“L'onda e il fuoco” – Capitolo 33
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Il mese di novembre stava sfumando, come un respiro che si dissolve al mattino. L’aria era fredda ma asciutta, e dentro la sala di danza il calore dei corpi creava una bolla sospesa in cui le stagioni sembravano non esistere.
Loretta e Carlo stavano lavorando sulla nuova coreografia di salsa portoghese, tra le altre coppie del corso intermedio. I passi erano più complessi, le rotazioni più serrate, e l’intesa richiesta non lasciava spazio a esitazioni. Eppure, tra loro, tutto fluiva con una naturalezza che sapeva di pelle e abitudine. Come se il ballo fosse solo un altro modo di toccarsi.
«Cinque-sei-sette e giri… uno, due, tre e cambia!» gridava l’insegnante.
Carlo la guidava con fermezza, con quella mano aperta che le scivolava sicura sul fianco. Loretta rispondeva con corpo e sguardo, ogni volta che i loro occhi si trovavano – e accadeva spesso – qualcosa vibrava sotto la superficie della pelle. La tensione era viva, evidente. Ma quella sera, c’era un tono diverso nel modo in cui Loretta lo guardava.
Ogni passo, ogni presa, diventava un’occasione. Una carezza mascherata, una provocazione nascosta nel ritmo.
Durante uno dei passaggi a corpo a corpo, Loretta sussurrò:
«Balli meglio, da quando hai giocato tutto solo con Mauro. Vi siete divertiti?»
Carlo sorrise, senza distogliere lo sguardo.
«Molto! Ne avevamo bisogno e ne aveva voglia»
Lei fece una risatina breve, scivolando in una rotazione. Quando tornò tra le sue braccia, il suo sguardo si fece più affilato.
«Stasera ne ho voglia io. Abbiamo bisogno di farci osservare in silenzio»
Carlo non rispose. Solo un leggero irrigidimento nella presa. Una scintilla.
Alla fine della lezione, l’insegnante si complimentò con tutti i ballerini per l’energia e la precisione. “Siete quasi pronti per l’esibizione di dicembre. Ci siamo quasi alla festa di natale!” esclamo con un sorriso.
Loretta annuì, asciugandosi il sudore dal collo con un gesto elegante, prima di uscire accompagnata da Carlo.
Mauro era lì, nel parcheggio. Appoggiato alla portiera dell’auto, la giacca abbottonata e il solito sorriso discreto. Un uomo in attesa, che conosceva il suo ruolo. O almeno, pensava di conoscerlo.
Il tragitto in macchina fu silenzioso all’inizio. Carlo sedeva dietro. Loretta accanto al marito, con una gamba accavallata, la pelle del ginocchio scoperta che brillava sotto la luce fioca dell’abitacolo. Ogni tanto girava appena la testa verso Carlo, senza parlare. Uno sguardo liquido, denso. Poi lo fece.
«Oggi sei stato davvero bravo. Sicuro.»
Carlo sorrise. «È così che funziona tra chi ha confidenza intima.»
Mauro guidava, in silenzio, con l’orecchio attento ma senza interrompere. Il cambio marce gli scattava sotto le dita con precisione, come se il corpo cercasse di restare neutro. Ma Loretta lo conosceva. Vedeva i piccoli segnali: il respiro trattenuto, la mandibola contratta. Il desiderio mascherato da neutralità.
«Stasera, a casa,» disse lei, con voce calma, «ho deciso una cosa.»
Fece una pausa, come se volesse assaporare la frase prima di lasciarla uscire.
«Voglio restare da sola con Carlo, ma abbiamo bisogno che tu ci guardi. Solo i tuoi occhi. Come se fossimo sul palco.»
Mauro non disse nulla. Ma le sue mani strinsero il volante per un istante, con forza.
«Sai perché?» continuò. «Perché non voglio che tu abbia tutto. Abbiamo bisogno di un nuovo esercizio di intesa. Per prepararci a quello che succederà a dicembre con la fine dell’anno. Con Carlo abbiamo un’esibizione… ma il vero saggio inizia adesso.»
Arrivarono a casa. Mauro aprì la porta, e come sempre lasciò che entrassero per primi. Ma stavolta non versò il vino. Non si mise comodo sul divano. Rimase in piedi, vicino alla parete, con la giacca ancora indosso.
Loretta si sfilò i tacchi, poi si voltò verso Carlo. «Seguimi.»
Lo condusse in bagno, lentamente. La porta restò socchiusa.
Mauro si appoggiò alla parete, a pochi metri, da dove poteva vedere. Tutto.
Loretta si mise davanti allo specchio, appoggiata al lavabo, e cominciò a spogliarsi lentamente. Prima la camicetta, poi la gonna, lasciando che la luce calda della lampada mettesse in risalto la pelle lucida, la curva delle cosce, il profilo dei seni. Non era fretta. Era cerimonia.
