“Una cena per loro” – Capitolo 30

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com

Il rientro in città fu silenzioso per Mauro. Non annunciò nulla alla moglie. Lo fece apposta. Voleva osservare. Voleva respirare ciò che era cambiato in sua assenza.
Quando entrò nella villetta, una tardo pomeriggio, trovò ordine assoluto e un silenzio controllato. Sul bancone della cucina solo una bottiglia di vino aperta.
Loretta fu la prima a comparire dal bagno. Da poco rientrata si era sfilata il completo color crema indossato durante la giornata, ora era in intimo, scalza. I suoi capelli erano raccolti in uno chignon imperfetto. Il trucco era appena accennato, ma lo sguardo era pieno. Carlo arrivò poco dopo, polo e pantaloni scuri. Si muoveva ormai disinvolto per casa.
Si parlò poco, ma ogni frase pesava come un gesto. Il vino contribuì a sciogliere solo i margini, non i ruoli. A metà del secondo calice, Mauro si alzò. Prese una piccola chiave dalla tasca interna della giacca e la posò sul tavolo, tra loro.
«Ho qualcosa da confessare», disse con voce calma, quasi lieve. «Durante queste due settimane… non ho mai avuto la possibilità di toccarmi. Mai. Non una volta.»
Loretta lo guardò. Si appoggiò allo schienale, accavallando lentamente le gambe. «Per scelta e disciplina.»
«Per devozione», rispose Mauro. «Perché ogni piacere, anche il più piccolo, mi arrivava… da voi. Dai vostri messaggi, dalle vostre foto, dalla certezza di sapervi insieme.»
Carlo non parlò. Ma lo sguardo che scambiò con Loretta fu carico di qualcosa che andava oltre il consenso: era un'intesa già stabilita, un accordo non detto.
Loretta prese la chiave sul tavolo. Si alzò e si avvicinò a Mauro con calma. Gli slacciò la cintura, poi i pantaloni, con una lentezza assoluta. Le sue dita si fermarono sulla gabbia. La chiave girò nella serratura con un clic che suonò come uno scioglimento.
«Te lo sei guadagnato», disse.
Mauro restò immobile. Solo il suo respiro tradiva il peso dell’attesa.
Fu Loretta a guidare. Si inginocchiò ai suoi piedi e posò il viso contro il suo fianco, lasciando la guancia lì. Carlo si avvicinò piano, sedendosi vicino alle gambe di Mauro, senza ancora toccarlo. Solo la presenza era carica di elettricità.
Poi iniziarono. Ma non fu rapido, né frenetico. Ogni gesto era meditato. Le mani di Loretta esploravano il corpo di Mauro come se dovessero leggerlo di nuovo. Carlo, da parte sua, sfiorava con le dita i fianchi, l'interno delle cosce, lo sterno. Nessuno prendeva. Offrivano.
Mauro non tratteneva più niente. Ogni carezza sembrava sciogliere una tensione rimasta dentro per giorni. Ogni bacio, ogni contatto, lo riportava a qualcosa di profondo: alla sua appartenenza. Alla verità che aveva scelto, e che lo definiva.
«Sei bellissimo così», mormorò Loretta, passandogli la lingua sulla linea dell’anca. «Abbandonato.»
«E libero», aggiunse Carlo, mentre lo baciava poco sotto l’ombelico, lasciando un’impronta umida e calda.
Mauro ansimava, ma non cercava controllo. Si lasciava attraversare, svuotare. Il piacere non veniva dalla fretta, ma dall’intensità lenta. Era un fluire, un’onda che si sollevava senza fretta. La sua voce, roca, si fece sentire solo quando il corpo non seppe più resistere.
«Vi amo», sussurrò. «Così. Insieme. Quando mi fate vostro.»
Il climax arrivò come una scossa lunga, inevitabile. Non fu solo fisico. Lo si leggeva nei suoi occhi, nel modo in cui le mani tremavano, nel silenzio improvviso che seguì. Loretta restò a guardarlo per un attimo, poi si alzò, avvolgendolo con un braccio.
Mauro sorrise, con gli occhi chiusi. Non c’era più tensione, né attesa, né bisogno di trattenere nulla.
Era appagato. Completamente.
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scritto il
2025-08-10
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