Altro che studiare

di
genere
saffico

Mi chiamo Giovanna, e quella sera di studio con Lucia si stava trasformando in qualcosa di completamente inaspettato. Eravamo chiuse in casa dei suoi genitori, un posto tranquillo e isolato, perfetto per concentrarci sui libri di storia in vista dell’esame all’università. I genitori di Lucia erano partiti per il weekend, lasciandoci sole con pile di appunti, caffè e la determinazione di non distrarci. Studiavamo da ore, con poche pause per sgranchirci le gambe o bere un sorso d’acqua, ma alla fine la fame ci ha tradite. “Ordiniamo una pizza?” ha proposto Lucia con un sorriso stanco. Io ho scelto una margherita semplice, lei una con prosciutto crudo e rucola. Mentre aspettavamo, l’atmosfera si è alleggerita: abbiamo iniziato a lanciarci stupide sfide per passare il tempo, tipo chi finiva per prima la bibita doveva fare una penitenza. Ho perso io, ovviamente, e Lucia, con quel suo sguardo malizioso che mi faceva sempre un po’ nervire, ha deciso il mio destino.
“Devi aprire al fattorino così come sei,” ha detto, indicando i miei pantaloncini corti attillati da pallavolo e la canotta bianca super aderente. Fin qui, niente di strano – ero comoda, dopotutto. Ma poi ha aggiunto, con un tono di sfida: “E sotto la canotta, niente reggiseno.” Sono arrossita all’istante, impietrita per un minuto intero. Il silenzio è calato tra noi, e io sentivo il cuore battermi forte. “È solo una piccola penitenza, non sei obbligata,” ha aggiunto lei ridendo, “lo so che sei una fifona.” Quella parola mi ha punta sul vivo. Senza pensarci troppo, ho slacciato il reggiseno da dietro la schiena e l’ho sfilato piano dal davanti, facendolo scivolare fuori dalla scollatura. Il mio seno, una terza coppa piena e morbida, con areole ampie e capezzoli chiari e generosi, ora premeva libero contro il tessuto sottile della canotta. Si vedeva tutto: la curva soffice, i capezzoli che spuntavano evidenti, traditori di un imbarazzo che cercavo di ignorare.
Non ho fatto in tempo a realizzare che stavamo già ridendo come matte, quando il campanello ha suonato. Lucia mi ha dato una pacca sul culo – un gesto giocoso che mi ha fatto sobbalzare – e ha detto: “I soldi sono sul tavolo, vai a pagare il pegno!” Ho preso i contanti con le mani tremanti e mi sono diretta alla porta. Mentre aprivo, ho notato i miei capezzoli duri come sassi, in bella vista sotto la canotta. Il fattorino, un ragazzo giovane con la borsa termica, ha sgranato gli occhi. “Ehm… il prezzo è… venti euro,” ha balbettato, senza mai alzare lo sguardo sul mio viso. I suoi occhi erano incollati al mio seno, come ipnotizzati. Preso le pizze e passato i soldi, ho ringraziato con un filo di voce e ho chiuso la porta. Mi sono girata verso Lucia, e siamo scoppiate a ridere entrambe, le guance rosse per l’imbarazzo e l’adrenalina.
Mentre mangiavamo la pizza sul divano, le ho raccontato dello sguardo del ragazzo. “Ti credo,” ha detto Lucia tra un morso e l’altro, “hai delle bellissime tette, grandi e soffici. Non ti mollava con lo sguardo.” Ho riso, un po’ lusingata e un po’ a disagio. “Anche le tue sono belle,” ho risposto d’istinto. Lei ha scosso la testa: “Le mie sono piccole, c’è poco da toccare. Invece le tue… ci si diverte di sicuro di più.” La conversazione è finita lì, con un silenzio complice, ma qualcosa nell’aria era cambiato.
Finita la pizza, ci siamo accomodate in taverna per vedere un film, accoccolate sotto una coperta. A metà proiezione, Lucia ha rotto il silenzio: “Giovanna, hai mai fatto qualcosa con una femmina?” Sono rimasta scioccata, la bocca aperta. “No,” ho risposto subito, il viso in fiamme. Lei ha iniziato a parlare piano, con curiosità innocente: diceva di essere curiosa, che tra amiche poteva essere un modo per esplorare senza pressioni, che era solo un’esperienza tra noi due. All’inizio ho esitato, il cuore che batteva forte per l’imbarazzo, ma piano piano mi ha convinta. “Proviamo cose semplici,” ha detto, e si è tolta il reggiseno sotto la canotta, lasciando che il suo seno piccolo si intravedesse. Ho fatto lo stesso prima, e stare senza era comodo, liberatorio, ma anche strano – ci guardavamo in silenzio, nessuna osava fare la prima mossa.
