“Ancora un passo deciso” - Capitolo 10
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
La villetta della coppia era immersa nella penombra tiepida di un tardo pomeriggio estivo. Dalle finestre aperte filtrava l’odore dolce della lavanda del giardino, mescolato a quello del vino frizzante appena versato nei calici. La musica di sottofondo, un lento bolero latino, non chiedeva di essere ascoltata: accarezzava le stanze come un respiro.
La casa era pulita, ordinata, eppure sembrava carica di una tensione viva. Ogni dettaglio era stato pensato. Persino la luce calda della lampada accesa, che rendeva la pelle dorata e ammorbidiva ogni contorno.
Dalla camera da letto, Loretta emerse lentamente. Indossava un kimono di seta color porpora che le scivolava addosso, lasciando intravedere la pelle nuda delle gambe. I capelli sciolti, il trucco leggero ma deciso. Camminava con lentezza, sapendo di essere osservata.
Mauro la guardò arrivare e le porse il bicchiere. Lei lo prese con un sorriso lieve. «Sta arrivando», disse. Non c’era bisogno di dire chi. Il messaggio era chiaro. E dolce.
«Hai sistemato tutto?» chiese, lanciando uno sguardo verso la stanza degli ospiti, dove ora il letto era stato preparato con lenzuola nuove, bianche, di pulito desiderio.
«Anche i pensieri», rispose lui.
Il campanello suonò, due volte, senza fretta.
Loretta si voltò, attraversò la stanza, e andò ad aprire.
Carlo era lì. Una camicia chiara, le maniche arrotolate fino agli avambracci. Un piccolo mazzo di fiori nella mano sinistra, un sorriso appena accennato sulle labbra. Mauro si fece da parte, lasciando che fosse Loretta a guidare. Come sempre.
Entrarono. Un bacio leggero tra Loretta e Carlo, uno scambio di sguardi con Mauro. Nessuno parlava davvero. La parola non serviva. Avevano attraversato le soglie, rotto gli argini. Ora bastava vivere.
Loretta guidò Carlo fino al divano, sedendosi accanto a lui. Le gambe si toccavano. Mauro restò in piedi, appoggiato allo stipite, sorseggiando piano il suo vino. I loro occhi, nei suoi, erano pieni. Di ciò che era stato e di ciò che stava per essere.
Carlo posò la mano sulla coscia di Loretta. Non era un gesto nervoso. Era un invito silenzioso, accolto. Lei si voltò verso Mauro, cercando conferma. Non come approvazione, ma come condivisione. Mauro annuì, e fu tutto.
I movimenti tra loro si fecero lenti, carnali. Loretta si voltò, salì con grazia a cavalcioni su Carlo, lasciando che il kimono si aprisse. La pelle si offriva, e lui la accolse con baci lenti, sulle spalle, i seni. Lei respirava piano, godendo anche del fatto di essere osservata. Sapeva che Mauro non era in disparte. Era dentro quel gioco, nella vibrazione stessa dei loro corpi. Li guardava con occhi ardenti, ma mai possessivi.
Il gioco prese ritmo. Le mani si cercavano, le bocche si mescolavano. Quando Loretta si alzò, il kimono scivolò via completamente. Carlo prese l’iniziativa cingendola ai fianchi per accompagnarla nella camera preparata. Nessuna esitazione. Il contatto tra loro era sempre desiderato. Sdraiati sul letto il bacio fu lento, profondo, denso di complicità. Sotto gli occhi vigili di Mauro, che ora si stava dando piacere da solo.
Loretta e Carlo aggrovigliati e umidi lo guardavano con non curanza, aumentando il ritmo della loro passione. Pienamente concentrati sull’eccitazione reciproca, la fisicità minuta di Loretta era perfettamente domata dalle mani di Carlo.
D'un tratto Mauro si avvicinò e si inginocchiò ai loro piedi, lambendoli entrambi con baci che erano carezze. Le mani li sfioravano, salivano, si intrecciavano. Era una coreografia accompagnata da una musica nuova. Il ritmo era dettato dai sospiri, dai movimenti del corpo, dal battito del sangue.
Il tempo si dilatava.
Quando l’eco del piacere si riversò come un’onda sui corpi dei due amanti, nessuno parlò. Restarono fermi, accasciati l’uno sull’altro, respirando a pieni polmoni, come chi ha attraversato una tempesta. Loretta era sazia, le gambe ancora aperte, il respiro irregolare ma pieno. Mauro, ora accanto a Carlo, gli accarezzava le gambe. Non c’era vergogna, né distanza. Solo intimità.
Dopo un tempo che sembrò infinito, Loretta si alzò, si avvolse in una coperta e uscì dalla stanza. Carlo rimase a letto, stanco e sereno, indicando a Mauro di farsi più vicino accanto lui.
«Ti sei divertito?» chiese Mauro, con un sorriso storto.
«Più di quanto pensassi fosse possibile», rispose Carlo.
Mauro annuì. Poi si chinò su di lui, per dargli nuovo piacere, seguendo il ritmo della mano che aveva raggiunto la sua nuca.
Quando Loretta tornò, aveva con se un vassoio con tre bicchieri d’acqua e un asciugamano fresco. Posò tutto sul comodino e si sedette accanto a Carlo, per godersi con lui la situazione.
E in quella sera quieta, tra pelle nuda e desiderio saziato, il ballo riprese. Non con passi codificati, ma con movimenti veri, fluidi, che solo loro conoscevano davvero.
«Sempre tu a mettere in ordine alla fine», disse Carlo, divertito.