«Questa notte,» disse guardando Carlo riflesso nello specchio, «Mauro ci osserva. Ma il palco è nostro. Balliamo noi due, come il fuoco, anche per lui.»
Carlo si avvicinò da dietro, già a torso nudo, ebbe cura di togliergli la biancheria e posò le mani sui fianchi di lei. Cominciò a baciarla sul collo e le spalle, lentamente, mentre le dita scivolavano tra le sue cosce già inumidite da un’onda di piacere. Loretta chiuse gli occhi e si abbandonò.
La danza che iniziò fu fatta di movimenti circolari, stretti, di corpi che si cercavano senza fretta. Il respiro di lei divenne una melodia che si alzava, si spezzava, poi tornava. Carlo la baciava come se volesse imparare ogni dettaglio del suo corpo a memoria.
Sul ciglio della porta, Mauro li guardava. Non parlava. Non si muoveva. Ma c’era un tremore nei suoi occhi, un fuoco contenuto. Ogni gesto che Loretta faceva era anche per lui. Ma lui non poteva toccare. Non quella notte.
Quando Loretta si sollevò, a cavalcioni su Carlo, guardò dritto verso Mauro. Lo fissò mentre si muoveva con lentezza, come una danzatrice in trance.
«Lo vedi? Lo senti? Questa intesa è nostra. E per arrivare al saggio, devo conoscere ogni sfumatura del suo ritmo. Ogni punto in cui mi perde… e mi riprende.»
Carlo la prese per i fianchi, spingendola con più forza. Lei gemeva piano, mentre il corpo si muoveva come una melodia. Una marea che cresce e travolge.
L’orgasmo di Loretta arrivò come una scossa trattenuta, con il corpo curvo all’indietro, il respiro spezzato. Poi si lasciò cadere su di lui, ansimando. Mauro chiuse gli occhi un istante, il cuore pesante e pieno.
Quando Loretta si rivestì, con lentezza, tornò nella sala con passo calmo. Si avvicinò a Mauro, e con voce bassa disse:
«Grazie per aver guardato. Era importante.»
Mauro annuì. I suoi occhi erano lucidi, ma non tristi.
«Se è questo che serve per vederti brillare… allora guarderò ancora. Ma una notte, vorrò ballare anch’io.»
Loretta sorrise, appena. «Quando sarai pronto.»
E mentre Carlo usciva dalla stanza, i tre si scambiarono un ultimo sguardo. Uno di quelli che aprono strade.
E che promettono altre notti.
Altre prove.
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Il mese di novembre stava sfumando, come un respiro che si dissolve al mattino. L’aria era fredda ma asciutta, e dentro la sala di danza il calore dei corpi creava una bolla sospesa in cui le stagioni sembravano non esistere.
Loretta e Carlo stavano lavorando sulla nuova coreografia di salsa portoghese, tra le altre coppie del corso intermedio. I passi erano più complessi, le rotazioni più serrate, e l’intesa richiesta non lasciava spazio a esitazioni. Eppure, tra loro, tutto fluiva con una naturalezza che sapeva di pelle e abitudine. Come se il ballo fosse solo un altro modo di toccarsi.
«Cinque-sei-sette e giri… uno, due, tre e cambia!» gridava l’insegnante.
Carlo la guidava con fermezza, con quella mano aperta che le scivolava sicura sul fianco. Loretta rispondeva con corpo e sguardo, ogni volta che i loro occhi si trovavano – e accadeva spesso – qualcosa vibrava sotto la superficie della pelle. La tensione era viva, evidente. Ma quella sera, c’era un tono diverso nel modo in cui Loretta lo guardava.
Ogni passo, ogni presa, diventava un’occasione. Una carezza mascherata, una provocazione nascosta nel ritmo.
Durante uno dei passaggi a corpo a corpo, Loretta sussurrò:
«Balli meglio, da quando hai giocato tutto solo con Mauro. Vi siete divertiti?»
Carlo sorrise, senza distogliere lo sguardo.
«Molto! Ne avevamo bisogno e ne aveva voglia»
Lei fece una risatina breve, scivolando in una rotazione. Quando tornò tra le sue braccia, il suo sguardo si fece più affilato.
«Stasera ne ho voglia io. Abbiamo bisogno di farci osservare in silenzio»
Carlo non rispose. Solo un leggero irrigidimento nella presa. Una scintilla.
Alla fine della lezione, l’insegnante si complimentò con tutti i ballerini per l’energia e la precisione. “Siete quasi pronti per l’esibizione di dicembre. Ci siamo quasi alla festa di natale!” esclamo con un sorriso.
Loretta annuì, asciugandosi il sudore dal collo con un gesto elegante, prima di uscire accompagnata da Carlo.
Mauro era lì, nel parcheggio. Appoggiato alla portiera dell’auto, la giacca abbottonata e il solito sorriso discreto. Un uomo in attesa, che conosceva il suo ruolo. O almeno, pensava di conoscerlo.
