Mia cugina: Parte 31

di
genere
incesti

Il giorno dopo sono nel mio ufficio. Sono arrivato prima di tutti e mi sono messo subito al lavoro. Ho revisionato alcuni documenti vecchi di mesi, controllato quelli dei dipendenti e poi mi sono fatto un bicchierino di Whisky. Dovrei smettere di bere di mattina. Non è una buona cosa. Anzi, è grave. Ma ormai è un'abitudine. Solo un goccetto, nulla di più.
Raggiungo l'ampia vetrata, guardo la città sottostante e bevo un sorso.
Qualcuno bussa alla porta.
Mi volto. — Sì?
Federica entra mentre mi sorride. Non so perché, ma oggi è più arrapante del solito. Eppure è vestita nella stessa maniera degli altri giorni. Persino il suo viso triste e malinconico è lo stesso. — Buongiorno. Tra un’ora ci sarà la riunione con la vicepresidente Neri.
— ‘Giorno. Non era alle undici?
— L’ha anticipata.
— Capisco.
— Le porto una tazza di caffè?
— No, grazie.
Fissa per un attimo il mio bicchierino di Whisky nella mia mano. Vorrebbe dire qualcosa, ma non lo fa. Distoglie lo sguardo. — Tolgo il disturbo.
— Aspetta.
— Sì?
Le vado incontro. — La cena?
— La cena? — risponde perplessa.
— Sono in debito con te, ricordi?
— Ah, già. Non fa niente.
Mi fermo davanti a lei. — Stasera alle otto e mezza? Al Dennis?
Mi guarda un po' turbata. Non risponde.
Sorrido. — Stasera alle otto e mezza, allora.
— No, io… — risponde in tutta fretta.
Bevo l'ultimo sorso di Whisky. — Sì?
Abbassa lo sguardo. — Niente.
Bussano sulla porta aperta. È Paula.
— Che c'è? — le domando.
— La vicepresidente vuole vederla nel suo ufficio.
Perché mi sta dando del lei? L’altro giorno mi ha dato del tu e si è comportata anche male. — Ok.
Paula lancia un'occhiata a me e Federica e se ne va.
Lei mi guarda. — Riguardo a prima, non è necessario…
Le sorrido. — A stasera.
Distoglie lo sguardo. Non risponde.
Esco dall’ufficio e mi dirigo verso l’ufficio di Ilaria. Nei cubicoli i dipendenti sono tutti indaffarati a lavorare. C'è un silenzio che si può tagliare con un coltello. Preferisco quando c'è un sottile chiacchiericcio di sottofondo. In quei momenti l’aria pare piu tranquilla. Scorgo Paula che entra nel bagno delle donne.
Mi fermo davanti all’ufficio di Ilaria e busso alla porta.
— Avanti — dice lei, anche se mi ha visto arrivare da dietro le grandi pareti di vetro.
Entro e chiudo la porta alla mie spalle. — Volevi vedermi?
Si alza e mi indica il divanetto mentre va a sedersi sulla poltrona.
Mi siedo e la guardo. Non sembra incazzata. Anzi, sembra stranamente tranquilla.
— Abbiamo un nuovo cliente — dice con tono freddo. — Voglio che te ne occupi tu. Accetti?
Mi acciglio. — Come posso accettare così su due piedi? Non mi hai fornito nemmeno i dettagli.
— Savona. Caterina Savona.
Sbarro gli occhi sorpreso. — Cosa? Cateri…
— La madre della ragazzina che ti sco… — Si ammutolisce e tossisce per ricomporsi. — Ha chiesto espressamente di te. Vuole che sia tu e soltanto tu a occuparsi di lei.
— Quindi è una sua richiesta? Non tua?
Si limita a fissarmi.
Abbasso lo sguardo per un attimo. — Cosa c'è dietro?
— Che vuoi dire?
— Sua madre… Voglio dire, Caterina Savona sa tutto di me e sua figlia. Perché venire qui e…
Ilaria solleva le spalle, gli occhi di ghiaccio. — Non pensarci troppo. È una cliente di spessore. Se accetterai di seguirla, ti raddoppierò lo stipendio e ti darò l’ufficio ad angolo accanto al mio. Più vari benefit aziendali.
La guardo serio. — Mi stai comprando?
Accavalla le gambe. Scorgo per un istante un lembo delle mutandine. — Secondo te? — domanda.
— Non hai paura che possa essere una trappola? — chiedo guardingo. — Ha una montagna di soldi. E non parliamo del potere che ha. Può far chiudere questa compagnia, la tua compagnia, con uno schiocco delle dita. Vuoi davvero farla entrare a bordo?
Ilaria mi fissa sempre con lo sguardo glaciale. — Stai mettendo le questioni personali davanti a quelle lavorative. Anzi, le stai mischiando. Da te mi aspettavo più professionalità.
Sospiro frustrato, mi alzo e raggiungo l'ampia finestra. Guardo la città sottostante. — Ho come l'impressione che voglia controllarmi. Parlo di Caterina Savona. Ha cercato più volte di allontanare sua figlia da me, ma non ha funzionato. Quindi… — mi volto verso Ilaria — ha qualcosa in mente te.
