Estate 2025 - 07 - Cena con Fabio
di
Alessia&Nicola
genere
tradimenti
Siamo al Moon Town, è tardi, Alessia indossa un vestito nero, legato dietro il collo, la schiena scoperta, abbastanza leggero da lasciar intravedere ogni curva. È appena tornata da una serata particolare: è stata a cena col nostro amico Fabio per un appuntamento a due.
Dopo la serata a Senigallia (Estate 2025 - 03 - Bagni 72) Fabio ci ha chiamato per giorni, insistente, confessando quanto fosse innamorato di Alessia e quanto volesse rivederla. Alla fine, in qualche modo, è riuscito a farle accettare l’invito.
Naturalmente l’idea non mi piaceva per niente, ma lei ci teneva quindi, eccomi qui, in un bar con mia moglie a farmi raccontare com’è andata la serata con un altro.
«Allora Ale, ti sei divertita?» Le dico, la voce che trema, la gelosia e l’eccitazione mi scaldano al pensiero di quello che dirà.
Lei si gira verso di me, i ricci castani che le cadono sul viso, gli occhi che brillano di un misto di emozione e stanchezza. «Mi sono divertita, immagino che vuoi sapere anche i dettagli, giusto?», inizia, la voce morbida, quasi un sussurro.
«Mi ha portata in un ristorantino sul lungomare, posto intimo, tende di lino, candele sul tavolo. Abbiamo mangiato pesce e bevuto buon vino. Fabio era galante, raccontava aneddoti divertenti, ridevamo di cose banali, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, una fretta che non riuscivo a ignorare. Sorrideva spesso, ma quel sorriso aveva un che di… predatorio, mi sentivo come se fossi già un piatto servito, non una donna con cui condividere la serata. Non so, Nico, era come se ogni parola, ogni gesto, fosse calcolato per portarmi dove aveva già deciso lui.»
«Ale… credo che il "dopocena" fosse abbastanza scontato, per lui, per te e, cazzo, anche per me»
«Ok, hai ragione. Comunque usciti dal ristorante, mentre camminavamo verso la macchina mi ha appoggiato la mano sul culo, un tocco deciso, quasi fossi una sua proprietà. E poi, in macchina, non si è fermato: le sue dita si sono infilate tra le mie cosce, dentro di me, per tutto il tragitto fino all’albergo, un gioco che mi faceva ansimare ma che mi lasciava anche… incerta. Non era la passione che mi aspettavo, era qualcosa di più freddo, era una pretesa.»
Alessia fa una pausa, il suo respiro che si mescola al silenzio del locale. «Mi ha portato in una camera d’albergo a pochi chilometri dal ristorante. Neanche il tempo di chiudere la porta e mi ha sfilato il vestito, le sue labbra si sono chiuse sui miei capezzoli, la lingua che girava lenta, poi più decisa, i denti che pizzicavano appena. Mi ha distesa sul letto, la sua bocca è scesa tra le mie cosce. Il mio corpo rispondeva, Nico, un calore che si allargava, le sue dita che scivolavano dentro di me…»
La mia eccitazione cresce, il cuore batte forte mentre la immagino sola con Fabio. Lei continua, la voce che si fa più bassa.
«Poi mi ha chiesto di inginocchiarmi. Ho preso il suo cazzo in bocca, muovendo la lingua con cura, sentivo i suoi gemiti riempire la stanza. Dopo un po’ mi ha sollevata, girata, e mi ha presa da dietro, spinte profonde, le sue mani stringevano i miei fianchi. È venuto dentro di me mentre il mio corpo si tendeva in un orgasmo che mi ha lasciata senza fiato.»
«Tutto qui?»
«No Nico, aveva pagato per un servizio e quello avrebbe avuto, l’ho leccato e succhiato fino a farlo tornare duro, poi sono salita sopra di lui, cavalcandolo con tutta l’energia che avevo, un altro orgasmo mi ha travolta mentre lui si svuotava di nuovo dentro di me.»
Sento il mio corpo reagire, il desiderio che mi brucia.
«Non è stato male, Nico, onestamente», dice guardandomi negli occhi. «Il sesso aveva una sua intensità. Mi è piaciuto. Ma tutti quei discorsi sul fatto che mi desidera da una vita, che sono speciale, tutte quelle cazzate, e poi mi ha trattata più o meno come una puttana: cena, vino costoso, e poi scopata in una camera d’albergo, come se fosse tutto già scritto. Non c’era calore, non c’era… noi. Mi sono sentita usata, in un modo che non mi aspettavo. Mentre mi rivestivo, pensavo a te, a come con te ogni cosa ha un senso, anche quando è folle. Gli ho lasciato gli slip come ricordo, è tutto quello che avrà da me.»
«Ho fatto una stronzata Nico? Ho rovinato qualcosa?» Mi chiede.