Il tragitto in macchina fu silenzioso all’inizio. Carlo sedeva dietro. Loretta accanto al marito, con una gamba accavallata, la pelle del ginocchio scoperta che brillava sotto la luce fioca dell’abitacolo. Ogni tanto girava appena la testa verso Carlo, senza parlare. Uno sguardo liquido, denso. Poi lo fece.
«Oggi sei stato davvero bravo. Sicuro.»
Carlo sorrise. «È così che funziona tra chi ha confidenza intima.»
Mauro guidava, in silenzio, con l’orecchio attento ma senza interrompere. Il cambio marce gli scattava sotto le dita con precisione, come se il corpo cercasse di restare neutro. Ma Loretta lo conosceva. Vedeva i piccoli segnali: il respiro trattenuto, la mandibola contratta. Il desiderio mascherato da neutralità.
«Stasera, a casa,» disse lei, con voce calma, «ho deciso una cosa.»
Fece una pausa, come se volesse assaporare la frase prima di lasciarla uscire.
«Voglio restare da sola con Carlo, ma abbiamo bisogno che tu ci guardi. Solo i tuoi occhi. Come se fossimo sul palco.»
Mauro non disse nulla. Ma le sue mani strinsero il volante per un istante, con forza.
«Sai perché?» continuò. «Perché non voglio che tu abbia tutto. Abbiamo bisogno di un nuovo esercizio di intesa. Per prepararci a quello che succederà a dicembre con la fine dell’anno. Con Carlo abbiamo un’esibizione… ma il vero saggio inizia adesso.»
Arrivarono a casa. Mauro aprì la porta, e come sempre lasciò che entrassero per primi. Ma stavolta non versò il vino. Non si mise comodo sul divano. Rimase in piedi, vicino alla parete, con la giacca ancora indosso.
Loretta si sfilò i tacchi, poi si voltò verso Carlo. «Seguimi.»
Lo condusse in bagno, lentamente. La porta restò socchiusa.
Mauro si appoggiò alla parete, a pochi metri, da dove poteva vedere. Tutto.
Loretta si mise davanti allo specchio, appoggiata al lavabo, e cominciò a spogliarsi lentamente. Prima la camicetta, poi la gonna, lasciando che la luce calda della lampada mettesse in risalto la pelle lucida, la curva delle cosce, il profilo dei seni. Non era fretta. Era cerimonia.
«Questa notte,» disse guardando Carlo riflesso nello specchio, «Mauro ci osserva. Ma il palco è nostro. Balliamo noi due, come il fuoco, anche per lui.»
Carlo si avvicinò da dietro, già a torso nudo, ebbe cura di togliergli la biancheria e posò le mani sui fianchi di lei. Cominciò a baciarla sul collo e le spalle, lentamente, mentre le dita scivolavano tra le sue cosce già inumidite da un’onda di piacere. Loretta chiuse gli occhi e si abbandonò.
La danza che iniziò fu fatta di movimenti circolari, stretti, di corpi che si cercavano senza fretta. Il respiro di lei divenne una melodia che si alzava, si spezzava, poi tornava. Carlo la baciava come se volesse imparare ogni dettaglio del suo corpo a memoria.
Sul ciglio della porta, Mauro li guardava. Non parlava. Non si muoveva. Ma c’era un tremore nei suoi occhi, un fuoco contenuto. Ogni gesto che Loretta faceva era anche per lui. Ma lui non poteva toccare. Non quella notte.
Quando Loretta si sollevò, a cavalcioni su Carlo, guardò dritto verso Mauro. Lo fissò mentre si muoveva con lentezza, come una danzatrice in trance.
«Lo vedi? Lo senti? Questa intesa è nostra. E per arrivare al saggio, devo conoscere ogni sfumatura del suo ritmo. Ogni punto in cui mi perde… e mi riprende.»
Carlo la prese per i fianchi, spingendola con più forza. Lei gemeva piano, mentre il corpo si muoveva come una melodia. Una marea che cresce e travolge.
L’orgasmo di Loretta arrivò come una scossa trattenuta, con il corpo curvo all’indietro, il respiro spezzato. Poi si lasciò cadere su di lui, ansimando. Mauro chiuse gli occhi un istante, il cuore pesante e pieno.
Quando Loretta si rivestì, con lentezza, tornò nella sala con passo calmo. Si avvicinò a Mauro, e con voce bassa disse:
«Grazie per aver guardato. Era importante.»
Mauro annuì. I suoi occhi erano lucidi, ma non tristi.
«Se è questo che serve per vederti brillare… allora guarderò ancora. Ma una notte, vorrò ballare anch’io.»
Loretta sorrise, appena. «Quando sarai pronto.»
E mentre Carlo usciva dalla stanza, i tre si scambiarono un ultimo sguardo. Uno di quelli che aprono strade.
E che promettono altre notti.
Altre prove.
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