Estate 2025 - 06 - L'arco di Fondarca

di
genere
esibizionismo

Il giro in moto sul Monte Petrano è stato noioso, soprattutto perché sul Petrano non c'è un cazzo. Seguendo il consiglio di un motociclista incontrato in un bar, puntiamo su Pieia, un paesino abbarbicato sul Nerone. È una domenica tranquilla, le campane di una chiesetta lontana rintoccano lente. Parcheggiamo la moto, Alessia mi guarda con un sorriso malizioso. «Nico, oggi voglio giocare alla modella,» dice, la voce bassa. «Prendi il cellulare.»

Tira fuori dallo zaino il vestitino bianco di Ciàpa, un velo leggero che aderisce alla pelle nuda, rivelando ogni curva. Si spoglia nel parcheggio, incurante di eventuali sguardi, e lo infila. «Oggi mi esibisco, e tu sarai il mio fotografo,» sussurra, strizzandomi l’occhio. «Volentieri,» rispondo, il cellulare già in mano.

Saliamo lungo la stradina di ciottoli verso il centro di Pieia. Lei cammina davanti, il vestitino che ondeggia e non copre niente, vedo la curva del culo, la linea morbida della fica che appare e scompare. Continuo a scattare, catturando il suo passo audace, il sorriso sfrontato mentre si volta, le mani sui fianchi, il busto inarcato. «Così, Nico, riprendi tutto!» dice ridendo. Al bar, tre anziani alzano gli occhi, le bocche socchiuse. «Signora, che sfacciataggine!» borbotta uno, ma il suo sguardo non si stacca da lei.

Ci avviciniamo alla fontana del paese, Alessia si ferma, l’acqua che gorgoglia alle sue spalle. Si bagna le mani, lasciando che qualche goccia coli sul vestito, rendendolo ancora più trasparente. «Scatta, Nico, qui ci vuole una foto ricordo,» dice, spalancando le braccia, i seni che si tendono contro il tessuto. Click, il cellulare immortala la scena. Una ragazza con un vassoio di paste esce dalla panetteria, arrossendo. «Non hai freddo così?» balbetta. Sorride: «Con questo sole? È come essere in spiaggia.» La ragazza ride incerta, ma continua a guardare.

Seguendo le indicazioni di un vecchio cartello di legno, ci dirigiamo verso l’Arco di Fondarca, un arco naturale di roccia a pochi Km dal paese. All’inizio del sentiero incrociamo un gruppo di escursionisti: una decina di persone, vestiti con pantaloni tecnici, maglie traspiranti e scarponi robusti. La mia mogliettina con quel vestito è un’apparizione: il tessuto accarezza le curve, i capezzoli che spiccano, la fica che si delinea a ogni passo. Io cammino accanto, scattando foto, sorridendo alla loro sorpresa.

Una donna sulla sessantina, con una maglia verde e un cappello a tesa larga, rallenta. «Vestita così fino all’arco?» chiede, un misto di incredulità e invidia. «Perché no? È estate,» risponde Alessia sistemandosi i ricci. Un ragazzo con un cappellino da baseball arrossisce, mormorando all’amico: «Cazzo, che coraggio.» Ci incamminiamo sul sentiero, tutto sommato abbastanza semplice, anche per chi non indossa abbigliamento da trekking.

Alessia avanza in mezzo agli escursionisti, il vestitino che si solleva con la brezza, un lampo di pelle nuda a ogni passo. Scatto foto, catturando il contrasto tra la sua figura audace e le loro tenute tecniche. «Nico, una con il paese sullo sfondo!» dice, fermandosi contro una roccia, una gamba piegata che alza il vestito, la fica scoperta illuminata dal sole. Un uomo con la barba grigia, Antonio, si avvicina, la reflex appesa al collo. «Posso… scattare anch’io?» chiede un po' nervoso. Lei alza ancora un po' il vestito e sorride: «Fai pure, ma fammi bella.» Lui regola la macchina e comincia a fotografare ogni suo movimento.

Mentre saliamo, il sentiero si fa ripido, l’aria più fresca. Un uomo anziano, probabilmente del paese, spunta da un sentiero laterale, si ferma col volto accigliato. «Signorina, ma come è conciata! questo è un posto tranquillo!» sbotta. Lei gli lancia un sorriso: «Esatto, sono qui per ravvivarlo, un po’ di vita ogni tanto non guasta, giusto?» Lui scuote la testa ma non se ne va, gli occhi fissi su di lei. Antonio continua a fotografare, mormorando: «Che luce perfetta… che donna!» Una ragazza con una coda di cavallo sussurra alla sua amica: «Vorrei avere metà del suo fegato.»

