La nascita di Marika 3
di
Marika Traves Dressi
genere
trans
La trasformazione
Arrivammo nei pressi di una villetta tra Ostia e Roma.
Cesare mi lanciò un sorriso misterioso. «Vieni con me.»
Suonò al cancelletto laterale. Dopo qualche secondo si aprì, e una donna apparve sulla soglia. Bastò uno sguardo per capire che sapeva esattamente l’effetto che faceva.
«Ciao Cesare… è da un po’ che non ci si vede.»
«Eh sì, Barby, troppo tempo. Sei sempre più bella.»
Barbara — così la chiamava lui — non aveva bisogno di troppi complimenti. Il suo corpo parlava da solo. Bionda, occhi verdi che sapevano insinuarsi, labbra perfette e un’eleganza disarmante. Ogni dettaglio di lei sembrava studiato per farsi desiderare: il top aderente che metteva in risalto un seno stupendo, la minigonna che lasciava poco all’immaginazione, i tacchi che slanciavano due gambe che sorregevano un culo stupendamente perfetto.
Rimasi fermo, attratto come da una calamita. C’era qualcosa nel suo modo di muoversi, una promessa sottile di guai e piacere.
Lei mi lanciò uno sguardo curioso. «E lui chi è, tuo nipote?» chiese con un sorriso che non lasciava capire se scherzasse.
Cesare rise. «No, è un amico. E per lui ho un’idea… con il tuo aiuto, ovviamente.»
Mi lasciarono nel giardino, mentre parlavano dentro. Attraverso la vetrata vedevo i loro gesti, la complicità negli sguardi. Poi Barbara si voltò verso di me, aprì la finestra e disse, con voce lenta e invitante:
«Che fai lì fuori, tesoro? Vieni dentro… non mordiamo. Almeno non subito.»
Entrai. L’aria era densa di profumo e curiosità. Barbara mi prese per mano — un contatto breve, ma sufficiente a farmi sentire il calore della sua pelle — e mi fece sedere accanto a Cesare. Poi si sedette anche lei, così vicina che il suo ginocchio sfiorava il mio.
«Così va meglio,» mormorò, guardandomi con un mezzo sorriso. La sua voce era bassa, erotica, come se avesse già deciso quanto voleva spingersi.
Mi sentivo stordito, intrappolato tra la sua presenza e quella di Cesare. Barbara si chinò appena, i capelli che mi sfioravano il viso. «Ti metto a disagio, vero?» sussurrò. «O forse ti piace?» non seppi rispondere al momento ero troppo preso dalla situazione che si stava creando, con un movimento sensuale ma deciso mi passò prima una mano dietro le spalle, e poi in modo deciso mi spinse la testa verso la patta dei pantaloni di Cesare, che con fare autoritario mi disse sai cosa devi fare troia.
Non attesi altri comandi, da solo accarezzai il pacco e ne saggiai la consistenza, e liberai il suo cazzo, duro e maestoso, lo imboccai solo con il pensiero e la voglia di leccarlo e succhiarlo fino a farlo godere, "vedi come gli piace Barby" si Cesare vedo vedo, sembra nata per fare la troia, improvvisamente sentì la mano di Barbara spingermi la testa, facendomi ingoiare il cazzo fino a sentirlo in gola, prendilo tutto daiii, sentì Cesare ansimare per qualche secondo e poi grugnire, scaricandomi in gola una grande quantità di sborra, senti Barbara dirmi bevi tutto e non farne cadere nemmeno una goccia altrimenti te la faccio leccare.
Cesare guardò, divertito la sua amica, «Che ne dici, Barby?»
Lei si accarezzò lentamente il collo, poi lo sguardo tornò su di me. «Direi che c’è molto potenziale. Ma servirà un po’ di… addestramento.»
«Perfetto,» disse Cesare. «Allora ci penserai tu.»
«Certo,» rispose lei, fissandomi dritto negli occhi. «Per due settimane, verrà qui da me. Lo trasformeremo, a modo nostro.»
Mi passò un dito sul mento, sfiorandomi appena le labbra. «Non ti preoccupare,» disse con un sorriso che sapeva di promessa. «Con me imparerai tutto quello che serve.»