«Non hai rovinato niente Ale, se devo dirti che l’idea mi è piaciuta mentirei, se devo dirti che non è stato eccitante pensarti da sola con Fabio mentirei di nuovo… Diciamo che è stata un’esperienza per tutti e due…»
Il suo sguardo si addolcisce, e aggiunge: «Ok, un modo elegante per dire che ho fatto una cazzata.»
Mi stringe la mano, e io sento il calore del nostro legame, più forte di qualsiasi serata. La tiro a me, le nostre labbra si incontrano in un bacio lento, profondo.
Saliamo in macchina per tornare a casa, non riesco a concentrarmi sulla guida. Gelosia? Eccitazione? Non lo so, aspettare in un bar pensando a lei che si fa scopare mi ha lasciato qualcosa addosso…
Voglio VEDERLA TROIA.
Parcheggio la macchina in una piccola radura, di fianco al canneto che separa la nostra spiaggia preferita dalla strada.
«Perché ci fermiamo?» Mi chiede.
«Mentre ti aspettavo ho bevuto un paio di birre con un tizio, mi ha spiegato che qui si possono fare incontri… particolari. Che ne pensi?»
«Penso che devo togliermi il vestito, giusto?» sorride.
«Sai com’è, aspettarti in un bar mentre ti facevi sbattere da un altro…» indico il gonfiore nei pantaloni. Lei ride di gusto, si sfila il vestito nero in un gesto lento, restando completamente nuda. «Cosa vuoi fare?» ride, la voce carica di malizia.
«Voglio scoparti, il resto lo decidi tu.» dico, spogliandomi a mia volta. Il mio cazzo è già duro, pulsante.
Due leggeri colpi di clacson e due lampi di fanali, è il segnale che nella macchina qualcuno è disposto a giocare…
Abbassiamo i sedili, lei mi sale sopra, le cosce aperte, la sua fica ancora umida del seme di Fabio. Mi cavalca con intensità, i seni che ondeggiano, i capezzoli duri che sfiorano il mio petto. Io le stringo i fianchi, la guido su e giù. Lei geme piano, i ricci che le cadono sul viso, il corpo trema, il sudore le cola lungo la schiena.
Due ombre si avvicinano ai finestrini. Due uomini sulla quarantina, pantaloni corti e maglietta, Alessia li vede, sorride.
«Guardate pure», sussurra.
Non si accontentano di guardare, uno infila la mano dal finestrino, le accarezza un seno con delicatezza, il pollice sfiora il capezzolo, facendolo indurire ancora. Lei lo lascia fare: «Continua», mormora, inarcando la schiena per offrirsi meglio.
Il guardone continua ad accarezzarla con una mano, il palmo che avvolge il seno, le dita che tracciano cerchi lenti sul capezzolo, mentre con l’altra si accarezza il cazzo, il respiro sempre più corto.
Io tengo Alessia per i fianchi, le dita conficcate nella carne, continuo a muovermi dentro di lei con forza, lei risponde con entusiasmo, i seni ondeggiano al ritmo della scopata.
Alessia apre la portiera per permettere al guardone di avvicinarsi di più.
«Vieni qui», sospira.
Prende il suo cazzo in mano, lo accarezza con movimenti lenti ma decisi, la mano scivola sulla pelle calda, il pollice sfiora la punta.
Il guardone geme. Dopo pochi istanti viene sulle sue tette, schizzi di sperma caldo che colano sui capezzoli, scendono lenti sul ventre, lasciando tracce bianche sulla pelle abbronzata. Alessia se lo spalma sul seno, le dita che tracciano linee umide, il respiro accelerato.
L’altro guardone si avvicina.
Lei afferra il suo cazzo e comincia a segarlo con forza, la mano che stringe, il ritmo crescente.
«Dai… anche tu… vieni anche tu».
Dopo poco viene anche lui, le schizza direttamente sulla fica, io continuo a muovermi dentro di lei con il seme dei due che cola sul suo corpo fino al mio cazzo.
«Ale, sei incredibile», dico, la voce spezzata.
«Più forte, Nico, non fermarti», risponde lei, i seni coperti di seme che ondeggiano.
Veniamo insieme, lei che grida, il corpo che trema, «Ti amo Nico!» Io che la riempio con un gemito, «Anche io Ale!» Il sedile bagnato dei suoi umori, del mio sperma, e di quello dei guardoni.
Restiamo lì, ansimanti, il seme che cola ovunque, l’odore intenso che riempie l’abitacolo. I due tizi si allontanano nel buio.
Alessia si sdraia di fianco a me, il corpo lucido, la fica aperta e gocciolante, i capezzoli ancora tesi.