Arriviamo a destinazione: un arco scavato dal tempo che incornicia le colline. Alessia si ferma al centro, il corpo offerto alla vista di tutti. «Nico, questa è per noi,» dice, posando con una mano sulla roccia, l’altra che accarezza il tessuto, un gesto lento che attira ogni sguardo. Antonio continua a fotografare, gli escursionisti cercano disperatamente di osservare il paesaggio ma tornano sempre a lei. Una donna del gruppo, quella con la maglia verde, sorride ironica: «Con quel vestito, il caldo non lo senti proprio, eh?»

Per tutta risposta Alessia si sdraia sul prato, il vestitino che si alza. «Un’ultima foto?» chiede Antonio, la reflex pronta. Lei annuisce, allarga le gambe, la fica completamente in vista, il sorriso che sfida il sole, il vento e il decoro. Io scatto col cellulare, Antonio clicca frenetico, il volto arrossato. «Nico, scatta così,» mi sussurra lei girandosi su un fianco, una mano che accarezza la coscia, l’altra che sfiora il seno, ogni posa più audace della precedente. Antonio balbetta: «Queste… per il mio portfolio…»

«Ormai… tanto vale,» dice lei ridendo, la voce un misto di sfida e divertimento. Con un gesto lento, quasi cerimoniale, si sfila il vestitino bianco, lasciandolo scivolare sull’erba. Nuda, il corpo illuminato dal sole, si muove verso l’arco di roccia, la pelle che brilla contro la pietra. Si ferma una mano nei capelli, l’altra sul fianco, la testa leggermente inclinata in una posa che sembra sfidare il tempo stesso. Io scatto col cellulare, catturando il contrasto tra la sua nudità e la roccia, Antonio, quasi senza fiato, armeggia con la reflex, le mani che tremano leggermente, il clic della macchina che scandisce ogni suo movimento.

«Non perdete il focus, ragazzi, vi state distraendo…» scherza Alessia, girandosi per offrire una vista completa. Gli escursionisti sembrano inchiodati al terreno, le borracce dimenticate, i bastoncini da trekking fermi. La donna con la maglia verde abbassa il cappello, un rossore che le sfugge, mentre il ragazzo col cappellino da baseball balbetta qualcosa all’amico, il telefono che gli scivola di mano. Lei, consapevole di ogni sguardo, cambia posa: si sdraia sull’erba, una gamba piegata, le braccia spalancate come a voler abbracciare il cielo, la pelle che si fonde con la terra calda. «Nico, prendi il sole che mi accarezza,» sussurra, e io scatto, il telefono che cattura ogni linea del suo corpo, la luce che accende i contorni della sua nudità.

Antonio si avvicina di un passo, la reflex che clicca senza sosta. «Bellissima,» balbetta con il volto paonazzo. Alessia ride piano, poi si alza, camminando verso una sporgenza dell’arco. Si arrampica con grazia, i muscoli che si tendono sotto la pelle, e si ferma in cima, una silhouette contro il cielo azzurro, il vento che le scompiglia i ricci. «Questa è per voi,» dice, rivolgendosi agli escursionisti, che trattengono il respiro, incapaci di distogliere lo sguardo. Io scatto ancora, il cellulare che immortala la sua audacia, mentre Antonio, ormai perso, mormora: «Vent’anni di paesaggi, e mai niente del genere.»

Alessia scende, i piedi nudi che sfiorano l’erba. Si ferma accanto a me, la pelle che brilla come se fosse parte dell’arco stesso. «Direi che per oggi può bastare, che ne pensi?» Dice prendendomi la mano con un sorriso solare. Si rimette il vestitino con un gesto lento che fa trattenere il respiro ad Antonio. «Spero di aver reso questa giornata più divertente,» scherza, strizzando l’occhio al gruppo, mentre la reflex di Antonio resta immobile, il suo volto paonazzo.

La donna con la maglia verde sussurra alla sua amica: «Questa storia la racconteremo per anni.»

Ci incamminiamo verso il paese, la sua mano stretta nella mia, il vestitino che ondeggia al ritmo dei suoi passi.

«Madonna se è stato divertente,» mi sussurra «adesso però, cerchiamo un posto imboscato per scopare.»


scritto il
2025-11-05
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