra si posarono sulla mia coscia, socchiuse, e presero a muoversi con misurata lentezza, percorrendo il mio basso ventre, ma senza mai sfiorare né il cazzo, né i testicoli. Eppure mi sentivo impazzire dal piacere: non le avrei mai chiesto di accelerare. Era una vera maestra e sapeva che l’orgasmo è un attimo, ma il piacere che lo precede può essere incredibilmente lungo.
“Ti amo, mamma!” sussurrai.
“Ssss, piccolo!” fu la sua laconica risposta, mentre la lingua, ora, toccava per la prima volta la mia pelle, sempre tenendosi lontana dal mio sesso. Indugiò ancora in quel lavoro per una manciata di minuti, poi si sollevò e sedette sopra di me, strusciando la sua fica sul mio cazzo, ansimando e inondando il mio ventre di umori copiosi. Quindi, lo prese con la sinistra, mentre con la destra si teneva ancorata a me, e lo accompagnò nel suo ventre: la mano sinistra, ora libera, si ricongiunse alla destra, dietro al mio capo, mentre il suo corpo cominciava un lento dondolio, senza mai sollevarsi da me. I nostri respiri si facevano sempre più pesanti, i nostri volti si trasfiguravano sempre più , sconvolti dal piacere montante.
“Mamma, voglio incularti!” riuscii a dire e lei, senza rispondere, si sfilò il cazzo dalla fica, sollevandosi il tanto che bastava e se lo portò all’ingresso posteriore, tenendolo stretto, per evitare che si piegasse sotto il peso del suo corpo, senza entrare. Obbediente, il mio sesso si fece largo nel suo intestino, e l’altalena riprese con lo stesso monotono e piacevole ritmo.
“Piccolo, quanto mi sei mancato! Anche i due ragazzi, bravi, ma non erano te. Con te è diverso: mi fai godere già solo a pensarti, amore.”
Ascoltavo le sue parole e mi sembrava di avere un orgasmo mentale, un qualcosa che sconvolgeva il mio pensiero e mi portava in paradiso. Fu, ancora, la sua voce a risvegliarmi.
“Vuoi venirmi nel culo?” con la sua esperienza, si era accorta prima di me che stavo per raggiungere il climax.
“Tu cosa vuoi?” le chiesi.
“Io vorrei riassaporare il gusto della tua sborra!”
“E, allora, bevi mamma: è tutta tua!”
Con un’agilità insospettata, si alzò e tornò ad inginocchiarsi tra le mie gambe, facendo saettare la lingua sulla cappella, per poi farla scorrere lungo tutta l’asta. E, quando, il pulsare del mio cazzo le suggerì che lo sperma stava per eruttare, finalmente o prese in bocca, su e giù, una, due volte e poi ad ingoiare tutto, mentre la lingua continuava a muoversi, impedendo che anche una sola goccia andasse dispersa.
Percorrevo il viale che mi portava fuori dal convento: mi sentivo felice, come non ero più da tempo, anche se mi allontanavo da lei. Ora sapevo che tornare a trovarla sarebbe stato ancora più bello: la Professoressa Stefanelli era tornata, anche se ora si chiamava Suor Paola.
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