I vicini - cap.4

di
genere
orge

Petra fu scaricata dall’ambulanza con un tonfo sordo, il corpo ancora tremante avvolto in un lenzuolo fradicio di umori vaginali e sperma. Le porte automatiche del Pronto Soccorso si aprirono con un sibilo metallico, rivelando un corridoio illuminato da luci al neon tremolanti, dove l’odore di disinfettante si mescolava a quello acre di sudore e lubrificante. Due infermieri in camice verde la afferrarono per le caviglie, trascinandola fuori dalla barella mentre il guidatore dell’ambulanza le sputava addosso un ultimo schizzo di saliva mista a sperma. «Attenzione, ragazzi: è calda come una fornace e pronta a tutto», ridacchiò, indicando le cosce lucide di fluidi che colavano a rivoli sul pavimento lucido, formando piccole pozze trasparenti.

Il reparto di "Ninfomania Acuta" era una stanza circolare al terzo piano, isolata da pareti antirumore e porte blindate contrassegnate da un simbolo rosso: un clitoride stilizzato dentro un cerchio con la scritta "Zona ad Accesso Ristretto – Protocollo 69".

Petra fu gettata su un lettino di acciaio chirurgico, i polsi e le caviglie bloccati da cinghie di pelle rinforzata con fibbie d’acciaio. Sopra di lei, un lampadario a raggi UV irradiava una luce viola che faceva brillare i suoi umori vaginali come sciroppo zuccherino. «Benvenuta all’Unità Terapia Sessuale Estrema», sibilò una dottoressa con occhiali da laboratorio e guanti neri fino ai gomiti, sfogliando la sua cartella clinica. «Petra Rossi, 28 anni, sette orgasmi in ambulanza, e… guarda un po’… il rapporto EMT segnala penetrazione anale non autorizzata con dildo da 18 cm. Bravo, ragazzini. Ma qui si fa sul serio.»

Il primo step fu la disinfezione intensiva: un infermiere le allargò le natiche con forza, esponendo l’ano dilatato e gonfio, mentre un getto di alcol denaturato le veniva spruzzato a pressione tra le pieghe. Petra urlò, il bruciore misto al freddo le fece inarcare la schiena, ma la dottoressa non batté ciglio. «La pulizia è fondamentale per evitare infezioni durante la stimolazione prolungata», spiegò, infilandole un termometro rettale da 20 cm che vibrava a 120 Hz. «Vediamo se la tua temperatura interna regge… 39,5°C. Perfetto, possiamo procedere.»

Poi arrivò il Protocollo di Dilatazione Progressiva: tre medici si avvicinarono con strumenti d’acciaio lucido. Il primo inserì un dilatatore vaginale da 10 cm, spingendolo fino a farle emettere un rantolo gorgogliante mentre le pareti vaginali si allargavano con uno schiocco umido. «Resistenza minima», annotò un assistente, «ma il collo dell’utero è già in fase di apertura riflessa.» Il secondo medico seguì con un dilatatore da 14 cm, ruotandolo lentamente mentre Petra ansimava, la bocca schiumante di saliva mista a lubrificante vaginale. «Attenzione alle lacerazioni», ammonì la dottoressa, indicando due strappi rossastri alle grandi labbra, «ma non fermatevi: dobbiamo raggiungere i 18 cm entro mezz’ora.» Il terzo strumento, un cilindro di titanio con scanalature a spirale, entrò con un rumore viscido di tessuti lacerati. Petra ebbe un orgasmo immediato, le gambe che si contrassero inutilmente contro le cinghie, e un getto potente di squirt schizzò fuori, inondando il lettino e bagnando le scarpe degli infermieri. «Non contare questo», ordinò la caposala, «gli orgasmi validi iniziano dopo la calibrazione.»

A quel punto, il Sistema di Stimolazione Multiplo entrò in funzione. Un tubo endovenoso le iniettò una miscela di adrenalina e ossitocina, mantenendola cosciente ma ipersensibile, mentre un’altra infermiera le infilò un catetere uretrale collegato a una pompa che alternava getti di acqua calda e ghiacciata. «La desensibilizzazione della vescica è cruciale», spiegò un medico, «altrimenti piscerebbe dappertutto durante la fase anale.» Nel frattempo, due uomini in tuta sterile le montarono addosso: uno le infilò un cazzo finto in bocca con un’imbussolatura per impedirle di chiudere le mascelle, l’altro pompò con un dildo vibrante nell’ano, regolando le vibrazioni a 15.000 rpm. «Controllate il clitoride artificiale», urlò la dottoressa, indicando un aggeggio elettronico fissato sul clitoride di Petra con morsetti metallici. «Deve raggiungere i 200 stimoli al minuto prima che il retto ceda.»

Passarono 47 minuti. Petra aveva già avuto 12 orgasmi registrati, ma il corpo stava cedendo: le labbra vaginali erano gonfie come due salsicce lucide, l’ano perdeva un flusso continuo di umori e residui di sperma, e una vena sul collo pulsava a ritmo con i colpi del dildo. «Attenzione, siamo a rischio svenimento», avvertì un monitor, ma la dottoressa reagì iniettandole una dose extra di caffeina direttamente nel clitoride. «Non qui. Non ora.» Fu allora che il Dispositivo di Compressione Addominale entrò in scena: una cintura di pelle con sfere d’acciaio ruotanti le venne stretta intorno alla vita, premendo sul punto G con una pressione calibrata a 80 psi. «Questo la farà urlare», ghignò un infermiere, mentre le sfere iniziavano a muoversi in cerchi concentrici, spingendo l’utero verso la vagina già dilatata.

Al diciottesimo orgasmo, Petra ebbe una convulsione: gli occhi le si rovesciarono all’indietro, la bocca si riempì di schiuma bianca (saliva mista a lubrificante), e le dita dei piedi si contrassero fino a spezzare due unghie. Ma questa volta, invece del sangue, un fiotto potente di urina mista a squirt esplose dalla vagina, inondando il lettino e sgocciolando sul pavimento. «Perdita di controllo vescicale!», gridò un assistente, ma la dottoressa alzò una mano. «Lasciate perdere i liquidi. Procedete con la Fase Finale». Due medici le divaricarono le cosce fino a strappare i legamenti, esponendo la fica dilatata come un fiore osceno, mentre un terzo le infilò un fallo meccanico da 22 cm, programmato per simulare pompate sincronizzate con le vibrazioni del clitoride artificiale. «VENTI ORGASMI ENTRO LE 23:00», scandì la caposala, controllando l’orologio a muro. «Se non ce la fa, la passiamo al Reparto Coma Erotico.»

Alle 22:58, Petra raggiunse il ventesimo orgasmo con un grido che ruppe il vetro di una lampada. Il suo corpo era un campo di battaglia: i seni coperti di succhiotti violacei, le cosce appiccicose di sperma e fluidi vaginali, l’ano che pulsava intorno al dildo come una bocca affamata. Un fiume di squirt trasparente e urina calda inondò il pavimento, costringendo gli infermieri a indossare stivali di gomma. «Protocollo completato», annunciò la dottoressa, strappandosi i guanti e gettandoli nel cestino insieme a un tampone intriso di fluidi. «Pulitela e preparatela per il turno di notte. Domani alle 6:00 inizia la rieducazione anale con il nuovo staff.»

Mentre un’infermiera le lavava la fica con una spugna imbevuta di soluzione salina, Petra, semi-incosciente, sorrise. Perché sapeva che il peggio doveva ancora venire. E non vedeva l’ora.
scritto il
2025-10-28
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