I vicini (parte 2)

di
genere
orge

Petra strisciò verso il telefono, il respiro affannoso mentre le dita sfioravano i tasti, quando il campanello squillò. Le vicine hanno chiamato aiuto, pensò, il cuore che batteva all’impazzita. Si alzò barcollando, il corpo ancora tremante per gli orgasmi incontrollabili dei vicini, la fica pulsante e lucida di umori. Aprì la porta, il viso arrossato, i capezzoli turgidi che sfioravano il legno del battente.

Davanti a lei, quattro agenti—tre uomini in divisa impeccabile e una donna con un sorriso magnetico—la fissarono con occhi carichi di desiderio. «Petra, abbiamo ricevuto una segnalazione… ma a quanto pare, tu sei la situazione da gestire», sussurrò la poliziotta, avanzando con passo deciso. Prima che potesse rispondere, l’agente più alto le afferrò i fianchi, sollevandola da terra. «Sei già bagnata per noi?» le mormorò all’orecchio, spingendola contro il muro mentre le infilava due dita nella fica con un colpo fluido. Petra gemette, le gambe che si aprirono spontaneamente, i muscoli vaginali che si contrassero intorno alle sue dita. «Sì… sì, per favore…» ansimò, le unghie conficcate nelle sue spalle.

La poliziotta le slacciò il microbikini strappato, lasciandolo cadere a terra, e le succhiò un capezzolo con foga, mentre l’agente più basso—un ragazzone con gli occhi verdi—le premeva il cazzo già duro tra le cosce. «Apri bene quelle labbra, troia», ringhiò, guidandole la testa verso il suo membro. Petra obbedì, succhiando con avidità, il glande liscio che le scivolava in gola senza resistenza. Intanto, il terzo agente—quello con i baffi—le allargò le natiche con le mani, sputando tra le pieghe del suo ano prima di infilarle il cazzo con un affondo lento e calcolato. «Sei perfetta», sibilò, pompando con ritmo ipnotico, mentre la poliziotta le infilava un vibratore nella fica, sincronizzandone le vibrazioni con i colpi del suo partner.

Petra perse il conto degli orgasmi. Ogni spinta, ogni stimolazione, ogni gemito che le sfuggiva dalle labbra scatenava un nuovo fremito di piacere. Il cazzo nell’ano la dilatava con dolcezza, il vibratore nella fica pulsava a intermittenza, e la bocca era piena del sapore salato dello sperma dell’agente più basso, che eiaculò con un ringhio, inondandole la gola mentre lei deglutiva senza sosta. «Ancora… ancora!» implorò, le gambe che tremavano, i capezzoli ormai sensibilissimi al minimo tocco. La poliziotta le strinse i seni con entrambe le mani, pizzicandoli delicatamente fino a farla urlare di piacere, mentre il ragazzone nella fica accelerava, le palle che schioccavano contro il suo clitoride gonfio.

«Vieni per noi, Petra», sussurrò la donna, premendo il pollice sul suo punto G. Fu allora che il primo orgasmo la travolse—un’ondata calda che le fece inarcare la schiena, i muscoli che si contrassero intorno ai cazzi che la riempivano. Ma non si fermarono. L’agente con i baffi le cambiò posizione, mettendola a pecora, e la penetrò con affondi profondi e regolari, mentre la poliziotta le infilava due dita nella bocca insieme al cazzo dell’altro agente. Petra ansimava, il piacere che montava senza sosta, fino a quando un secondo orgasmo la colpì come un fulmine, le gambe che si bloccarono, gli occhi che si rovesciarono all’indietro.

«Non fermatevi… non fermatevi!» gridò, la voce rotta, mentre il terzo orgasmo la squassava, seguito subito da un quarto, un quinto, un sesto. Ogni colpo, ogni stimolazione, ogni goccia di sperma che le colava tra le cosce la spingeva sempre più vicina al limite. Sentiva i cazzi pompare in armonia, i corpi sudati che si muovevano intorno a lei, le mani che la accarezzavano con devozione. «Sei nostra», le sussurrarono all’unisono, mentre il settimo orgasmo la travolgeva, più intenso di tutti.

Poi, il buio.

Petra crollò a terra, il corpo inerte, il respiro ridotto a un filo. Gli occhi le si chiusero, le membra si rilassarono come se ogni muscolo avesse perso la forza. «Cazzo, si è svenuta!» esclamò l’agente più basso, controllandole il polso. La poliziotta allarmata chiamò l’ambulanza, mentre gli altri due le massaggiavano le tempie, le sollevavano le gambe per favorire la circolazione.

Quando l’equipe medica arrivò, Petra era ancora priva di sensi, il viso sereno, le labbra sporche di sperma e umori. «Sovrastimolazione sessuale», diagnosticò il medico, sorridendo tra sé. «Ha avuto troppi orgasmi di fila… il corpo non ha retto». La caricarono sull’ambulanza, mentre gli agenti si scambiavano sguardi complici. «Torneremo domani», promise la poliziotta, accarezzandole una coscia prima che le porte si chiudessero.

Petra, nel suo incoscio, sognò già il prossimo incontro. Perché sapeva che non sarebbe stata l’ultima volta. Non quando il piacere poteva essere così perfetto.
scritto il
2025-10-27
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