Lei si alza seccata e si sistema la gonna da ufficio. Me la vorrei scopare a sangue su quella poltrona. Merda, non devo pensarci. Ritorno a osservare le strade.
Ilaria mi raggiunge. — Non m'importa. Sono affari tuoi. — Mi fissa. — È il tuo casino. Finché porterà introiti alla compagnia, tutto il resto non m'interessa.
— Compreso me?
Sposta lo sguardo fuori dalla finestra. Non risponde.
Un breve silenzio.
— Sei tornata con il tuo ex? — domando.
Ilaria mi guarda e torna a sedersi dietro la sua scrivania. — Fammi sapere la tua risposta entro domani. Puoi andare.
Mi avvio verso la porta e poso una mano sulla maniglia. — Lui ti rende felice?
Silenzio.
Apro la porta ed esco dal suo ufficio.

Un'ora dopo sto partecipando alla riunione di lavoro. Ilaria sta spiegando alcune strategie di investimento a lungo tramite slides. Roba già vista e rivista. Non so perché abbia richiesto la mia partecipazione. Sono l'unico tra i presenti con molta più esperienza. Sono quasi tutti nuovi, quindi sono fuori posto. Ogni tanto mi lancia un'occhiata di sfuggita. Lo fa in modo casuale. Ma la conosco troppo bene e so che lo fa per guardarmi.
Tre quarti d’ora dopo termina la riunione. Ilaria si trattiene con due stagiste. Hanno l’età della mia ex assistente, diciotto anni. Sicuramente sta spiegando loro alcune dinamiche di investimento che non hanno capito.
Federica entra nella sala riunione e mi raggiunge. — Ho fatto le fotocopie del…
— Lasciale a Paula — dico. — Non seguirò più quel cliente.
— Come mai, se posso chiedere?
Esco dalla sala riunione. — Non sarà l'unico.
Federica mi segue lungo i cubicoli. Alcuni dipendenti alzano gli sguardi dalle scrivanie mentre passiamo. — È successo qualcosa? — chiede lei.
— Sto riflettendo su un potenziale cliente che richiederà tutto il mio tempo.
— Un pezzo grosso?
— Parecchio grosso.
Entriamo nel mio ufficio, mi riempio due dita di Whisky e faccio per bere.
— Non dovresti… — dice Federica, ma si ammutolisce.
Mi volto a guardarla. — Non dovrei cosa?
— Nulla.
Alzo il bicchierino. — Parli di questo?
— Devo tornare di là — risponde a disagio.
Le faccio cenno di andare. Lei esce dall’ufficio. Si preoccupa per me? Certo che no. Non vuole un capo ubriaco. Magari uno che poi allunga le mani. Non sono quel tipo.
La guardo sedersi alla scrivania attraverso la parete di vetro. Mi lancia uno sguardo fugace e comincia a sfogliare alcuni fascicoli.
Mi siedo alla scrivania, mando giù l'ultimo goccio di Whisky e chiudo gli occhi. Devo smettere. Seriamente.

Verso le cinque del pomeriggio vado a comprare un sandwich dal distributore nel corridoio. Non ho mangiato per tutto il giorno e lo stomaco inizia a brontolare. In realtà non ho fame, ma è meglio mettere qualcosa sotto i denti.
Scarto il sandwich e ci do un morso mentre guardo verso i cubicoli. Paula e Ilaria stanno parlando davanti alla porta del suo ufficio. Sembra una chiacchierata energica. Forse stanno discutendo di alcuni clienti, non che m'interessa.
Le osservo finché finisco di mangiare. Butto la carta nel cestino e mi dirigo all’ascensore. Ilaria ha davvero rotto con me? È tornata con il suo ex? Non lo so. Forse tornerà, oppure no. La cosa mi inquieta un po' e non so perché.
Mi fermo davanti all'ascensore. C'è molta gente. Le porte si aprono e quelle entrano dentro. Aspetto. Prenderò il prossimo. Le porte sì richiudono.
Paula si ferma accanto a me. — Lo hai scoperto?
Mi volto a guardarla. Mi sta dando di nuovo del tu. — Cosa?
— Lo sai cosa.
Che si stava scopando il suo ex sul terrazzo? — Non so di cosa parli.
— Non vuoi darci un’occhiata?
Sposto lo sguardo in avanti. Non rispondo.
Paula guarda l’ora sul cellulare. — Non c'è più nessuno in giro. Sono da soli.
Sbuffo irritato e mi piazzo davanti a lei. — Si può sapere che vuoi da me?!
Mi sorride sardonica. — La ami?
Mi acciglio irritato. — Da dove viene tutta questa confidenza?
Arriccia le labbra in un altro sorriso. — Davvero non ti ricordi di me?
— Dovrei?
— Il mio nome non ti dice nulla? Paula Magli? Niente? Davvero?
