Romanzo storico 3

Scritto da , il 2020-01-27, genere incesti

Elena Scalzi Tornabuoni entrò nella stanza dove Lorenzo e Giuliano de Medici dormicchiavano, senza bussare. I due giovani provarono a coprirsi come meglio potevano: la calura estiva era tale che avevano indosso solo le mutande.
“Oh, quante storie! Tranquilli, cugini; che non sarete i primi uomini che vedo a dorso nudo!”
Elena era una donna piuttosto chiacchierata, a Firenze. Di costumi facili e senza ipocrisie, aveva dovuto fare spesso i conti con la curia e la magistratura, per nulla teneri nei confronti di chi non si curava di nascondere le proprie marachelle. Non che gli uomini di chiesa fossero scevri da certe pulsioni, anzi, ma l'importante era tenere il tutto nelle segrete delle proprie camere.
I due Medici, abbassarono le difese.
“Sei venuta sola?” chiese Lorenzo.
“Ti pare che una donna si muova da sola da Firenze fino a Careggi? Mi ha accompagnata mio marito!”
“Ah! E dov'è ora, di grazia?”
“Di sicuro avrà trovato una servetta a cui darlo, o un paggetto da cui prenderlo! Lo conoscete, no? Lui non fa tanta differenza! Ah, però!” esclamò, quando lo sguardo cadde sul cazzo di Giuliano che faceva capolino attraverso la fessura delle mutande.
“Sbaglio, o hai appena detto di aver già visto altri uomini nudi?”
“Ho detto di aver visto uomini a torso nudo... Ma, sì, ne ho visti di uomini nudi e non pochi. Ma devo dire, cugino, che hai una bella sberla tra le gambe. E tu, Lorenzo? Sei messo come tuo fratello, o ce l'hai normale?”
Per tutta risposta, Lorenzo sfoderò il suo attrezzo e lo porse alla vista della cugina.
“Più corto, mi pare. Ma forse più grosso: comunque un cazzo di tutto rispetto! Ora, le cose sono due: o me li fate provare prima e poi parliamo, oppure parliamo, ma dopo mi fate un servizio come si deve.”
“Cugina, con la vostra esperienza mi insegnate che viene prima il dovere e poi il piacere.”
“E sia! Purché il dovere non si dilunghi troppo. Prima dell'imbrunire dovremo far ritorno a Firenze e quel che ho visto vorrei avere il tempo di godermelo.”
Così Lorenzo mise a parte la cugina di quei fatti, di cui, peraltro, lei non era del tutto all'oscuro. Ossia di come i Medici avessero nemici sia fuori che dentro Firenze e di come enormi e nere nuvole si stessero addensando sui loro capi.
“Ora, cugina, voi dovrete essere i nostri occhi in quegli angoli dove i nostri uomini non arrivano.”
“Ma soprattutto, dovrete essere capace di intercettare e neutralizzare almeno parte di quelle minacce. E se vi riesce, magari volgerle a nostro favore.”
“Santi lumi! Chiedete mica poco. I vostri nemici hanno orecchie che vedono ed occhi che sentono: dovrò usare altre armi per ottenere quel che mi chiedete.”
“E non mi pare che quelle armi a voi difettino!”
“Si tratterà di usarle bene. Papa Sisto aspetta solo una mossa falsa per scomunicarmi. E immaginate quale sarebbe la sua gioia, se in un colpo solo potesse scomunicarci tutti e tre?”
“Pensiamo positivo, cugina. A proposito di quelle armi di cui si parlava...”
“Giusto! Mi pare sia ora di vedere se le vostre spade calzino bene nei miei foderi!”
In un battibaleno, Elena fu nuda. Il suo seno sfidava rigoglioso i due fratelli; i suoi fianchi poderosi, lasciavano intuire quale forza e quale carica erotica la donna possedesse e non aspettasse altro che mettere in pratica. I due Medici restavano in mutande, ma con i loro cazzi puntati dritti e minacciosi contro la donna. E lei capitolò!
Cadde in ginocchio, quasi volesse chiedere giustizia e i due le si avvicinarono. Le mani di lei si impossessarono di quei due manici e la sua bocca si alternò un po' su uno ed un po' sull'altro, fino a che non giudicò che fossero giunti al massimo della loro erezione. Lorenzo si distese sul pavimento ed in un attimo Elena glui fu sopra, facendo sparire il cazzo di lui nella fica. Si piegò, totalmente, in avanti, fino a baciare il cugino, ma soprattutto a lanciare un tacito invito all'altro, che non se lo fece ripetere e, allargando le gambe in modo da posizionarsi sopra i due, puntò il culo di lei e, con un colpo secco, la penetrò, strappandole un urlo di dolore, che si trasformò, in men che non si dica, in gemiti di piacere. Non era la prima volta che Elena prendeva due cazzi insieme, ma ogni volta era per lei entusiasmante come la prima. A quelli che meglio la conoscevano lo aveva confessato, che ne avrebbe presi sempre più d'uno per volta, se solo ne avesse avuto l'opportunità.
I due medici non erano certo di primo pelo, in fatto di sesso, ma, ciononostante, non avevano mai posseduto una donna con quella maestria. Elena sapeva dosa re bene i suoi ed i loro tempi, così che quando pensavano fosse venuto il momento di sborrare, lei si fermava, continuando a tenerli in tiro, eccitati come volpi in un pollaio. A cavallo dei braccioli di una poltrona, Elena si fece inculare a turno dai due giovani patrizi, mentre con la bocca curava che l'altro fosse pronto a sostituire il fratello.
Il tempo passava, ma solo fiori da quella stanza: dentro sarebbero potuti andare avanti fino all'alba, senza accorgersene. Per poi, magari, ricominciare.
Un leggero bussare alla porta, li distrasse un attimo. Ristettero, il cazzo di Leonardo piantato nel culo della cugina e quello di Giuliano nella sua bocca.
“Sì!” diede voce il maggiore dei due fratelli.
“Elena, cara, si appresta il tramonto. Dobbiamo andare!” rispose la voce del marito di lei, dall'altra parte.
Elena si libero la bocca, continuando ad impugnare il cazzo di Giuliano.
“Tu sei soddisfatto, tesoro?”
“Beh, diciamo che l'ho preso bene!”
“Ora mi soddisfo anch'io ed andiamo, caro!”
Tornò, quindi, a completare l'opera intrapresa. I due giovani erano tenuti costantemente alla soglia dell'orgasmo e non le fu difficile portarceli. Si mise in ginocchio di fronte a loro, per ricevere la dolce pioggia di crema in pieno volto. Poi, senza ripulirsi, si rivestii ed aprii la porta: il marito era lì ad aspettarla. La guardò un attimo, poi le porse la mano, mentre, con l'altra faceva un segno di commiato ai due signori. Si allontanarono insieme, mentre i Medici, si rivestivano.
“Credo, fratello, che Elena abbia le qualità giuste per riuscire nel compito che le abbiamo affidato.” disse Lorenzo, indossando una leggera camicia di lino.
“Lo credo anch'io. E devo dire che non mi dispiace tenerla a rapporto spesso, ma solo per saperne di più!” rispose Giuliano, scambiando uno sguardo d'intesa col fratello. Scoppiarono a ridere entrambi.

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