«Mi porti a casa così? Non voglio sporcare il vestito e non credo di aver abbastanza fazzoletti per pulire ’sto macello», dice indicandosi il corpo coperto di sperma.
Accendo il motore e ingrano la retromarcia. Che cazzo di serata.
Dopo la serata a Senigallia (Estate 2025 - 03 - Bagni 72) Fabio ci ha chiamato per giorni, insistente, confessando quanto fosse innamorato di Alessia e quanto volesse rivederla. Alla fine, in qualche modo, è riuscito a farle accettare l’invito.
Naturalmente l’idea non mi piaceva per niente, ma lei ci teneva quindi, eccomi qui, in un bar con mia moglie a farmi raccontare com’è andata la serata con un altro.
«Allora Ale, ti sei divertita?» Le dico, la voce che trema, la gelosia e l’eccitazione mi scaldano al pensiero di quello che dirà.
Lei si gira verso di me, i ricci castani che le cadono sul viso, gli occhi che brillano di un misto di emozione e stanchezza. «Mi sono divertita, immagino che vuoi sapere anche i dettagli, giusto?», inizia, la voce morbida, quasi un sussurro.
«Mi ha portata in un ristorantino sul lungomare, posto intimo, tende di lino, candele sul tavolo. Abbiamo mangiato pesce e bevuto buon vino. Fabio era galante, raccontava aneddoti divertenti, ridevamo di cose banali, ma c’era qualcosa nei suoi occhi, una fretta che non riuscivo a ignorare. Sorrideva spesso, ma quel sorriso aveva un che di… predatorio, mi sentivo come se fossi già un piatto servito, non una donna con cui condividere la serata. Non so, Nico, era come se ogni parola, ogni gesto, fosse calcolato per portarmi dove aveva già deciso lui.»
«Ale… credo che il "dopocena" fosse abbastanza scontato, per lui, per te e, cazzo, anche per me»
«Ok, hai ragione. Comunque usciti dal ristorante, mentre camminavamo verso la macchina mi ha appoggiato la mano sul culo, un tocco deciso, quasi fossi una sua proprietà. E poi, in macchina, non si è fermato: le sue dita si sono infilate tra le mie cosce, dentro di me, per tutto il tragitto fino all’albergo, un gioco che mi faceva ansimare ma che mi lasciava anche… incerta. Non era la passione che mi aspettavo, era qualcosa di più freddo, era una pretesa.»
Alessia fa una pausa, il suo respiro che si mescola al silenzio del locale. «Mi ha portato in una camera d’albergo a pochi chilometri dal ristorante. Neanche il tempo di chiudere la porta e mi ha sfilato il vestito, le sue labbra si sono chiuse sui miei capezzoli, la lingua che girava lenta, poi più decisa, i denti che pizzicavano appena. Mi ha distesa sul letto, la sua bocca è scesa tra le mie cosce. Il mio corpo rispondeva, Nico, un calore che si allargava, le sue dita che scivolavano dentro di me…»
La mia eccitazione cresce, il cuore batte forte mentre la immagino sola con Fabio. Lei continua, la voce che si fa più bassa.
«Poi mi ha chiesto di inginocchiarmi. Ho preso il suo cazzo in bocca, muovendo la lingua con cura, sentivo i suoi gemiti riempire la stanza. Dopo un po’ mi ha sollevata, girata, e mi ha presa da dietro, spinte profonde, le sue mani stringevano i miei fianchi. È venuto dentro di me mentre il mio corpo si tendeva in un orgasmo che mi ha lasciata senza fiato.»
«Tutto qui?»
«No Nico, aveva pagato per un servizio e quello avrebbe avuto, l’ho leccato e succhiato fino a farlo tornare duro, poi sono salita sopra di lui, cavalcandolo con tutta l’energia che avevo, un altro orgasmo mi ha travolta mentre lui si svuotava di nuovo dentro di me.»
Sento il mio corpo reagire, il desiderio che mi brucia.
«Non è stato male, Nico, onestamente», dice guardandomi negli occhi. «Il sesso aveva una sua intensità. Mi è piaciuto. Ma tutti quei discorsi sul fatto che mi desidera da una vita, che sono speciale, tutte quelle cazzate, e poi mi ha trattata più o meno come una puttana: cena, vino costoso, e poi scopata in una camera d’albergo, come se fosse tutto già scritto. Non c’era calore, non c’era… noi. Mi sono sentita usata, in un modo che non mi aspettavo. Mentre mi rivestivo, pensavo a te, a come con te ogni cosa ha un senso, anche quando è folle. Gli ho lasciato gli slip come ricordo, è tutto quello che avrà da me.»
«Ho fatto una stronzata Nico? Ho rovinato qualcosa?» Mi chiede.
