Una sera a teatro (parte 1)

di
genere
tradimenti

Quella sera andiamo a teatro con mia moglie. In cartellone c’è Sei personaggi in cerca d’autore, di Pirandello, un classico che entrambi volevamo rivedere da tempo. La sala è quasi piena, il brusio scivola via quando le luci calano e il sipario si apre. L’odore di velluto, il fruscio delle giacche, la concentrazione del pubblico: tutto contribuisce a quell’atmosfera sospesa che precede ogni spettacolo importante.

Prendiamo posto a metà platea. Io mi sistemo accanto a mia moglie, e a destra di me, per puro caso, si siede una donna che non conosco. È con suo marito, ma appena si accomoda noto i dettagli: la gonna al ginocchio, le calze velate che brillano appena alla luce soffusa, una camicetta chiara che lascia intravedere il collo sottile. Incrocia le gambe e il movimento cattura la mia attenzione più del monologo che in quel momento risuona sul palco.

I braccioli sono stretti, costringono i corpi a sfiorarsi. All’inizio mi muovo come per aggiustarmi sulla poltrona, e il ginocchio sfiora il suo. Lei si scansa appena, naturale. Dopo qualche minuto lo rifaccio, con più calma. Non è un contatto accidentale, questa volta.

Il mio braccio si rilassa sul bracciolo, le dita che sembrano distratte ma che cercano la sua gamba. Scivolo piano oltre il limite, fino a sfiorarle la coscia appena sopra il ginocchio. È un tocco leggero, innocente solo in apparenza.

La reazione è immediata: si scosta, ricompone la gonna, come a voler cancellare l’incidente. Io resto immobile, lo sguardo fisso sul palco. Ma il battito del cuore corre più veloce.

Passano pochi minuti, il pubblico è rapito, le voci degli attori riempiono la sala. Io ci riprovo: la mano torna, con più decisione, poggiata sulla stoffa liscia della sua gonna. Non la stringo, non la accarezzo davvero, resto fermo, ma il messaggio è chiaro. Lei stavolta sposta la mia mano, la prende e la allontana con un gesto secco, senza guardarmi.

Mi fermo, certo. Ma poco dopo, mentre un applauso interrompe una scena intensa, mi lascio andare ancora: il ginocchio contro il suo, stavolta più premuto, la mano che scende di nuovo e accarezza la coscia con più sfacciataggine. Lei si irrigidisce, trattiene il respiro, ma non si alza. E quando, con un gesto nervoso, mi toglie la mano, noto che non lo fa subito, ma dopo un attimo di esitazione.

Le luci si rialzano, è l’intervallo. Il pubblico mormora, qualcuno si alza per andare al bar, le coppie si scambiano commenti sul primo atto. Lei si alza insieme al marito, e nel farlo tira giù la gonna con un gesto rapido. Ma mentre mi passa davanti, il suo sguardo incrocia il mio. È un lampo veloce, ma dentro c’è qualcosa che promette più di quanto le sue mani abbiano concesso fino a quel momento.
scritto il
2025-09-12
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