— Beh… — dico pensieroso. — Hai lo stesso nome e cognome di una ragazza che… Aspetta, un momento. Che t'importa?
— Sei sempre stato antipatico.
La fisso per un momento. Sempre stato antipatico? Mi conosce? — Non che tu sia miss simpatia.
— Stesse battute scontate. Non sei cambiato per niente.
— Ehi! Non so cosa hai contro di me, ma non inventarti cose. Io non ti conosco e nemmeno tu mi conosci, quindi…
Paula sbuffa seccata. — In seconda superiore ti sei dichiarato a me.
Sbarro gli occhi mentre la squadro da capo a piede. No, non può essere. Non è lei. È impossibile. È troppo diversa. Forse Ilaria le ha detto qualcosa su quel periodo e ora vuole prendermi in giro. — Smettila con queste stron…
Fa una risatina divertita. — Mi hai dato una stecca di cioccolata per dirmi che ti piacevo. Com’è che avevi detto… Mmmh… “Forse non ti interesserà saperlo, ma mi piaci. Tieni.” Mi hai dato la cioccolata e te ne sei andato.
La fisso interdetto. Non ho mai raccontato questa storia a Ilaria. Lo può sapere solo la vera Paula.
Le porte dell'ascensore si aprono. Lei entra dentro e mi guarda. — Non vieni?
Non rispondo.
Guarda l'ora sul cellulare. — Immagino tu voglia andare dalla tua “amichetta?”
— Sei davvero tu? — chiedo.
Mi sorride. Le porte dell'ascensore si chiudono.
Allungo una mano per farle riaprire ed entro dentro, accanto a lei. — Sei diversa.
Pigia il tasto per il piano terra. — Anche tu.
L'ascensore comincia a scendere.
— Sei più donna.
— E tu più uomo.
— Non mi stai capendo… — dico un po' confuso. — Sei sempre uguale, ma più… Come dire, il tuo viso…
— Fai ancora giri di parole per dirmi che mi trovi carina?
Volto la testa verso di lei. — Non ho detto questo. Quello che voglio dire…
Smorza un mezzo sorriso compiaciuto. — Rispetto a prima, sei migliorato e peggiorato allo stesso tempo. Sei ancora scontroso, ma più deciso. Non so dirti come, ma…
— A quanto pare non sono l’unico che fa giri di parole per dirmi che sono “carino.”
Paula mi lancia un'occhiataccia. — Nei tuoi sogni.
Sorrido. — Quella volta mi hai rifiutato. Non che nutrissi grandi speranze, ma non ho mai saputo perché. Ilaria mi aveva detto che ti piacevo.
— Si sbagliava. Non mi piacevi.
— Mmmh, quindi è così?
— Non so cosa ti abbia detto, ma a me non sei mai piaciuto.
— Lo hai già detto.
— Volevo essere certa che lo sapessi.
Un breve silenzio.
— Però la cioccolata te la sei presa lo stesso, eh!? — dico con un mezzo sorriso sarcastico.
— Mica sono scema.
— Avrei dei dubbi al riguardo.
Mi fulmina con lo sguardo. Non risponde.
— Perché non mi hai detto subito che eri tu? — chiedo.
— Volevo vedere se mi riconoscevi, ma a quanto pare…
— Sei diversa dalla ragazzina asociale che se ne stava sempre sola. Ora sei più sfrontata.
— Le persone cambiano.
— Già.
— Tu sei rimasto lo stesso, più o meno.
Le porte dell'ascensore si aprono.
Paula esce e se ne va, senza dire altro.
La guardo attraversare l’atrio affollato ancora più confuso. Ora che la guardo meglio, è diventata davvero una bella donna. Anche prima era bella. Ma ora la sto guardando con occhi diversi. Ha un bel sedere tondo, belle cosce e bei fianchi. Forse fa palestra. I suoi capelli neri a caschetto irregolare sono simili a come li portava da ragazzina. La sue pelle è più bianca, i suoi occhi più spenti e cinici.
Fino a poco fa la ignoravo completamente. Ma ora che so che è quella ragazzina asociale, la tratterò meglio. Alla fine lei pensa che io mi sia dichiarata a lei perché mi piaceva. In realtà, l’ho fatto perché gli altri pensassero che fosse così. A quei tempi era bullizzata e discriminata da tutti. E c'era un ragazzo che la importunava. Per quanto tosta possa sembrare adesso, anni fa non lo era affatto. E spesso capitava che questo ragazzo la molestasse. Per questo le ho fatto quella falsa confessione. Volevo fargli capire che lei era roba mia. E la cosa aveva funzionato. Tutta la scuola pensava che stessimo insieme. Lo hanno pensato per tutti i cinque anni delle superiori. Paula non aveva mai detto il contrario, anche se mi aveva rifiutato. Forse non sapeva o non ha mai saputo niente di tutta questa storia. Solo Ilaria lo sa ed è strano che non mi abbia detto che lavora per lei.
Le porte dell'ascensore fanno per chiudersi. Allungo una mano per riaprirle ed esco fuori.
scritto il
2025-07-22
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