Alla fine, Lucia ha preso coraggio: ha infilato una mano sotto la mia canotta, toccandomi piano il seno. Le sue dita erano gentili, esploravano la morbidezza con una curiosità timida, soffermandosi sui capezzoli che ha pizzicato delicatamente tra pollice e indice. Mi sono sentita arrossire, ma ho ricambiato, allungando la mano sul suo seno piccolo e sodo, con capezzoli turgidi e scuri che si indurivano al mio tocco. Andavamo avanti così, impacciate ma eccitate, finché ho sussurrato: “Ora che si fa?” Lucia ha sorriso, arrossendo: “Mettiamoci completamente nude.” Abbiamo esitato, le guance rosse, ma sotto la coperta ci siamo spogliate senza guardarci, lanciando via vestiti e intimo dal divano. Eravamo fianco a fianco, nude e vulnerabili, l’aria fresca sulla pelle che ci faceva rabbrividire.
Questa volta ho iniziato io, con il cuore in gola: ho allungato una mano verso il suo sesso, sfiorandolo dolcemente all’inizio, come se avessi paura di rompere qualcosa. Le sue labbra erano un po’ gonfie, coperte da una leggera peluria soffice, e ho sentito subito l’umidità calda che bagnava le dita. Ho accarezzato piano, esplorando con innocenza, tracciando cerchi timidi intorno al clitoride, mentre lei apriva le gambe per facilitarmi. Mi stava piacendo, quel calore umido sotto le dita, e Lucia se n’è accorta: ha ricambiato, infilando il dito medio dentro di me con una facilità incredibile – ero bagnata fradicia, gocciolante di eccitazione inesperta.
Continuavamo a darci piacere reciproco, i respiri affannati, finché abbiamo cambiato posizione: abbiamo aperto bene le gambe, incastrandoci l’una nell’altra, i sessi vicini che si sfioravano. Sentivo la ricrescita ruvida dei suoi peli strofinare sulla mia patatina liscia e depilata, morbida come seta. I nostri corpi nudi e caldi si premevano, la pelle sudata e appiccicosa per l’umidità tra le cosce; le mie cosce tremavano contro le sue, i seni si sfioravano con ogni movimento, capezzoli duri che si urtavano mandando scintille. Eravamo bagnate ovunque, il calore dei nostri sessi che si mescolava in un’umidità scivolosa, i corpi che scivolavano uno sull’altro con un suono bagnato e intimo. Fino a poco prima nessuna aveva emesso un suono, timorose e imbarazzate, ma ora il piacere ci travolgeva: gemiti soffocati, ansimi che riempivano la stanza, annullando il silenzio con le nostre voci tremanti.
Gli orgasmi sono arrivati insieme, potenti e inesperti, i corpi che si inarcavano, caldi e umidi, sudati di desiderio. Mancava solo una cosa: assaggiarci. Lucia ha insistito per leccarmi per prima, con gli occhi brillanti di curiosità. Mi ha fatta sdraiare, mi ha allargato le gambe piano, lasciandomi esposta – il suo viso tra le mie cosce, imbambolato dalle piccole labbra socchiuse e luccicanti. Ha iniziato con tocchi delicati della lingua, tracciando linee lente e intime lungo le pieghe, assaporando la mia umidità con una dolcezza esitante. Poi ha infilato la lingua dentro, entrando e uscendo piano, esplorando ogni angolo con movimenti circolari gentili, succhiando piano il clitoride come se fosse un segreto da scoprire. Era indescrivibile, quel calore umido e insistente, e ho perso ogni freno: un urlo acuto mi è sfuggito, l’orgasmo che mi travolgeva inaspettato.
Ora toccava a me. Ho visto la sua bocca bagnata del mio sapore, e mi ha eccitata di più. Si è sdraiata, e io mi sono fiondata, leccando un po’ a caso all’inizio, impacciata. “Lasciati guidare,” ha sussurrato lei, prendendomi la testa con mani tremanti. Mi ha diretto dolcemente verso il suo sesso, poi con più forza, spingendomi contro di lei. Quasi non respiravo, ma sentivo il suo corpo tremare: leccavo con la lingua piatta, succhiando le labbra gonfie, infilandomi dentro con curiosità innocente. È venuta con un orgasmo potente, un liquido salato che ho leccato tutto, sorpresa e appagata.
Finito tutto, siamo rimaste nude fianco a fianco, i corpi ancora caldi e umidi. Con un filo di voce, ho detto: “Be’, che dire, Lucia… con tanto studio, un po’ di relax ce lo siamo meritate.” Abbiamo riso piano, due amiche che avevano appena scoperto un mondo nuovo, con innocenza e un pizzico di imbarazzo che ci legava ancora di più.

u6753739252@gmail.com
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2025-11-01
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