Trasferta a New York - in hotel

di
genere
etero

Continuazione del racconto di Matilde25

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Durante quella prima giornata a New York il tempo mi scivolava via tra riunioni e incontri di lavoro, ma la mente tornava sempre a quell’immagine sul volo: lei addormentata accanto a me, la mia mano tra le sue cosce. Continuavo a chiedermi se fosse stato reale, se avesse percepito qualcosa o lo avesse archiviato come un sogno. Io, invece, non riuscivo a liberarmene. L’idea che quell’intimità fosse rimasta sospesa, incompiuta, mi tormentava e mi eccitava insieme.

Dopo cena, rientrando in hotel, la vidi nella hall. Era lì, splendida in un abito che le scendeva morbido sul corpo, e per un attimo mi sembrò impossibile che la coincidenza mi avesse regalato un’altra occasione. Sorrisi. Lei ricambiò, e fu come un tacito invito. «Un drink insieme?» buttai lì. Accettò con un gesto naturale, ma nei suoi occhi lessi subito un guizzo diverso, un desiderio trattenuto.

Al bar ci accomodammo vicini, inizialmente chiacchierando di lavoro, di viaggi, di impressioni sulla città. Ma ogni volta che i nostri bicchieri si toccavano, che le nostre mani sfioravano il bancone nello stesso punto, la tensione saliva. Un drink diventò due, poi tre. Le parole si fecero più leggere, i sorrisi più lunghi, gli sguardi più diretti. Quando ci alzammo per salire in camera, eravamo già complici.

In ascensore non resistetti più: la presi per la vita e la baciai con violenza. Lei rispose con la stessa foga, le lingue intrecciate, i respiri caldi e accelerati. Ci stringevamo come se volessimo divorarci.

Arrivati al suo piano, appena davanti alla porta, l’istinto prese il sopravvento. Era notte fonda, i corridoi deserti, ma il rischio che qualcuno passasse era parte dell’eccitazione. La girai di spalle, la spinsi contro la porta, le sollevai la gonna e scostai di lato le mutandine. Il suo respiro si fece corto, teso. Con una spinta netta entrai dentro di lei.

La sentii gemere strozzata, mentre le mani cercavano appiglio sulla porta. Io la prendevo da dietro con colpi rapidi, violenti, i miei fianchi che battevano contro il suo culo nudo, le mie mani che le stringevano i fianchi con forza per trascinarla sempre più contro di me. Lei cercava di soffocare i gemiti mordendosi il labbro, ma il suo corpo la tradiva: si muoveva all’unisono con me, le cosce che tremavano, la figa che mi stringeva sempre più bagnata. Ogni affondo era un rischio di essere scoperti, ma era proprio questo a renderlo irresistibile: scoparla lì, nel corridoio silenzioso, come se non esistesse altro al mondo.

Quando finalmente entrammo in camera eravamo ansimanti, sudati, eccitati all’inverosimile. Ci versammo due drink in fretta, quasi per prendere fiato, poi lei si spogliò con un gesto naturale e aprì l’acqua della vasca accanto alla grande vetrata che dava sulla città. New York brillava sotto di noi, ma io non riuscivo a guardare altro che lei, il suo corpo nudo illuminato dai riflessi dell’acqua.

Entrò nella vasca e mi guardò con un sorriso complice. «Vieni.» Non c’era bisogno di altro.

Mi immersi e lei si mise sopra di me, calandomi dentro con un gemito profondo. Il suo corpo mi avvolse, caldo e bagnato, e iniziò a cavalcarmi con un ritmo deciso. Io le afferrai il culo con entrambe le mani, guidando i suoi movimenti, spingendola più giù a ogni affondo. Le davo schiaffi sul culo, il suono mescolato agli schizzi dell’acqua che saltava ovunque.

Le sue tette ondeggiavano davanti al mio viso, e non resistetti a succhiarle i capezzoli duri, mordendoli, mentre lei mi stringeva la testa gemendo più forte. Sentivo le sue unghie graffiarmi le spalle, il suo respiro spezzato che si mescolava al mio, le sue spinte sempre più veloci, più sfrontate.

La figa mi stringeva forte, come se non volesse lasciarmi andare, e il piacere cresceva a ogni colpo, a ogni vibrazione dei suoi gemiti. Io la tenevo ferma, affondando in lei con più forza, e lei urlava sottovoce il piacere che non riusciva più a trattenere.

In quella vasca, con la città intera ai nostri piedi, mi cavalcò come se non ci fosse domani, e io la presi con tutta la foga accumulata, spingendola sempre più vicino all’orlo, fino a sentirla tremare e venire forte sopra di me, la figa che mi stringeva come una morsa, l’acqua che traboccava ovunque, le nostre voci mescolate in un unico orgasmo.
scritto il
2025-09-22
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