“In Hotel si scatta” – Capitolo 29

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com

Dopo il fine settimana trascorso assieme, Mauro dovette partire per una lunga trasferta di lavoro. Di comune intento con Loretta, il marito chiese a Carlo di potersi trasferirsi momentaneamente nella villetta per prendersi cura della moglie.
Queste due settimane cominciarono con leggerezza apparente tra i tre. Messaggi garbati, scambi fotografici controllati, piccoli giochi a distanza che mantenevano i ruoli ben definiti. Ogni mattina, puntuale, Mauro inviava la solita foto: in bagno, davanti allo specchio, il busto nudo e la gabbia intima ben visibile. Carlo e Loretta rispondevano a turno, a volte con un cuore, a volte con una sola parola: bravo.
Loretta, però, sembrava trasformarsi. La sua presenza si faceva più fiera, più evidente. Nei primi giorni, Carlo si limitò ad abitare la villetta con discrezione, ma bastarono poche sere per capire che qualcosa stava cambiando. Lei si lasciava guardare più a lungo, sempre più disinibita, si muoveva per casa con una grazia ostentata. E Carlo, che conosceva la coreografia, iniziò a seguirla.
Per il venerdì della seconda settimana arrivò un invito inaspettato.
Al rientro dal corso di ballo, Loretta annunciò con tono casuale «Domani sera ho una cena con alcune amiche, in centro. Siamo in quattro, e io voglio che tu venga con me. Elegante. Ma non parlare troppo. Lascia parlare loro… e guardami solo quando ti autorizzo.»
Carlo sorrise, inclinando appena il capo. «E se poi volessi toccarti?»
Loretta si voltò, con una lentezza teatrale. «Dovrai aspettare!»
La sera dopo, la hall dell’hotel nel cuore del centro storico odorava di legno lucido e champagne. Loretta entrò per prima, indossando un abito nero fasciante, con una scollatura profonda. Carlo, alle sue spalle, portava un completo scuro sobrio, ma con l’aria di chi sapeva esattamente dove stava andando a finire.
La cena fu un gioco raffinato. Tra risate di donne esperte, sguardi complici e racconti mascherati da aneddoti, Loretta dirigeva tutto con naturalezza. Ogni tanto incrociava maliziosamente lo sguardo di Carlo. Volontariamente. Le sue amiche però non si permisero mai di fare commenti di fronte a questo comportamento.
La svolta per Carlo arrivò a fine cena, quando Loretta prese il cellulare, scrisse un messaggio e glielo mandò. «Suite 503. Ti aspetto là.»
Nella penombra elegante della camera, con l’arrivo comodo di Carlo, Loretta si tolse le scarpe lentamente, salendo sul tappeto con passo sicuro. Poi si sedette sul bordo del letto, incrociò le gambe e indicò la sedia di fronte.
«Spogliati, ma resta con la camicia aperta. Solo quella. E manda a Mauro quello che stai per fare.»
Carlo obbedì. Con lentezza studiata. Prese il telefono e scattò una prima foto: le sue mani sulle gambe di Loretta, che guardava l’obiettivo con occhi liquidi. Poi un secondo scatto, più ravvicinato: solo il volto di lei, appena accaldata, e il suo piede nudo che premeva sul petto di Carlo. Premette “invia” su WhatsApp. Il doppio segno blu arrivò quasi immediatamente.
Loretta si alzò. Lo raggiunse. Le sue mani gli sollevarono il volto, le labbra sfiorarono la fronte. Il contatto era delicato, ma saturo di potere. Poi si voltò, lo ignorò e si avvicinò alla parete a specchio della stanza. Si guardò a lungo. Carlo non osava muoversi.
«Hai capito cosa voglio, adesso?» disse senza voltarsi.
«Sì.»
«E Mauro capisce perché glielo mostriamo.»
Carlo si avvicinò, la circondò da dietro senza premere, solo sfiorandole i fianchi. I loro riflessi danzavano sullo specchio: due corpi affamati, ma ancora trattenuti. Loretta si voltò di scatto, gli afferrò la camicia e lo spinse indietro, facendolo sedere ai piedi del letto. Poi si tolse l’abito, come una pelle che non le serviva più.
Quel che accadde dopo fu silenzioso. Violento nel desiderio, ma preciso. Calcolato. Loretta prendeva ciò che voleva. Carlo le restituiva tutto, con gratitudine e fame. E tra un bacio appassionato, una presa forte, e sospiri rotti, le foto continuavano a partire. Uno scatto dopo l’altro, ad ogni svolta. Inquadrature inequivocabili.
Dall’altro capo della chat, Mauro non scriveva. Non rispondeva. Guardava.
Quando fu tutto finito, Carlo restò seduto a terra, schiena contro il letto, il respiro ancora pesante. Loretta si sedette accanto, nuda, bellissima nella stanchezza.
«Sai perché gli mandiamo le foto?» sussurrò.
«Perché non può toccare.»
«No,» disse lei, accarezzandogli il mento. «Perché questo è suo. Anche quando lo prendo io. Anche quando sei tu a darmelo. Noi lo viviamo, ma lui lo possiede. Lo desidera più di chiunque.»
Carlo annuì piano.
Loretta si alzò, prese il telefono e scattò l’ultima immagine della notte verso lo specchio: i loro corpi abbracciati, sfiniti. La inviò senza commento.
Mauro la ricevette alle 02:12. Rispose solo:
«Continuate. Vi vedo.»
di
scritto il
2025-08-09
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