Arrivammo nei pressi di una villetta tra Ostia e Roma.
Cesare mi lanciò un sorriso misterioso. «Vieni con me.»
Suonò al cancelletto laterale. Dopo qualche secondo si aprì, e una donna apparve sulla soglia. Bastò uno sguardo per capire che sapeva esattamente l’effetto che faceva.
«Ciao Cesare… è da un po’ che non ci si vede.»
«Eh sì, Barby, troppo tempo. Sei sempre più bella.»
Barbara — così la chiamava lui — non aveva bisogno di troppi complimenti. Il suo corpo parlava da solo. Bionda, occhi verdi che sapevano insinuarsi, labbra perfette e un’eleganza disarmante. Ogni dettaglio di lei sembrava studiato per farsi desiderare: il top aderente che metteva in risalto un seno stupendo, la minigonna che lasciava poco all’immaginazione, i tacchi che slanciavano due gambe che sorregevano un culo stupendamente perfetto.
Rimasi fermo, attratto come da una calamita. C’era qualcosa nel suo modo di muoversi, una promessa sottile di guai e piacere.
Lei mi lanciò uno sguardo curioso. «E lui chi è, tuo nipote?» chiese con un sorriso che non lasciava capire se scherzasse.
Cesare rise. «No, è un amico. E per lui ho un’idea… con il tuo aiuto, ovviamente.»
Mi lasciarono nel giardino, mentre parlavano dentro. Attraverso la vetrata vedevo i loro gesti, la complicità negli sguardi. Poi Barbara si voltò verso di me, aprì la finestra e disse, con voce lenta e invitante:
«Che fai lì fuori, tesoro? Vieni dentro… non mordiamo. Almeno non subito.»
Entrai. L’aria era densa di profumo e curiosità. Barbara mi prese per mano — un contatto breve, ma sufficiente a farmi sentire il calore della sua pelle — e mi fece sedere accanto a Cesare. Poi si sedette anche lei, così vicina che il suo ginocchio sfiorava il mio.
«Così va meglio,» mormorò, guardandomi con un mezzo sorriso. La sua voce era bassa, erotica, come se avesse già deciso quanto voleva spingersi.
Mi sentivo stordito, intrappolato tra la sua presenza e quella di Cesare. Barbara si chinò appena, i capelli che mi sfioravano il viso. «Ti metto a disagio, vero?» sussurrò. «O forse ti piace?» non seppi rispondere al momento ero troppo preso dalla situazione che si stava creando, con un movimento sensuale ma deciso mi passò prima una mano dietro le spalle, e poi in modo deciso mi spinse la testa verso la patta dei pantaloni di Cesare, che con fare autoritario mi disse sai cosa devi fare troia.
Non attesi altri comandi, da solo accarezzai il pacco e ne saggiai la consistenza, e liberai il suo cazzo, duro e maestoso, lo imboccai solo con il pensiero e la voglia di leccarlo e succhiarlo fino a farlo godere, "vedi come gli piace Barby" si Cesare vedo vedo, sembra nata per fare la troia, improvvisamente sentì la mano di Barbara spingermi la testa, facendomi ingoiare il cazzo fino a sentirlo in gola, prendilo tutto daiii, sentì Cesare ansimare per qualche secondo e poi grugnire, scaricandomi in gola una grande quantità di sborra, senti Barbara dirmi bevi tutto e non farne cadere nemmeno una goccia altrimenti te la faccio leccare.
Cesare guardò, divertito la sua amica, «Che ne dici, Barby?»
Lei si accarezzò lentamente il collo, poi lo sguardo tornò su di me. «Direi che c’è molto potenziale. Ma servirà un po’ di… addestramento.»
«Perfetto,» disse Cesare. «Allora ci penserai tu.»
«Certo,» rispose lei, fissandomi dritto negli occhi. «Per due settimane, verrà qui da me. Lo trasformeremo, a modo nostro.»
Mi passò un dito sul mento, sfiorandomi appena le labbra. «Non ti preoccupare,» disse con un sorriso che sapeva di promessa. «Con me imparerai tutto quello che serve.»
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