«Non hai rovinato niente Ale, se devo dirti che l’idea mi è piaciuta mentirei, se devo dirti che non è stato eccitante pensarti da sola con Fabio mentirei di nuovo… Diciamo che è stata un’esperienza per tutti e due…»
Il suo sguardo si addolcisce, e aggiunge: «Ok, un modo elegante per dire che ho fatto una cazzata.»
Mi stringe la mano, e io sento il calore del nostro legame, più forte di qualsiasi serata. La tiro a me, le nostre labbra si incontrano in un bacio lento, profondo.
Saliamo in macchina per tornare a casa, non riesco a concentrarmi sulla guida. Gelosia? Eccitazione? Non lo so, aspettare in un bar pensando a lei che si fa scopare mi ha lasciato qualcosa addosso…
Voglio VEDERLA TROIA.
Parcheggio la macchina in una piccola radura, di fianco al canneto che separa la nostra spiaggia preferita dalla strada.
«Perché ci fermiamo?» Mi chiede.
«Mentre ti aspettavo ho bevuto un paio di birre con un tizio, mi ha spiegato che qui si possono fare incontri… particolari. Che ne pensi?»
«Penso che devo togliermi il vestito, giusto?» sorride.
«Sai com’è, aspettarti in un bar mentre ti facevi sbattere da un altro…» indico il gonfiore nei pantaloni. Lei ride di gusto, si sfila il vestito nero in un gesto lento, restando completamente nuda. «Cosa vuoi fare?» ride, la voce carica di malizia.
«Voglio scoparti, il resto lo decidi tu.» dico, spogliandomi a mia volta. Il mio cazzo è già duro, pulsante.
Due leggeri colpi di clacson e due lampi di fanali, è il segnale che nella macchina qualcuno è disposto a giocare…
Abbassiamo i sedili, lei mi sale sopra, le cosce aperte, la sua fica ancora umida del seme di Fabio. Mi cavalca con intensità, i seni che ondeggiano, i capezzoli duri che sfiorano il mio petto. Io le stringo i fianchi, la guido su e giù. Lei geme piano, i ricci che le cadono sul viso, il corpo trema, il sudore le cola lungo la schiena.
Due ombre si avvicinano ai finestrini. Due uomini sulla quarantina, pantaloni corti e maglietta, Alessia li vede, sorride.
«Guardate pure», sussurra.
Non si accontentano di guardare, uno infila la mano dal finestrino, le accarezza un seno con delicatezza, il pollice sfiora il capezzolo, facendolo indurire ancora. Lei lo lascia fare: «Continua», mormora, inarcando la schiena per offrirsi meglio.
Il guardone continua ad accarezzarla con una mano, il palmo che avvolge il seno, le dita che tracciano cerchi lenti sul capezzolo, mentre con l’altra si accarezza il cazzo, il respiro sempre più corto.
Io tengo Alessia per i fianchi, le dita conficcate nella carne, continuo a muovermi dentro di lei con forza, lei risponde con entusiasmo, i seni ondeggiano al ritmo della scopata.
Alessia apre la portiera per permettere al guardone di avvicinarsi di più.
«Vieni qui», sospira.
Prende il suo cazzo in mano, lo accarezza con movimenti lenti ma decisi, la mano scivola sulla pelle calda, il pollice sfiora la punta.
Il guardone geme. Dopo pochi istanti viene sulle sue tette, schizzi di sperma caldo che colano sui capezzoli, scendono lenti sul ventre, lasciando tracce bianche sulla pelle abbronzata. Alessia se lo spalma sul seno, le dita che tracciano linee umide, il respiro accelerato.
L’altro guardone si avvicina.
Lei afferra il suo cazzo e comincia a segarlo con forza, la mano che stringe, il ritmo crescente.
«Dai… anche tu… vieni anche tu».
Dopo poco viene anche lui, le schizza direttamente sulla fica, io continuo a muovermi dentro di lei con il seme dei due che cola sul suo corpo fino al mio cazzo.
«Ale, sei incredibile», dico, la voce spezzata.
«Più forte, Nico, non fermarti», risponde lei, i seni coperti di seme che ondeggiano.
Veniamo insieme, lei che grida, il corpo che trema, «Ti amo Nico!» Io che la riempio con un gemito, «Anche io Ale!» Il sedile bagnato dei suoi umori, del mio sperma, e di quello dei guardoni.
Restiamo lì, ansimanti, il seme che cola ovunque, l’odore intenso che riempie l’abitacolo. I due tizi si allontanano nel buio.
Alessia si sdraia di fianco a me, il corpo lucido, la fica aperta e gocciolante, i capezzoli ancora tesi.
«Mi porti a casa così? Non voglio sporcare il vestito e non credo di aver abbastanza fazzoletti per pulire ’sto macello», dice indicandosi il corpo coperto di sperma.
Accendo il motore e ingrano la retromarcia. Che cazzo di serata.
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