Mauro sollevò la testa verso di lui. «È il mio modo per dire che… sono appagato»
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La villetta della coppia era immersa nella penombra tiepida di un tardo pomeriggio estivo. Dalle finestre aperte filtrava l’odore dolce della lavanda del giardino, mescolato a quello del vino frizzante appena versato nei calici. La musica di sottofondo, un lento bolero latino, non chiedeva di essere ascoltata: accarezzava le stanze come un respiro.
La casa era pulita, ordinata, eppure sembrava carica di una tensione viva. Ogni dettaglio era stato pensato. Persino la luce calda della lampada accesa, che rendeva la pelle dorata e ammorbidiva ogni contorno.
Dalla camera da letto, Loretta emerse lentamente. Indossava un kimono di seta color porpora che le scivolava addosso, lasciando intravedere la pelle nuda delle gambe. I capelli sciolti, il trucco leggero ma deciso. Camminava con lentezza, sapendo di essere osservata.
Mauro la guardò arrivare e le porse il bicchiere. Lei lo prese con un sorriso lieve. «Sta arrivando», disse. Non c’era bisogno di dire chi. Il messaggio era chiaro. E dolce.
«Hai sistemato tutto?» chiese, lanciando uno sguardo verso la stanza degli ospiti, dove ora il letto era stato preparato con lenzuola nuove, bianche, di pulito desiderio.
«Anche i pensieri», rispose lui.
Il campanello suonò, due volte, senza fretta.
Loretta si voltò, attraversò la stanza, e andò ad aprire.
Carlo era lì. Una camicia chiara, le maniche arrotolate fino agli avambracci. Un piccolo mazzo di fiori nella mano sinistra, un sorriso appena accennato sulle labbra. Mauro si fece da parte, lasciando che fosse Loretta a guidare. Come sempre.
Entrarono. Un bacio leggero tra Loretta e Carlo, uno scambio di sguardi con Mauro. Nessuno parlava davvero. La parola non serviva. Avevano attraversato le soglie, rotto gli argini. Ora bastava vivere.
Loretta guidò Carlo fino al divano, sedendosi accanto a lui. Le gambe si toccavano. Mauro restò in piedi, appoggiato allo stipite, sorseggiando piano il suo vino. I loro occhi, nei suoi, erano pieni. Di ciò che era stato e di ciò che stava per essere.
Carlo posò la mano sulla coscia di Loretta. Non era un gesto nervoso. Era un invito silenzioso, accolto. Lei si voltò verso Mauro, cercando conferma. Non come approvazione, ma come condivisione. Mauro annuì, e fu tutto.
I movimenti tra loro si fecero lenti, carnali. Loretta si voltò, salì con grazia a cavalcioni su Carlo, lasciando che il kimono si aprisse. La pelle si offriva, e lui la accolse con baci lenti, sulle spalle, i seni. Lei respirava piano, godendo anche del fatto di essere osservata. Sapeva che Mauro non era in disparte. Era dentro quel gioco, nella vibrazione stessa dei loro corpi. Li guardava con occhi ardenti, ma mai possessivi.
Il gioco prese ritmo. Le mani si cercavano, le bocche si mescolavano. Quando Loretta si alzò, il kimono scivolò via completamente. Carlo prese l’iniziativa cingendola ai fianchi per accompagnarla nella camera preparata. Nessuna esitazione. Il contatto tra loro era sempre desiderato. Sdraiati sul letto il bacio fu lento, profondo, denso di complicità. Sotto gli occhi vigili di Mauro, che ora si stava dando piacere da solo.
Loretta e Carlo aggrovigliati e umidi lo guardavano con non curanza, aumentando il ritmo della loro passione. Pienamente concentrati sull’eccitazione reciproca, la fisicità minuta di Loretta era perfettamente domata dalle mani di Carlo.
D'un tratto Mauro si avvicinò e si inginocchiò ai loro piedi, lambendoli entrambi con baci che erano carezze. Le mani li sfioravano, salivano, si intrecciavano. Era una coreografia accompagnata da una musica nuova. Il ritmo era dettato dai sospiri, dai movimenti del corpo, dal battito del sangue.
Il tempo si dilatava.
Quando l’eco del piacere si riversò come un’onda sui corpi dei due amanti, nessuno parlò. Restarono fermi, accasciati l’uno sull’altro, respirando a pieni polmoni, come chi ha attraversato una tempesta. Loretta era sazia, le gambe ancora aperte, il respiro irregolare ma pieno. Mauro, ora accanto a Carlo, gli accarezzava le gambe. Non c’era vergogna, né distanza. Solo intimità.
Dopo un tempo che sembrò infinito, Loretta si alzò, si avvolse in una coperta e uscì dalla stanza. Carlo rimase a letto, stanco e sereno, indicando a Mauro di farsi più vicino accanto lui.
«Ti sei divertito?» chiese Mauro, con un sorriso storto.
«Più di quanto pensassi fosse possibile», rispose Carlo.
Mauro annuì. Poi si chinò su di lui, per dargli nuovo piacere, seguendo il ritmo della mano che aveva raggiunto la sua nuca.
Quando Loretta tornò, aveva con se un vassoio con tre bicchieri d’acqua e un asciugamano fresco. Posò tutto sul comodino e si sedette accanto a Carlo, per godersi con lui la situazione.
E in quella sera quieta, tra pelle nuda e desiderio saziato, il ballo riprese. Non con passi codificati, ma con movimenti veri, fluidi, che solo loro conoscevano davvero.
«Sempre tu a mettere in ordine alla fine», disse Carlo, divertito.
Mauro sollevò la testa verso di lui. «È il mio modo per dire che… sono appagato»
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